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La peste nera e le persecuzioni

Lo stesso si verificò a Barcellona e nella Catalogna, poi più giù nei Pirenei. La paura di un nuovo complotto anti-cristiano era sempre più forte, ma se in un primo momento i colpevoli furono trovati negli ebrei, dopo una più attenta analisi, fondata sulla considerazione che in alcune zone colpite dalla peste essi non erano presenti, il colpevole doveva essere necessariamente qualcuno/qualcos'altro. Capro espiatorio furono stavolta i poveri e i mendicanti, scovati a spargere delle polveri nelle acque. I colpevoli furono torchiati, squartati e mutilati, e infine bruciati; in tutte le loro confessioni, essi dichiaravano di aver ricevuto i veleni, insieme a somme di denaro, da individui di cui non conoscevano l'identità. Questo fece pensare a nemici della Francia. I dotti però sostenevano che a causare la pestilenza altro non fu che l'allineamento astrale e, solomarginalmente, lo spargimento delle polveri. Tutto questo fece tornare, però,

alle paure del 1321, anche se i lebbrosi erano ormai scomparsi dalla scena, i re musulmani erano stati sostituiti da nemici inglesi e, al posto degli ebrei, c'erano poveri e mendicanti. Nel Delfinato e nella Savoia invece, dove la persecuzione anti-ebraica era già iniziata, furono catturati 12 ebrei, tra cui una donna; questi confessarono, sotto tortura, di aver ricevuto il veleno da un ebreo di Toledo, mostrando le radici di un piano simile al precedente, che aveva come obiettivo tutta l'Europa. Da questo momento, le accuse contro gli ebrei e le loro confessioni coincidono con la diffusione della peste: tanto nel 1321 quanto nel 1348 (data di questi ultimi eventi), il bersaglio finale (ossia gli ebrei) emerge solo in un secondo tempo, sostituendo prima i lebbrosi e poi i poveri/mendicanti. Nel giugno del 1409, sulla base di informazioni ricevute dall'inquisitore Ponce Fougeyron, alcuni cristiani avrebbero, insieme ai "perfidi giudei", istituito e diffuso nuove

sette e riti proibiti, contrari alla religione cristiana. Da qui in poi si apre un nuovo frangente di persecuzione, ufficializzato nel 1437 da Nider, quella contro le sette occulte, magiche o demoniache. Come nelle antiche riunioni segrete degli ebrei, in questi anni si parla di "riunioni occultistiche", compiute da individui, servitori donati a forze malvagie (il demonio): nasce così la figura dell'eretico, che accompagnerà per tutto il Quattrocento le visioni religiose occultistiche dell'Europa e dintorni. I fatti di questo secolo sono scarsi o poco rilevanti; tutto sembra comunque delineare un'ottica esoterica/estatica: esoterica perché fondata su dottrine magiche di carattere negativo, estatica perché l'elemento comune di tutti questi eventi era il "viaggio" in estasi dell'anima, guidata da entità spiritiche. Il passaggio da questo anello al sabba è relativamente rapido; parlando di sabba vero e proprio,

E quindi di stregoneria, identifichiamo subito la figura di una dea, di cui si fanno molti nomi diversi ma che sembrerebbe rappresentare una divinità a tratti pagana e diabolica: chiamata Diana o Richella, essa conduce le persone in sogno nel regno dei morti, oppure le trasporta al sabba; si parla quindi di viaggio estatico proprio per questo.

Ma che cos'è il sabba? Altro non era che una riunione notturna, fatta generalmente in luoghi isolati (boschi o montagne), in cui delle donne, secondo alcune dichiarazioni estorte nei Tribunali dell'Inquisizione, si riunivano insieme ad una figura femminile (Diana o Richella, appunto), che prometteva loro di iniziarle a pratiche occulte e di guarire i maleficiati, in cambio della loro rinuncia alla fede cristiana. Generalmente il sabba era preceduto da un rito iniziatico; la sua concentrazione, sull'onda della paura del complotto, è riscontrabile nelle Alpi Occidentali, nel Delfinato, nella Svizzera romanda, in Lombardia e in Piemonte.

Nel sabba sono soprattutto le donne a entrare in contatto con quest entità, ma negli stessi anni anche alcuni uomini dichiarano la loro partecipazione ad eventi similari. (Sabba → donne; viaggio nell'aldilà → solo uomini) C'è una stretta connessione tra il sabba (quindi la stregoneria) e le tradizioni celtiche, quindi tra voli notturni descritti da streghe e stregoni del Vallese [400] e culto estatico di tradizione celtica, poiché tutte le dichiarazioni estorte sotto tortura sembrano riallacciarsi al minimo comune denominatore delle leggende celtiche (uguaglianze di nomi, fatti e dinamiche). Ovviamente è importante sottolineare la diversità tra la figura della strega e quella della benandante, ossia la classica donna di paese che, nella mentalità comune, era additata come strega; sebbene entrambe parlino di viaggi estatici, le streghe hanno una connotazione, al parere pubblico, negativa in quanto adepte di forze maligne.

Differenza delle benandanti che si descrivevano come forze protettrici. Di qui in avanti, centinaia sono le dichiarazioni di viaggi estatici, sabba, incontri con dee, regine degli elfi, donne mistiche che, in un modo o in un altro, iniziano individui in un mondo spirituale/spiritico.

Parte seconda

  1. Al seguito della dea e anomalie

Nel Cinquecento vi sono i tratti di una religione estatica prevalentemente femminile, ma anche maschile. Zuan delle Piatta racconta di essersi recato sul monte della Sibilla, a Norcia, insieme ad un frate; lì un nero, in riva ad un lago, li aveva indotti a rinunciare alla fede cristiana e a donarsi al diavolo. Entrando nella montagna, i due incontrano una donna (Venus) che li conduce al sabba; qui notiamo una chiara estorsione sotto tortura e un misto di tradizione germanica/folklorica e orale. Nella seconda metà del secolo, invece, in Sicilia alcune donne affermavano di essere seguaci di un'entità femminile, con la quale compivano voli.

notturni,banchettavano nei boschi ecc. Costei era una fata: possiamo subito notare quindi la somiglianza con le donne descritte prima, seguaci di Richella. Questa tradizione siciliana si mantenne a lungo nella regione, addirittura fino all'Ottocento. Tuttavia si riscontra un'anomalia, poiché in Sicilia non vi fu mai una lunga permanenza celtica che potesse giustificare l'acquisizione di queste credenze; è quindi importante la correlazione tra queste credenze e la loro collocazione geografica. Una spiegazione potrebbe essere o un rifacimento arturiano o, ancora meglio, uno pre-greco (es. Maga Circe o Medea). Sempre in Sicilia esisteva poi il Santuario di Engyon, dedicato alla dea madre o madri, chiamata/chiamate Cybele, venerata anche a Creta sotto il nome di Rhea. Le madri di Engyon sembrerebbero risalire alle due Orse che, secondo la mitologia, allevarono Zeus in fasce; da qui in poi si avvicendano numerosi collegamenti tra le Orse, le Ninfe, la divinità e letesto fornito formattato con tag html:

costellazioni. Diversi sono i riferimenti alle Orse: Callisto, definita “l'Orsa” (nel Isec le divinità erano anche animali), Artemide (da Adrasteia, seconda orsa nutrice di Zeus) era chiamata la signora degli animali e protettrice di donne e fanciulle. Questo sembrerebbe richiamare la figura della “signora notturna” del sabba. Infine vi è la dea Artio, una divinità celtica raffigurata con un orso, che si trova attualmente nel museo di Berna, che richiama la figura della matrona o quella di Demetra. La dea sembra poi nascondere un sottile collegamento con Artù, giustificando così uno stretto legame tra leggende celtiche e miti preesistenti.

Niccolò Cusano, in un famoso sermone del '500, si accanì contro alcune anziane donne della Val di Fassa, colpevoli di dichiarazioni maligne sugli incontri con dee notturne; cercò di far negare loro che questi incontri fossero mai avvenuti, ma esse si opposero duramente.

collegamento tra la dea notturna e gli animali (ricordiamo che in molti racconti, essa prendeva la forma di un animale o ne era accompagnata) inizia pian piano ad ampliarsi, diventando visibile in numerosi altri racconti; altro esempio fu quello di Giuliano Verdena, che vide la signora del gioco (detta anche Dea Oriente), accompagnata da alcuni animali, riflessa nell'acqua. Elemento comune tra tutte queste apparizioni è che nessuno poteva fissare la dea (o le dee) negli occhi, in quanto quasi sempre coperte o chine. Molte capacità che contraddistinguevano queste entità sono già apparse secoli prima in altre figure. La capacità di resuscitare un animale scarnificato, ad esempio, è riscontrabile in numerose altre figure di tutt'altro filone: il S. Germano d'Auxerre, in Britannia, il dio Thor col suo martello, oppure la stessa dea Oriente. Anche l'estasi per la dea notturna sembra ricollegarsi ad una tradizione precedente: quella degli.sciamani siberiani/lapponi. In entrambi i casi infatti ritroviamo sia il volo dell'anima verso il mondo dei morti sia il tema della trasformazione animalesca. Quindi, adetta del guidice Pierre de Lonce, sia il volo magico che la metamorfosi del sabba sembrerebbero derivare da un sostrato eurasiatico. Egli, pur accettando la possibile esistenza di entrambi, giudicava la maggior parte di questi racconti frutto di sogni. Solo nel 1668 il sabba verrà visto con curiosità e non più con terrore; inizia ad essere ritenuto un misto di credenze pagane e culti diabolici, dal quale anche numerosi autori prendono spunto (ad esempio Goethe nell'800). 2. Combattere in estasi La figura del lupo mannaro si introduce prepotentemente nell'immaginario collettivo del Seicento. Nel '92 un certo Thiess afferma di essere un lupo mannaro e di combattere, insieme ad altri suoi simili, il diavolo e gli stregoni all'inferno. Da qui si crea una discordanza tra la visione di Thiess edo di tempo, in lupi feroci e divoratori di carne umana. La credenza nel lupo mannaro si diffuse poi in tutta Europa, diventando parte integrante del folklore e delle leggende popolari. La figura del lupo mannaro era spesso associata al diavolo e alla stregoneria. Si credeva che queste creature fossero in grado di trasformarsi volontariamente o essere trasformate da un incantesimo. Si diceva che durante la notte di luna piena, il lupo mannaro si liberasse della sua forma umana e si trasformasse in un lupo, vagando per i boschi in cerca di prede. Le storie di lupi mannari erano spesso utilizzate per spiegare eventi misteriosi o crimini violenti. Si pensava che le persone accusate di essere lupi mannari fossero in realtà possedute dal diavolo e che commettessero atti malvagi sotto la sua influenza. Nonostante la credenza nel lupo mannaro sia oggi considerata solo una leggenda, il suo fascino e la sua presenza nella cultura popolare sono ancora vivi. Il lupo mannaro è diventato un'icona del genere horror e fantasy, protagonista di numerosi film, libri e giochi. In conclusione, il lupo mannaro rappresenta l'ideale del predatore feroce e malvagio, comandato dal diavolo stesso. Una figura che ha affascinato e spaventato le persone per secoli, alimentando la fantasia e l'immaginazione collettiva.
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Publisher
A.A. 2012-2013
10 pagine
13 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher soscuola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Foggia o del prof Ginzburg Carlo.