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Estratto del documento

VS- il diritto di scelta individuale della donna

In questo contesto, è dibattuta la questione della legalizzazione dell'aborto. La lotta per questo diritto venne portata avanti con veemenza e innescò cambiamenti molto significativi nelle norme sociali a breve termine e nei valori a lungo termine.

Religion - Law - Medicine - Chiesa - Stato - Scienza - Women's movements → Attori principali.

XX secolo, soprattutto sotto i regimi totalitari: forte tendenza dello Stato ad intervenire nella sfera della vita privata, attraverso politiche demografiche e riproduttive.

È necessario ed utile esaminare l'influenza dei medici e degli attori del campo della scienza sulle politiche riproduttive, il contesto statale e legislativo con riferimento al family planning, nonché i discorsi pubblici, emersi in articoli, sondaggi e dibattiti politici.

Due fazioni contrapposte: Chiesa cattolica - Women's movements

Le comparazioni tra

Stati cattolici ha messo in luce l'esistenza di grandi differenze anche tra Stati che condividono una morale o strutture comuni. [p.16]

La letteratura scientifica è solitamente parziale e analizza cambiamenti a breve termine in una prospettiva temporale e geografica limitata.

La letteratura esistente considera cambiamenti di mentalità e giudizio riguardo all'uso dei mezzi medici che contribuiscono al family planning, senza fare esplicito riferimento ad un cambiamento nel sistema di valori.

Obiettivo d'indagine dell'antologia:

  • sviluppi storici nel "family planning and reproduction" con focus su pratiche sociali, cornice istituzionale e i discorsi, messe in relazione l'una con l'altra e legate alle generali trasformazioni sociali, politiche, culturali ed economiche
  • analisi di ampio respiro sul piano geografico e temporale. Time span: dai congressi sull'eugenetica degli anni '20 e '30 alla legalizzazione

Dell'aborto (anni '50 negli Stati orientali, anni '70 in Occidente); considerazioni sui discorsi sull'educazione sessuale, la contraccezione, family planning e aborto negli anni '80-'90.

Emergono due dimensioni:

  • pratica/comportamento (es.: com'era il nucleo familiare, si considerano concretamente le pratiche riproduttive)
  • immaginario/discorsi o percezioni (es.: come sono concepiti i ruoli di genere) > valori

Insieme a queste due dimensioni, è da considerare l'influenza delle istituzioni.

La pratica è favorita o meno dai valori attribuiti a determinati comportamenti (es.: l'astinenza sessuale è sacra).

URSS interbellica

Wendy Goldman, Women, Abortion and the State, 1917-36

Novembre 1920: il Commissariato di Salute e Giustizia legalizza l'aborto gratuito in ospedale, in seguito ad una lettera di un lavoratore di fabbrica in cui denunciava che il 15/20% delle donne che vilavoravano eseguivano la pratica

illegalmente e con mezzi domestici. L'Urss diventa il primo paese al mondo a legalizzare l'aborto. Venne riconosciuto che la repressione non era un deterrente.

Accento del testo sulla percezione dell'aborto → Non si arrivò mai a riconoscere l'aborto come un diritto, bensì come un male minore rispetto a quello illegale, nonché come una necessità dovuta alla povertà, che non avrebbe avuto più ragione d'esistere nel momento in cui il benessere sociale fosse aumentato. Il decreto di legalizzazione era comunque fortemente influenzato dalla dominante concezione patriarcale della maternità, non si tenevano in conto le limitazioni che un figlio avrebbe posto alla libertà individuale della donna, anche in presenza di condizioni prospere. Anche Aleksandra Kollontai, nonostante l'orientamento femminista, affermò che la gravidanza non fosse una questione privata, bensì un obbligo.

sociale. Confliggono i due mondi di maternità come scelta e maternità come funzione sociale. Giugno 1936: l'aborto viene reso illegale e criminalizzato, poiché si pensa che gli standard di vita siano migliorati e non sussista più tale necessità. Chi avesse svolto l'operazione, sarebbe stato condannato ad un minimo di due anni di prigione, mentre le donne che la ricevevano venivano multate. In concomitanza, sono promosse politiche nataliste, per esempio incentivi alle nuove mamme e a chi aveva molti figli, l'aumento di cliniche per la maternità e istituzioni di assistenza per bambini. Si tratta di una parte di una più vasta campagna a favore della "responsabilità familiare". In aggiunta, infatti, si rende il divorzio più difficoltoso e vengono aumentate le sanzioni penali per gli uomini che rifiutavano di pagare.

glialimenti.Gli storici adducono come cause il crollo delle nascite, o gli attacchi stalinisti agli ideali degli anni ’20.Contraccezione negli anni ’20-’30: ai vertici il problema non era affrontato, nemmeno da donne capo dipartito come Nadezda Krupskaja o Kollontai. La maggior parte delle donne non avevano accesso aicontraccettivi; molte praticavano coitus interruptus o altri rimedi, come lavarsi con l’acqua o l’aceto dopo ilrapporto. L’aborto restava comunque il secondo anticoncezionale più diffuso dopo il coito interrotto.Verso la metà degli anni ’20, sono i medici a schierarsi a favore della contraccezione per ridurre la semprepiù diffusa pratica dell’aborto. Molti consideravano la contraccezione un male, ma comunque un maleminore dell’aborto. [OMM: Dipartimento per la protezione della maternità e dell’infanzia.]Le donne a presentarsi nelle cliniche per abortire sono talmente tante che viene

Stabilita dallo Stato una lista di priorità. Precedenza assoluta l'avevano le donne single e disoccupate; mentre le donne lavoratrici avevano priorità maggiore rispetto ad ogni altro gruppo sociale. La lista di priorità era formulata secondo una gerarchia di classe e vulnerabilità sociale, rispecchiando l'idea che fosse soprattutto la disoccupazione e la povertà a causare la necessità di un aborto. Osservando le statistiche, però, si può notare come, non fosse la disoccupazione il fattore principale a spingere le donne ad abortire e fossero invece le donne lavoratrici quelle che ricorrevano in maggior numero a questa pratica (*). Allo stesso modo, l'84% delle donne nelle cliniche non erano single, bensì "rispettabilmente sposate". Il "modello" di donna che si presentava nelle cliniche non era una giovane ragazza, single e disoccupata, coinvolta in sesso casuale, bensì una donna tra

i 20 e i 30 anni, sposata e solitamente già madre di almeno un figlio. Ciò è totalmente opposto rispetto all’idea che le Commissioni avevano dell’aborto, come misura estrema e temporanea. L’operazione era particolarmente dolorosa e svolta senza anestetico, come deterrente. L’aborto legale rimase una pratica urbana. L’assistenza sanitaria era generalmente molto scarsa, soprattutto nelle campagne. L’85% delle donne viveva nelle campagne, ma l’85% degli aborti veniva praticato nelle città: oltre ad avere un maggior accesso all’aborto, le donne nelle città erano più desiderose di limitare la propria fertilità ed, anzi, erano incoraggiate a ridurre l’ampiezza del nucleo familiare. In linea di massima, la natalità crollava dopo il trasferimento dalla campagna alla città: in città il più vasto gruppo di donne che ricevevano l’aborto avevano famiglie piccole (uno/due bambini),

mentre nelle campagne ricorrevano all'aborto, per la maggior parte, donne con almeno tre o più bambini. (*) Un ruolo estremamente rilevante era svolto dal passaggio al lavoro salariato. Tanto nelle città quanto nelle campagne, il 57% delle donne adducevano la povertà come motivo principale per abortire. La situazione abitativa nelle città era estremamente complessa e peggiorò negli anni del primo piano quinquennale, quando ogni persona aveva diritto solamente ad una stanza di 4.6 metri quadri. Inoltre, nelle case anche l'igiene era molto scarsa, spesso mancavano i bagni e l'acqua corrente. Non diversa era la situazione nelle campagne, devastate dalle carestie degli anni '20. Tanto nelle campagne, quanto nelle città scarseggiavano cibo, abiti e pannolini.

Il secondo motivo citato come giustificazione dell'aborto - nelle campagne con percentuale leggermente più alta - era la malattia. Una differenza cruciale tra

la popolazione femminile. Tuttavia, nonostante queste opportunità, le donne che rimanevano incinte al di fuori del matrimonio erano ancora stigmatizzate e discriminate. Nelle città, la mentalità nei confronti dell'illegittimità era più aperta rispetto alle campagne. Meno dell'1% delle donne desiderava nascondere la gravidanza, mentre nelle campagne la percentuale aumentava considerevolmente. Molte donne nelle campagne ricorrevano all'aborto per paura, vergogna e per evitare il giudizio dei genitori e dell'opinione pubblica. Avere un figlio illegittimo avrebbe rovinato la reputazione di una persona, aumentando il rischio di essere cacciati di casa dal padre e di non trovare un marito. I ricercatori hanno individuato diverse motivazioni dietro questa tendenza, tra cui l'instabilità familiare, le unioni a breve termine e l'incertezza del futuro. Negli anni '20 e nei primi anni '30, il divorzio era estremamente facile da ottenere e il numero di divorzi nelle città era eccezionalmente alto. Inoltre, la rivoluzione aveva creato più opportunità di lavoro e studio, ampliando gli orizzonti e le possibilità anche per le donne. Tuttavia, nonostante queste nuove opportunità, le donne che rimanevano incinte al di fuori del matrimonio erano ancora soggette a stigma e discriminazione.le donne, che di conseguenza modificavano la propria attitudine nei confronti della gravidanza. Anche dopo la legalizzazione dell'aborto, molte donne si rivolgevano alle babki o ad altre figure per praticare l'aborto illegale. Le ragioni variavano dalla volontà di evitare il dolore della procedura in ospedale, o di tenere la gravidanza nascosta, dall'impossibilità di viaggiare fino alle cliniche, dal fatto di essere state rifiutate dalla commissione o semplicemente di fidarsi maggiormente dei metodi tradizionali della babki e delle levatrici rispetto a quelli moderni dei dottori. Si trattava spesso di un circolo vizioso: le donne che venivano ricoverate per le conseguenze dell'aborto illegale occupavano posti letto che potevano essere destinati a donne che volevano ricevere l'aborto legale, che pertanto venivano rifiutate dalla commissione e dovevano ricorrere all'illegalità della pratica. Chiaramente è possibile risalire a unaillegali rimane un problema significativo in molti paesi. Secondo stime approssimative, ogni anno si verificano milioni di aborti illegali in tutto il mondo. Gli aborti illegali sono spesso pericolosi per la salute delle donne, poiché vengono eseguiti in condizioni non sicure e senza la supervisione di personale medico qualificato. Le donne che si sottopongono a un aborto illegale sono a rischio di complicazioni gravi, tra cui emorragie, infezioni, danni agli organi riproduttivi e persino la morte. È importante sottolineare che la legalizzazione dell'aborto non significa necessariamente un aumento del numero di aborti, ma piuttosto una riduzione dei rischi per la salute delle donne. La disponibilità di servizi di aborto sicuri e legali consente alle donne di accedere a cure mediche adeguate e di essere supportate durante tutto il processo decisionale. In conclusione, la questione degli aborti illegali è complessa e richiede un approccio olistico che tenga conto della salute e dei diritti delle donne. La legalizzazione dell'aborto è un passo importante per garantire la sicurezza e il benessere delle donne in tutto il mondo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
26 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/03 Storia dell'europa orientale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher edoardodezi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'Europa orientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Petrungaro Stefano.