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Il lavoro di Calvino sulle fiabe

Ad essere scelto per questo lavoro è proprio Calvino: da qui inizia il suo lavoro sulle fiabe. Egli era infatti la persona più adatta a farlo, per alcuni motivi:
  1. Predisposizione tra l'universo della fiaba e il mondo che Calvino aveva "scoperto": Pavese era stato il primo a parlare in tono fiabesco in suo proposito, e da allora anche Calvino se ne rende conto.
  2. Era stato narratore della Resistenza: aveva lavorato su materiali orali, su una "materia epica", che aveva ripreso e rielaborato a partire dal racconto di un ragazzo che gli aveva permesso di avvicinarsi alle cose con lo sguardo di chi scopre il mondo per la prima volta e ritrova lo stampo delle favole più remote, dietro le apparenze.
  3. Tre anni prima che il progetto delle Fiabe italiane prendesse corpo, aveva scritto Il visconte dimezzato, dove il mondo fiabesco è scoperto e la narrazione ruota intorno a un uomo tagliato in due metà, che
modi in cui Calvino affronta il tema della molteplicità è attraverso il modello degli scacchi. Egli considera gli scacchi come un sistema di regole che permette una molteplicità infinita di combinazioni. Ogni partita è diversa dalle altre, eppure tutte seguono le stesse regole. Questo concetto viene applicato anche alla letteratura: ogni autore può creare storie diverse utilizzando gli stessi elementi narrativi. Calvino afferma che il compito del narratore è quello di trovare nuove combinazioni, nuove strade da percorrere nel bosco infinito delle possibilità narrative. In conclusione, Calvino crede che la molteplicità sia una caratteristica fondamentale della letteratura. Attraverso l'utilizzo di diversi modelli, come il labirinto, le fiabe e gli scacchi, egli esplora le infinite possibilità del narrabile. La sua scrittura è un invito a esplorare il mondo della letteratura e a scoprire le molteplici strade che si possono percorrere.modelli che riaffiora ripetutamente nelle pagine di Calvino è quello degli scacchi: gioco dove un numero limitato di pezzi, spostandosi su 64 caselle, permette di ipotizzare una serie infinita di partite. Tuttavia il sistema in cui tutti i possibili itinerari potrebbero essere contenuti e da cui ogni trama potrebbe essere dedotta, il modello di tutti i modelli non è raggiungibile: allora ogni fiaba, ogni racconto e romanzo può essere considerato come il risultato di un fallimento. Il fallimento, tuttavia, non impedisce di continuare a costruire e credere nel mito di un'archifiaba o archiracconto perfetto e compiuto da cui tutte le fiabe e tutti i racconti sarebbero deducibili. Cercare di risalire alla fonte è folle e fortunatamente impossibile, perché da quel momento ogni storia risulterebbe superflua e la macchina delle combinazioni si arresterebbe. Il problema stilistico Il primo problema che Calvino si trova a dover affrontare è quellostilistico: Calvino cerca di essere un narratore il più possibile discreto e conforme all'immagine prodotta dall'insieme delle fiabe. Controllo dei registri continuo, minuzioso, in modo da neutralizzare la difformità dei dialetti o le deformazioni dei raccoglitori. Importante, però, era anche salvaguardare la diversità che proviene dal modo di raccontare del luogo o dall'accento personale del narratore orale. Calvino interviene, ma non lascia tracce di questo suo intervento, anche quando esso è più cospicuo: rispetta i testi, ma conserva sempre un margine di manovra. In particolare, vengono rispettate le "combinazioni" proposte dalle fonti. Spazio e tempo nelle fiabe Gli scritti raccolti nel volume nascono in occasioni diverse, testimoniano una fedeltà nel tempo e delineano un itinerario: leggendoli uno dopo l'altro si vedono affiorare alcune costanti.

spazio: hanno una natura migratoria, viaggiano nel tempo e nello spazio attraverso secoli e continenti, ma anche attraverso gli strati sociali. Nonostante questo, esse possono essere utilizzate come un documento storico. È impossibile stabilire dove e quando è nata una fiaba, ma è possibile stabilire in quale luogo e in quale momento quel dato racconto viene narrato. Sulle superfici delle fiabe restano le impronte digitali delle mani attraverso cui, nella sua vita secolare, il testo si è trovato a passare.

L'interesse per i narratori: Calvino è sempre interessato alla figura del narratore, al pubblico che si intravede intorno ad esso, mentre ascolta affascinato. Questo interesse per i narratori e per il mondo che ogni loro parola sembra misteriosamente evocare non scompare.

L'itinerario di Calvino dopo le fiabe: Le Fiabe italiane sono del 1956. L'anno successivo, Calvino pubblica due testi molto diversi tra loro: la sua scrittura

si trova di fronte ad un bivio, e lui decide di imboccare entrambe le strade.
  1. La speculazione edilizia: rappresenta un abbandono del mondo delle fiabe, è una strada che si interrompe.
  2. Il barone rampante: strada che si rivela più produttiva e che prende ispirazione dalle fiabe. Il libro successivo di Calvino, Il cavaliere inesistente, rappresenta la sua continuazione.
Poi, esaurita la risorsa del fiabesco, Calvino cerca sussidi alla sua vena fantastica nei suggerimenti della scienza, della filosofia, delle teoria letteraria.

4. Introduzione alle Fiabe italiane

Il viaggio nelle fiabe di Calvino è durato poco più di due anni: inizia il 15 gennaio 1954, quando Calvino risponde alla lettera di Giuseppe Cocchiara, precisando le linee del progetto editoriale. Conosciamo molto bene il procedimento e il lavoro di Calvino: ne parla lui stesso in alcune lettere. È un modo di procedere significativo, che caratterizza il lavoro.

dell'autore. Dopo aver raccolto i testi in costellazioni, e dopo aver riconosciuto all'interno di esse degli alberi genealogici, procede alla scelta della variante da riscrivere e, eventualmente, alla combinazione e integrazione di varianti diverse. Questo lavoro rappresenta anche una ripresa e rielaborazione di un esercizio compiuto, in tempi lontani, sul Corrierino dei piccoli: leggere le fiabe, metterle a confronto, sceglierle e contaminarle costituisce quindi una ripresa del gioco infantile.

"Riuscirò a rimettere i piedi sulla terra?" Calvino nell'Introduzione alle Fiabe italiane, scrive: "Ora il viaggio tra le fiabe è finito, il libro è fatto, scrivo questa prefazione e ne son fuori: riuscirò a rimettere i piedi sulla terra?"

Nella duecentesima e ultima fiaba, Calvino lavora con libertà e colloca liberamente la Fata sulla cima di un albero da cui viene fatta scendere per risanare la gamba

zoppa dell'eroe. Questa rappresenta quasi un'anticipazione: ai lettori di Calvino, che conoscono la storia de Il barone rampante, la fiaba ricorda il mondo di Cosimo e il suo ostinato, eroico rifiuto di scendere dall'albero. Il tornare a terra può rimandare a una discesa dagli alberi o a un'ascensione dal mondo sottomarino, ma poco importa: quello che importa è il modo in cui Calvino si era immerso nel mondo delle fiabe. L'abbandono di Calvino nel mondo fiabesco Quello di Calvino è stato un completo abbandono ad un universo, quello della fiaba, dove la legalità è sospesa. Egli parla dell'infinita varietà, del desiderio di far conoscere quel mondo ricco e variegato. La fiaba, infatti, rappresenta la libertà, altrove impensabile per un narratore, di cedere alle seduzioni della logica, di sentirsi svincolato da ogni principio di realtà. Il problema della

“voce”L’immersione comincia con la lettura: leggere vuol dire spogliarsi di ogni intenzione e di ogni partito preso, per essere pronti a cogliere una voce che si fa sentire quando meno ci si aspetta, una voce che viene non si sa da dove..Nelle fiabe il problema della voce è cruciale: Propp ha detto che chiunque ascolta una narrazione popolare è un potenziale futuro esecutore, che a sua volta porta nell’opera nuovi mutamenti.Calvino è proteso a impadronirsi di quella voce impersonale, che sembra nascondersi dietro i testi, per compiere quel lavoro di unificazione di cui si è assunto il compito. La voce è il mezzo​ .L’abbandono del lettore alla fiabaNon c’è quindi nessuno che possa rivendicare un diritto di proprietà su una fiaba: la si racconta ma non la si inventa, e il narrarla produce migliaia di atti di narrazione, senza che si possa risalire alla radice. ​ ​Nonostante questo, il patto di

Lettura è fortissimo​ e l'abbandono del lettore​ a quanto➢ ​gli viene raccontato e alla voce del narratore sembra totale​. In nessun altro caso come nella fiaba la suspension of disbelief di cui parla Coleridge appare altrettanto netta e inevitabile.

Chi ascolta o chi legge una fiaba non ha "niente a cui credere", quindi nessuna incredulità da sospendere: nessuna delle nostre credenze può essere messa a repentaglio una volta che il narratore ha pronunciato la sua formula inaugurale.

Il fiabesco è altro, sfuggente, bidimensionale: chi varca la sua soglia e accetta il suo➢ codice non chiede conferme né altro. 6 Rapporto privilegiato con il libro che è solo del lettore​: il poter considerare ciò che è scritto come qualcosa di finito e di definitivo, a cui non c'è nulla da togliere o aggiungere.

Calvino ha rinunciato a questo rapporto: ogni testo scritto può essere riscritto.

è aperto e non definitivo. Si possono immaginare 4 tipi di lettori delle Fiabe italiane di Calvini:

  • PRIMO LETTORE: colui che è interessato ad utilizzare la fiaba come un documento storico. Vuole cercare nelle fiabe le tracce, i residui di un vissuto sociale e di una esperienza empirica. Calvino, per assolvere il compito che si è assunto, si mette in viaggio e parte dalla Liguria, dalla regione in cui ha ascoltato le prime fiabe. Il lettore interessato, quindi, potrebbe avviarsi a compiere lo stesso viaggio e compiere alcune verifiche: i luoghi nelle fiabe vengono nominati apertamente, e nei rari casi in cui non succede c’è sempre un indizio o una traccia. Nei confronti di questi segni e tracce Calvino ha diversi atteggiamenti: a volte appare molto conservativo, altre volte taglia ciò che è troppo quotidiano.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
10 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aeea11 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Palmieri Nunzia.