Riassunto esame Diplomatica, prof Pozza, libro consigliato Genesi del documento medievale, Pratesi
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DIPLOMATICA
I. Principi generali e definizioni
La diplomatica studia il documento in sé stesso, nelle sue forme più che nel suo
contenuto.
Definizione di Theodor Von Sickel : Sono documenti le testimonianze scritte, redatte
secondo una forma determinata - sebbene variabile in relazione al luogo, all’epoca,
alla persona, al negozio – su fatti di natura giuridica.
Definizione in senso diplomatistico di Cesare Paoli: il documento è una testimonianza
scritta di un fatto di natura giuridica, compilata con l’osservanza di certe determinate
forme, le quali sono destinate a procurarle fede e a darle forza di prova.
Elementi che scaturiscono dalla definizione di Paoli:
- rientra nell’oggetto della diplomatica solo il documento SCRITTO
- il contenuto del documento deve avere NATURA GIURIDICA
- il modo in cui è redatto deve avere una FORMA PRECISA che gli dia credibilità
La diplomatica è la scienza che ha per oggetto lo studio critico del documento al fine
di determinare il valore come testimonianza storica.
Il documento rispecchia sempre una determinata situazione politica, sociale ed
economica e in quanto attestazione scritta fissa anche nel tempo le fasi
dell’evoluzione linguistica.
Il termine Diplomatica è entrato in uso attraverso il titolo del primo trattato di questa
disciplina: i 6 libri DE RE DIPLOMATICA di Jean Mabillon 1681. Il termine di origine
greca venne utilizzato raramente nel medioevo ma tornò in auge in età umanistica
soprattutto per designare i documenti signorili emanati in forma solenne.
L’ambito della diplomatica si va allargando anche ad altre scritture, ma non si può
estendere a tutti i pezzi di archivio. Gli atti preparatori per esempio non posso essere
studiati da soli ma per comprendere meglio il documento vero e proprio. In questo
senso i tedeschi utilizzano due termini diversi per documenti giuridici in senso stretto
e scritture di altro genere, mentre in Italia e Francia si usa genericamente il termine
Atti.
L’analisi critica esercitata dalla Diplomatica si basa sulle forme del documento, le quali
hanno una loro tipicità che ne rende possibile la sistemazione scientifica. La
documentazione si attua secondo schemi espressivi ed elementi formali ricorrenti di
frequente in modo pressoché uniformi. George Tessier: oggetto della diplomatica è la
spiegazione degli atti scritti, è la conoscenza ragionata delle regole di forma che si
applicano agli scritti e ai documenti assimilati. Tale caratteristica ha influito sulla
scienza Diplomatica che per oltre due secoli è rimasta ancorata ad un metodo
eminentemente classificatorio che risultava inadeguato per problemi di carattere
storico.
La diplomatica oggi deve tendere soprattutto a ricostruire schematicamente il
processo di documentazione nelle sue varie fasi seguendo un metodo storico in
maniera da accertare da un lato la genuinità o meno del documento e dall’altro recare
un contributo vitale alla storia con la conoscenza degli ordinamenti e degli istituti da
cui la documentazione discende.
II. Cenni di storia della diplomatica
La Diplomatica nasce come tecnica per distinguere il documento genuino dal falso, ma
i risultati risultavano più efficaci per i documenti coevi rispetto a quelli antichi.
Occorreva una critica più raffinata e il possesso di un metodo storico. Primi frutti con
gli Umanisti, Petrarca dimostrò a Carlo IV la falsità dei pretesi privilegi concessi
all’Austria da Cesare e Nerone, e Lorenzo Valla che dimostrò la falsità della donazione
di Costantino. Grande impulso venne dai contrasti della Riforma e Controriforma.
Le basi della nuova disciplina però si porranno solo quando la disputa smise di
concretarsi solo per determinati gruppi di documenti nel XVII secolo sfociando nei
BELLA DIPLOMATICA che non ebbero lo stesso carattere in tutti i paesi (es. Germania
carattere pratico di contesa giudiziaria per l’affermazione di un diritto; Francia
carattere dottrinale e preoccupazione scientifica). Esempio più antico Dissidio tra
vescovo di Treviri e il monastero di S. Massimino della stessa diocesi che vantava
giurisdizione vescovile. Vescovo dimostrò la falsità dei diplomi del monastero datati
con l’era di Cristo e quindi non potevano essere stati emanati in età merovingia.
Nel 1675 Daniel Van Papenbroeck nell’introduzione degli Acta sanctorum Apriilis
dettava norme rigorose per l’analisi dei documenti dimostrando che il diploma di
Dagoberto I per il monastero di Sainte-Irmine di Trèves fosse un falso. Ciò gettò
discredito su un gran numero di carte di età merovingia. Allo stesso modo colpì la
tradizione che faceva risalire all’origine dell’ordine Carmelitano il profeta Elia, e i
Carmelitani ricorsero all’Inquisizione spagnola ottenendo la condanna del gesuita nel
1695.
In risposta al Papenbroeck il DE RE DIPLOMATICA di Mabillon 1681 opera fondamentale
che destò l’ammirazione degli studiosi (e poche critiche che egli stesso vagliò con
serenità). Il merito del Mabillon è quello di aver distinto le varie categorie di documenti
e preso in considerazione gli elementi intrinseci e estrinseci suscettibili di critica,
istaurando un metodo scientifico che ha conservato a lungo la sua validità.
Egli aveva condotto il proprio esame esclusivamente su documenti di territorio
francese, e altri suoi seguaci fecero lo stesso per i rispettivi paesi. Es. Ludovico
Antonio Muratori enunciava in due dissertazioni i principii della diplomatica e
un’enorme quantità di casi di critica applicata alle fonti documentarie.
Tra il 1750 e il 1765 Renè Prosper Tassin e Charles Toustain pubblicarono a Parigi
NOUVEAU TRAITè DE DIPLOMATIQUE in 6 volumi. Eccessiva schematizzazione,
considerata allora con favore dagli studiosi ma che nuove dalla visione generale. Voce
discorde è dell’italiano Scipione Maffei autore dell’incompiuta ISTORIA DIPLOMATICA
CHE SERVE D’INTRODUZIONE ALL’ARTE CRITICA IN TAL MATERIA.
Questo indirizzo verrà seguito anche nel XIX secolo, ma la possibilità di disporre in una
serie organica della produzione di uno stesso ufficio offrì l’avvio a nuove impostazioni
metodologiche. Julius Ficker giunse alla teoria della distinzione concettuale tra il
momento dell’azione giuridica e quello della sua documentazione, iniziando il metodo
rivolto ad indagare la genesi del documento. Theodor von Sickel introduceva il sistema
della comparazione delle scritture e del dettato nell’ambito delle cancellerie,
giungendo ad accertare i caratteri e la genuinità dei documenti con un rigore critico
impensabile. Superamento delle posizioni di Mabillon grazie agli studi di impostazione
storicistica postromantica, da un lato continuarono le ricerche particolari e
specialistiche incoraggiate dal sorgere di nuovi istituti e dall’altro si sentì il bisogno di
creare nuovi manuali generali concernenti la materia.
III. Nozioni fondamentali: azione giuridica e documentazione; diplomatica generale e
speciale; documento pubblico e privato
La diplomatica deve innanzitutto ricostruire il processo di formazione del documento.
Due elementi: il fatto (atto) che produce effetti giuridici (azione giuridica) e il ricordo
scritto di essi (stesura dello scritto). Non sempre la distinzione è così netta, in alcuni
casi abbiamo documenti probatori, ovvero che provano un rapporto giuridico già nato
indipendente dalla scrittura, oppure documenti dispositivi, legati all’esistenza
dell’istituto giuridico, diritto e obbligazione nascono soltanto quando il contratto è
messo per iscritto nelle forme legali. Il Bruner che affrontò per primo la questione
chiamò NOTITIA (o BREVE) il documento probatorio e CHARTA (o CHARTULA) il
documento dispositivo, ma i suoi studi limitati ad una sola tipologia di documento e
relativi al Medioevo, quindi ebbe molte critiche.
Tipicità del documento significa anche tipicità della prassi documentaria, per cui il
metodo diplomatico necessita di una classificazione, che giustifichi l’accostamento tra
loro di certi documenti e ne escluda altri. È inoltre necessario inserire in un quadro di
insieme quelle caratteristiche generali che riguardano ogni singolo documento
indipendentemente dalla categoria a cui appartiene. Differenza tra DIPLOMATICA
GENERALE, alla quale si rapportano le nozioni riferibili a tutti i documenti a prescindere
dalla loro origine e la loro natura, e la DIPLOMATICA SPECIALE, che raggruppa i
documenti in serie distinte secondo criteri storici o giuridici.
La classificazione dei documenti rientra nell’ambito della Diplomatica Speciale, ma è
indispensabile anche per la Diplomatica Generale separare due grandi categorie:
quando l’azione giuridica è espressione di una volontà sovrana che si avvale di
appositi uffici detti cancellerie (DOCUMENTI PUBBLICI), quando l’azione giuridica è una
dichiarazione di volontà di persone fisiche private e si avvale di amanuensi in veste di
pubblici ufficiali capaci di scrivere in PUBBLICAM FORMAM il ricordo dell’atto giuridico
compiuto (DOCUMENTI PRIVATI).
Manca ancora una definizione soddisfacente per i due tipi di documenti. Alcune
tengono conto della persona che lo promana e altre del contenuto giuridico. A
complicare le cose c’è il valore che a questi termini attribuiscono i giuristi, i quali
considerano il documento non per sé stesso ma unicamente come mezzo di prova. E
contrappongono il documento pubblico alla scrittura privata. Questo linguaggio
rispecchia fedelmente il linguaggio tecnico del medioevo. Questa distinzione tra
documento pubblico e privato di carattere giuridico non è esauriente per due motivi: il
concetto di diritto pubblico e privato non può essere specificato in maniera puntuale e
concorde perché subordinato alle caratteristiche istituzionali di ogni tempo e luogo; la
distinzione in ambito del diritto ha un carattere contenutistico, mentre la diplomatica
deve tener contro soprattutto delle forme del documento.
Unico criterio valido di differenziazione per la diplomatica resta quello della forma:
sono documenti pubblici quelli che, essendo rilasciati da una cancelleria, presentano le
forme solenni tipiche del documento cancelleresco; sono documenti privati quelli
redatti fuori dalla cancelleria e privi di ogni carattere specifico di solennità. Questa
definizione però non è esauriente perché bisogno introdurre una nuova categoria, il
DOCUMENTO SEMIPUBLICO, emanati da autorità minori che non disponendo di un
proprio ufficio ricorrevano all’opera degli scrittori delle carte private, imponendo loro di
eseguire nella stesura canoni particolari che conferivano loro una certa solennità.
IV. Le persone
Perché il documento sia posto in essere è indispensabile in concorso di almeno 3
persone. I due protagonisti del rapporto giuridico (autore e destinatario) e l’estensore
della testimonianza scritta (scrittore).
Autore: è colui che compie l’azione giuridica dalla cui volontà l’azione stessa ha
origine, che risulta quindi anche autore del documento in quanto fatto da lui o per suo
nome. A volte però autore può essere colui a nome del quale il documento è intitolato
che è diverso dall’autore dell’azione giuridica.
Destinatario: è colui verso il quale l’azione giuridica è diretta. È opportuno considerare
che in alcune strutture documentarie relative ad atti di permuta le stesse persone
posso risultare contemporaneamente autore e destinatario.
Scrittore: colui che o per libera professione o per pubblico ufficio provvede alla stesura
del documento su richiesta delle parti o di una di esse. Ulteriore distinzione tra
Dettatore e Scrittore, ma non essenziale per la formazione del documento.
V. La genesi del documento pubblico
Il documento pubblico nasce nella cancelleria che è l’ufficio in cui si svolgono tutte le
pratiche inerenti all’emanazione dei documenti di pubbliche autorità. Il fondamento
dell’autenticità del documento pubblico risiede nella sua emanazione da parte della
cancelleria, simbolo e strumento della volontà dell’autorità da cui dipende.
Il vocabolo deriva da cancellarius, custode dei cancelli posti nel tribunale per separare
il pubblico dagli ufficiali addetti all’amministrazione della giustizia.
L’organizzazione delle cancellerie non può delinearsi in base ad uno schema unico, la
complessità dell’ufficio variava in base al rango dell’autorità da cui esso dipendeva e
la mole giornaliera di documenti, ma sostanzialmente le fasi in cui si articolava il
processo di documentazione erano identiche.
Bisogna distinguere tra i documenti emanati nel quadro dell’attività politico e
amministrativa dell’autore per sua diretta volontà (autorità comandava al capo della
cancelleria di redigere il documento, o se erano di routine la cancelleria provvedeva ad
emanare il relativo documento senza ordine manifesto dell’autorità) e documenti
sollecitati dai sudditi (chi attendeva il beneficio produceva una petizione o supplica
che raccolta e registrata in cancelleria veniva poi presentata in udienza all’autorità per
l’accoglimento o meno dell’istanza).
La pratica delle petizioni trovava la sua disciplina giuridica in epoca romana nel Corpus
Iuris Civilis. Dalla cancelleria imperiale passa a quella pontificia che ne perfeziona il
meccanismo fino a raggiungere nel secolo XIV una struttura organizzativa che rimarrà
immutata.
Come la PETITIO, anche il momento successivo non costituisce un atto indispensabile
per la genesi del documento. Si tratta della INTERCESSIO, ovvero l’intervento
propiziatorio di persone vicine all’autorità alla quale la domanda era diretta che
potevano o presentare di persona la domanda del petitore raccomandato o intercedere
in un secondo momento come intermediari.
L’intercessio non va confuso quindi con un momento formativo del documento che
prende il nome di INTERVENZIONE. L’esatto significato di questo momento costituisce
un tema controverso per la diplomatica. Molti documenti accennano all’intervento di
personaggi, distinti dal richiedente e dagli intercessori, la cui funzione è stata
variamente interpretata e assume significato diverso a seconda dei tempi. Nell’alto
medioevo la figura degli INTERVENIENTES è quella di persone che garantivano con la
loro presenza la validità incontrastata dell’atto. Ben presto il numero aumentò
tendendo a trasformarsi in un vero e proprio consenso di maggiorenti, divennero così
CONSENTIENTES. Tra X e XII secolo si ebbe un’ulteriore evoluzione, non più semplici
testimoni, dato che la validità veniva data dal fatto che il documento fosse emanato
dalla cancelleria, ma elemento di maggiore solennità.
Difficile stabilire se i TESTES fossero presenti nell’ACTIO o nella CONSCRIPTIO, ovvero
se fossero testimoni dell’azione o della documentazione. La diversità dei punti di vista
sull’argomento riflette situazioni diverse, inoltre non bisogna dimenticare che la
presenza dei testimoni era puramente fittizia e la loro menzione comprovava soltanto
che quei personaggi ricoprivano in quel momento gli uffici a loro attribuiti, non che
fossero presenti in loco.
La IUSSIO rappresentava il passaggio dalla fase dell’azione giuridica a quella della
documentazione, ovvero l’ordine impartito dall’autorità di redigere il documento.
Lo stadio successivo è quello della REDAZIONE. I tempi e le modalità variano a
seconda della complessità dell’ufficio, se la vastità dell’ufficio imponeva una divisione
minuziosa dei compiti, toccava all’ufficiale più eminente stilare il documento in forma
di MINUTA. Alcuni studiosi sostengono la presenza costante di una minuta, altri
considerando il numero scarso di minute giunte fino a noi ritengono che il suo ricorso
fosse saltuario. La minuta riveduta e corretta a volte dalla stessa autorità emanante
veniva ricopiata IN GROSSAM LITTERAM (bella copia) da un GLOSSATORES. Entrambe
le edizioni dovevano conformarsi a particolari caratteristiche esterne, il cui rispetto,
garantiva la genuinità del documento.
Altro problema dibattuto è la REGISTRAZIONE, ovvero la trascrizione in un apposito
registro, da conservare in cancelleria di ogni documento spedito. Poiché la prassi è
stata assai mutevole non solo da una cancelleria all’altra ma anche nell’ambito di uno
stesso ufficio, la questione può essere affrontata soltanto dalla diplomatica speciale.
Un atto da cui non si poteva prescindere era la ROBORATIO, ovvero la convalida del
documento eseguita con sistemi diversi: intervento dell’autore che sottoscrive il
documento o vi appone segno particolare; la recognitio cancelleresca quando mancala
presenza del sovrano; la sottoscrizione dei testimoni; la raffigurazione di segni
particolari (monogramma); l’apposizione sigillo.
Il documento veniva poi passato all’ufficiale incaricato al calcolo della tassazione a cui
era soggetto il destinatario.
Il momento conclusivo era rappresentato dalla SPEDIZIONE al quale provvedevano
altri ufficiali o corrieri che consegnavano al destinatario o al suo procuratore.
VI. La genesi del documento privato
Maggiore complessità rispetto al documento pubblico in quanto se nel documento
pubblico il carattere di autenticità era garantito dall’autorità emanante, per il
documento privato il riconoscimento del valore probante è faticosamente raggiunto
attraverso fasi successive.
Un fenomeno riscontrabile in maniera pressappoco uniforme tra tutti i popoli è che le
attestazioni scritte furono da principio destituite di ogni valore di prova. A Roma l’uso
di documentare i negozi giuridici si generalizzò verso la fine dell’età repubblicana ma
l’importanza dell’atto scritto era minima, serviva solo a facilitare la memoria dei
testimoni. Nel mondo ellenistico invece erano divenuti frequenti gli scritti ai quali si
riconosceva piena efficacia oggettiva. Quando la Constitutio Antoniana nel 212 estese
la civitas Romana a tutti gli abitanti dell’impero si sarebbe dovuta abbandonare la
pratica dei provinciales a consederare il documento scritto requisito essenziale del
negozio giuridico e invece accadde l’opposto nonostante gli imperatori cercassero di
frenare le usanze locali. Lo spostamento poi della capitale dell’impero a Costantinopoli
fece si che anche i Romani adottassero il documento autentico e si raggiunse questa
autenticità attraverso il riconoscimento ad amministrazioni centrali, provinciali e
municipali dello ius gestorum, cioè nella facoltà di accogliere nei propri registri i
contratti dei privati ad opera di un cancelliere e di rilasciarne copie ufficiali rivestite di
forma pubblica. I documenti così ottenuti erano forniti di pubblica fides come la
documentazione pubblica.
Le popolazioni barbariche che invasero la penisola accolsero le istituzioni romane, ma
il conflitto tra diritto primordiale dei conquistatori e quello dei vinti portarono alla
formazione di un nuovo sistema. Momento cruciale di tale evoluzione è il regno dei
longobardi che divide la penisola in zone rette dagli invasori e zone ancora sotto la
diretta influenza bizantina. Nei territori longobardi acanto a scrivani d’occasione di
incontrano i professionisti, per lo più appartenenti alla popolazione romana ed
ecclesiastica, che assumono il ruolo di NOTARII, non hanno un’investitura ufficiale
quindi la loro attività ha un carattere eminentemente privato.
Poiché in entrambi i territori si sente l’esigenza di conferire al documento valore
probatorio assoluto, si nota che da un lato nei territori romanici, troviamo lo sviluppo
del tabellionato per cui i forenses di Romagna , gli scriniarii di Roma e i curiales di
Napoli, assumendo il fatto di appartenere ai rispettivi collegi, riescono ad imprimere al
documento da loro redatto un carattere simile a quello degli acta publice confecta,
mentre nei territori longobardi trionfò più o meno deformato il diritto romano, e anche
se privi degli uffici i Longobardi avevano il vantaggio di un solido ordinamento
giudiziario, con giudici professionali indipendenti dai gastaldi e agenti in limiti
territoriali precisi, con la caduta del regno ad opera dei carolingi, l’autenticità venne
conseguita attraverso il ricorso al tribunale, mediante l’istituto della OSTENSIO CARTAE
nei placiti tenuti dai giudici palatini.
Con l’avanzare del tempo il documento tende a liberarsi delle forme della procedura
contenziosa e si perviene alla semplice sottoscrizione del giudice per garantire i
rapporti di diritto non contestato. Inoltre si nota nei territori a regime notarile la
sovrapposizione delle figure del giudice e del notaio nella stessa persona.
Nell’Italia Meridionale longobarda il rogatario (indicato come notarius) non sottoscrive
il documento ma si limita a dichiarare di aver proceduto alla sua stesura, l’affidabilità
del suo scritto è affidata esclusivamente alle sottoscrizioni dei testimoni. Ma con
sempre maggiore frequenza si ravvisa la presenza di un giudica o funzionario
amministrativo con mansioni giudiziarie il quale conferendo il suo riconoscimento al
rapporto giuridico trasferisce tale garanzia di stabilità al relativo documento. Si andrà
formando una categoria di giudici ai contratti tipica dell’Italia Meridionale che troverà
sanzione ufficiale nella legislatura di Federico II.
Quindi da un lato la documentazione si svincola dai residui procedurali e dalla
sottoscrizione del giudice e dall’altro la dignità degli scrittori di documenti si accresce
per effetto del prestigio che il collegio a cui appartengono consegue per la rigida
selettività nella scelta dei suoi componenti.
Il carattere di piena autenticità della carta scritta del notaio, scriniario, curiale,
scaturisce da un’acquisizione successiva di prestigio da parte del rogatario. La fiducia
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