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CONCORSO APPARENTE DI NORME
In questo caso siamo in presenza di un’unica violazione, per cui questo capitolo non è un capitolo
propriamente penalistico perché può succedere che ad una determinata condotta corrispondano
più discipline giuridiche apparentemente applicabili a quel caso concreto.
Nel concorso di reati, al contrario, ci sono più violazioni.
Qui, non c’è un problema di commisurazione della pena, ma di individuare quale disciplina sia
applicabile al caso di specie.
Ricordiamo i criteri per risolvere questo problema: criterio cronologico, criterio gerarchico e criterio
di specialità (es. se un pubblico ufficiale commette un’appropriazione indebita, si applica la
fattispecie di peculato).
7.Specialità 32
Diritto penale 2
L’unico principio espresso nel nostro codice è quello di specialità (art 15 cp), però questa
disciplina rimane difficile da intendere, perché in realtà il legislatore non fa riferimento al concetto
di “stesso fatto”, ma al concetto di “stessa materia”.
Sul significato di “stessa materia” abbiamo diversi orientamenti:
- 1° orientamento: il concetto di “stessa materia” non indica solo “stesso fatto”, ma anche identità
od omogeneità del bene protetto, per cui il rapporto di specialità intercorre solo fra norme poste
a tutela dello stesso bene giuridico.
- 2° orientamento: il concetto di “stessa materia” non indica solo “stesso fatto”, ma anche le
ipotesi in cui uno stesso fatto concreto è riconducibile a due o più figure criminose, anche se fra
queste non sussiste in astratto un rapporto di genere a specie (es. reato di truffa commesso
millantando credito). In questo questo caso, il rapporto di specialità viene risolto applicando la
norma che meglio si adatta al caso concreto, cioè quella che prevede il trattamento più severo
(in questo caso, la norma che punisce il millantato credito).
- 3° orientamento: fa riferimento ai rapporti di specialità reciproca, cioè una relazione che
sussiste quando nessuna norma è speciale o generale, ma ciascuno è a un tempo generale e
astratta perché entrambe presentano, assieme ad elementi comuni, elementi specifici ed
elementi generici rispetto ai corrispondenti dell’altra (es. agiotaggio comune e agiotaggio
societario: entrambi hanno in comune gli atti di agiotaggio societario, ma mentre la prima
richiede il dolo specifico (turbare il mercato interno), per l’altra è sufficiente il dolo generico;
mentre la prima può essere commessa da chiunque, l’altra può essere commessa solo da
soggetti che hanno determinate qualifiche.
- 4° orientamento (prevalente): il rapporto di specialità sussiste solo fra le fattispecie astratte e in
senso univoco, quindi ne deriva che il concetto di “stessa materia” sta ad indicare il presupposto
dell’instaurarsi di un rapporto di specialità fra fattispecie, cioè che ricorre una medesima
situazione di fatto sussumibile sotto più norme.
Questo principio di specialità è stato adottato anche in materia di illeciti amministrativi, e in
questo caso la regola fa riferimento allo “stesso fatto” non alla “stessa materia”.
Nel rapporto fra sanzione amministrativa e sanzione penale, se uno stesso fatto configura, al
tempo stesso, una sanzione amministrativa e una pena, quale delle due si applicherà? Si ritiene
che prevalga la speciale, quindi il principio di specialità si estende ben oltre le fattispecie penali (ci
dà l’idea della continuità dell’ordinamento).
8.Sussidiarietà e assorbimento
Principio di sussidiarietà: si applica la disposizione sussidiaria, quindi laddove il diritto penale
non possa essere applicato e il fatto sia già coperto da una sanzione amministrativa o comunque
da una sanzione penale meno grave, rinuncerò all’applicazione della sanzione più grave.
Il principio di sussidiarietà intercorre fra norme che prevedono gradi diversi di offesa ad uno stesso
bene, in modo tale che l’offesa maggiore assorbe la minore e, di conseguenza, l’applicabilità di
una norma è subordinata alla non applicazione dell’altra.
Principio dell’assorbimento o della consunzione: la fattispecie meno grave si consuma nella
realizzazione della fattispecie più grave, quindi si applicherà la sanzione prevista per la fattispecie
più grave (es. lesioni rispetto all’omicidio).
Le caratteristiche di tale principio sono:
- non poggia su un rapporto logico fra norme, ma su un rapporto di valore, in base al quale
l’apprezzamento negativo del fatto concreto appare già compreso nella norma che prevede il
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Diritto penale 2
reato più grave, con la conseguenza che l’applicazione della norma che prevede il reato meno
grave comporterebbe un ingiusto moltiplicarsi di sanzioni;
- non si richiede l’identità naturalistica (come nel principio di specialità), quindi può trattarsi di
azioni diverse dal punto di vista naturalistico, ma che presentano un disvalore penale
omogeneo (es. furto accompagnato dal danneggiamento della cosa).
Nel caso di falsa testimonianza e favoreggiamento prevarrà la norma sulla falsa testimonianza
perché presenta il minimo e il massimo edittale più alto rispetto all’altra. Poi, anche se non si vuole
accogliere tale criterio, comunque prevale la falsa testimonianza perché il bene tutelato (la verità
del giudizio) appare superiore da quello tutelato dal favoreggiamento (corretto svolgimento delle
investigazioni).
9.Progressioni criminosa, antefatto e postfatto non punibili
Si definisce progressione criminosa il susseguirsi di aggressioni di crescente gravita nei
confronti di uno stesso bene (es. chi, prima di uccidere, percuote e ferisce la vittima).
Si definisce antefatto non punibile l’ipotesi in cui il reato meno grave costituisce il mezzo per
realizzare il reato più grave (es. Tizio detiene chiavi falsi per commettere un furto).
Si definisce postfatto non punibile il caso in cui la condotta criminosa successiva presenta un
disvalore già incluso in quella precedente che integra un reato più grave (es. morte e occultamento
di cadavere: in questa escalation è l’omicidio che prevale, quindi l’occultamento di cadere è un
post fatto non punibile, che viene assorbito dal primo dato che ne costituisce il risultato).
In tutti questi casi ci sono più azioni naturalistiche che appaiono riconducibili ad un’azione
giuridicamente unitaria; a ben vedere, quindi, non si tratta di figure autonome, ma di mere
esemplificazioni del principio dell’assorbimento.
10.Reato complesso
Il reato complesso è un reato per il quale la legge considera come elementi costitutivi o come
circostanze aggravanti fatti che costituirebbero reato per se stessi (es. il reato di rapina, che si
compone di furto e di violenza privata).
Questa disciplina serve per evitare di incorrere nell’ipotesi di concorso di reati laddove il legislatore
ha previsto un’unificazione normativa di fatti che integrerebbero autonome fattispecie incriminatrici.
Abbiamo diverse norme di disciplina:
- se la legge, nella determinazione della pena per il reato completo, si riferisce alle pene stabilite
per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi degli artt. 78
e 79.
- per il reato complesso si procede d’ufficio, se per uno dei reati che lo costruiscono si deve
procedere d’ufficio.
- la causa estintiva di un reato che costituisce il reato complesso non si estendo a tutto il reato
complesso. 34
Diritto penale 2
Capitolo 6
Le sanzioni
Il legislatore del 1930 si pone come primo obiettivo la lotta alla criminalità, inasprendo
notevolmente il regime sanzionatorio nell’ottico di uno Stato fascista.
A partire dalla fine dell’800, però, si assiste, a livello europeo, ad una recrudescenza della
criminalità, che portano il legislatore a riorganizzare il sistema sanzionatorio attorno ai concetti di
prevenzione generale e prevenzione speciale.
Accanto e in aggiunta alle classiche sanzioni vengono previste le misure di sicurezza (sistema
del doppio binario), per neutralizzare la pericolosità sociale del reo e finalizzate alla
risocializzazione.
Alla luce di ciò possiamo dire che:
- la prevenzione generale viene affidata alla pena;
- alla prevenzione speciale viene affidata la misura di sicurezza.
Il sistema del doppio binario, però, viene fortemente criticato per diverse ragioni:
- è impossibile pensare che alle stesso soggetto vengano applicate due misure
contemporaneamente (pena e misura di sicurezza), perché ciò equivale a dire che l’uomo è
diviso in due parti: libero e responsabile, perciò assoggettato alla pena; determinato e
pericoloso, perciò assoggettato alla misura di sicurezza.
- l’art 133, che riguarda i criteri di commisurazione della pena, viene applicato anche alle misure
di sicurezza, andando ad annullare le loro differenze.
- pene e misure di sicurezza si rivelano di identico contenuto afflittivi e, come tali, non sono
previste strategie legislative diverse che garantiscono un’effettiva diversificazione nella loro
esecuzione.
1.La pena alla luce della Costituzione
Alla luce dell’art 27 Cost., le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, e la
rieducazione sembra essere molto vicina alla scopo di risocializzare, ossia preparare il
condannato al suo rientro nella società nel rispetto dei criteri che disciplinano la comunità.
Quindi, la rieducazione si connota diversamente a seconda alle caratteristiche soggettive dei
destinatari della sanzione penale (soggetto imputabile—>pena; soggetto inimputabile—>misura di
sicurezza).
L’idea di rieducazione deve essere precisata nel suo significato e nei suoi limiti.
Una prima obiezione muove dal fatto che l’idea rieducativa non consente alcuna
predeterminazione temporale della durata delle sanzioni, quindi deve tendere ad un
trattamento finalizzato alla correzione definitiva, anche se la durata è imprevedibile.
Poi, l’idea retributiva viene considerata come momento essenziale della pena, dato che la
retribuzione garantisce che il diritto penale mantenga il nesso con il fatto di reato e in questo modo
preservando la libertà del singolo da un’eventuale illimitata possibilità di intervento da parte dello
Stato.
In realtà, l’idea rieducativa connessa al diritto penale proviene dalla stessa Costituzione: il
combinato disposto fra l’art 27 e l’art 25 (che, nel sancire il principio di legalità, configura