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DA AVANGUARDIE CULTURALI A VOCI DEL PARTITO
La vivacità intellettuale e il dissenso politico dei primi anni della Repubblica, manifestatisi in
particolare con in Movimento di Nuova Cultura, trovarono espressione soprattutto sulle pagine di
riviste e di supplementi culturali dei quotidiani.
Queste pubblicazioni si svilupparono negli ambienti universitari e studenteschi e nelle nuove
associazioni letterarie e culturali.
La politicizzazione degli studenti e dei giovani intellettuali, iniziata con il Movimento del 4 Maggio
1919 e alimentata da un atteggiamento iconoclasta nei confronti della tradizione, coincise, nel
complesso, con la diffusione di nuove concezioni rivoluzionarie e anti-imperialiste che
individuarono nella mobilitazione di massa lo strumento principe per salvare il Paese dalle minacce
straniere e dalle sue debolezze interne.
Le riviste e i supplementi culturali editi dagli studenti in questi anni aprirono così la strada per lo
sviluppo di un nuovo tipo di stampa politica mirata all’organizzazione di movimenti di massa.
Diverse decine di pubblicazioni vennero prodotte da giovani intellettuali.
La gran parte era dedicata alla discussione di nuove teorie politiche e sociali, ad analisi critiche del
patrimonio culturale e della società cinese, a sperimentazioni letterarie.
La rivista più importante fu Xin qingnian (Gioventù nuova), fondata nel 1915 da Chen Duxiu come
forum di dibattito mirato a proporre la costruzione di una nuova cultura moderna studiando le nuove
tendenze mondiali. a dirigere il Dipartimento di Lettere dell’Università di
Nel 1918 Chen fu chiamato da Cai Yuanpei
Pechino, dove venne trasferita anche la sede della rivista.
Molti dei più validi intellettuali e professori dell’università, fra cui Lu Xun, Li Dazhao e Hu Shi,
iniziarono a collaborarvi, determinandone un immediato successo.
Nel 1919 Xin qingnian assunse un più netto carattere politico, proponendo però una nuova
concezione della politica come strumento di totale trasformazione sociale.
A partire dal 1920 la linea editoriale di Xin qingnian si orientò in modo più evidente verso il
marxismo e, dopo la fondazione del Partito Comunista nel 1921, il periodico ne divenne
praticamente l’organo.
L’evoluzione di Xin qingnian anticipava lo sviluppo di un tipo di stampa politico-ideologica che
venne adottata, in seguito, anche dal Partito Nazionalista.
Riviste che condividevano l’atteggiamento radicale di Xin qingnian vennero fondate in quegli anni
anche da esponenti del Partito Nazionalista.
Un esempio era Jianshe, diretto da Zhu Zhixin e Liao Zhongkai.
TUTELA POLITICA E PROPAGANDA DI STATO
I nazionalisti si adoperarono per estendere su tutto il territorio nazionale la propria struttura
d’informazione e propaganda, che alla fine degli anni Venti si componeva di tre elementi
fondamentali: un’agenzia di stampa, una rete di giornali di partito presenti a tutti i livelli
amministrativi e una staziona radio a livello nazionale.
Il Dipartimento di propaganda del Comitato Centrale, a Nanchino, ne era l’organo responsabile
della gestione e del controllo.
La stampa periodica era il cuore della struttura.
Nel marzo 1927 era stato fondato a Hankou un nuovo organo di partito, il Zhongyang ribao
(Quotidiano centrale), esso era sotto la direzione di Ye Chuchang, che all’epoca ricopriva la carica
di direttore del Dipartimento di propaganda.
La concorrenza con le testate commerciali e una concezione della propaganda meno vincolata alla
mobilitazione di massa spinsero il partito, all’inizio degli anni Trenta, a modificare l’organizzazione
e il contenuto del Zhongyang ribao.
Nato come organo destinato alla diffusione delle direttive del partito, nel 1932 il giornale venne
affidato a Cheng Cangpo, che volle renderlo più simile a un quotidiano d’informazione, dotandolo
di una certa autonomia nella gestione quotidiana e nell’amministrazione finanziaria.
LA CENSURA
Se il mondo della stampa cinese vide inizialmente con favore gli interventi del governo di Nanchino,
che riteneva motivati dal desiderio di garantire la libertà di stampa e offrire una tutela professionale
ai giornalisti, in breve divenne evidente che lo scopo di tali provvedimenti era la repressione delle
voci di critica, e non solo di quelle ritenute vicine al Partito Comunista.
Infatti, oltre alla Legge sull’Editoria, vennero promulgati una serie di regolamenti che istituivano
nelle città principali la censura, e circa milleottocento fra libri e giornali furono banditi.
La motivazione esplicita dei provvedimenti di censura della stampa era la lotta contro il comunismo,
ma essi limitarono anche altre espressioni di dissenso politico.
La Legge sull’Editoria fu promulgata nel novembre 1930.
Il suo intento principale era regolare tutte le pubblicazioni della Repubblica; si prevedeva che
l’editore registrasse la pubblicazione presso il Ministero degli Interni attraverso la sede locale del
governo e specificasse se vi sarebbero stati pubblicati interventi che potevano riguardare il partito o
la politica.
La pressione ufficiale sulla stampa si fece quindi più forte, fino a raggiungere all’istituzione della
sull’informazione nelle più importanti città cinesi.
censura preventiva
Nel settembre 1934 furono creati uffici di censura a Nanchino, Shanghai, Pechino e Hankou.
I comunicati dell’agenzia di stampa dovevano rappresentare l’unica
Zhongyang tongxunshe
versione da rendere pubblica su avvenimenti legati a questi temi.
L’INFORMAZIONE NELLA REPUBBLICA DEI SOVIET
Se per i nazionalisti il problema principale incontrato nelle attività di propaganda era rappresentato
dall’esistenza di una stampa commerciale privata, che poteva essere portavoce delle contestazioni
alla sua politica, difficoltà diverse affliggevano le attività d’informazione del Partito Comunista.
Clandestini nelle città, nelle basi rosse i comunisti si trovavano a far fronte alla necessità di
ricostruire un sistema di propaganda e informazione adatto alle necessità di governo e di difesa
militare imposte dalla nuova situazione.
Il nuovo organo fu la rivista Buersaiweike (Il bolscevico), diretta da Qu Qiubai; inoltre videro la
luce Hongqi (Bandiera rossa) e lo Shanghai bao (Il giornale di Shanghai).
Hongqi era una rivista politica, destinata a trasmettere le direttive del Comitato Centrale e le
comunicazioni di quelli provinciali.
Lo Shanghai bao voleva essere un giornale di più ampia diffusione, scritto in lingua parlata e
rivolto alla classe operaia ed era diretto da Li Qiushi.
Entrambi furono sospesi nell’agosto 1930 e sostituiti con il quotidiano Hongqi ribao (Quotidiano
bandiera rossa), che uscì solo per poche settimane.
L’organo di governo provvisorio della Repubblica dei Soviet era il settimanale Hongse zhonghua
(Cina rossa), fondato nel 1931 e chiuso nell’ottobre 1934.
Questo giornale pubblicava gli slogan da utilizzare nelle campagne politiche e una serie di piccole
rubriche dal titolo “La vita del partito”, “Comunicazioni dai combattenti rossi”, “Comunicati dai
contadini”, “Piccolo dizionario rosso”, “Il tribunale democratico degli operai e dei contadini”.
CAPITOLO 6
UNA PROFESSIONALIZZAZIONE DIFFICILE
Nei primi trent’anni della Repubblica, nonostante l’instabilità politica e sociale, la stampa
d’informazione conobbe in Cina una sostanziale crescita.
Si moltiplicarono le agenzie di stampa e nacquero le associazioni professionali, scuole e
dipartimenti universitari di giornalismo.
Tuttavia, la struttura dell’informazione pubblica cinese si focalizzava essenzialmente attorno a due
poli, la zona di Pechino e Tianjin e quella di Shanghai e, dal 1928, di Nanchino, la nuova capitale.
Gli sviluppi di questi decenni implicarono anche l’avvio di un processo di professionalizzazione
dell’attività giornalistica.
Il percorso si rivelò accidentato, poiché gli eventi politici e le ideologie rivoluzionarie influenzarono
in modo significativo il modo in cui venne percepito il ruolo dei giornalisti nell’ambito del progetto
di costruzione nazionale e di modernizzazione culturale.
DA ARTIGIANATO A INDUSTRIA
Nei primi anni della Repubblica gran parte delle imprese giornalistiche cinesi era ancora a livello
artigianale: numerose pubblicazioni, quotidiane e periodiche, anche di successo, erano prodotte in
redazioni la cui sede era la casa del direttore; e a parte la cronaca locale, gran parte delle notizie
pubblicate erano traduzioni di articoli in lingua straniera pubblicati nelle Concessioni internazionali.
Alla fine degli anni Dieci, tuttavia, i maggiori quotidiani iniziarono a riorganizzarsi secondi principi
imprenditoriali.
Ad avviarsi verso questa nuova strada furono, in particolare, i giornali di Shanghai.
Lo Shenbao, il Xinwenbao e lo Shibao furono i primi a intraprendere significative ristrutturazioni,
imitati poi dai giornali di altre città, come il Dagongbao di Tianjin.
Queste testate si affermarono, in seguito, come i più diffusi e forti giornali cinesi.
Lo stesso impegno per un ammodernamento delle strutture dell’informazione cinese si rileva negli
sforzi, compiuti in quegli anni, di creare moderne agenzie di stampa.
straniere, e fino all’epoca repubblicana i quotidiani
Le prime agenzie di stampa in Cina erano state
cinesi erano dipesi fortemente da queste agenzie straniere, soprattutto per l’informazione
internazionale.
Il tentativo di fondare agenzie di stampa cinesi era iniziato con gli sforzi di modernizzazione
d’inizio secolo: nel 1905 a Canton fu fondata la Zhongxing tongxunshe (Stella cinese); nel 1908 a
Shanghai con i fondi del Ministero degli Esteri dei Qing fu fondata la Yuandong tongxunshe
(Agenzia dell’Estremo Oriente), i cui corrispondenti da Pechino erano Wang Kangnian e Huang
Yuansheng; nel 1911, ancora a Canton, nacquero le agenzie Zhanmin tongxunshe (Agenzia del
popolo) e Gongmin tongxunshe (Agenzia dei cittadini).
Fu in realtà il governo nazionalista a creare con la Zhongyang tongxunshe la maggiore agenzia
nazionale.
Ad essa si affiancò quella del Ministero per gli Affari Esteri, battezzata Minguo tongxunshe
(Agenzia di stampa della Repubblica) e destinata a fungere da agenzia internazionale ufficiale.
LA SCIENZA DELLE NOTIZIE
In un saggio pubblicato sul Qingyibao nel 1901 Liang Qichao aveva elencato i difetti della stampa
cinese, i cui redattori non erano interessati, a suo dire, agli affari contemporanei.
La causa principale era, secondo lui, da individuarsi nelle carenze culturali di chi lavorava come
giornalista.
Denunce di questo tipo rimasero frequenti anche in epoca repubblicana.
Lo studio del giornalismo fu, dunque, soprattutto uno sforzo consapevole di imparare e adottare
modelli e tecniche straniere e, in particolare, quel