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LA LIBERTÀ DI ORGANIZZAZIONE SINDACALE E IL DIRITTO DI SCIOPERO

L'articolo 39 fa riferimento alla libertà di organizzazione sindacale, ma non è mai stato applicato se non nel caso del primo comma. Essendo l'organizzazione sindacale una specie di "associazioni", composta da lavoratori che appartengono alla stessa categoria, sarebbe bastata la tutela generale prevista dall'articolo 18 della Costituzione stessa. Il fatto è che la Costituzione prefigura un modello specifico di organizzazione sindacale che ricorda, seppur da lontano, le corporazioni del periodo fascista. È il sindacato che, a condizione di avere un ordinamento interno di tipo democratico, viene registrato, a cui è riconosciuta la personalità giuridica e soprattutto può entrare in rappresentanze unitarie che stipulano contratti collettivi di lavoro con efficacia normativa. Ma i sindacati hanno sempre rifiutato di attuare questa norma, innanzitutto.

per evitare di "contarsi". Per cui gli attuali sindacati sono semplici associazioni di diritto privato. Lo sciopero invece è la sospensione collettiva temporanea delle prestazioni di lavoro rivolta alla tutela di un interesse dei lavoratori: è un diritto nel senso che chi sciopera non può subire conseguenze negative sul piano penale, civile e disciplinare. Lo sciopero tutelato dall'articolo 40 della costituzione è però soltanto quello che lavoratori dipendenti attuano per interessi, anche non economici, di categoria (legati cioè alle condizioni lavorative/professionali), non anche quello politico o quello attuato per esempio dai datori di lavoro o dai liberi professionisti. Tuttavia anche quelle manifestazioni sono libere e garantite, se non dall'articolo 40, dalle altre libertà (di riunione, di associazione, di espressione). L'articolo 40 rinvia alle leggi la regolazione e limiti del diritto di sciopero, ma anchequesta disposizione non è stata attuata. Esiste soltanto la disciplina del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (cioè la sanità, la giustizia, i trasporti pubblici, ecc.) nei quali devono comunque essere garantite le prestazioni indispensabili. 30) I DIRITTI DELLA SFERA ECONOMICA I diritti della sfera economica sono quelli compresi dalla cosiddetta costituzione economica, ovvero dal titolo terzo della prima parte della costituzione. In esso sono riportati i principi in materia di lavoro, di organizzazione sindacale e di sciopero, d'impresa e di proprietà. (QUESTA DOMANDA È ESTREMAMENTE GENERALE E COMPRENDE LE RISPOSTE DELLE DOMANDE 5, 29, 31, 32) 31) LA LIBERTÀ DI INIZIATIVA ECONOMICA L'articolo 41 della Costituzione sancisce la libertà di iniziativa economica; quest'ultimo è stato a lungo al centro di complessi dibattiti dottrinali. Esso è infatti apparso come la chiave di volta della'Costituzione economica' poiché pone un principio di bilanciamento tra l'iniziativa economica privata e l'interesse collettivo: l'iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alladignità umana. Inoltre, il medesimo articolo sembrava porre l'esigenza di equilibrare l'iniziativa economica con i principi della pianificazione pubblica dell'economia. Oggi quel dibattito appare assai lontano. Da un lato, l'articolo 41 è stato interpretato nel senso che funzionalizzazione esso conterrebbe una riserva di legge implicita, non vi è dunque una che opera direttamente come limite della libertà quanto, semmai, il rinvio al legislatore del compito di individuare di volta in volta il punto di equilibrio tra la libertà e altri interessi rilevanti. Ma è stata soprattutto l'espansione dell'Unione Europea arendere obsoleti i temi dibattuti. Infatti l'affermazione di principi come la libera circolazione dei capitali, delle merci dei lavoratori, le regole di concorrenza che dominano il mercato, il divieto di aiuti pubblici alle imprese hanno portato la situazione dell'economia molto lontano dalle prospettive della pianificazione di vincolante e del dirigismo pubblico dell'economia. E in questa prospettiva che si colloca anche l'istituzione dell'autorità antitrust quale garante, indipendente dagli organi di governo, della concorrenza e del mercato. Dell'Articolo 41 si fa quindi un'applicazione assai ridotta. Anche l'articolo 43 della Costituzione sembra destinato all'obsolescenza. Esso consente la nazionalizzazione o addirittura la collettivizzazione di determinate imprese o categorie di imprese: prevede dunque una riserva di legge rinforzata per contenuto, nel senso che con una legge-provvedimento si può espropriare un'impresa o.tutte le imprese di un settore. 32) LA PROPRIETA' NELLA COSTITUZIONE Nell'articolo 42 è stata sempre denunciata la difficile coesistenza di due opposte ideologie: quella che fa della proprietà privata l'asse portante della libertà e quella che la ammette solo se e in quanto compatibile con la funzione sociale. L'Articolo 42 è pertanto ricco di implicazioni storiche e ideologiche: che sia una legge a disciplinare i modi di acquisto e di godimento della proprietà è pacifico ed è uno degli oggetti specifici del diritto privato; quanto ai limiti la riserva di legge rinvia al legislatore di trovare i punti di equilibrio dalla proprietà privata e gli interessi generali. Il diritto all'abitazione è per esempio uno degli interessi sociali sulla cui base si sono giustificate, attraverso regimi vincolistici delle locazioni urbane, limitazioni rilevanti della possibilità di disporre liberamente della proprietà.

La proprietà privata. Il vero problema che affonda le sue radici nella Articolo 42 è quello dell'espropriazione: la proprietà privata può essere nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo espropriata per motivi di interesse generale. L'espropriazione è un istituto che esiste da prima della Costituzione italiana, che si limita perciò a confermarne la legittimità. Essa è una manifestazione della prevalenza dell'interesse pubblico su quello privato: il diritto soggettivo di proprietà 'degrada' in puro interesse legittimo e al proprietario rimane solo il diritto a un'indennità che non lo risarcisce se non in parte della perdita economica subita.

33) I BENI PUBBLICI

La pubblica amministrazione, per il raggiungimento dei suoi scopi, si avvale non soltanto di soggetti, ma anche di beni (mobili ed immobili) che rappresentano la categoria dei cd. "beni pubblici" che si differenziano dai

beni «privati» in quanto sono sottoposti ad undiverso regime giuridico. Più propriamente, col termine di beni pubblici viene indicato ilcomplesso dei beni appartenenti, a qualsiasi titolo, allo Stato o ad un altro ente pubblico,siano essi destinati direttamente al servizio della collettività mediante l’uso immediato,oppure siano diretti a procurare i mezzi da impiegare nell’approntamento dei servizi dipubblica utilità. I beni pubblici si distinguono in due categorie:— beni demaniali, indicati nel loro complesso col termine demanio (art. 822 c.c.);— beni patrimoniali indisponibili (art. 826 c.c.).I beni demaniali devono presentare due requisiti:— essere beni immobili (art. 812 c.c.) o universalità di mobili (art. 816 c.c.);— appartenere allo Stato o ad enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni).I beni costituenti il demanio necessario (detto anche demanio naturale) sono tutti diesclusivaproprietà dello Stato e non possono che appartenere ad esso (fanno eccezione i porti lacuali che appartengono alle Regioni), per cui demanialità e appartenenza allo Stato sono due caratteristiche inscindibilmente connesse. I beni del demanio non necessario (detto anche accidentale o eventuale), invece, rivestono carattere demaniale solamente se (pur potendo appartenere in astratto a soggetti diversi), siano, in concreto, di proprietà dello Stato o di enti territoriali. I beni demaniali: - non possono essere alienati (sono quindi indisponibili), pena la nullità dell'atto di trasferimento (art. 823 c.c.); - non possono essere usucapiti perché il loro possesso da parte di "terzi" non ha effetto a nessun titolo; - non sono suscettibili né di esecuzione forzata né di espropriazione per pubblica utilità. Sull'assoggettabilità di tali beni ad espropriazione per pubblica utilità vi era, in.

passato,discordanza di orientamenti.Il testo unico delle espropriazioni (D.P.R. 327/2001) all'art. 4 stabilisce che i beni appartenenti al demanio pubblico non possono essere espropriati fino a quando non ne viene pronunciata la sdemanializzazione; - non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, "se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano" (art. 823 c.c.).

I beni patrimoniali indisponibili sono beni pubblici al pari dei beni demaniali ma, a differenza di questi, possono essere tanto mobili che immobili, ed inoltre possono appartenere (salvo eccezioni) a qualsiasi ente pubblico, e non soltanto ad enti pubblici territoriali. L'indisponibilità consiste nel fatto che i beni non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 828 c.c.).

I beni indisponibili sono: alienabili e usucapibili da parte di terzi.

I beni patrimoniali disponibili fanno parte del patrimonio

collettività può essere sottile e soggettiva. La politica economica può essere divisa in due grandi categorie: la politica fiscale e la politica monetaria. La politica fiscale riguarda le decisioni prese dal governo per gestire le entrate e le spese pubbliche. Questo include la determinazione delle aliquote fiscali, la pianificazione del bilancio dello Stato e l'allocazione delle risorse finanziarie per finanziare i servizi pubblici e le infrastrutture. La politica monetaria, invece, riguarda le decisioni prese dalla banca centrale per controllare l'offerta di denaro e il tasso di interesse. Questo può influenzare l'inflazione, la crescita economica e la stabilità finanziaria. Oltre alla politica fiscale e monetaria, lo Stato può intervenire nell'economia attraverso altre misure, come la regolamentazione dei mercati, la promozione dell'occupazione, la protezione dell'ambiente e la promozione dell'innovazione tecnologica. L'intervento pubblico nell'economia può essere controverso e soggetto a dibattito. Alcuni sostengono che lo Stato dovrebbe avere un ruolo limitato nell'economia, lasciando il mercato libero di operare. Altri sostengono che lo Stato dovrebbe avere un ruolo attivo nell'indirizzare l'economia verso obiettivi di interesse pubblico e garantire la giustizia sociale. In conclusione, l'intervento pubblico nell'economia è una componente fondamentale della politica economica di uno Stato. Attraverso la politica fiscale, la politica monetaria e altre misure, lo Stato cerca di raggiungere obiettivi di interesse pubblico e guidare lo sviluppo economico.uo;ordine pubblico, la giustizia, l’istruzione, la salute, l’economia, l’ambiente, la cultura, la religione, la politica, la comunicazione, il tempo libero, il benessere individuale e collettivo. La società è quindi un insieme di individui che vivono in un determinato contesto e che interagiscono tra loro per soddisfare i propri bisogni e raggiungere determinati obiettivi comuni.
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Publisher
A.A. 2020-2021
134 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Maurizio-tom di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto pubblico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Benvenuti Marco.