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(AMPK).
La desfoforilazione mediata dalle protein fosfatasi attiva l’acetil- CoA carbossilasi. La
fosforilazione e la defosforilazione dell’ACC dipendono dai livelli relativi di insulina e
glucagone, con l’insulina che promuove la defosforilazione (attivazione) dell’ACC e il
glucagone che ne promuove la fosforilazione, inibendo così l’enzima.
Anche il malonil- CoA è un potente inibitore dell’ossidazione degli acidi grassi. Nei
tessuti dove gli acidi grassi possono essere ossidati ad acetil- CoA (nei mitocondri) e
possono essere simultaneamente sintetizzati (nel citosol), il malonil- CoA può inibire il
trasferimento iniziale del gruppo acile dal CoA alla carnitina, nel versante citosolico
della membrana interna mitocondriale, inibendo la carnitina acil transferasi I.
Nell’uomo, le riserve di grassi sono enormi in confronto a quelle dei carboidrati.
Inoltre, considerando l’importanza del glucosio come combustibile metabolico per il
cervello, durante l’esercizio è importante usare i grassi al posto dei carboidrati, se ciò
è possibile. I lipidi usati per alimentare il lavoro muscolare derivano dagli acidi grassi
rilasciati dal tessuto adiposo e immessi nel muscolo come FFA. Un’altra significativa
fonte di acidi grassi è rappresentata dai trigliceridi intramuscolari.
Una terza possibilità sono gli acidi grassi rilasciati dai trigliceridi plasmatici dopo
l’azione della lipoprotein lipasi, sebbene l’evidenza suggerisca che quest’ultima fonte
fornisce il 10% dei grassi utilizzati durante un esercizio della durata di un’ora o poco
più.
Durante un esercizio di circa 60 minuti, i livelli di glucosio sono mantenuti entro valori
normali. Questo è dovuto a un perfetto equilibrio tra il glucosio che viene captato dal
sangue e quello che viene rilasciato nel sangue dal fegato. La relativa costanza della
concentrazione di glucosio ematico durante l’esercizio non si osserva invece per gli
FFA. Con l’esercizio, c’è un incremento della lipolisi, spinta principalmente da un
aumento dell’adrenalina nel sangue, un incremento dell’attivazione nervosa simpatica
degli adipociti tramite la noradrenalina e la diminuzione della concentrazione ematica
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d’insulina; inoltre, la ri-esterificazione degli acidi grassi nell’adipocita diminuisce, cosi
più acidi grassi si ritrovano nel sangue.
In aiuto a ciò, c’è un piccolo incremento del flusso ematico a livello del tessuto
adiposo, che porta a una maggiore quantità plasmatica di acidi grassi adipocitari.
La concentrazione arteriosa dei FFA riflette il relativo equilibrio tra il rilascio di FFA dal
tessuto adiposo (velocità di comparsa) e la captazione degli stessi FFA da parte del
muscolo in esercizio (velocità di scomparsa). All’inizio della fase submassimale
dell’esercizio, c’è un immediato incremento nella velocità di captazione degli FFA da
parte del muscolo. Ciò eccede il lento incremento della lipolisi che si verifica nel
tessuto adiposo e quindi la concentrazione plasmatica degli FFA all’inizio si abbassa.
Con il graduale incremento della lipolisi, la velocità di rilascio degli FFA prima equilibra
e poi eccede la velocità di captazione degli FFA plasmatici. Come risultato, la
concentrazione degli FFA tende a salire nel corso dell’esercizio. Nello stato alimentato,
l’effetto adrenergico di stimolo della lipolisi è attenuato dall’effetto della pregressa
alimentazione, ma ancor di più dall’insulina. Questo stato è caratterizzato da un più
alto rapporto di scambio respiratorio, riflettendo una maggiore ossidazione dei
carboidrati in confronto ai lipidi.
Durante un esercizio più intenso, il rilascio degli FFA dal tessuto adiposo è ridotto,
sebbene ci sia un maggiore stimolo adrenergico per la lipolisi. Per spiegare ciò vi sono
due spiegazioni:
-a più alte intensità di esercizio c’è una più alta concentrazione di lattato nel sangue, il
quale si pensava inibisca la lipolisi, ma dati più recenti hanno dimostrato che questo
favorisce la ri-esterificazione degli acidi grassi per formare trigliceridi nel tessuto
adiposo, attraverso la gliceroneogenesi. Ciò significa che, piuttoto che essere rilasciato
dall’adipocita verso il sangue, l’acido grasso è esterificato per formare nuove molecole
di triacilgliceroli. Cosi ci sarà una maggiore velocità di lipolisi all’85% della VO2max
piuttosto che al 65%, ma la maggior parte degli acidi grassi, generati mediante lipolisi,
sono semplicemente ri-esterificati a trigliceridi, cosicchè la velocità di comparsa degli
FFA nel sangue si riduce;
-più plausibile è che il flusso sanguigno a livello del tessuto adiposo si riduca nelle
condizioni di più alta intensità di esercizio, visto che il flusso tenderà a dirigersi più
verso i muscoli attivi e meno verso il fegato, i reni, il tessuto adiposo. Questo effetto è
correlato all’intensità relativa dell’esercizio. Di conseguenza, visto il ridotto flusso
ematico nel tessuto adiposo, il rilascio degli acidi grassi derivanti dalla lipolisi è ridotto
e gli acidi grassi più difficilmente entrano nella circolazione generale.
Il muscolo scheletrico contiene goccioline lipidiche intracellulari chiamate TAG
intramuscolari (IMTG) o lipidi intramiocellulari (IMCL); si ha inoltre anche una HSL
muscolare. La quantità degli IMGT che viene ossidata per sostenere il metabolismo
muscolare durante un esercizio a bassa o moderata intensità ha generato notevoli
controversie. Le differenze di utilizzo degli IMCL durante un esercizio sono
strettamente correlate alle modalità di dosaggio.
Il mangiare prima o durante l’esercizio, o il tempo trascorso dall’ultimo pasto
influenzano notevolmente il tipo di combustibile da utilizzare durante l’esercizio. 66
Abbassando il rilascio di acidi grassi dal tessuo adiposo mediante l’uso di alte
concentrazioni di acido nicotinico, si ha un maggiore utilizzo degli IMGT durante
l’esercizio. Comunque, il maggior uso degli IMGT non può compensare la riduzione
degli FFA disponibili per il muscolo, cosicchè il contributo dei carboidrati all’esercizio
aumenta.
A riposo, durante la fase post-assorbimento, il RER è circa 0,82, indicando un più largo
uso di lipidi, che vengono ossidati nell’organismo. Il quoziente respiratorio, RQ, lungo
tutto il muscolo a riposo è anche più basso, dimostrando che il muscolo inattivo usa i
grassi come principale combustibile. Se una persona nello stato di riposo si alimenta
con una dieta ricca di carboidrati, la concentrazione plasmatica di insulina aumenta,
quella degli FFA si riduce, il RER globale aumenta, l’RQ lungo tutto il muscolo a riposo
aumenta e c’è un aumento di lattato rilasciato dal muscolo, sebbene l’organismo sia a
riposo. Nello stato di digiuno prolungato, quando le scorte di carboidrati sono
profondamente ridotte, i livelli plasmatici degli FFA si innalzano e il RER globale si
riduce.
Un incremento dei carboidrati porta a un aumento della propria ossidazione e a una
riduzione dell’ossidazione dei lipidi. Se la concenrtazione plasmatica degli FFA fosse
elevata, si verificherebbe il contrario, cioè promozione dell’ossidazione lipidica e
repressione di quella a carico dei carboidrati. L’uso dei carboidrati e dei grassi durante
l’esercizio segue un andamento simile.
Negli individui ben nutriti, durante l’esercizio, il RER aumenta in proporzione a
un’incrementata attività d’esercizio. Ciò significa che, all’incrementare dell’attività
d’esercizio, il contributo dell’ossidazione dei carboidrati per la formazione di ATP
aumenta, mentre quello dei lipidi diminuisce. Il rilascio di acidi grassi nel sangue, dalle
riserve del tessuto adiposo, aumenta in parallelo con l’intensità d’esercizio, fino al
50% della VO2max, quindi declina gradualmente. Al contrario, il rilascio di glucosio nel
sangue dal fegato aumenta con l’intensità dell’esercizio. L’utilizzo di glicogeno
incrementa esponenzialmente con l’aumentare dell’intensità di esercizio.
Per spiegare l’utilizzo di combustibili durante un esercizio, è stato proposto il concetto
d’intersezione, in termini di bilancio tra carboidrati e grassi. Il punto di intersezione è
relativo all’intensità d’esercizio, nella quale la formazione di ATP deriva più dall’uso dei
carboidrati che da quello dei lipidi.
Esercizi con sviluppo di potenza superiore a questo punto sono sostenuti più
dall’ossidazione dei carboidrati e meno da quella dei lipidi e sempre di più a mano a
mano che ci si allontana.
Una dieta pre-esercizio, come pure la concentrazione di glicogeno muscolare, possono
giocare un ruolo importante nell’utilizzo di combustibile durante un esercizio sub-
massimale. In confronto allo stesso tipo di esercizio eseguito con riserve più basse di
glicogeno, in quello con elevate concentrazioni viene utilizzato più glicogeno e viene
prodotto più lattato. Elevate concentrazioni di glicogeno plasmatico sono associate a
più bassi livelli di FFA. Qualsiasi riduzione nell’uso dei carboidrati durante l’esercizio
viene compensata dall’ossidazione lipidica, poiché l’altro possibile combustibile, le
proteine, forniscono meno del 5% del fabbisogno energetico. Cosi appare evidente che
la relazione reciproca tra ossidazione dei carboidrati e dei lipidi, passando dallo stato
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di riposo allo stato di esercizio, può arrivare al 90% della VO2max. Oltre questa
intensità, l’esercizio si regge esclusivamente sui carboidrati.
A riposo, l’ingestione di carboidrati innalza la glicemia e i livelli di insulina, che non
solo promuove la captazione del glucosio da parte del muscolo scheletrico, del
muscolo cardiaco e del tessuto adiposo, ma è anche un potente inibitore della lipolisi
adipocitaria, portando quindi a un abbassamento della concentrazione plasmatica
degli FFA.
Una dieta arricchita di grassi può alterare il metabolismo durante l’esercizio. È
importante distinguere tra i livelli acuti di elevata concentrazione di FFA, i suoi effetti
sul metabolismo dell’esercizio e prestazione ed effetti che si manifestano dopo 7 o più
giorni di alimentazione ricca di grassi. Una dieta ricca di grassi eseguita per 7 giorni o
più porta a un aumento degli IMGT e a un incremento dell’ossidazione dei lipidi
durante l’esercizio sub-massimale. Durante l’esercizio le concentrazioni plasmatiche
degli FFA e de