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IL SERVIZIO PUBBLICO
“Il servizio pubblico” Jerôme Bourdon (introduzione, capitolo 1, capitolo 2)
La cultura televisiva è stata oggetto di una crescente standardizzazione: le
strutture testuali dei telegiornali, dell’intrattenimento e anche della fiction, hanno
finito per assomigliarsi sempre di più. È nell’Europa occidentale che si è forgiato
l’ideale di servizio pubblico e che la “deregolamentazione” ha profondamente
cambiato verso la fine degli anni ’80. Nato alla fine del XIX secolo da una nuova
concezione dello Stato, il servizio pubblico si fonda su tre grandi principi:
informare, educare, divertire. L’intrattenimento segue le altre due funzioni
dato che la missione è innanzitutto e inscindibilmente politica ed educativa.
Negli anni ’80, la sopraggiunta concorrenza della tv privata e commerciale è un
sintomo della crisi politica del servizio pubblico, che viene forzato a porre
l’accento sugli ascolti (ormai sistematicamente quantificati) e ad aumentare lo
spazio destinato all’intrattenimento. La televisione si deve dunque
rapportare sia a un sistema mediale già ampiamento sviluppato e preoccupato di
assecondare “masse popolari” disponibili al consumo e al piacere, sia a uno Stato
sociale teso invece a fare della tv un servizio pubblico. In questo frangente, sono
state decisive le influenze provenienti dagli Stati Uniti e la strenua difesa
operata dal servizio pubblico, che spesso si è sovrapposta alla lotta contro
l’americanizzazione.
I primi lavori sulla televisione hanno riguardato, in modo massiccio, le istituzioni
e la dimensione giuridico-politica della televisione. Analizzare un programma
televisivo, per uno storico, significarsi preoccuparsi allo stesso tempo del testo e
dei contesti, in particolar modo del contesto sociale (la ricezione). Il contesto,
però, è preceduto dal co-testo, l’insieme del testo televisivo in cui è inserita la
trasmissione: un programma è infatti inserito in una larga sequenza di altri testi
ed è programmato in un determinato slot orario. Possiamo quindi affermare che
sono il testo televisivo (programma) e il co-testo a dare vita a quello che viene
definito il palinsesto.
Anche per quanto riguarda i generi, essi sono utilizzati secondo il loro uso sociale:
ogni genere ha difatti una propria logica sociale, che ha delle conseguenze sia
sulla produzione che sulla ricezione. Generi come l’informazione sono elaborati da
una categoria professionale, i giornalisti, con la missione di informare sulla
situazione del mondo con una cadenza costante; dell’intrattenimento invece, si
occupano produttori, autori, presentatori.
Tornando però alle influenze provenienti dagli Stati Uniti, è utile tracciare le
caratteristiche principali dei due modelli televisivi dell’epoca per meglio capirne le
differenze:
MODELLO AMERICANO:
1) forte continuità delle basi istituzionali;
modello commerciale: all’interno di un mercato nazionale competono tra di
loro per la raccolta della pubblicità, per ascolti e investimenti. Questi
network nazionali riuniscono stazioni locali dotate di relativa autonomia e
spazi di palinsesto;
TV in continuità con la radio;
regolamentazione da parte della FFC: regole di fondo che rimandano sul
concetto di “public interest” (contrapposizione con il modello di servizio
pubblico);
anni Settanta e Ottanta forti cambiamenti del sistema mediale: in
Europa si hanno cambiamenti a livello legislativo; negli Stati Uniti il
cambiamento è caratterizzato dalla capacità trasformativa della tecnologia
(nascita di nuovi strumenti di distribuzione: il cavo e il satellite, che danno
il via allo sviluppo della televisione a pagamento).
Questo cambiamento innesca anche una trasformazione a livello dei
contenuti e della fruizione: questa evoluzione si è protratta fino ad oggi.
MODELLO EUROPEO:
2) discontinuità di sistema;
legame diretto con le trasformazioni politiche;
modello continuamente da riformare (contrapposizioni tra vari partiti, tra
Governo e Parlamento, …).
La televisione europea ha conosciuto una storia istituzionale e politica più
animata rispetto a quella degli Stati Uniti, poiché sostanzialmente legata in
maniera più diretta ai cambiamenti politici e di potere: fatta eccezione per
l’Inghilterra che incontra un periodo di stabilità dal ’55 fino agli anni ’80,
l’instabilità maggiore si riscontra in Francia/Germania/Europa mediterranea,
dove la televisione si trova a dipendere da un sistema politico instabile e ad
essere direttamente controllata dai vari partiti politici di potere.
Jerôme Bourdon sostiene che quando si parla di servizio pubblico si parla di un
modello omogeneo che è stato ricostruito a partire dagli anni Ottanta,
contrapponendosi al modello americano e alla “neonata” TV commerciale. In
questo periodo, infatti, l’antico modello del servizio pubblico entra in crisi perché
vengono meno quelle che erano state le basi sui cui è stato costruito: l’età della
scarsità; la volontà di unificare il paese attraverso il mezzo televisivo; il controllo
monopolistico di un unico operatore.
Negli anni ’80, inizia così un’operazione che continua ancora oggi e che mira a
ristabilire un nuovo modello di servizio pubblico, secondo alcuni elementi di
fondo:
universalità geografica non è il frutto di una necessità biologica ma
frutto di una decisione: i creatori del “vecchio” servizio pubblico degli anni
’50 avevano elaborato questo modello con l’intento che il medium
televisivo contribuisse a elaborare nella mente della popolazione l’idea di
“nazione”;
l’idea che la televisione di servizio pubblico debba essere una televisione
che comprende il più ampio raggio di generi e contenuti diversi, che
mantengano un contatto diretto con la missione del servizio pubblico
(informare, educare, divertire);
presenza di una serie di mandati/norme che vengono dati dalla politica alle
imprese di servizio pubblico per garantire l’applicazione della sua missione
questo punto inizia a segnare le varie differenze tra i paesi;
fini non commerciali questione della pubblicità (i paesi europei
assumono posizioni diversi riguardo questo punto): non deve influenzare i
programmi;
ruolo politico rilevante (copertura attualità e dibattiti politici), soprattutto
legato alla capacità del servizio pubblico di rappresentare uno strumento di
pluralismo (Stato vs. Governo);
ruolo nazionale del servizio pubblico, che deve rivolgersi all’intera
comunità;
canone e monopolio come dati di fatto “eredità” delle vicende storiche
relative alla radio.
Questo nuovo modello di servizio pubblico viene elaborata prendendo come
esempio l’ideal-tipo britannico:
1922: fondazione della BBC da parte dei produttori delle radio;
1923: rapporto Sykes (uno dei primi rapporti elaborati per definire le
principali caratteristiche del broadcasting) per la prima volta si stabilisce
il concetto di “public utility”, ossia un servizio nazionale (in questo primo
caso la radio diffusione) da sviluppare nell’interesse pubblico;
monopolio della BBC (gestione di un’unica impresa monopolistica che
agisce a livello nazionale) e raccolta del canone da parte del Ministero delle
poste (per metà versato all’impresa stessa);
Sir John Reith ideatore della missione del servizio pubblico e del “BBC
accent”, ossia i medium utilizzati dall’impresa nazionale come strumento di
divulgazione della cultura;
1927: trasformazione della BBC in una “public corporation” (“British
Broadcasting Comporation”) e rinforzamento del suo statuto;
1946: nascita del canone televisivo, che si affianca a quello radiofonico;
Modello britannico: ente senza scopo di lucro, che benefica di un
monopolio e diffonde trasmissioni culturali finalizzate all’educazione del
popolo e della nazione (comprese anche le colonie).
Negli altri Stati europei, la situazione è ben diversa:
Germania: sotto la Repubblica di Weimar non esiste una legge sulla radio
diffusione. Solo nel 1923 viene creata la radio pubblica, nonché il canone
sugli apparecchi radiofonici (il “Reith” tedesco si chiama Bredow). Bredow
vede nella radio uno strumento di integrazione culturale e di unificazione
dello Stato, al quale conferisce un ruolo più centrale. Nel 1955, s’introduce
anche un canone televisivo: le tre funzioni principali del sistema televisivo
sono diffondere le informazioni, contribuire alla formazione dell’opinione
pubblica, esercitare una funzione di critica e controllo dei governi;
Italia: durante il Fascismo, la radio fa parte dell’apparato statale e diventa
una risorsa centrale di propaganda. Un canone sugli apparecchi radio viene
creato nel 1924, ma la radio pubblica trasmette anche la pubblicità. Nel
1954 nasce la vera e propria Rai, che è controllata direttamente dalla
Democrazia Cristiana;
Francia: la missione educativa non ha molto seguito, mentre è chiara
l’influenza di interessi politici sulla radiodiffusione. Coesistono emittenti
commerciali e pubbliche e, proprio prima della guerra, il governo crea un
ministero dell’Informazione, revocando tutte le autorizzazioni di
trasmissione accordate alle emittenti private;
Spagna: una radio dai fini educativi ben definiti funziona bene sotto la
Repubblica.
La storia del servizio pubblico è caratterizzata da una serie di fasi:
l’Età dell’Oro: la fondazione (anni Quaranta/Cinquanta)
la (diversa) introduzione della pubblicità (anni Cinquanta)
il “secondo canale” pubblico (anni Sessanta)
il servizio pubblico “assediato” (anni Settanta)
l’inizio della concorrenza pubblico-privato, o “deregolamentazione” (anni
Ottanta)
nuove tecnologie e il loro progressivo impatto (anni Ottanta-Duemila)
L’Età dell’Oro:
1) Germania (Federale): suddivisione in zone di influenza (Alleati) nel 1949
viene elaborata una Costituzione fortemente improntata sul Federalismo
il Paese attribuisce alle varie regioni la sovranità: nascita di enti radiofonici
di servizio pubblico;
Art. 5 Legge Fondamentale 1949: broadcasting suddiviso fra le varie regioni
(sovranità culturale) e Stato (poste e rete);
1950: nasce l’ARD, che riunisce le sei istituzioni regional