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I capisaldi progettuali in termini di sicurezza consistono in:
- Una corretta scelta del sito per ridurre le probabilità di incidenti esterni, sulla base di studi
sismologici, meteorologici, idrologici, geologici e antropologici
- Ottima progettazione dell’impianto al fine di ridurre le potenziali situazioni di pericolo (esempio:
aumento di potenza al di sopra di quella nominale)
- Controllo della qualità dei materiali, che devono essere esenti da difetti, con una qualità pari a
quella richiesta per l’industria aeronautica e aerospaziale
- Adeguato sistema di protezione che preveda la dotazione dell’impianto di una serie di dispositivi
protettivi con lo scopo di mitigare gli effetti di un eventuale incidente (sistema di spegnimento di
emergenza; raffreddamento del sistema; contenitore della caldaia nucleare; pozzo di calore finale;
gruppi elettrogeni autonomi; sistemi di trattamento dei prodotti di fissione). Questi sistemi si
distinguono in attivi e passivi, a seconda che sia richiesta o meno l’attivazione esterna.
In particolare, il contenitore del reattore e dei suoi circuiti ausiliari ha la funzione di:
- Evitare significativi rilasci di radionuclidi
- Mantenere l’integrità strutturale, la tenuta, il supporto ai sistemi e componenti ausiliari
- Permettere l’estrazione dell’energia e il raffreddamento del reattore
- Evitare rilasci in caso di eventi esterni
- Fornire lo schermaggio per il personale ed il pubblico anche in seguito ad un eventuale incidente Commentato [LF2]: Si può anche omettere
Esistono diverse tipologie di contenitori, tra cui:
- Il contenitore a pressione (più diffuso), capace di contenere al suo interno tutto il materiale in
pressione ed evitarne la fuga, anche in caso di rottura del circuito di refrigerazione. È possibile
creare una barriera a più strati, costruendo gusci esterni e depressurizzando l’ambiente nelle
intercapedini;
- Il contenitore a soppressione di pressione, che assorbe l’energia sviluppata da un incidente
condensando il vapore rilasciato; è costituito da un contenitore a pressione e da una piscina a
soppressione di vapore, dove il vapore condensa. Anche in questo caso è possibile costruire una
barriera multipla.
3. Scorie e gestione
Le scorie si dividono in 3 categorie:
- prima categoria, caratterizzata da tempi di decadimento dell’ordine di mesi fino a un massimo di alcuni
anni
- seconda categoria, con tempi compresi tra qualche decina e qualche centinaia di anni, stoccati all’interno
di appositi depositi superficiali accuratamente progettati.
- terza categoria, la più pericolosa, in quanto il processo di decadimento richiede migliaia di anni, con sedi
di stoccaggio tuttora non definitive.
Le scorie sono costituite da prodotti risultanti dalla fissione, attinidi e materiali dell’impianto irraggiati. Il
loro trattamento può essere di 2 tipi:
- Ciclo chiuso, il quale prevede il riprocessamento del combustibile attraverso cui è possibile
recuperare fino al 99% del plutonio e uranio presenti, così da poterli riutilizzare. Il restante
materiale viene diviso in elementi soggetti a controllo storico (seconda categoria) e a controllo
geologico (terza categoria), per poi essere condizionati, ovvero trasformati in rifiuti solidi stabili e
confinati all’interno di matrici rispettivamente cementizie e vetrose.
- Ciclo aperto, in cui le scorie vengono direttamente incapsulate in contenitori altamente resistenti
soggetti a controllo geologico. Risulta più economico del ciclo chiuso perché non prevede
trattamenti di separazione, ma lo stoccaggio, seppur definitivo, dovrebbe prevedere un possibile
recupero di uranio e plutonio.
4. Tempo di dimezzamento. Nuke1 sl18-20
Definiamo il “tempo di dimezzamento” il tempo necessario per il decadimento della metà del numero
totale di nuclei radioattivi, varrà quindi la relazione N(t )/N(0)=0.5. Dalla legge di decadimento
1/2
esponenziale N(t)=N(0)*e^(-lambda*t) è possibile ricavare la definizione matematica t =ln2/lambda, con
1/2
lambda la costante di decadimento radioattivo, dipendente dal materiale.
Associato al tempo di dimezzamento c'è il concetto di "attività nucleare", ovvero il numero di decadimenti
nell'unità di tempo, misurati in Bequerel=[decadimenti/s].
5. Diffusione gassosa. Nuke1 sl40
La diffusione gassosa è una tecnica usata per produrre uranio arricchito. Essa prevede di sfruttare la
diversa velocità di diffusione molecolare degli isotopi di uranio attraverso un setto poroso. Infatti,
essendo l’energia cinetica di un gas costante e pari a Ec=0.5*m*v^2, la velocità risulta
inversamente proporzionale alla radice quadrata della massa v=(Ec/(0.5*m))^0.5. Nell’attuazione di
questa tecnica viene utilizzato come gas l’esafluoruro di uranio (UF6), sia perché si trova in fase
gassosa, sia perché il fluoro non ha isotopi, quindi tutta la differenza di massa è da attribuire alla
presenza di U235 o U238.
Data la scarsa differenza molecolare, però, il fattore di separazione risulta essere molto basso
(1,003), pertanto per arrivare ad arricchimenti del 3% servono 1400 stadi.
6. Gassificazione: reazione e stato operativo. Gas sl 9-17
La gassificazione converte un combustibile carbonioso, un ossidante e acqua (utilizzata sia come
moderatore di temperatura che come fonte di idrogeno) in syngas (CO+H2) e ceneri (residuo di
combustione) attraverso principalmente tre reazioni di combustione parziale. Per favorire la
cinetica della combustione, però, il calore generato dalle suddette reazioni (pari al 28% del calore
ottenibile dalla combustione del carbonio) non risulta essere sufficiente, ed è quindi necessario
alzare la temperatura attraverso un processo di combustione totale. Esso sacrifica parte del
combustibile per produrre (oltre al calore) CO2 e H20, che possono a loro volta reagire con il
combustibile attraverso le reazioni di reforming per produrre syngas. Si raggiunge quindi una
situazione di equilibrio, che è possibile sbilanciare per aumentare la concentrazione di CO o H2 in
base alle esigenze attraverso il meccanismo fornito dalla reazione di shift. Collateralmente alle
reazioni principali appena elencate, si riscontra la formazione di residui carboniosi indesiderati
(soot) a causa della scarsa uniformità di temperatura all’interno del gassificatore.
La qualità del syngas è determinata principalmente da due fattori:
- Alimentazione: per ogni combustibile, e in date condizioni di temperatura e pressione, esiste un
grafico che permette di determinare la composizione finale del syngas (H2/CO e %CO2) conoscendo
le quantità di ossigeno e acqua introdotti nel gassificatore, quindi i rapporti O2/C e V/C.
- Temperatura: essa determina la composizione finale del syngas, che è tanto migliore quanto più
alte sono le percentuali di CO e H2, fino a raggiungere il limite superiore di 1500°C. Inoltre, essa
influisce sulla cinetica delle reazioni, e pertanto è necessario tenerla sempre al di sopra di 900°C,
temperatura al di sotto della quale sarebbero necessari catalizzatori non utilizzabili a causa della
presenza nella carica di ceneri, zolfo e impurezze varie. Altri parametri che influiscono sulla scelta
della temperatura sono lo stato fisico in cui si vogliono ridurre le ceneri e la temperatura di uscita
del syngas.
La pressione, a parità di temperatura, non influenza la qualità del syngas. Essa però viene regolata già
nel gassificatore in funzione delle pressioni operative richieste dai processi o dalle apparecchiature a
valle, fino a un massimo di 70-90 bar non sono praticabili.
7. Impianti di raffreddamento del syngas. Gas sl 40-43
-Tecnologia TEXACO: il syngas, che esce dal gassificatore alla temperatura di 1350°C, esce da un primo
scambiatore a 900°C, temperatura alla quale si forma lo slag, che poi viene eliminato per non intasare le
condutture; il passaggio in un secondo scambiatore permette di abbattere la temperatura del gas fino a
250°C;
-Tecnologia DESTEC: si inietta una opportuna quantità di acqua nel syngas caldo per abbattere la
temperatura fino a 900°C, quando si verifica la solidificazione dello slag che viene rimosso per non intasare
lo scambiatore convettivo;
-Tecnologia SHELL quench(spegnimento) ad alta temperatura mediante miscelazione con syngas a 250°C,
per portare quello più caldo a 900°C, così da far formare lo slag per poterlo eliminare;
-Tecnologia TEXACO (versione più economica): soluzione drastica con quench completo mediante enormi
iniezioni d'acqua. Lo slag viene raccolto ed eliminato direttamente dentro lo "scambiatore". si può
recuperare vapore solo a bassa pressione (10-15bar)
8. Classificazione reattori nucleari. Nuke1 sl da 47
L’ampia ricerca sull’energia nucleare ha fatto sì che siano state studiate molteplici configurazioni di
reattori nucleari, rendendo problematica una classificazione logica e condivisa.
Si può però tentare di improntare, per i reattori commerciali, una classificazione basata sulla
presenza e la tipologia di moderatori:
i) Reattori termici (con moderatore)
(1) Ad acqua leggera (LWR): costituisce la tipologia di reattore più utilizzata
(a) In pressione (PWR): il reattore funziona sempre con acqua in pressione a circa 160 bar,
così da rimanere allo stato liquido nel nocciolo. Essa cede quindi calore a un circuito
secondario in cui l’acqua viene lasciata vaporizzare per poi espandere in una turbina a
vapore (ciclo indiretto); questo tipo di reattori può arrivare ad una potenza di 1700
MWe con una potenza di ingresso di 4900 MWt;
(b) Bollente (BWR): non c’è suddivisione tra circuito primario e secondario; l’acqua
vaporizza direttamente nel nocciolo a una pressione di circa 70 bar per poi espandere
in turbina, essere condensata e reinviata al nocciolo (ciclo diretto);
(2) Ad acqua pesante: consente di migliorare l’economia dei neutroni, in quanto il deuterio ne
cattura meno dell’idrogeno.
(3) A grafite: il core in grafite viene raffreddato con CO2, che va a vaporizzare, in un Heat
Recovery Steam Generator, l’acqua di un circuito secondario, che va poi ad espandere in
turbina.
N.B: nei casi (2) e (3) si potrebbe pertanto utilizzare uranio naturale, ma per ragioni economiche si
preferisce usare uranio leggermente arricchito;
ii) Reattori veloci (senza moderatore): i neutroni si muovono ad alte velocità, richiedendo la
presenza di un’elevata quantità di materiale fissile, quindi di uranio arricchito, per il
sostenimento della reazione, in quanto la probabilità di fissione è inversamente proporzionale
alla loro velocità.
9. Perché l’uranio viene arricchito. Nuke1 slide38
L’uranio naturale è composto dallo 0.712% di