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INTESE RESTRITTIVE DELLA CONCORRENZA
Le intese sono comportamenti concordati fra imprese volti a limitare la propria libertà di azione sul
mercato. In particolare, sono considerati intese: 1. gli accordi fra imprese
2. le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese e
altri organismi similari
3. le pratiche concordate fra imprese
Per intesa si intendono tutti gli accordi fra imprese, che siano o meno giuridicamente vincolanti. Rientra
quindi ogni patto, scritto o orale, tacito o esplicito, giuridicamente vincolante o meno.
Le pratiche concordate descrivono una figura residuale volta ad evitare che sfuggano al divieto di intese
restrittive della concorrenza i comportamenti concertati che non derivano da accordi. Ci sono 3 letture circa
l'interpretazione di pratiche concordate:
1. la pratica concordata va vista nella prospettiva della prova dell'esistenza dell'accordo. E' eclatante
che ci sia un accordo. Questa lettura però non è soddisfacente perché altrimenti pratica concordata =
accordo.
2. si ha una pratica concordata ogni qualvolta si riscontrino allineamenti di comportamento paralleli
non casuali e consapevoli (parallelismo consapevole). Tuttavia, c'è da considerare che in un mercato
oligopolistico, un allineamento consapevole dei comportamenti è fisiologico.
3. la pratica concordata viene intesa non come allineamento di comportamenti vietato in quanto tale,
ma in quanto accompagnato da "pratiche facilitanti" come scambi di informazioni e ogni altro modo
per creare, in modo artificiale, un ambiente favorevole alla collusione tacita.
Le deliberazioni di consorzi, di associazioni di imprese e di altri organismi similari, fanno riferimento ad
allineamenti di comportamento che si realizzano mediante deliberazioni "dall'alto" (es. circolari ABI, ANIA,
ecc)
Non tutte le intese anticoncorrenziali sono vietate. Vietate sono solo le intese che abbiano per oggetto o
per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno
del mercato o in una sua parte rilevante.
Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto. L'autorità, accerta le infrazioni commesse e adotta
i provvedimenti per la rimozione degli effetti anticoncorrenziali già prodottisi e irroga le
sanzioni pecuniarie. Può inoltre concedere esenzioni temporanee purché ricorrano le
condizioni specificate dalla legge.
Sono quindi lecite le intese minori; quelle intese cioè che per la struttura del mercato
interessato, le caratteristiche delle imprese operanti e gli effetti sull'andamento dell'offerta,
non incidono sull'assetto concorrenziale del mercato.
ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
La posizione dominante può essere: • assoluta = quella del monopolista
• relativa
• individuale
• collettiva
• su mercato nazionale
• su una parte rilevante del mercato
Vietato non è il fatto in sé dell'acquisizione di una posizione dominante sul mercato o in una parte rilevante
dello stesso; Vietato è solo lo sfruttamento abusivo di tale posizione dominante, individuale o collettiva,
con comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori, capaci di pregiudicare la concorrenza
effettiva.
Nella valutazione della posizione dominante, un ruolo decisivo gioca l'individuazione merceologica e
geografica del mercato rilevante. L'individuazione dello stesso non è sempre agevole, anche per la
tendenza dell'Autorità a frammentare lo stesso.
I comportamenti tipici che possono dar luogo ad abuso di posizione dominante sono identificati, a titolo
esemplificativo. Ad un'impresa in posizione dominante è vietato:
o imporre direttamente o indirettamente pressi o altre condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose
o impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico a
danno dei consumatori
o applicare nei rapporti commerciali condizioni oggettivamente diverse per prestazioni
equivalenti
o subordinare la conclusione di contratti all'accettazione di prestazioni supplementari che non
abbiano alcuna connessione con l'oggetto del contratto stesso.
Il divieto di abuso di posizione dominante non ammette eccezioni. Accertata l'infrazione, l'autorità
competente ne ordina la cessazione prendendo le misure necessarie. Infligge inoltre sanzioni pecuniarie
identiche a quelle stabilite per le intese e, in caso di reiterata inottemperanza, l'autorità può disporre la
sospensione dell'attività dell'impresa fino a 30 giorni.
LE CONCENTRAZIONI
Le concentrazioni sono operazioni in conseguenza delle quali si riduce il numero degli operatori economici
presenti sul mercato. La legge identifica 3 fattispecie che danno luogo a concentrazione:
• FUSIONI = due o più imprese si fondono dando luogo ad un'unica impresa
• PURA = la terza impresa è la risultante delle prime due: A + B = C
• PER INCORPORAZIONE = una delle due imprese scompare nell'altra
• ACQUISTO DEL CONTROLLO = due o più imprese, pur restando giuridicamente distinte, diventano
un'unica entità economica; sono, cioè, sottoposte ad un controllo unitario che consente di esercitare
un'influenza determinante sull'attività produttiva delle imprese controllate.
• SOCIETARIO = A compra le azioni/partecipazioni di B
• AZIENDALE = A compra l'azienda di B che viene quindi svuotata
• IMPRESA COMUNE = due o più imprese indipendenti costituiscono un'impresa societaria comune.
• CONCENTRATIVA = A e B mettono in una terza società C tutte le loro attività economiche
così che A e B non sono più in concorrenza tra loro ma si concentrano operando in
un'unica impresa comune C.
• COOPERATIVA = A e B costituiscono una terza impresa comune C ma continuano ad
operare singolarmente sul mercato e la terza impresa C servirebbe solo per coordinare
alcuni aspetti del mercato ma per il resto A e B rimangono indipendenti e autonome.
Le concentrazioni non sono di per sé vietate in quanto rispondono all'esigenza di accrescere la
competitività delle imprese. Diventano però illecite e vietate quando diano luogo a gravi alterazioni del
regime concorrenziale del mercato.
Le operazioni di concentrazione che superano determinate soglie di fatturato, a livello nazionale o
comunitario, devono essere preventivamente comunicate all'Autorità italiana o alla Commissione
CE, al fine di valutare se esse comportano la costituzione o il rafforzamento di una posizione
dominante che elimina o riduce in modo sostanziale e durevole la concorrenza sul mercato o in una
parte rilevante di esso.
L'Autorità ha 30 giorni per aprire l'istruttoria, che deve essere conclusa nel termine di 45 giorni.
Questi termini decadenziali decorrono solo dalla comunicazione e possono essere sospesi in caso di
richiesta di integrazione della documentazione.
Terminata l'istruttoria, l'Autorità può vietare la concentrazione se ritiene che la stessa comporta la
costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante con effetti distorsivi per la concorrenza
stabili e durevoli. In alternativa, può autorizzarla prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali
conseguenze
12 - Ditta, marchio, insegna
giovedì 23 marzo 2017
19:55
La ditta, l'insegna e il marchio sono i tre principali segni distintivi dell'imprenditore.
• La ditta contraddistingue la persona dell'imprenditore nell'esercizio dell'attività di impresa (nome
commerciale)
• L'insegna individua i locali in cui l'attività di impresa viene esercitata
• Il marchio individua e distingue i beni o i servizi prodotti
Ditta, insegna e marchio assolvono una funzione comune nell'economia di mercato: favoriscono la
formazione e il mantenimento della clientela in quanto consentono al pubblico e ai consumatori di
distinguere fra i vari operatori economici e di effettuare scelte consapevoli. Sono dei "collettori di clientela"
• L'imprenditore gode di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi. E' tenuto però a
rispettare determinate regole, volte ad evitare inganno e confusione sul mercato: verità, novità e
capacità distintiva.
• L'imprenditore ha diritto all'uso esclusivo dei propri segni distintivi. Si tratta di un diritto non
assoluto, ma relativo e strumentale. Il titolare di un segno distintivo non può impedire che altri
adottino il medesimo segno distintivo quando non vi è pericolo di confusione e di sviamento della
clientela.
• L'imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi. Tuttavia, l'ordinamento tende ad
evitare che la circolazione dei segni distintivi possa trarre in inganno il pubblico.
LA DITTA
La ditta è il nome commerciale dell'imprenditore e lo individua come soggetto di diritto nell'esercizio
dell'attività di impresa. La ditta, dunque, è il segno distintivo:
• dell'imprenditore (ditta in senso soggettivo)
• dell'impresa e/o dell'azienda (ditta in senso oggettivo)
Nella creazione della ditta, occorre rispettare i principi di verità e di novità.
Il principio di verità della ditta ha un contenuto diverso a seconda che si tratti di ditta originaria o di ditta
derivata: • DITTA ORIGINARIA = Formata dall'imprenditore che la utilizza. Essa deve contenere
almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore. Ciò costituisce il "cuore della ditta", ossia
la parte necessaria.
Una volta utilizzato il nome patronimico, questo assume carattere patrimoniale ed è
perciò suscettibile, assieme all'azienda, di proprietà, possesso e trasferimento.
Per il principio di conservazione, in caso di mutamento del cognome, non è necessario
modificare la ditta che contiene quel cognome.
• DITTA DERIVATA = Formata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad
altro imprenditore insieme all'azienda. In tal caso non vi è la necessità di aggiungere
anche il proprio cognome o la propria sigla.
DITTA IRREGOLARE = Si è in presenza di ditta irregolare quando un imprenditore adotta una ditta che non
contiene cognome o sigla.
DITTA DI FATTO (o UFFICIOSA) = Si ha ditta di fatto quando è diversa da quella ufficialmente iscritta.
Per il principio di novità, la ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale
da creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui è esercitata.
• LUOGO = avendo riguardo alla prevedibile espansione territoriale e non solo il luogo dove sono
gli stabilimenti o la sede legale, ma anche il mercato di