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I PR O F E S S I ON I S T I
I professionisti sono i depositari di ogni capacità intellettuale utilizzata
come fonte di reddito. Mentre prima, per antica tradizione, essi erano
liberi praticanti, oggi sono fin dall’inizio stipendiati. Alla direzione
personale – ad es. di studi medici o di avvocato – subentrano le grandi
organizzazioni burocratiche come la clinica o l’officina legale. Lavorano in
reparti sempre più specializzati, sotto dirigenti, le condizioni a cui
eseguono il lavoro sono stabilite da un regolamento. Il lavoro è condotto
in modo impersonale, e a qualunque laureato che vogli accedere ad una
delle professioni mancherà sempre una cosa: i contatti. Sono quelli che
procurano gli affari, e sono solo gli anziani – portavoci delle grandi
società, loro servitori ed apologisti, il cervello delle società per azioni – a
possederli.
Le burocrazie ingegnosamente articolate, il volume delle prestazioni da
loro richieste, la collusione tra dirigenti e zelo commerciale, le manovre
politiche per limitare l’accesso a nuovi elementi, defraudano molti
professionisti della possibilità di pensare in modo libero e indipendente.
L’accentramento delle decisioni è accentramento del potere: se i compiti
meno intellettuali vengono suddivisi in più parti, l’uso del raziocinio
apparterrà solo ed esclusivamente ai massimi dirigenti. Ai livelli inferiori
accederanno le persone provenienti dai gradini inferiori della scala
sociale, mentre ai gradini superiori verranno sbalzati le riproduzioni delle
elites attuali.
G LI I N TE L LE TT UA L I
Anche gli intellettuali sono dispersi in gruppi distinti. La loro caratteristica
è quella di potersi dedicare alla difesa e alla elaborazione di qualsiasi
interesse sociale. Persa ogni volontà politica, gli intellettuali hanno
smesso di credere nella capacità dell’intelletto umano di controllare il
proprio destino. Nel contesto burocratico le nuove burocrazie sono i datori
di lavoro e i maggiori acquirenti della loro produzione. Essi diventano così
le truppe ausiliarie dei padroni del mercato. Si dedicano alla formazione
dell’opinione pubblica, e in ogni settore la paura di perdere il proprio
posto di lavoro, o le indirette manipolazioni eserctiate dai corpi direzionali
porta all’autocensura. Sono così diventati lavoratori stipendiati: gente che
passa le ore più vive della propria esistenza a ricevere ordini.
Ma il mercato paga bene, e gli intellettuali sono chiamati sempre più a
creare e diffondere nuovi simboli. Le santificazioni tradizionali sono
andate distrutte, servono dunque nuovi presupposti ideali diffusi
attraverso nuovi strumenti di comunicazione; nuove verginità per le
grandi burocrazie: la concentrazione della ricchezza e la centralizzazione
del potere esigono opinioni concentrate e centralizzate, servono nuove
giustificazioni, interpretazioni o diversivi che distraggano la pubblica
attenzione. Chi voglia mantenersi libero troverà i centri dell’iniziativa
politica sempre meno accessibili, si sentirà irrilevante: da tale
consapevolezza in letteratura sorge così un senso tragico della vita,
un’alienazione, un rifugiarsi nelle proprie debolezze. Nelle scienze sociali
procede di pari passo una ricerca feticistica della obiettività che,
accettate per date la grande impalcatura che lo circonda, si adopera nella
immaginazione di grandi schemi di vita e di lavoro prefabbricati.
Adeguarsi o piangere sulla propria alienazione: queste sono le alternative.
L A G RA N D E S A L A D I V EN D I TA
Nella nuova società la vendita è una attività onnipresente e
onnipervasiva, che penetrain ogni istituzione e in ogni rapporto.
Mentre all’inizio le case commerciali erano in grado di incrementare
l’immissione di merci su un mercato in espandione abbassando i prezzi,
su un mercato chiuso c’è bisogno di stimolare la domanda creando nuovi
bisogni e desideri assillanti. Dal piccolo emporio, ai negozi specializzati,
fino ai grandi magazzini simbolo dell’integrazione. L’economia dipende da
mercati con un alto tasso di ricambio dei beni di consumo, il processo è
accellerato dal marketing e dalla creazione di mode: condizionamenti
deliberatamente programmati al fine di aumentare il volume di vendite.
Prima della comparsa del sistema di attacco senza quartiere al cliente, il
venditore mirava fondamentalmente a conoscere bene il prodotto; in
seguito gli sforzi si sono diretti ad incantare il probabile cliene, arte che è
stata fornita dalla psicologia.
I grandi magazzini sono i sostituti della famiglia: nutrono, vestono,
divertono. Hanno assimilato in sè tutte le varie fasi del ciclo economico.
Sono la cattedrale dei beni di consumo, dove si celebra il grande culto
delle apparenze. La razionalizzazione in questo case assume la forma
della standardizzazione delle competenze di vendita, che prima erano
affidate all’iniziativa privata e alla creatività del commesso. Ora la
creatività viene centralizzata, e al commesso è richiesto solo di appuntare
in viso la maschera più idonea per lui creata dai sistemi esperti: nasce il
mercato della personalità, la messa in vendita dell’arte di trattare le
persone. Ogni campo che prima era lasciato all’autonomia viene
regolamentato – ad es. la contrattazione -. Le leggi della domanda e
dell’offerta regolano il tipo di personalità che egli può esprimere.
E, per averci a che fare meglio, si standardizzano anche i clienti: bisogna
essere rapidi analizzatori di caratteri per sfoderare le armi più giuste per
ogni tipo umano. La personalità, intesa come plasmabilità al sistema,
viene sostituita come requisito alla specializzazione: articolate iniziative
istituzionali e scolastiche cercano razionalmente di preparare gli individui
per il mercato della personalità e di incoraggiarli nel loro tentativo di
competervi con successo: anche le “buone maniere” diventano una
pratica commerciale.
L’ U F F I C I O
Gli uffici sostituiscono i liberi mercati.
Quando gli uffici iniziarono ad ingrandirsi, si sentì la necessità di
classificare in modo sistematico le operazioni commerciali. Si
cominciarono a suddividere i compiti in specializzazioni diversi, e quando
la massa di lavoro divenne enorme e costosa fu possibile l’impiego su
vasta scala di macchine da ufficio. Anche il lavoro delle macchine viene
accentrato, per aumentare la produzione e abbassare i costi unitari: ogni
lavoro viene frazionato in una serie di facili operazioni, si spezzano i
vecchi legami, si elimina alcune cose, si semplificano le rimanenti e così
l’ufficio diviene più simile a uno stabilimento, anche fisicamente nella
organizzazione interna e nell’aspetto (canalizzazione del movimento delle
pratiche in linea retta). Diminuiscono anche qui i lavori che richiedono
iniziativa: la meccanizzazione porta una distinzione netta tra personale
direttivo (che funge da operatore del macchinario umano) e operativo.
La gerarchia in un ufficio si basa sul potere e sull’autorità detenuti,
piuttosto che su capacità specifiche. All’interno della massa dei
dipendenti, si viene classificati in base alla mansione che si esplica.
Viene spinto l’individualismo, con il trucco di permettere ai dipendenti di
“personalizzare” una piccola area dell’ufficio intorno a sé, per scoraggiare
ogni solidarietà tra dipendenti.
Ma i principii dell’organizzazione burocratica non vengono mai applicati
alla lettera ed è possibile così notare diverse sfumature di prestigio:
anche una fittizia vicinanza all’autorità può conferire prestigio riflesso.
Titoli e privilegi sono i segni esterni dello status. Queste mille sfumature
aiutano ognuno a sentirsi “qualcuno”.
Il lavoro è standardizzato e meccanizzato, il diclino di qualsiasi possibilità
da parte del dipendente di seguire e comprendere l’intero processo
operativo, la fine di ogni possibilità di essere a contatto con chi è in
posizione di autorità.
S ISTEMI DI VITA
I L L AVO RO
Il lavoro non ha alcun significato intrinseco. Per il colletto bianco ciò che
egli pensa del lavoro influisce sul tono generale della sua esistenza ed è
la risultante del lavoro come attività, più i significati che egli vi
attribuisce, più le opinioni altrui sull’argomento.
Le concezioni del lavoro come obbligo, o la concezione umanistica del
lavoro come abilità creativa non hanno più senso. Per la maggior parte di
coloro che lavorano alle dipendenze, il lavoro è solo un fatto sgradevole,
un male necessario, lavoro e basta. Può liberamente esprimere la sua
personalità nel lavoro solo chi è padrone della proprietà sulla quale
lavora. Con un contratto di lavoro invece si vende il proprio tempo –
energia- capacità alla potestà altrui; l’individuo strumentalizza ed
esteriorizza aspetti intimi della sua personalità e del suo temperamento. Il
prodotto del suo lavoro è giuridicamente e psicologicamente distaccato
da lui e tale distacco priva di concretezza il significato che il lavoro
potrebbe assumere grazie ai suoi processi tecnici. L’utensile dell’artigiano
si trasforma in macchina ed egli viene ridotto a operatore standardizzato.
L’alienazione addirittura arriva all’alienazione della personalità, venduta
sul mercato, una condizione addirittura peggiore dei salariati. Il lavoro è
così un sacrificio di tempo per costruirsi una vita al di fuori di esso.
REDDITO. Le motivazioni economiche rappresentano l’unico solido
fondamento logico del lavoro. Per il lavoratore che non può ricevere
soddisfazione tecnica dal lavoro resta solo il suo valore di mercato. Il
conformismo (“tutti debbono guadagnarsi da vivere”) e la paura della
disoccupazione o della sotto occupazione pongono le basi per altre
motivazioni del lavoro e fonti di soddisfazione.
STATUS . Per status si intende l’insieme dei compensi attribuiti a un
individuo per il fatto che occupa una posizione all’interno della società.
La soddisfazione – o l’umiliazione - per il proprio laovro è spesso
soddisfazione di status, per i contatti sociali offerti dalla posizione
occupata, per riflesso alla ditta occupata, per il luogo di lavoro o per il
reddito percepito.
POTERE. L’individuo non ha più alcun potere sui processi tecnici della sua
vita lavorativa, ma esercita invece autorità su altri individui.
Concretamente: la soddisfazione nel lavoro è definibile come la conquista