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Ford e Chrysler controllavano assieme il 75% del mercato americano, divennero le Big Three, dopo il
fallimento del 2008 di GM e Chrysler li chiameranno semplicemente Detroit 3. Chrysler fu la prima a costruire
un’auto tutta chiusa, col controllo dell’accensione interamente automatico, con design d’avanguardia, x
l’Airflow gli ingegneri riuscirono ad abbassare il centro di gravità, riducendo le possibilità di ribaltamento, più
spazio all’interno. Aveva però alcuni difetti, era brutta, il motore rumoroso e poco sicuro.
Dopo la produzione di massa Ford e la segmentazione di GM, si diffuse la lean production, cioè una
produzione più snella, flessibile con meno lavoro, meno investimenti, meno ore di progettazione e sviluppo
di nuovi prodotti. La lean production deriva dal lavoro del gruppo Toyota, fondata nel 1937. La strategia di
Toyota nacque dall’osservazione di Ohno un ingegnere di Toyota, del funzionamento dei supermercati
americani, non presenti in Giappone; qua la merce era posizionata sugli scaffali e veniva rifornita non appena
terminava la merce esposta, fun in questo modo creata questa strategia definita pull siystem, le parti e i
componenti sono prelevati dalle scorte nel momento e nelle quantità determinate dalla domanda effettiva.
Un’altra strategia era quello di studiare il cliente per capire quali sono le loro esigenze, prima di sviluppare
un nuovo veicolo. I principi della lean production sono pull system e customer needs, le parti arrivano sulla
linea di assemblaggio finale poco prima dell’installazione nel veicolo e sulla base della domanda effettiva, in
tal modo rendevano le scorte lean. Il TPS (Toyota production system) è basato sul compito assegnato ai
direttori di stabilimento e anche agli addetti alle linee di assemblaggio di:
Coinvolgere l’intera organizzazione nel cercare continui miglioramenti
Eliminare gli sprechi di ogni tipo, inclusi quelli nei movimenti e negli spazi
Ridurre al minimo le scorte e mantenere un flusso di produzione costante
Seguire procedure standardizzate
Dare ai lavoratori il potere di fermare la produzione quando la qualità è minacciata
Questo TPS fu copiato dai concorrenti ma solamente in parte, non furono infatti in grado di farlo del tutto.
CAPITOLO 2
Vi era una diffusa riluttanza nella costruzione di auto piccole. Le auto cambiarono sia dentro che
fuori, divennero ricche di cromature e di numerosi accessori, aumentò anche la potenza dei motori,
la varietà dell’offerta fece diminuire la fedeltà dei consumatori ai vari brand, di conseguenza
aumentarono le spese per la pubblicità.
GM fu coinvolta nella cattiva pubblicità fatta da Nader, che affermava che GM era più interessato ai
profitti piuttosto che alla sicurezza delle autovetture, come ad esempio la Corvair che, mancando di
una barra di stabilizzazione tra le due ruote posteriori, tendeva a rovesciarsi. La vicenda finì davanti
al senato americano, il congresso ordinò di fissare standard di sicurezza più alti ed il richiamo di tutti
i veicoli che non rispettavano tali norme. GM si trovò di fronte a moltissime richieste di risarcimento.
Con l’aumento del prezzo del greggio nel 1973-1974, i consumatori americani preferirono l’acquisto
di auto che consumassero poco e trovarono questo nelle auto Toyota, Nissan e altri costruttori
giapponesi. Fino ad allora i giapponesi avevano esportato poco negli Stati Uniti. Nel 1982 Honda f la
prima impresa giapponese a costruire auto negli Stati Uniti, nei successivi decenni altre imprese
seguirono l’esempio di Honda.
Nel 19799-1980, Chrysler era sull’orlo della bancarotta, ma seppe uscirne con la creazione del
minivan, più piccolo di un van tradizionale ma più spazioso di una station wagon e più facile da
guidare. Il successo dei minivan aprì la strada al successo dei suv (sport utility vehicle) degli anni 90,
diventarono molto popolari per il confort, la spaziosità, le quattro ruote motrici e la sicurezza.
Mentre Chrysler affidava la ripresa al minivan, Ford puntò su Taurus, considerato insieme al minivan
di C. uno dei più importanti veicoli che Detroit abbia sviluppato durante gli anni del 20° secolo.
Nel 1986, per la prima volta in 60 anni, i profitti di Ford superarono quelli di GM, sebbene questa
fosse più grande del 40 %, Ford era riuscito a tagliare i costi. Henry Ford morirà nel 1987 a seguito
delle complicanze di una polmonite.
GM stipulerà col sindacato un Jobs Bank, che si rivelerà all’origine della crisi del decennio successivo,
in forza del quale i dipendenti che perdevano il lavoro a causa dell’innovazione tecnologica avevano
diritto al 95% del salario fino a quando non avessero trovato un nuovo lavoro. Anche Ford e Chrysler
furono costretti a seguire GM nelle concessioni al sindacato. Questo fu il momento anche quando
le big three decisero di diversificare, impegnandosi nelle produzioni non solo di auto ma anche di
sistemi satellitari e altre tecnologie. Intanto imprese come Honda, Toyota e Nissan aumentarono il
numero delle fabbriche negli Stati Uniti e lanciarono nuovi brand di lusso.
Nel 1990 l’Iraq invade il Kuwait e gli Stati Uniti entrano in una fase di recessione. GM non sembra
però preoccupata, il nuovo CEO succeduto a Smith estende il Jobs Bank che durava da sei anni, il
programma non sarà più riservato agli operai che non lavorano a causa dell’automazione delle
fabbriche, ma anche a quelli che non lavorano per qualsiasi ragione, e potranno rimanere nel jobs
bank senza limite di tempo e senza dover cercare un altro lavoro.
GM tenta una nuova avventura, introduce un nuovo brand e fonda una nuova impresa che colloca
accanto alle altre. Saturn Corporation è la nuova divisione, giuridicamente indipendente dal gruppo.
Ha un proprio stabilimento e sarà indipendente dal gruppo. La concorrenza sarà però molto più
forte, saturn verrà messa in vendita 20 anni dopo, ma non trovando compratori verrà chiusa.
Le tre imprese di Detroit avevano in comune il fatto che i guadagni principali verranno dalla vendita
non di auto ma di trucks: pickup, suv e minivan.
Verso la fine degli anni 90, la crisi colpì anche il settore auto giapponesi, questi non capirono che il
mercato stava cambiando, e gli americani erano disposti a pagare di più per avere veicoli fuori
strada. Nissan, il secondo costruttore giapponese, era stata messa in vendita e acquistata da
Renault, un fatto senza precedenti nella storia dell’auto in Giappone.
Nel 2000 divenne CEO di GM Wagoner, che voleva espandere l’attività internazionale del gruppo,
attraverso l’utilizzo dei piccoli motori diesel di Fiat, perciò si arrivò alle trattative, Fiat diventò il
primo azionista del gruppo americano, in cambio GM avrebbe avuto accesso alla tecnologia dei
motori diesel di Fiat, evitando gli elevati costi per sviluppare in proprio questo tipo di motori. Fiat
ottenne anche una opzione che le avrebbe consentito di costringere GM ad acquistare l’80%
rimanente di Fiat Automobile (l’altro 20 lo aveva acquistato già) in qualsiasi momento tra il 2004 e
il 2009.
Dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre, Wagoner prese un’importante decisione, offrì auto
con finanziamento senza interessi, portando così gli americani ad acquistare nuove auto, questa
politica non portò però un aumento dei volumi di vendita delle big three, ma delle auto giapponesi,
che si mostravano anche più sensibili alle politiche ambientali, di cui gli americani mostravano un
ampio interesse. Toyota costruì la prima auto ibrida spinta sia da un motore a combustione interna,
sia da un motore elettrico.
Nel 2005 Fiat con Marchionne, chiese a GM l’esercizio della put option, Wagoner fu messo davanti
ad una scelta, o pagare a Fiat due miliardi di dollari come assegno di divorzio, o acquistare il
rimanente 80% di Fiat Auto, che allora era sotto il peso di 10 miliardi di dollari di debiti e veniva da
tre anni di perdite. Wagoner preferì pagare. GM aveva un forte eccesso di capacità produttiva, quasi
la metà delle vendite veniva da un solo brand: Chevrolet. Occorreva eliminare dozzine di modelli
che si sovrapponevano, chiudere brand non necessari e negoziare un miglio contratto con il
sindacato. In aprile GM annunciò la vendita del 51% di GMAC, la finanziaria del gruppo che aveva
fornito gran parte dei guadagni del gruppo stesso.
Negli anni 90 Ford era stata guidata da Trotman, ma la famiglia Ford voleva riprendersi il controllo
del gruppo, il favorito era Bill Junior, che d’accordo con Nasser, misero da parte Trotman e si divisero
il potere. La strategia di Nasser fu quella della diversificazione, con la costruzione di suv e truck. Nel
2000 venne alla luce che Ford explorer, il suv più venduto, era un prodotto pericoloso, in vari
incidenti sulle strade americane le tele dei pneumatici Firestone avevano ceduto, morirono in 42. In
un primo momento Ford, addossò la responsabilità a chi era alla guida, poi di fronte all’evidenza
richiamò 6,5 milioni degli pneumatici difettosi. Firestone dichiarò che Ford aveva raccomandato una
pressione bassa degli pneumatici al fine di correggere un difetto delle sospensioni, la bassa
pressione avrebbe causato un surriscaldamento e una lacerazione delle tele.
La qualità era peggiorata. Nel 2000 Nasser terminò la sua carriera e divenne CEO Bill Ford. Nel 2003
2004 Ford chiuse in utile, ma non in misura modesta e adeguate alle dimensioni del gruppo. Ford
annunciò così una svolta radicale “The way forward” che comportò chiusura di fabbriche e
licenziamenti di decine di migliaia di operai, la sua strategia non era chiara e questo comportò una
confusione che portò Ford ad abbandonare un brand famoso, Taurus. Nel 2006 Ford lasciò e fu
nominato CEO Allan Mulally, la su prima azione fu quella di chiedere un prestito alle banche, come
garanzia diede tutto: brevetti, immobili, stabilimenti e persino il logo, questa strategia verrà
premiata pochi anni dopo quando Ford non avrà più bisogno di finanziamenti negli anni successivi.
Nel 2006 Chrysler fu venduta (l’80 % delle azioni), dai tedeschi Damler che l’avevano acquistata per
36 miliardi di dollari, a Cerberus per 7,4 miliardi di dollari, il 20% di quanto l’avevano pagata.
Il 2008 fu comunque l’anno peggiore per le big three, che videro crollare le loro vendite. Ford fu
costretta a vendere jaguar e Land rover al gruppo Tata Motors. Gm e Chrysler erano in forte crisi.
Obama chiese a Bush di non consegnarli un’America con due grandi imprese in fallimento, Bush così
stornò fondi destinati alle banche per tenere in vita le due imprese, ma i CEO dei tre costruttori
nell’audizione, non riuscirono a rispondere adeguatamente al