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Così, avviene la perdita di contatto vitale con la realtà, indipendentemente dal fatto che
l’individuo sia passivo o attivo. Tale perdita può avvenire anche quando una persona è
assorbita dalla sua riflessione o da un’azione in atto, da dimenticare il resto del mondo, e le
richieste dell’ambiente esterno (figli che piangono, mogli che chiedono di sistemare un quadro
che rischia di cadere sul bambino).
Ciclo dell’attività personale In una situazione normale, l’uomo è in sintonia con l’ambiente,
→
ma per esprimere il suo slancio vitale, si produce una rottura (Non vogliamo soltanto
confonderci e adattarci al mondo, ma anche affermare la nostra personalità, produrre del
nuovo e creare). Tale rottura, poi, si risana una volta compiuta l’opera. In seguito ad un attimo
di riposo, lo slancio personale si risveglia e produce un’opera nuova, ed il ciclo si ripete
all’infinito (questo perché cerchiamo sempre di migliorare).
Esistono dei limiti che lo slancio vitale non supera mai. Essi sfuggono al pensiero discorsivo, è
l’intuizione (la sintonia) che ci guida nella vita.
Nel caso dell’individuo schizofrenico, nel contatto intimo tra l’io e il divenire-ambiente si
produce una rottura. I fattori di sintonia vengono a mancare. E laddove si vuol creare
qualcosa di assolutamente personale e non si vuole che questo, l’opera si degrada e diventa il
gesto di un povero squilibrato o di un malato.
Atto senza domani, ovvero atto congelato un’azione che non ha uno scopo. Fine a se
→
stessa. L’individuo rimane fossilizzato alla meta prefissa, si isola dalla realtà-ambiente, è sordo
ai richiami che giungono da essa durante l’esecuzione dell’atto. Quest’ultimo ha perso la sua
malleabilità, la sua relatività, la sua vitalità naturale (“Quando ho preso una decisione, la
eseguo ad ogni costo, anche se mentre la eseguo mi accorgo di star sbagliando.”). L’atto ha
acquisito un valore assoluto, ha paralizzato e accecato l’individuo
Atti a corto-circuito o atti di traverso atti che si fermano a metà strada, che non cercano più
→
di esteriorizzarsi, che non cercano più di giungere a compimento.
L’attività personale, privata del contatto normale con la realtà, ne risente in tutte le fasi della
sua realizzazione, e subisce una degradazione.
Gli schizofrenici e gli schizoidi molto spesso non sanno cosa sia il riposo. Essendo privi della
capacità di apprezzare il valore positivo di un intervallo libero nel tempo, essi cercano di
riempire tutto il tempo con la loro attività, senza concedersi un istante di tregua (egocentrismo
attivo il fatto di fare del proprio io il campo di un’attività incessante).
→
A volte, invece, lo slancio personale, separato dal divenire-ambiente, si blocca e si spezza del
tutto. Lo schizofrenico sprofonda nel vuoto.
Questo il caso di un uomo che non si interessa più a nulla, non parla spontaneamente con
nessuno, non fa nulla, se non stare seduto sulla sedia o camminare. Quando gli si parla,
risponde con frasi brevi, ma pertinenti. Non è dissociato, non ha allucinazioni, né deliri. Ritiene
che sia meglio non fare niente perché i tentativi del passato si sono rivelati inutili, e qualsiasi
ulteriore tentativo sarebbe inutile. Si è staccato da tutto. Non si preoccupa più dell’avvenire.
Qui emerge il disturbo dell’attività. Lo slancio personale è paralizzato, come spezzato per
sempre. Da questo risulta l’impressione del vuoto assoluto. Non si sa se dietro ci sia qualcosa;
può darsi, come può darsi anche non ci sia niente.
Il ciclo dello slancio personale permette di distinguere due forme di autismo, denominate
- autismo ricco ha come prototipo il sogno. E’ caratterizzato dalla costituzione di un mondo
→
immaginario, in cui i complessi determinano il contenuto dei sintomi e le variazioni nelle
reazioni del malato. Spiccata tendenza alla rêverie.
- autismo povero altri schizofrenici, invece, non si costruiscono un mondo immaginario in
→
cui vivere, ma si abbandonano a un’attività ininterrotta, e lo fanno in maniera morbosa. Anche
in questo caso si parla di perdita di contatto con la realtà. Si tratta di autismo povero anche
nei casi in cui lo slancio personale si arresta e si spezza del tutto.
Per giungere ad una concezione unica dei disturbi schizofrenici, si dà la preferenza all’autismo
povero, perché tale concezione deve basarsi sull’aspetto deficitario della personalità colpita.
L’autismo povero ci mostra il disturbo schizofrenico allo stato puro. Occorre cominciare dal
“vuoto”, se si vuole parlare di malattia.
4. Atteggiamenti schizofrenici. Stereotipie psichiche
- La rêverie morbosa
Caso di una paziente: intelligente, affettuosa e dolce da bambina. Tendenza alla rêverie, alla
vita interiore che le faceva già preferire la solitudine alla compagnia dei bambini.
I primi disturbi comparvero durante la pubertà: 14 anni, crisi di eccitamento psichico durante
la quale si manifestarono idee di grandezza, che durano per circa due anni. La situazione si
calma. A 23 anni avviene un altro cambiamento: progressivamente e senza una causa
significativa diventa apatica, parla poco, si rifiuta di alzarsi dal letto, si occupa a malapena
della propria pulizia personale. Se le si parla, risponde in modo impersonale. Si irrita
facilmente e lancia degli oggetti contro i genitori. Distesa sul letto, sembra che stia pensando
o sognando. E’ del tutto consapevole di ciò che accade attorno a lei e, quando vuole, si
comporta in modo normale.
In alcuni momenti è cupa, rifiuta di vedere chiunque, dice di essere stanca, spossata. E’ molto
dimagrita, si nutre male e sembra deperire progressivamente.
Due anni dopo la famiglia decide di farla ricoverare al Sainte-Anne, dove rimane 8 mesi, dopo
i quali esce senza essere guarita. Dopo tre anni, viene riportata al Sainte-Anne, da cui non è
mai più uscita. Da allora, le condizioni della malata restano stazionarie. Rimane a letto, non fa
niente o quasi. Quando ci si avvicina al letto fa finta di dormire, elude le domande o si rifiuta di
rispondere; altre volte parla gentilmente. Non si lamenta. E’ pienamente consapevole del
proprio stato, è lucida. Non ha disturbi di ideazione né di memoria. La si vede distesa sul letto,
sembra inseguire una lunga rêverie. In quei momenti, non vuole che nessuno la disturbi.
Queste condizioni persistono per molti mesi, dopo i quali sopraggiungono dei periodi nei quali
si manifesta un eccitamento. Si alza, assume delle pose, sorride ai medici o li guarda
ironicamente. Erotismo e atteggiamento altezzoso nei loro confronti (idee megalomani).
Questi periodi sono molto brevi.
Con il progredire della malattia, diventa ancora più indifferente, sembra completamente
staccata dal mondo esterno. Non cura la sua pulizia personale, sporca il letto e diventa
violenta.
Dopo qualche mese, sfoggia ornamenti bizzarri, fatti con nastri e stagnola, che mostra nuda di
fronte a tutti. L’umore è variabile, da silenziosa e inattiva, ad amabile o volgare.
Nonostante questo comportamento faccia pensare ad uno stato demenziale, la paziente è
sempre orientata, lucida. Nei suoi discorsi non si denota alcun disturbo di giudizio o
ragionamento. La memoria intatta, l’attenzione sufficiente.
Dalle sue confessioni, circa la crisi avuta a 14 anni, quando diceva di essere la regina di
Spagna, confessa di sapere che non era vero. Era come un sogno che viveva. Riconosceva le
cose intorno a sé, ma aveva l’impressione di essere altrove. Era come recitare delle parti.
Viveva molte vite diverse. Esperienze fittizie vissute con l’immaginazione.
Ora non si cura più di nulla, perché non si interessa del presente, ma torna col pensiero alle
cose interessanti del passato. Il suo potere di vivere nel sogno lo definisce “incantesimo”, e
nell’incantesimo lei è stata tutto quello che ha voluto essere.
In questo caso, la rêverie sembra costituire la trama dello sviluppo psicotico.
- Analisi critica della nozione di schizomania. Rêverie normale e rêverie morbosa
Claude e allievi hanno tentato di stabilire una nuova nozione clinica, prendendo come punto di
partenza casi clinici come quello sopra riportato. In questo modo, è nata la nozione di
schizomania.
L’affinità tra la schizofrenia e la schizomania non può essere negata. Claude sottolinea che
per gli schizomani esiste la possibilità di cadere in uno stato di disgregazione schizofrenia. La
schizomania è per lui una forma di passaggio dalla schizoidia alla schizofrenia.
La schizoidia, però, riguarda un fattore costituzionale, immutabile, mentre la schizofrenia
riguarda un processo morboso.
Gli schizomani sono dei sognatori, e nella loro rêverie possono conservare una certa unità
ideo-affettiva e dare un’impressione di dinamismo e di progressione. Restano, comunque, dei
malati che hanno perso il contatto con la realtà, e presentano una demenza pragmatica, tipica
della disgregazione schizofrenica. Discordanza tra l’attività intellettuale e l’attività pragmatica,
la preponderanza del pensiero autistico sul pensiero realistico. Assenza di indebolimento
intellettivo.
Caso clinico da loro riportato: nel paziente si trova un’attività intellettiva intatta e un’attività
pragmatica profondamente disturbata. La sua malattia consiste nel fatto che il mondo esterno
non lo sollecita più. Lo schizomane semplice è quello che ha perso il contatto con la realtà; i
meccanismi di rêverie e di malumore non sono che secondari.
Nella schizomania, così come nella schizofrenia, le cose si presentano allo stesso modo, con
la differenza che nell’ultimo caso si tratta di una malattia a evoluzione cronica che può
presentare delle remissioni anche dopo molti anni.
Per Minkowsi la schizomania, capace di cadere nella schizofrenia, non è nient’altro che una
schizofrenia più o meno leggera. Essa non può essere considerata come un disturbo a sé.
Egli, dunque, non è d’accordo con l’aggiunta del termine “schizomania”, poiché tale disturbo
appare identico alla schizofrenia.
Differenza tra la rêverie normale e la rêverie morbosa:
- nella rêverie normale noi dimentichiamo per un momento la realtà; ce ne isoliamo, ci
ripieghiamo su noi stessi dando libero sfogo all’immaginazione. Questo stato non dura
che un attimo, e la nozione di realtà non scompare mai del tutto. Amiamo la rêverie
perché ci distacca dalla realtà, ma non costit