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Vulcanoclastiti, argille metallifere e fanghi silicei a idrossidi di Fe e Mn.
a) Calcari, argille e arenarie di derivazione terrigena.
b)
Le argille metallifere sono una mescolanza di smectiti derivanti dall’alterazione del vetro vulcanico
e di solfuri di metalli pesanti, inizialmente sono mescolate con opale e successivamente sono
direttamente sostituite da quest’ultimo. L’opale deriva, in parte, da alterazione idrotermale e
sottomarina del basalto in parte dall’accumulo di gusci di radiolari. Per le sue caratteristiche fisiche
e mineralogiche esso serve da trappola per vari elementi metallici e li incorpora in modo più o meno
stabile. Allontanandosi ulteriormente dalla sorgente i fanghi silicei si impoveriscono in metalli base
arricchendosi in calcite e materiale argilloso di derivazione terrigena, infine vengono sostituiti da
depositi marnosi e calcarei che passano ulteriormente a argille e arenarie corrispondenti alla
normale sedimentazione, confondendosi così con altri depositi sedimentari, la cui origine oceanica
non è più definibile con sicurezza.
La crosta continentale.
La spessa crosta che costituisce le placche continentali è formata in prevalenza da rocce plutoniche
calco – alcaline (granito idi), dai loro equivalenti metamorfici e da altre rocce metamorfiche di cui è
riconoscibile la derivazione sedimentaria, in particolare a spese di argille, grovacche e calcari.
Frequenza delle principali rocce sulla crosta terrestre (% in peso).
Rocce sedimentarie
Sabbie 1.7
Argille 4.2 7.9
Carbonati (+ evaporiti) 2.0
Rocce ignee
Graniti 10.4
Granodioriti, dioriti 11.2
Sieniti l.s. 0.4 64.7
Gabbri l.s. 42.5
Ultrabasiti 0.2
Rocce metamorfiche
Gneiss 21.4
Scisti, filladi 5.1 27.4
Marmi 0.9
Queste rocce costituiscono il principale elemento chiarificatore per spiegare l’origine della crosta
continentale che è, sotto il punto di vista chimico, fortemente differenziata rispetto al mantello ed
alla crosta oceanica essendo arricchita in Si, K, Na e impoverita in Ca, Mg, Fe e Al. La caratteristica
peculiare della crosta continentale è la sua grande eterogeneità chimica, strutturale e mineralogica.
La superficie della crosta continentale è costituita prevalentemente da argille (42%) e arenarie
(20%), cioè da rocce contenenti in percentuale preponderante SiO con subordinati Al O , K O,
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Na O (feldspati e minerali argillosi). A ciò segue una componente vulcanica (19%) che solo in
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minima parte è basaltica ma è maggiormente andesitica, trachitica e riolitica (complessivamente più
ricca in silice). Infine vi è una porzione carbonatica (18%) a cui si associa una piccola ma
significativa percentuale evaporitica (1%). I minerali predominante in queste due ultime porzioni di
crosta sono calcite, dolomite e gesso a cui corrisponde, chimicamente, un arricchimento consistente
in Ca, Mg, S e C. in profondità la crosta continentale è costituita da prodotti di trasformazione a
pressione e temperatura crescenti del materiale superficiale. In linea generale le argille si
trasformano in filladi, micascisti e gneiss prima di rifondersi almeno in parte producendo rocce
granito idi contenenti porzioni realistiche di granuliti; le arenarie si trasformano in quarziti e
successivamente si rifondono contribuendo, anche esse, alla formazione di plutoniti calco –
alcaline; le vulcaniti alcaline e acide seguono lo stesso percorso trasformandosi prima in gneiss e
poi in plutoniti. La caratteristica costante di questi processi di trasformazione è chiamata prograda
perché avviene a temperature e pressioni crescenti e consiste nel fatto che la trasformazione dei
minerali, sia che avvenga tramite reazioni sia continue sia discontinue, non è mai accompagnata da
un sostanziale cambiamento della composizione chimica delle masse (metamorfismo isochimico) a
meno di una costante diminuzione del contenuto in H O, il componente volatile predominante.
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Viceversa le rocce carbonatiche ed evaporitiche subiscono, al crescere del metamorfismo, prima un
semplice processo di ricristallizzazione isochimica che ne ingrossa i granuli costituenti (marmi), poi
un processo di migrazione della componente volatile (CO , SO , Cl) che risulta prodotta da reazioni
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discontinue e trascina con se gli altri elementi chimici, creando le condizioni per cui avvengano
altre reazioni di compensazione sia nella massa di partenza sia nelle rocce circostanti. Si passa cosi,
con reazioni endometasomatiche e esometasomatiche, a rocce costituite da silicati di Ca e Mg,
spesso con locali arricchimenti in metalli (skarn). Queste rocce in profondità finiscono con il
risultare disperse nelle plutoniti predominanti derivanti dalla rifusione e, insieme alle granuliti,
costituiscono in queste letti e livelli (schlieren) di materiale realistico. Il passaggio dalla crosta
continentale al mantello superiore (Moho) è un discontinuità composizionale primaria della litosfera
dal punto di vista sia chimico che mineralogico. I costituenti della crosta continentale, anche di
quella più profonda, sono più leggeri di quelli del mantello e pertanto tendono a galleggiare su di
questo mantenendo l’integrità della placca continentale di cui fanno parte favorendone
indirettamente l’inspessimento graduale. Però dove la placca, più spessa e più rigida, presenta punti
o piani di debolezza il mantello può penetrarla con la sua componente basso – fondente che è
talvolta carica di energia a sufficienza da attraversare completamente la crosta ed arrivare in
superficie. Lungo i piani di debolezza risale il basalto continentale che si espande in superficie per
dare estese colate emesse da fratture lineari. Il basalto continentale differisce sia dal magma
basaltico che fuoriesce dalle fratture medio – oceaniche sia dal basalto intraoceanico poiché è più
ricco in SiO , K, Rn, Ba e terre rare leggere mentre il suo tenore di MgO è minore. Queste
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caratteristiche sono state spiegate o come risultato di una contaminazione del magma basaltico con
la parte più fusibile della crosta, avvenuta durante la risalita, oppure come prodotte da un
metasomatismo nel mantello sottostante la placca continentale per effetto di una prolungata
interazione tra le due parti attraverso il Moho. In varie epoche la crosta continentale è stata anche
perforata da materiale esplosivo proveniente dal mantello distribuito in zone estremamente
localizzate (diatremi, camini) anche se sono spesso raggruppate in sciami su vaste aree. Il materiale
che viene a giorno (kimberlite) è estremamente eterogeneo proprio a causa della violenza esplosiva
del fenomeno. Esso consiste di xenoliti di varia natura, in parte derivanti dal mantello e in parte
provenienti dalla parte inferiore della crosta e superficiali. La kimberlite vera e propria, che ingloba
gli xenoliti, è molto brecciato, incoerente e variabile da punto a punto nella composizione chimca e
mineralogica. Mediamente le kimberliti sono caratterizzate tutte da un SiO estremamente basso,
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più basso di quello dello stesso mantello, e da elevatissimi tenori degli elementi volatili e degli
alcali malgrado il valore di MgO sia piuttosto elevato. Nei particolari se ne possono riconoscere due
tipi distinti, accomunati di essere stati esplosi nelle stesse zone nello stesso periodo.
Kimberliti micacee; ricche in flogopite e povere in xenoliti e megacristalli, presentano tenori
1) di K O, MgO, SiO e di Pb, Rb, Ba e terre rare leggere che sono più elevati della media.
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Kimberliti povere in mica; ricche in perovskite, contenenti zircone e ilmenite ed inoltre con
2) abbondanti xenoliti e megacristalli, sono più povere in media di K O, MgO, SiO ma sono
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più ricche in volatili FeO, CaO, TiO e Nb.
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Il primo tipo è interpretato come derivato da un mantello poco profondo, metastomizzato
dall’inglobamento di un’antichissima crosta penetrata in profondità; mentre il secondo viene
interpretato come proveniente direttamente dall’astenosfera dalla stessa zona da cui trarrebbe
origine, in condizioni non esplosive, il magma basaltico intraoceanico.
Il ciclo minerogenetico.
La diversa composizione chimica e mineralogica delle varie porzioni costituenti la Terra e
l’eterogeneità della crosta continentale si può giustificare solo ammettendo che, a partire dalla
“nebula” primordiale presumibilmente omogenea, si siano avuti complessi processi di
differenziazione sia precedentemente all’individuazione della Terra come corpo fisico indipendente
sia successivamente alla sua formazione e alla sua prima condensazione. La prima formazione di
una crosta solida sulla superficie terrestre è da collocarsi in un periodo compreso tra 4.5 Ga (età
presunta dell’individuazione del pianeta Terra) e i 3.8 Ga (età misurata della roccia più antica finora
trovata sulla superficie terrestre). Durante questo intervallo di tempo l’evoluzione della Terra è stata
un succedersi, localizzato nel tempo e nello spazio, di ripetuti cicli, iniziati con una cristallizzazioni
e terminati con una rifusione. Si pensa che si siano succeduti 4 o 5 cicli che sono chiamati cicli
minerogenetici. Per ciclo minerogenetico si intende la completa e complessa sequenza di processi,
sviluppatesi nel tempo sotto diverse condizioni di temperatura e pressione e portante a variazioni
nell’ambiente chimico, che una massa di materiale terrestre, formatasi inizialmente allo stato fuso
nelle profondità del mantello, deve subire prima di tornare alle condizioni di partenza e cioè ad
omogeneizzarsi di nuovo nel mantello terrestre. Il ciclo comporta variazioni reversibili ed
irreversibili, sia nella composizione chimica che mineralogica della massa, tramite le quali risulta
modificata sia la distribuzione degli elementi chimici, sia la porzione della massa stessa rispetto
all’intera Terra. Alcuni elementi vengono persi dalla porzione condensata ed arricchiscono
l’idrosfera, la biosfera e l’atmosfera; altri, nonostante facciano parte della porzione condensata, si
concentrano e si segregano a vari livelli di profondità all’interno di questa e contribuiscono a
formare la crosta; solo pochi tornano nel mantello e contribuiscono a modificarlo in modo
irreversibile rispetto al suo stato iniziale.
Generazione di magma nel mantello.
Il mantello superiore è di composizione ultrabasica e da origine a vari magmi primari, diversi fin
dal momento della loro formazione a seconda dai punti in cui poi fuoriescono sulla crosta sia
oceanica che continentale. Il processo per cui si generano questi magmi è la fusione parziale ad alta
temperatura innescata da un rilascio locale di pressione. Le porzioni di mantello che passano allo
stato fuso sono tanto più ricche di elementi basso – fondenti quanto pi&ugra