vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Si dice che le hard news siano le più “fattuali” e neutrali. Ma quello che leggi e quello che vedi nelle
fotografie non è l’intero evento, ma è solo una versione di una porzione dell’evento.
4.1 - Different ways of saying the same thing
•• La scelta di dire una cosa in un certo modo non è mai frutto del caso, di “accidental alternatives”. Ogni
scrittore, quando scrive, usa inconsciamente il suo punto di vista, a volte anche distorcendo la news.
4.2 - Evaluative language
•• La prima cosa che si può notare dalle parole che usiamo è la positività/negatività del nostro punto di
vista. L’evaluation inserisce nella trama del discorso l’indicazione che qualcosa sia buona o cattiva per chi
scrive. Ovviamente, l’indicazione può essere più o meno esplicita.
4.2.1 - Explicit evaluation
•• Il modo più semplice per esplicitare la propria opinione è usare parole che chiaramente indicano
la propria posizione su un argomento (esempio: “utero in affitto” già rende chiara la propria
contrarietà, mentre “gestazione per altri” è una definizione più neutra).
4.2.2 - Implicit evaluation
•• La propria opinione può però essere “inviata” anche in modi più sottili, visibili magari solo a lettori
esperti.
4.2.3 - Tokens of evaluation
•• A volte la propria opinione si trasmette non attraverso una sola parola (marcata), ma attraverso un
intero discorso. Paradossalmente, è più facile contrastare un punto di vista presentato in maniera
esplicita piuttosto che un punto di vista sotterraneo e nascosto.
4.3 - Denotative and connotative meanings
•• Il linguaggio possiede una forza perlocutiva (“perlocutionary force”), ed è l’effetto che le parole scelte
hanno sul lettore. Ogni parola possiede un significato denotativo (fattuale) e un significato connotativo
(l’associazione di una emozione o di una idea a una parola).
4.4 - “Loaded” language
•• Il “loaded” language è quel linguaggio che lo scrittore può usare più o meno coscientemente per evocare
reazioni favorevoli o sfavorevoli sull’evento. Si usano a questo scopo eupheemism, dysphemism,
doublespeak, connotati meaning… Il lettore può essere guidato verso una conclusione “di parte”,
influenzato dal linguaggio colorito usato per presentare la storia.
4.4.1 - Euphemism and dysphemism
•• Un giornalista che vuole diluire idee spiacevoli usa eufemismi. Al contrario, se un giornalista vuole
peggiorare il giudizio su una cosa, usa dysphemism (esempio: “rebel” termine neutro, “terrorist”
connotazione negativa, “freedom fighter” connotazione positiva). Alcune volte gli eufemismi si
trasformano in termini “politicamente corretti”.
4.4.2 - Doublespeak
•• Il doublespeak è il linguaggio per eufemismi da parte del governo o di forze ufficiali. Per esempio,
in tempi di guerra si uccidono persone deliberatamente e senza distinzione. Con il doublespeak si
dirà che si sta “neutralizing the target”, e che i civili morti sono soltanto un “collateral damage”.
4.4.3 - Hyperbole
•• Con l’iperbole si esagera e si distorcono i fatti.
4.4.4 - Presupposition
•• Si danno per scontate molte cose nella scrittura di un articolo, che si pensa che il lettore sarà in
grado di riempire. Il lettore coglie gli indizi forniti dal giornalista (se dico “We will introduce a better
system” sto presupponendo che l’attuale sistema non sia buono).
4.5 - Figures of speech
4.5.1 - Metonymy
•• Si usa una metonimia quando ci si riferisce a qualcuno o a qualcosa indicandolo con una parte
sola parte di questo qualcuno/qualcosa (la parte per il tutto).
4.5.2 - Metaphor
•• La metafora è una figure of speech e si manifesta quando si usano due termini insieme che però
fanno parte di campi semantici diversi (“He is a pig”).
4.5.3 - Similes
•• Le similitudini sono comparazioni tra due differenti entità (“He eats like a pig”).
5 - Who does what to whom: participants and processes
•• La sintassi è l’organizzazione strutturale di una frase. In base all’organizzazione di una frase si dà più
enfasi ad alcune parti del discorso piuttosto che ad altre.
5.1 - Participants and processes
•• La transitivity è lo studio di “who does what to whom (and how, why, when…)”. Il modo in cui i
partecipanti, i processi e gli eventi sono organizzati in una storia ci dà informazioni importanti sul punto di
vista del giornalista a proposito di quell’evento particolare. Una “clause” contiene processes (azioni, stati,
eventi, “tradotti” nella frase con i verbi), participants (le persone e le cose, concrete e astratte, che sono
coinvolte nei processi come oggetti o come soggetti) e circumstances (le parole che rispondono alle
domande “where?, when?, how far?, who with?… e aggiungono quindi informazioni).
5.3 - Processes
•• I tipi di processo che il giornalismo usa per spiegare un evento sono fondamentali per capire il taglio
interpretativo dell’articolo: material process (process of doing: work, arrest, explode…), relaziona process
(process of being and having: be, have, stand…), mental process (process of sensing and feeling: feel,
think, wish, believe…). Questi sono i principali. Processi minori sono: verbal process (process of saying:
say, tell, report, write…), behavioural process (process of human behaviour: sleep, look, listen…),
existential process (legato al there: there is / there are). I processi possono suddividersi in transactive
processes (il soggetto è affetto dall’azione) e in non-transactive processes (il soggetto non è affetto
dall’azione. La distinzione si comprende soprattutto dal contesto.
5.3.1 - Comparing Material and Relational processes
•• I material processes danno l’impressione del movimento e quindi corrispondono a verbi che si
riferiscono alle azioni. Non tutti i material processes sono transactive; alcuni hanno un solo
partecipante (non-transactive).
•• I relational processes collegano due elementi insieme formando uno “state”. Being e having
danno l’impressione della stabilità e sono statici. Non danno l’impressione del movimento
necessario al material process. Spesso nei relational processes vi è un attribute che indica il ruolo o
la qualità di una persona o di una cosa, di solito accompagnato dal verbo essere.
•• La distinzione tra i due processi è molto importante, perché di solito i material processes danno
idea di attività (chi compie l’azione), mentre i relational processes danno idea di passività (chi
subisce l’azione). Il relational process è utile poi per attribuire delle qualità a qualcuno/qualcosa
(“Clinton was president”).
5.3.2 - Mental processes
•• Le opinioni personali non possono comparire nelle news, ma questi mental processes possono
comparire negli editorials, nelle citazioni o in opinion articles. Usare verbi come “hope”, “believe”…
significa compiere dei mental processes (“It is hoped that the different factions will agree”).
5.3.3 - Why are participants and processes important?
•• Con la transitivity si può riuscire a dare la propria opinione su un fatto semplicemente
giustapponendo processes e participants.
5.4 - Modality
•• Altro aspetto importante della transitivity da prendere in considerazione è la modality, ovvero “quanto è
valida l’informazione in termini di probability o usuality. Si usano modal verbs (come can, may, would,
must…) e modal adverbs (come possibly, probably, likely…). Usando la modality, il giornalista si astiene
dall’assumersi la responsabilità di ciò che dice, oppure si usa la modality per proporre un punto di vista, o
per provocare una reazione. Comunque, non vi è nulla di certo.
6 - Saying and telling
6.1 - Verbal processes
•• Ci sono diversi modi di “dire”, dai più neutri “say”, “tell”, “ask” ai più marcati “shout”, “plead”, “demand”,
“denounce”… In un verbal process deve esserci un partecipante che “dice” (e la comunicazione può anche
essere scritta) e qualcosa da dire. I verbal processes possono essere realizzati come direct speech (come
citazioni), reported speech (una citazione “riformulata”, ma sempre attribuita a qualcuno), oppure come
absorbed speech (una “citazione” ben integrata nel testo, neanche più attribuita all’autore).
6.2 - Verbs of speaking - evaluative speech
•• Usando i verbi del “dire” neutri o marcati, il giornalista può comunque inserire il suo punto di vista.
6.3 - Quoting
•• Una stessa citazione può essere ripresa da più giornali e giornalisti che la riporteranno in maniera
diversa, chi come direct speech chi come reported speech, inserendo il proprio punto di vista. Alcune volte
anche il direct speech può essere leggermente distorto.
6.3.1 - Creating a distance
•• Inserendo citazioni sembra che il giornalista stia raccontando un “fatto” senza interpretazioni e
mediazioni, ma anche la scelta della citazione, estrapolata dal contesto, è frutto di una operazione
di “mediazione”.
6.3.2 - “Scare” or “sneer” quotes
•• Quando si isolano alcune parole citandole si fa una “scare quote” (spaventosa), ovvero una
citazione con cui il giornalista si distanzia da ciò che quella persona citata ha detto (come per dire:
“queste sono parole sue, non mie”). In questo modo si enfatizzano le esatte parole di chi è citato,
soprattutto se sono offensive o inappropriate. Oppure si fa una “sneer quote” (ironica) quando il
giornalista vuole segnalare incredulità, e magari vuole far considerare la possibilità che quelle
parole siano inverosimili.
6.4 - Reported speech
•• Il reported speech è il più usato, sia nella forma attribuita sia nella sua forma assorbita e non attribuita.
6.5 - Attribution
•• Lo speech in una storia ha tre aspetti: quello che è stato detto, come è attribuito a chi lo ha detto, e i
verbi usati per descrivere lo speech act (say, shout…).
6.5.1 - Spokespeople
•• A volte se non si hanno fonti dirette si usa riportare la citazion