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PRINCIPI CULTURALI

Pervasività dell’orientamento:

Questo primo obiettivo ci dice che siamo in grado di ottenere un vantaggio competitivo quando

tutti i processi della catena del valore sono integrati e si supportano tra di loro.

Per fare questo ci si può avvalere di metodi di mappatura dei processi, questo mi consente di

analizzare a diversi livelli di dettaglio in base ai miei obiettivi. Lo scopo di mappare i processi (con i

diversi modelli noti) è quello di diffondere la consapevolezza degli impatti che le attività hanno sul

processo e di diffondere la cultura di processo.

Logica cliente-fornitore:

Questo principio è a due livelli, in primo luogo bisogna conoscere cosa genera valore per il cliente

finale in modo da insistere su quegli aspetti. In secondo luogo, significa individuare il “cliente” di

ogni attività e capire quali sono le attività che contribuisco a raggiungere l’obiettivo per soddisfare

il cliente.

Il passo successivo è quello di risalire agli obiettivi “interni” che mi permettono di soddisfare

“automaticamente” l’intero processo. Questo meccanismo è chiamato “deployment degli

obiettivi”.

Una delle prime leve è quella della misurazione delle interfacce ossia definire degli indicatori

d’interfaccia relativi alle prestazioni del processo questo consente al cliente di poter valutare

l’adeguatezza dell’output (o dell’attività precedente in caso di cliente interno). Un esempio è lo

SLA (service level agreement) dove vengono definite in un contratto tra cliente e fornitore dei

servizi che il cliente si aspetta dal fornitore capire cosa mi soddisfa il cliente esterno (es: tempi di

passaggio da un reparto all’altro).

Una seconda leva può essere la standardizzazione dei processi questa leva è utile soprattutto per

isolare, ridurre e gestire in modo efficace le eccezioni che si possono presentare. Tuttavia la

standardizzazione limita la flessibilità dell’output del processo, per questo motivo le attività che si

tendono a standardizzare sono quelle a monte ossia quelle che non differenziano l’output. 1

Un’ultima leva è quella dell’introduzione della logica di Partnership, si creano gruppi di lavoro

allargati per raggiungere gli obiettivi. Il lavoro di gruppo è una delle cose più naturali nella gestione

per processi (crere “task forces” integra più UO e quindi soddisfa la gestione per processi). Gli

obiettivi di questo principio sono l’incremento della rapidità di risposta e l’efficacia della risposta

stessa alle esigenze del cliente.

Attenzione ci sono i processi di supporto (es: IT, HR, manutenzione, ecc.) nei quali diventa difficile

introdurre una logica cliente-fornitore, i clienti dei processi di supporto sono molteplici e quindi

non riesco ad indentificarli tutti e dedicargli un output ciascuno. Posso quindi introdurre queste

attività nei processi primari (se ho un guasto, il manutentore è già a disposizione, es: operaio-

manutentoreàjob empowerement), posso anche definire degli indicatori d’interfaccia (si spacca

una macchina e il manutentore deve arrivare entro un tot).

Posso poi esternalizzare tutte le attività più complicate, così mi focalizzo sulle attività core e per

quanto riguarda il fornitore lui sarà in grado di svolgere al meglio quell’attività, posso ridurre i

costi, trasformo dei costi fissi in costi variabili, evito di continuare ad investire in formazione per

gestire i cambiamenti. Gli obiettivi di queste operazioni sono l’evitare lo “straniamento” e

l’autoreferenzialità” dei processi di supporto, miglioro la tempestività.

PRINCIPI ORGANIZZATIVI

Ownership dei processi:

È uno dei principi fondamentali, fa riferimento al fatto che, in realtà, se un processo attraversa più

funzioni ha più responsabili, chi ha quindi la responsabilità del processo? Bisogna introdurre la

figura del process owner che ha la responsabilità orizzontale sul processo, gli obiettivi di questa

figura sono un maggiore presidio e garanzia del raggiungimento degli obiettivi e favorire il

miglioramento continuo del processo avendo una visione complessiva sul processo.

Il processo owner è anche colui che risponde al cliente esterno e, in acluni casi, è colui che

riprogetta il processo.

La situazione scomoda è che in questa situazione l’individuo è sottoposto a due “controllori”, ha

due capi. Come scelgo un P.O.? questo ruolo è solitamente ricoperto da un responsabile che già

opera all’interno del processo, spesso all’interno della funzione che è maggiormente coinvolta

(perché conoscono la parte che più impatta sul processo).

Process owner

Ci sono due tipi di PO, il PO operativo che gestisce il processo e il PO strategico che valuta il

processo:

- PO STRATEGICO: è colui che ha la

responsabilità globale e continuativa

sul processo, egli definisce obiettivi e

indicatori del processo disegnando le

principali fasi, attività e modalità di

coordinamento (procedure e norme).

Le attività che deve svolgere sono

quindi quelle rappresentate

nell’immagine. La figura a cui si affida

questo ruolo varia dal tipo di azienda

considerata, generalmente è

opportuno affidare il ruolo a qualcuno

che ha potere all’interno

dell’organigramma aziendale; 2

- PO OPERATIVO: sono tipicamente persone che lavorano nel processo e che sono

responsabili del controllo dello stato di avanzamento delle attività. Spesso gli vengono

attribuite intere fasi del processo con un buon grado di delega in modo da risolvere i

problemi che si verificano. Per creare queste figure occorre quindi intervenire sulle

competenze e sul grado di responsabilità. Due tipologie di po operativo sono:

Gestore di commessa: si occupa di processi come la gestione dell’ordine cliente e la

o produzione e assemblaggio. Deve saper relazionarsi col cliente e relazionarsi e

negoziare con le funzioni tecniche. Deve essere in grado di pianificare e gestire degli

appuntamenti;

o Case manager: si occupa della parte dei servizi quindi servizio al cliente, assistenza

tecnica e gestione dei reclami. Occorre quindi rafforzare la delega (empowerment)

e allargare il raggio d’azione (job enlargement), dev’essere in grado di relazionarsi e

di risolvere problemi, per fare ciò deve avere accesso a tutte le informazioni

dell’azienda

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Ridisegno delle mansioni e dei ruoli:

Questo ridisegno dev’essere orientato a integrare e velocizzare il processo, individuiamo 3 leve: la

prima è quella di responsabilizzare maggiormente chi svolge le attività, questo evita di dover

“chiedere al capo”. Il secondo modo è quello di aumentare le attività svolte da una persona (prima

e seconda leva costituiscono il JOB RE-DESIGN), mentre il terzo modo è legato al lavoro in team.

L’obiettivo di questo principio è quello di assegnare a un gruppo di persone o a una persona più

attività in modo da ridurre i passaggi di attività (e quindi di persone). Chiaramente va messo in

condizione il lavoratore di gestire la delega, ossia va formato, deve sapere quale decisioni può

prendere. Inoltre, la delega dev’essere reale, non basta dirlo ma va fatto. Va anche visto se tutti i

lavoratori sono disposti ad assumersi le responsabilità.

Tutto questo porta a una riduzione dei livelli gerarchici, arrivo a un’organizzazione snella, ho meno

manager intermedi, meno staff, devo stare attento a come ricollocare i livelli intermedi. I temi

critici sono quindi: la gestione del processo di cambiamento ossia devo mettere in pratica quello

che ho pensato. Un altro elemento è il controllo, aumenta la “span of control” quindi si riduce il 3

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
4 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lofilao di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sistemi organizzativi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Brivio Olimpio.