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Storia del diritto romano: Giustiniano ed il Corpus Iuris Civilis Pag. 1
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STORIA DEL DIRITTO ROMANO

Lunedì 2 dicembre

Il regno di Giustiniano è uno dei regni più lunghi della storia dell’impero romano (527-565).

Giustiniano è una figura dai tratti controversi sia dal punto di vista della famiglia che dal punto di vista

della politica.

Da una parte Giustiniano è colui che ha salvato quasi tutto quello che noi abbiamo a livello testuale

dell’esperienza giuridica romana, tanto che senza di lui oggi non potremmo studiare diritto romano ma

probabilmente non ci sarebbe stata questa storia giuridica in occidente in quanto il diritto occidentale

(dalla scuola di Bologna dell’XI secolo in poi) è nato come studio di ciò che Giustiniano ci ha

trasmesso.

Da qui l’immagine quasi santificata che ne da Dante attraverso l’incipit del VI canto del paradiso:

“Cesare fui e son Iustiniano”, colui che fu artefice di un’operazione essenziale, ovvero togliere il

troppo e il vano dalle leggi, una selezione e ricomposizione di un corpo organico che nel medioevo

veniva chiamato Corpus Iuris Civilis.

Giustiniano è dunque l’autore di un corpo organico di un’esperienza plurisecolare composita in una

eterogeneità di scritti, opere pregiustinianee e libri di giuristi.

Il suo però non è solo un salvataggio di testi ma egli imprime a questi testi una valenza e un

significato nuovo, veicolando in qualche modo un’immagine del diritto romano fortemente

destoricizzata.

Gli studiosi devono quindi destrutturare l’opera di Giustiniano per sottrarci al condizionamento che

essa ha esercitato per oltre un millennio.

Giustiniano è piuttosto giovane quando sale al trono nel 527 ed è il nipote dell’imperatore precedente,

Giustino. È originario di un piccolo centro nell’attuale Macedonia, proviene da una famiglia potente

ma incolta, l’imperatore suo zio è analfabeta. Giustiniano pur non essendo una persona colta è

pienamente consapevole dell’importanza della cultura, in particolare di quella giuridica.

Decide di sposare Teodora, un’ex attrice (professione considerata molto vicina a quella delle

prostitute). In base alla legislazione augustea, uomini di rango senatorio, non avrebbero potuto

sposare donne che avevano svolto la professione di attrici, pertanto Giustiniano è costretto ad

abrogare formalmente il divieto della legge augustea.

Lo storico di corte, Procopio, pare sia stato autore, oltre alle opere ufficiali in cui glorificava l’opera di

Giustiniano, anche di un’opera scandalistica, apparsa anonima, della storia segreta nella quale viene

presentata un’immagine molto negativa di Teodora alla quale vengono attribuite le peggiori

nefandezze, libertinaggio e depravazioni sessuali.

In realtà Teodora è una figura di grande importanza, tanto che secondo alcuni studiosi avrebbe avuto

un ruolo anche in alcune costituzioni fatte promulgare da Giustiniano.

Addirittura nei primissimi anni del regno di Giustiniano, egli si trova ad affrontare una sommossa a

Costantinopoli, la rivolta della Nika, che nasce come una specie di scontri tra tifosi delle varie fazioni

che si disputano la vittoria nei giochi circensi ma poi sfocia in una vera e propria rivolta che

l’imperatore fatica ad affrontare ma Teodora induce il marito ad abbandonare l’idea di fuggire e lo

costringe ad affrontare con fermezza la rivolta.

Passato il primo momento più delicato, i primi anni del regno di Giustiniano si connotano per due

obiettivi di fondo.

Da una parte vi è un sogno militare ma anche politico e simbolico che nasce dal culto della Roma

antica, ovvero la riconquista dell’Italia. Giustiniano vuole riportare le insegne imperiali in occidente,

in particolare in Italia e soprattutto a Roma non perché abbiano un particolare peso politico o

economico ma perché hanno un enorme valore storico. Ciò significherebbe tornare al periodo d’oro

dell’impero, farsi un nuovo Augusto.

La campagna italica si protrae per diversi anni, inizialmente con esiti molto incerti, soprattutto a causa

dell’ostilità reciproca tra i suoi due principali generali, Narsete e Bellisario. Solo nel momento in cui

Bellisario emerge come unico comandante dell’esercito di Giustiniano, si ottiene una piena vittoria

(Dante, “al fido Bellisar commendai l’arme”).

La riconquista dell’Italia porta però un risultato piuttosto effimero poiché larga parte dell’Italia viene

riperduta addirittura durante il regno dello stesso Giustiniano, ma rimarranno sulle coste dell’Italia

meridionale adriatica e ionica una serie di insediamenti bizantini.

Dall’altro lato, un altro aspetto della Roma dei Cesari che seduce Giustiniano è il loro

patrimonio giuridico.

Si può cogliere un vero e proprio culto di Giustiniano per quello che è stato il diritto romano prodotto

dai giuristi e dagli imperatori nei secoli del principato.

Anche qui le operazioni vanno un po’ a rilento per via della gelosia di due figure eminenti e solo il

progressivo emergere di una di queste segnerà il successo di Giustiniano che sopravvivrà per

millenni. Queste due figure sono Giovanni di Cappadocia e Triboniano.

Triboniano, ricoprirà nei primi anni del regno di Giustiniano una carica molto importante ovvero

quella di Questor Sacri Palatii, ovvero il ministro della giustizia.

Innanzitutto, Triboniano è perfettamente bilingue, conosce sia il greco sia il latino, a differenza di

Giovanni di Cappadocia che invece parla solo greco così come la corte di Costantinopoli.

Nonostante la lingua greca sia considerata più colta del latino e dal medioevo in poi, per noi, grecum

est non legitur, in realtà in questo contesto sono le persone estremamente colte a conoscere il

latino perché il greco è la lingua ufficiale.

Triboniano è in grado di leggere i testi, i libri e le opere dei giuristi vissuti secoli prima, inoltre

possiede personalmente una ricchissima biblioteca in cui è confluito tutto quello che è sopravvissuto

delle opere dei giuristi del passato.

Giustiniano avverte una duplice esigenza:

- Fare ordine nel materiale legislativo imperiale

- Fare ordine nella gran massa degli iura, ovvero dei pareri dei giuristi del passato riversati in una

massa sterminata e disorganica di opere.

Questa duplice esigenza comporta però una serie di difficoltà come ad esempio reperire le soluzioni

dei giuristi, leggere migliaia di libri, migliaia di provvedimenti imperiali e in più potevano esserci casi in

cui due giuristi si erano espressi in maniera diversa.

Nel corso del V secolo già Teodosio II, in oriente, e Valentiniano III, in occidente, avevano cercato di

fare ordine in questa innumerevole quantità di dati.

Il progetto di Giustiniano è molto più ambizioso e più attrezzato dal punto di vista culturale.

L’operazione più semplice è sicuramente quella di rinnovare la raccolta delle costituzioni imperiali

poiché è possibile trovare dei precedenti come i codici privati di Gregoriano ed Ermogeniano della

fine del III secolo ed il codice di Teodosio II del 439.

Dopo appena due anni di regno, nel 529 Giustiniano fa emanare un codice nel quale raccoglie

quello che era considerato il meglio delle costituzioni imperiali dei suoi predecessori e delle sue.

Di questo codice noi non abbiamo nessuna testimonianza.

Giustiniano infatti continua ad emanare talmente tante costituzioni che questo codice del 529 appare

ormai vecchio nonostante sia passato solo qualche anno.

La soluzione risulta quindi quella di porre mano ad una seconda edizione del codice, il cosiddetto

codex repetite predexionis che viene approvato e promulgato nel 534.

È un codice che raccoglie costituzioni imperiali non da Costantino in poi ma da Adriano in poi, vi

troviamo rescritti ed editti.

Il primo libro del codice è interamente dedicato a quella materia che Teodosio II riporta nell’ultimo libro

della sua opera, ovvero ai rapporti tra impero e chiesa.

Giustiniano infatti abbraccia in pieno l’ortodossia soltanto nel corso del suo regno grazie all’influsso di

un grande vescovo orientale, Agapito, poiché gli inizi dell’imperatore sono molto vicini all’eresia, in

particolare all’eresia ariana.

Il codex repetite predexionis è diviso in dodici libri. Nella compilazione giustinianea vi sono dei

giochi numerici eminenti che hanno come protagonisti il numero 12 e il numero 50.

Il numero dodici ricorda le dodici tavole. Il codice, presentato come ultima parte del Corpus Iuris

redatto da Giustiniano, appare come una sorta di momento conclusivo, di ricapitolazione di tutta

una storia giuridica della quale l’α sono le dodici tavole e l’Ω i dodici libri del codice

giustinianeo.

Nel frattempo però Giustiniano ha messo mano ad altre due parti di quello che i posteri chiameranno

corpo del diritto civile, inteso come un complesso organico in cui le varie parti sono come tasselli di

un disegno complessivo che deve essere coerente, assimilato ad un mosaico dove il singolo

elemento ha senso solo se preso nell’insieme.

Le varie parti del corpus iuris concorrono a formare un disegno unitario, ma anche all’interno di esse,

in particolare il Digesto, sono proprio espressioni di una tecnica mosaica in cui le varie costituzioni

degli imperatori o i vari frammenti degli scritti dei giuristi sono come tanti tasselli che interessano

piuttosto nell’immagine complessiva che concorrono a formare.

Nel 530 Triboniano ormai sta emergendo. Se la sua figura era stata più defilata nella redazione del

codice del 529, progressivamente incide con la sua personalità sui lavori che si stanno per compiere.

Giustiniano senza l’aiuto di Triboniano non sarebbe riuscito nel suo intento.

Sappiamo indirettamente che nel 529 Giustiniano riproduceva la legge per citazioni che invece è

assente nel codice del 534.

All’inizio quindi Giustiniano si avvale ancora di quel metodo rozzo utilizzato da Valentiniano III (cinque

giuristi, se sono in disaccordo vince la maggioranza, se sono in disaccordo ma in numero pari vince

Papiniano e se non c’è decide il giudice, ecc.):

A partire dall’estate del 530 le cose cambiano in quanto Giustiniano inizia ad intervenire

personalmente con apposite costituzioni su una serie di questioni controverse che non trovavano

univoca soluzione nei pareri dei giuristi del passato. Si tratta di una serie di problemi specifici rispetto

ai quali Giustiniano ritiene necessario intervenire personalmente per stabilire quali delle soluzioni in

gioco costituisca ius receptum, che può essere sia una soluzione appartenente ad un giurista del

passato, sia una soluzione completamente nuova.

Queste decisioni prendono il nome di Quinquaginta Decisiones.

In realtà le costituzioni che ne fanno parte sono di meno, m

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A.A. 2019-2020
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher iaamthewalruss di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Stolfi Emanuele.