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GLOBALIZZAZIONE
Golden Age: ragioni della crescita
1) Disponibilità di nuove tecnologie anche a seguito dello sforzo bellico;
2) Il ruolo dello Stato divenuto (welfare, programmazione, sostegno domanda)
3) La cooperazione internazionale anche a seguito delle nuove istituzioni internazionali;
4) La formazione del capitale umano con la diffusionedell'istruzione e i programmi di alfabetizzazione;
5) La disponibilità di capitali e di movimento;
6) Un sistema di cambi fissi con il dollaro moneta diriferimento;
7)I bassi prezzi delle materie prime;
8) I bassi salari con l'abbondanza di manodopera che determinarono una crescita senza inflazione
9) Crescita intensiva nei paesi OCSE e estensiva nei paesi del blocco sovietico
La fine della Golden Age
1)Il crollo del Sistema Monetario Internazionale. Se all'inizio il sistema aveva funzionato nella prima metà
degli anni sessanta la Francia cominciò a chiedere il cambio in oro dei dollari mentre gli Stati Uniti videro
ridursi le riserve auree. Molti paesi non riuscivano a garantire la parità con l'oro delle proprie monete.
Molte monete si svalutarono e anche il dollaro fu soggetta ad attacchi speculativi. Nel 1971 Nixon dichlarò
I'inconvertibilità del dollaro e nel 1973 malgrado qualche tentativo di ritorno al gold exchange standard fu
totalmente abbandonato con il ritorno ad un sistema di cambi flessibili.
2)l primo shock petrolifero (1973). Nel Medio Oriente vi era, fin dal 1948, una certa instabilitá a causa dello
Stato di Israele e del conflitto con i palestinesi. Quando scoppiò la quarta guerra arabo-israelina nel 1973 (la
guerra del Kippur) i paesi produttori di petrolio riuniti nell'OPEC Organization of Petroleum Exporting
Countries decisero di ridurre le produzione di petrolio per colpire i paesi che avevano appoggiato Israele. Il
prezzo del barile quadruplicò da 3 a 12 dollari al barile. Si trattò di un vero shock con un aumento dei costi
di importazione del greggio fortissimi. Il secondo shock petrolifero avvenne nel 1979 a seguito della
rivoluzione iraniana con un ulteriore aumento del prezzo del barile a 30 dollari. USA e URSS ne sono
parzialmente immuni (detengono riserve). In Europa si inaugurano politiche di austerity energetica
Effetti della crisi degli anni Settanta
• Crescita costi produzione e distribuzione dei beni
• Rallentamento tassi di crescita del PIL
• Stagflazione (inflazione + stagnazione economica)
• Inflazione favorita da rivendicazioni salariali
• Enorme quantità di dollari nelle mani di paesi esportatori di petrolio (petrodollari)
• Le banche prestarono petrodollari ai PVS favorendone l'indebitamento
Caratteri della nuova economia
La crisi diede vita ad un nuovo modello fondato dalla crescita e sviluppo tecnologico e ma dalla mancanza di
nuova occupazione Jobless grawth. Si passò altresi ad un modello di produzione postfordista con la
sostituzione dalla catena di montaggio a produzioni più snelle (lean production) adatte alla diversificazione
dei gusti e all'utilizzo della nuove tecnologie del'informatica. Inoltre il nuovo modello si fonda sulla
flessibilità operativa riducendo le scorte operando just in time. Si organizza la produzione attraverso un
sistema a rete di decentra mento produttivoe di delocalizzazion delle produzioni. Molte funziani finiscono
per essere esternalizzate. Contestualmente a queste trasformazioni nell'organizzazione produttiva le
correnti di pensiero keynesiane che avevano ispirato l'azione della politica economica dalia crisi del'29 agli
anni '70 fu rivista da altri economisti neoliberisti che proposero il ritorno ad un ruolo dello Stato più
contenuto. Reagan (1981-1989) e la Thatcher (1979-1990) furono i più convinti sostenitori. I governi erano
molto preoccupati dail'inflazione e quindi proposero una politica ispirata ai c.d. monetaristi sul fronte
dell'offerta (supply-side) più che su quella della domanda (Keynesiani). Si favorirono quindi politiche
monetarie restrittive, deregolamentaziani dei mercati, sgravi fiscall al più ricchi per favorire gl investimenti.
Tutto ciò fini per favorire nuove speculazioni e disparità sociali. Il ruolo dello Stato si ridusse ma mai sotto
una certa soglia divenuto quasi impossibile ridimensionare alcune prestazioni sociali e regolamentari
Quando inizia la globalizzazione?
Tre ipotesi:
• Può essere considerata un processo esistente sin dall inizio della storia, che ha man mano aumentato i
suoi effetti giungendo recentemente ad una improvvisa accelerazione.
• È contemporanea alla modernizzazione e allo sviluppo del capitalismo e ha visto una recente
accelerazione.
• È un fenomeno recente associato ad altri processi sociali chiamati post industrializzazione, post-
modernizzazione o disorganizzazione del capitalismo.
Punto comune: la situazione attuale come momento di rottura degli equilibri preesistenti con accelerazioni
diverse a seconda dell'epoca storica.
Le fasi della globalizzazione
Cinque fasi di sviluppo
- Fase germinale Dagli inizi del XV secolo alla metà del XVI. Affermazione degli stati nazionali; conquista dei
territori extraeuropei.
- Fase iniziale Dalla metà del XVII secolo agli anni 70 dell 800. dallo stato nazionale alle relazioni
internazionali. Passaggio
- Fase del decollo Dagli anni 70 dell 800 agli anni 20 del 900. Società nazionali, individui, società
internazionale, idea di umanità
- Fase della lotta per I' egemonia. Dagli anni 20 agli anni 60 del 900. Guerre e dispute per la supremazia.
Nascita delle Nazioni Unite. Circostanze discordanti circa la modernità. Guerra fredda.
- Fase dell'incertezza Dagli anni 60 al 2000. Presa di coscienza della dimensione globale e dei rischi.
Cittadinanza planetaria. Nascita e sviluppo dei BRICS
Problemi della globalizzazione
- La diffusione delle tecnologie ha avuto una forte accelerazione; il progresso tecnico, con i suoi effetti sui
costi di trasporto e comunicazione, ha ridimensionato le barriere naturali agli scambi. In questo mercato
globale, le aziende multinazionali sono diventate il principale motore della globalizzozione. Tuttavia,
mentre le restrizioni normative alla libero circolozione di merci e capitali si sono ridotte, movimenti di
lavaratori sono rimasti invece a un livello inferiore a quello dei primi anni del 20 sec, e hanno continuato a
essere regolamentoti da legislazioni restrittive
- Predominio delle multinazionali che regolano le quote di produzione, le tendenze del mercato, i
movimenti di capitale, influenzando le decisioni dei governi
- Aumento delle disuguaglianze fra aree geografiche del mondo, con effetti sociali e ambientali
problemi della globalizzazione: mercato del lavoro
- Dal fordismo al toyotismo
- Nelle economie sviluppate di mercato il sistema della catena di montaggio, tipico del "fordismo", viene
sempre più sostituito da sistemi «flessibili» di montaggio modulari a rete, come quelli introdotti
dall'industria automobilistica giapponese Toyota (da qui il termine "toyotismo").
- Nelle fabbriche dei paesi in via di sviluppo, inseriti nella produzione internazionale integrata, il lavoro
continua a svolgersi quasi esclusiva mente secondo il sistema fordista della rigida sequenzialità delle
operazioni.
LEZIONE 29: TEORIE ECONOMICHE E MODELLO DEI CICLI ECONOMICI
-TEORIE SULLO SVILUPPO ECONOMICO
La storiografia sullio sviluppo economico è antica quanto lo sviluppo stesso
Tutta l'economia politica classica (da Adam Smith in poi) poneva infatti al centro della sua riflessione cause
e prospettive di lungo periodo del processo di sviluppo. L'economia neoclassica della seconda metà
dell'Ottocento abbandonò la problematica del mutamento di lungo periodo. Il problema però rimase vivo
nei paesi ancora arretrati nelle discussioni fra politici ed economisti sui provvedimenti di politica economica
per stimolare l'industrializzazione. Gli storici economici (specializzazione che proprio allora stava nascendo)
non parteciparono sostanzialmente al dibattito, poiché erano più interessati ad altre epoche e adottavano
comunque un'impostazione microanalitica (scuola storica dell economia). I turbolenti anni fra il 1913 e la
seconda guerra mondiale misero in secondo piano il problema dello sviluppo economico rispetto a quelli di
natura più congiunturale (Keynes). Il tema fu ripreso nell'immediato dopoguerra dalla teoria economica, di
nuovo con finalità eminentemente pratiche, per trovare cioè una ricetta per lo sviluppo dei paesi arretrati.
Tale interesse ovviamente stimolò, pur con un certo ritardo, la ricerca sui casi storici di sviluppo, alla ricerca
di indicazioni utili in tal senso.
Rostow sostiene che ciascun paese avanzato deve attraversare cinque fasi, le prime due delle qual
costituiscono lo svituppo vero e proprio. Durante la prima si sarebbero creati cosiddetti prerequisiti (per
esempio le infrastrutture), mentre la seconda avrebbe segnato I'inizio dello sviluppo. Essa sarebbe stata
caratterizzata da un aumento della percentuale del risparmio sul reddito nazionale e soprattutto da
un'accelerazione del tasso di crescita (take-off o decollo) tale da marcare una netta discontinuità rispetto
alla stagnazione precedente. Il processo sarebbe stato trainato dalla crescita di uno o più settori-guida. Tale
modello (desunto fra l'altro da ricerche sulla rivoluzione industriale inglese) per alcuni anni influenza
profondamente la storiografia, messasi alla ricerca del take-offe del settori guida in tutti i paesi, con risultati
quasi mai soddisfacenti. Ciò stimolo un ripensamento e una maggiore attenzione alla concreta realtà storica
Il contributo più significativo in tal senso fu offerto dalla tassonomia di A. Gerschenkron (l problema storico
dell'arretratezza economica), che suggeriva l'esistenza di processi di sviluppo differenziati a seconda del
livello iniziale di arretratezza di ciascun paese. Tale approccio si dimostrò molto più fecondo di quello di
Rostow sul piano storiografico.
Le ricerche sui singoli casi nazionali però confermarono solo in parte le singole ipotesi di Gerschenkron.
La novità metodologica principale negli anni Ottanta del Novecento fu la proposta di S. Pollard (La
conquista pacifica) di assumere come unità di analisi la regione economica più che, come in genere si
faceva, lo stato nazionale. Tale idea è giustificata dalla constatazione della concentrazione geografica dello
sviluppo industriale in poli abbastanza ristretti (la Ruhr, il triangolo industriale ecc.) i quali spesso
intrattenevano rapporti economici più stretti coni poli limitrofi di paesi diversi (come accadeva per esempio
nel caso della tedesca Ruhr con la Francia del nordeil Belgio) che con regioni diverse dello stesso stato. Il
richiamo di Pollard&egr