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UNA FINE INGLORIOSA
I meccanismi di promozione dell’economia nel quadro del Gosplan si sono rivelati efficaci nelle fasi di
guerra o industrializzazione forzata, fasi in cui il regime politico totalitario godeva di un diffuso consenso
(nonostante le opere di repressione) che garantiva una forte mobilità sociale
In periodi diversi, il Gosplan non ebbe successo la pretesa di prevedere tutte le variabili in gioco si rivelò
irrealistica
In un quadro così rigido si svilupparono sotterfugi (es. soft budget: i direttori delle imprese chiedevano più
rifornimenti del necessario) e comportamenti illegali (es. corruzione) per acquisire maggiori risorse
La fine dell’URSS è caratterizzata da aspetti assurdi (es. i direttori di stabilimento pretendevano il premio di
produzione per aver raggiunto le quantità stabilite, anche se magari la qualità era pessima) e aspetti tragici
(es. gulag e ferreo controllo delle polizie segrete come il KGB)
Si avverava la profezia di Plekhanov che rimproverava a Lenin di voler costruire un impero Inca, non il
socialismo il potere politico determinava i rapporti economici e l’orientamento delle forze produttive
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15 – IL GIAPPONE
Tra la metà dell’800 e la 2GM, il Giappone conobbe un processo di maturazione industriale con l’ingresso
nei principali settori della 2° rivoluzione industriale
Questa rapida modernizzazione socio-economica non era però sufficiente a colmare il gap con USA e
Europa alla vigilia della 2GM solo dopo la 2GM le condizioni economiche del paese consentirono la
crescita di una struttura industriale che permise alla grande impresa giapponese di entrare negli oligopoli
internazionali
Prima della 2GM c’erano comunque imprese che operavano in modo simile alle imprese USA (es.
meccanica pesante, elettromeccanica…), grazie agli zaibatsu e all’intervento dello Stato
Gli zaibatsu erano però diversi dalla grande impresa USA:
GRANDE IMPRESA USA consequenzialità tecnologica che portava alla crescita + coordinamento interno +
precisi rapporti di proprietà tra casa madre e divisioni
ZAIBATSU limitata centralizzazione organizzativa + basso livello di integrazione verticale +
diversificazione attraverso la creazione di nuove controllate, non attraverso crescita interna
L’intervento dello Stato fu particolarmente intenso negli anni fra le guerre, in un clima di nazionalismo
emanazione di norme per il controllo e la regolamentazione dell’attività industriale + creazione di nuove
istituzioni (es. Ministero del commercio e dell’industria)
L’EVOLUZIONE DEI GRUPPI DI IMPRESE: DAGLI ZAIBATSU AI KEIRETSU
Dopo la 2GM gli USA sciolsero gli zaibatsu come misura di “democratizzazione economica”, però le imprese
giapponesi continuarono a operare per gruppi anche se scarsamente legate da vincoli formali keiretsu
•
Keiretsu orizzontali gruppi di imprese operanti in diversi settori e collegate da una rete di
partecipazioni incrociate (es. Mitsubishi, Mitsui, Sumitomo…)
•
Keiretsu verticali gruppi di imprese di uno stesso settore formati da una capogruppo e diverse
società che agivano da fornitori della capogruppo (es. industria automobilistica)
Lo scioglimento degli zaibatsu portò all’eliminazione del controllo incentrato sulle holding finanziarie +
vendita coatta delle azioni detenute dalle famiglie fondatrici affermazione dell’azionariato diffuso
1950 scoppio della guerra di Corea cambiamenti nella politica estera USA attenuazione della
“democratizzazione economica” del Giappone perché il Giappone diventò un bastione dell’occidente in
oriente
Nel 1952 il Giappone recuperò la piena sovranità dopo l’occupazione USA e rovesciò la linea USA, ritenuta
un ostacolo allo sviluppo, e incoraggiò la ricostituzione dei legami orizzontali tra le imprese degli zaibatsu
Nel corso delle operazioni di liquidazione, le azioni non alienate ai piccoli investitori venivano acquistate
dalle house bank che poi le rivendevano alle istituzioni finanziarie e altre imprese
Grazie alle house bank, i gruppi si riorganizzarono tramite incroci di partecipazioni ricostituzione degli
zaibatsu sotto forma di keiretsu orizzontali
Caratteristiche dei keiretsu orizzonali:
•
Struttura proprietaria frazionata: partecipazioni incrociate ricalcavano i legami esistenti tra le
imprese garantendo un azionariato stabile (nessuno poteva prendere decisioni strategiche da solo)
• Integrazione dei gruppi dirigenti
• Relazioni finanziarie e commerciali tra le società
• Società finanziate dalla stessa main bank (che poteva quindi influire sulle decisioni d’investimento)
•
Coordinamento senza controllo centralizzato controllo informale del “club dei presidenti”
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La main bank poteva sostituire i vertici dell’impresa insolvente o trasferire i dipendenti in esubero in altre
imprese; ciò era possibile perché la legislazione giapponese non vietava al creditore di essere anche
azionista
L’obiettivo dei keiretsu orizzontali non era tanto la crescita dei profitti, quanto la stabilità della struttura
decisionale e organizzativa
Teoricamente era l’assemblea dei soci a scegliere i membri del CdA, di fatto però venivano scelti dal CdA
stesso (l’assemblea dei soci si limitava a ratificare la decisione e non aveva una capacità di influenzare la
nomina dei membri) motivo: in Giappone l’opinione diffusa è che l’impresa non è degli azionisti ma è di
tutti i dipendenti, i quali hanno la precedenza nell’esercizio del potere decisionale
L’interdipendenza tra le società garantiva protezione da scalate ostili + autonomia del management nei
confronti degli azionisti
Comunque la concorrenza tra le società appartenenti allo stesso keiretsu era viva + le transazioni interne al
keiretsu non incidevano in maniera eccessiva
IL CASO TOYOTA (GRUPPO VERTICALE)
La Toyota acquistava da altre imprese la maggior parte delle componenti per le auto (strategia buy), grazie
ad una vasta rete di imprese collegate, riunite nell’associazione dei fornitori che faceva capo a Toyota
Le imprese fornitrici erano messe in competizione tra di loro per permettere a Toyota di confrontare costi e
qualità delle diverse offerte NO accordi di lungo termine
Diversamente dagli USA, i maggiori fornitori non erano considerati alla stregua di divisioni specializzate
Essendo Toyota il 2° produttore di automobili al mondo, i fornitori avevano investito molto nella relazione
con Toyota (es. localizzazione delle fabbriche, layout degli impianti…); i fornitori non potevano quindi
permettersi di perdere un cliente così grande e fabbricavano componenti di ottima qualità (si facevano
anche carico del controllo qualità) Toyota riuscì quindi a sviluppare il just-in-time
I fornitori volevano inoltre scalare la gerarchia: c’erano fornitori che producevano su ordinazione con
specifiche fornite dalla Toyota + fornitori con un know-how tale da poter avviare la produzione in proprio
Più in alto si era nella gerarchia, maggiori erano i profitti (maggior valore aggiunto + maggiori volumi); il
maggior successo era quello di non essere più un semplice fornitore ed essere un’impresa autonoma
Volendo scalare la gerarchia, i fornitori dovevano essere efficaci ed efficienti le imprese dei keiretsu
verticali si adattavano agli imprevisti del mercato meglio delle imprese occidentali (le quali erano di
dimensioni maggiori e con una maggior integrazione verticale), grazie alla minor integrazione formale e al
maggior coordinamento
IL RUOLO DELLO STATO
Lo Stato ha avuto un ruolo decisivo nell’incremento della capacità competitiva delle imprese giapponesi,
specialmente nei settori orientati all’export, attraverso il Ministero dell’industria (MITI) che analizzò gli
errori commessi in passato e adottò criteri operativi più selettivi
IL CASO DELL’ACCIAIO
Lo Stato voleva ottenere valuta estera per finanziare la ricostruzione del paese dopo la 2GM e voleva farlo
esportando l’acciaio (prodotto a maggior valore aggiunto rispetto ai prodotti tipici esportati, come i
prodotti tessili); inoltre l’acciaio era fondamentale per la ricostruzione e per lo sviluppo interno era
necessario sviluppare l’industria dell’acciaio
Il MITI divise innanzitutto, a livello di strategie, il mercato interno dal mercato mondiale
Il mercato mondiale veniva visto come un’arena competitiva per l’industria siderurgica giapponese; per il
successo della strategia di esportazione, però, era necessario che il mercato interno fosse strettamente
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regolato e controllato dal governo si voleva rendere il mercato interno un’incubatrice che permettesse
lo sviluppo dell’industria siderurgica e che la mettesse in condizione di operare sul mercato mondiale
Il MITI modificò quindi il quadro economico in base al quale i manager operavano le scelte d’investimento
•
Protezionismo importazioni vietate (avrebbero causato un calo dei prezzi interni e un
sottoutilizzo degli impianti)
•
Sostegno dei prezzi sistema che liberava le imprese dagli effetti delle fluttuazioni economiche
• Permessi di ampliare la capacità produttiva legati ai risultati ottenuti in passato
L’obiettivo del MITI era quello di migliorare la produttività per minimizzare i costi a lungo termine e
conquistare quote di mercato le imprese iniziarono a competere aggiornando i propri impianti per
ottenere il permesso di ampliare la capacità produttiva (l’obiettivo non era più il profitto a breve termine
ma la produttività nel lungo periodo)
Il controllo del MITI sugli investimenti rimase fortissimo fino agli anni ’60 grazie alla politica di sovvenzioni
statali gli investimenti in nuova capacità produttiva dovevano essere pianificati in base all’andamento
della domanda interna e mondiale (tra il 1951-1956 il 72% delle sovvenzioni fu concesso a sole 4 imprese)
Dopo gli anni ’60 il controllo del MITI sugli investimenti si ridusse ma non scomparve il MITI continuava
ad aiutare le imprese a sviluppare un sistema informale di coordinamento degli investimenti (Monday Club,
incontro settimanale tra i manager delle acciaierie e i rappresentanti del Ministero)
In questi incontri il MITI coordinava le scelte su prezzi e investimenti attraverso raccomandazioni non
vincolanti; pur non essendo vincolanti, le raccomandazioni erano l’unica via percorribile perché solo
attraverso investimenti continui in modernizzazioni le imprese potevano mantenere la quota di mercato
Negli