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DAL FASCISMO AL CROLLO DELL’IMPERO
1.LA REPRESSIONE
Nel ventennio seguente l’approvazione del Chiam ijihō, il regime adottò una politica sempre più repressiva,
arrivando ad arrestare gli studenti associati nella Gakuren (Unione studentesca) e, anni dopo, i militanti del
Partito comunista. Fu proprio in quest’ultima occasione, nel 1928, che il governo introdusse la pena di
morte.
Negli anni successivi ci furono veri e propri “incidenti” tuttora insoluti, quali il “caso Minobe” (1935) e il
“caso Tsuda”. Minobe Tatsukichi, costituzionalista di assoluto rilievo, aveva enunciato la “teoria
dell’organo”, secondo la quale l’Imperatore non era al di sopra dello Stato ma un organo facente parte
dello stesso. Fu arrestato, costretto a dimettersi dalla Camera dei Pari e ad abbandonare l’insegnamento.
Tsuda Sōkichi, studioso di storia antica e delle civiltà giapponese e cinese, pubblicò alcuni studi che
ponevano scientificamente in discussione la cronologia ufficiale che fissava nel 660 a.C. la fondazione del
tennōsei, il sistema imperiale. Fu arrestato e le sue opere furono messe al bando. Entrambi i casi
rappresentano loro malgrado l’epilogo della storia della repressione di ogni dissenso, iniziata nel 1925.
Per rendere più efficace la Chian ijihō, il ministero degli Interni compilò un elenco di riviste e libri di cui era
vietata la circolazione; il ministro dell’Educazione intervenne per “nipponizzare” le idee provenienti
dall’estero e inserì dei “supervisori” nei gruppi di ricerca. Questi non solo agivano come consiglieri degli
studenti, ma vigilavano su eventuali organizzazioni illegali. Furono istituti il Tokubetsu kōtō keisatsu (o
Tokkō, Apparato di polizia speciale superiore) e i “procuratori del pensiero”, insediati presso i tribunali. Il
Tokkō, una vera e propria polizia segreta, contribuì alla diffusione del terrore.
Fu messa in atto la pratica del tenkō (abiura della posizione ideologica): il “procuratori del pensiero”
affidava il giudizio nei confronti dell’imputato a un garante individuale che si impegnava a convincerlo che
la sua posizione ideologica era errata. Nel momento in cui il colpevole avesse abbandonato le proprie “idee
pericolose” sarebbe tornato tra la schiera dei buoni sudditi, quindi nella società. Attraverso il tenkō veniva
fatta pressione sulla microstruttura sociale (famiglia, amici, colleghi di lavoro..) che aveva contatti frequenti
con l’imputato, dimostrando sia ad essi che agli estranei come la sua ideologia fosse sovversiva.
A differenza che in Italia, in Giappone non si riscontrò alcuna forma di resistenza attiva al regime fascista,
né alcuna forma di complotto come invece sarebbe accaduto nella Germania nazista. Gli intellettuali in
disaccordo con l’ideologia di partito preferirono semplicemente rinunciare a pubblicare le loro opere. Lo
stesso Partito comunista ed i sindacati ad esso collegati riuscirono a sopravvivere solo limitando le loro
azioni entro quanto consentito dal blocco di potere. Negli anni Trenta il movimento operaio condusse una
serie di vertenze a difesa dei propri interessi ma la Sōdōmei deliberò la sospensione di ogni sciopero per
non sabotare la produzione bellica in occasione della guerra contro la Cina del 1937. Il suo appello, che
puntava al richiamo all’unità nazionale, ebbe successo.
2.LA “FABBRICA” DEL CONSENSO
Fin dal 1910 la Teikoku zaigō gunjinkai (Associazione imperiale dei riservisti) si era estesa in ogni comunità
rurale, dove le sue sezioni erano dedite a forgiare “uomini di carattere” attraverso i seinen dan (gruppi
giovanili), riuniti in un’associazione nazionale fondata nel 1915 su iniziative dei ministeri dell’Educazione e
della Difesa. L’associazione organizzava dibattiti, corsi e persino audizioni di massa e, dopo gli anni Trenta,
intensificò la preparazione paramilitare per i giovani in attesa del servizio di leva. Svolse inoltre un ruolo
fondamentale in occasione del “caso Minobe”.
La scuola, fin dall’avvio della trasformazione capitalistica, fu molto importante nella diffusione di stereotipi
collettivi affini all’ideologia di governo. Il fulcro del tennōsei era l’Imperatore, discendente divino, sovrano
dedito al “benessere” dei sudditi. Ai ragazzi venivano insegnati valori quali “l’armonia sociale”, la “difesa del
Paese degli dei”, la lealtà, l’obbedienza e la pietà filiale.
Fioccarono club e piccole associazioni in risposta ai movimenti dei ceti medi urbani. Alcuni di essi erano
animati dal blocco di potere dominante (militari di alto grado, membri della Camera alta) e volevano
mantenere i valori tradizionali e il controllo sulla dinamica sociale. Altri gruppi erano espressione dei ceti
piccolo-borghesi urbani e si ispiravano alle idee di intellettuali quali Kita Ikki, mirando alla rivalutazione del
patrimonio politico-ideologico della tradizione nazionale e alla lotto contro il marxismo, il socialismo, il
parlamentarismo e, in apparenza, anche gli zaibatsu.
Kita Ikki fu il maggiore ideologo del tennōsei fashizumu e della necessità di espansione a danno
dell’”imperialismo bianco”. Nel 1905 cominciò a pubblicare le sue idee con La teoria del “kokutai” e il
socialismo puro”, a cui seguirono altre opere tra cui Lineamenti delle misure per la riorganizzazione del
Giappone (1923), sua opera di maggiore interesse. Secondo Kita, occorreva prima di tutto attuare una
“riorganizzazione interna”, restaurando un rapporto diretto tra Imperatore e sudditi, cosa possibile solo
eliminando le “cricche” militari, burocratiche e politiche, sospendendo per un triennio il Parlamento e
sostituendo i membri della Camera. Premeva inoltre per la circoscrizione degli zaibatsu, causa di tutti i mali
del Paese, e propose di porre un tetto alle proprietà terriere, ai patrimoni individuali e ai capitali societari.
Attuati questi punti, il Giappone avrebbe dovuto mirare all’alleanza con gli Stati Uniti, necessaria per
espandersi fino all’India e all’Australia. Dopo la sua morte, le sue opinioni furono riprese all’atto
dell’istituzione della Sfera di proprietà comune della Grande Asia Orientale (1942). Inoltre le sue idee
ispirarono vari colpi di Stato, tutti falliti, oltre che alcuni componenti del blocco di potere in seguito alla
liquidazione del “fascismo dal basso”, coincidente con il soffocamento dell’”incidente del 26 febbraio” 1936.
Gli anni Venti e Trenta furono scossi da tensioni sociali e attentati ispirati dalle idee di Kita che furono
blandamente repressi. L’unica eccezione fu appunto l’”incidente del 26 febbraio”, represso con durezza
dopo quattro giorni. Tredici ufficiali e sei civili furono condannati a morte, così come anche lo stesso Kita, e
in questo modo il governo mise a tacere ogni antagonismo.
3. IL NESSO FASCISMO-IMPERIALISMO
Nel 1936, in seguito all’”incidente del 26 febbraio”, era stato sconfitto il “movimento fascista”. Era inoltre
stata avviata la Guerra dell’Asia Orientale, che avrebbe dovuto in teoria consentire al Giappone di fondare
un “Nuovo Ordine” in Asia e nel Pacifico meridionale.
Tappe dell’espansionismo giapponese:
- Annessione del Regno delle isole Ryukyu, 1879;
- Occupazione di Taiwan, 1895;
- Spartizione con la Russia dell’egemonia sulla Manciuria, 1905;
- Consolidamento della dominazione sulla Corea, 1910;
- Mandato di “tipo C” sulle isole del Pacifico sottratte alla Germania, durante la Conferenza di
Versailles.
Nel 1931 il Giapponese invase la Manciuria avviando la cosiddetta “Guerra dei quindici anni” che avrebbe
portato, l’anno dopo, alla fondazione dello Stato fantoccio del Manchukuo: il governo manciuriano
dipendeva dall’ultimo discendente della dinastia Quind, fuggito da Pechino in seguito al crollo dell’Impero
cinese, ma su di esso il Governatore generale militare giapponese esercitava la supervisione.
Gli zaibatsu scatenarono la reazione di Washington e Londra accentuando la concorrenza con gli
investimenti statunitensi e britannici. Nel 1933 la Società delle Nazioni condannò il Giappone e
nell’opinione pubblica si accentuò la convinzione che le Potenze occidentali volessero isolare l’Impero.
Con l’invasione della Cina e l’avvio della “guerra totale”, fu fondata l’Associazione patriottica per l’industria
del Grande Giappone (DaiNippon sangyō hōkokukai) e riconosciuti i tonarigumi (gruppi di vicinato) e
chōnaikai (associazioni rionali).
Nel 1938 la Kyōchōkai, Associazione per la collaborazione, fondata da imprenditori che propagandavano la
conciliazione tra la borghesia e proletariato, proposte lo “Schema per la regolamentazione dei rapporti fra
capitale e lavoro”. In esso si indicava l’esigenza di creare in ogni luogo di lavoro delle associazioni
patriottiche coordinate da una federazione centrale che avrebbe contribuito all’unione tra imprenditori e
lavoratori, per i quali l’industria doveva essere “come una famiglia”. L’obiettivo fu raggiunto nel 1940.
Gli obiettivi dell’Associazione sposavano le relazioni interne alla famiglia con lo sciovinismo e permisero al
blocco di potere dominante di assoggettare la debole classe operaia a ritmi di lavoro più intensi per
sottostare ai sacrifici imposti dalla “guerra totale”. Le contrapposizioni di classe erano considerate un
crimine sociale e politico da sopprimere per difendere il kokutai.
Le associazioni di vicinato e di rione appartengono alla tradizione giapponese, diventando ottimi strumenti
di protezione in caso di guerre e terremoti. Nel 1938 il ministero degli Interni favorì l’istituzione di nuovi
gruppi e nel 1941 questi confluirono nella Taisei yokusangai (Associazione per la direzione imperiale), il
“partito unico” giapponese.
La saldatura tra fascismo e imperialismo fu mascherata con l’esigenza di difendere l’onore e la gloria del
Paese. L’Imperatore era il fulcro intorno al quale ruotava l’ideologia del fascismo giapponese e nel suo
nome erano imposti repressione, aggressione e sacrifici. L’espansionismo era sostenuto da interessi comuni
tra gli alti comandi militari e sia dai vecchi che nuovi zaibatsu, che volevano espandere la loro base
produttiva attraverso una sorta di “sub-imperialismo” protetto dalle armi.
4. IL TENNŌSEI FASHIZUMU”
L’espressione “tennōsei fashizumu” (fascismo del sistema imperiale) indica il regime costituitosi tra le due
guerre mondiali con la saldatura di interessi del blocco di potere dominante, formato da zaibatsu, alti
comandi militari, uomini politici, Camera alta e Corte imperiale. Questo blocco depotenzi