Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CONTRADDITORIO IN SENSO FORTE
Altro orientamento ritiene invece che il principio del contraddittorio debba tener conto anche dei
valori dell’uguaglianza sostanziale e dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Il cardine del nuovo orientamento consiste nella convinzione che il contraddittorio si risolva nella
regolamentazione del dialogo, in modo da assicurare reciprocità ed uguaglianza sostanziale non
solo fra le parti, ma anche fra il giudice le parti: il giudice deve far osservare ed osservare lui
stesso il principio del contraddittorio. Pertanto, il giudice, nella fase di trattazione, deve indicare
alle parti le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, mentre, nella
fase di decisione, se ritiene di porre a fondamento della sentenza una questione rilevata d’ufficio
non può emanare la sentenza della terza via. Egli deve riservare la decisione, assegnando alle
parti, appena di nullità, un termine per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla questione.
Nel giudizio di cassazione, se viene rilevata d’ufficio una questione di puro diritto, sarà sufficiente
il deposito di osservazioni scritte.
Se nel giudizio di merito dal rilievo di ufficio emergono fatti nuovi e diversi, si ritiene che la causa
vada rimessa in istruttoria. Solo in questo modo si riesce ad evitare che venga emanata la
sentenza della terza via, cioè pronunciata dal giudice senza aver preventivamente stimolare il
contraddittorio.
Il contraddittorio in senso forte rappresenta lo strumento per la ricerca della verità probabile. Si
tratta di una verità che nessuna mente individuale potrebbe pretendere di ricercare
autonomamente. Il giudice diviene garante di una procedura legata alle tecniche di una ragione
sociale, dialettica e giustificativa. La sua è una ricerca svolta in termini negativi, hai il compito di
selezionare ed eliminare le argomentazioni erronee o scorrette.
IL GIUSTO PROCESSO
L’art 111 Cost stabilisce che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla
legge” e aggiunge che “ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di
parità, davanti un giudice terzo e imparziale” e che “la legge ne assicura la ragionevole durata”.
Stabilisce inoltre che “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”.
Con la riforma costituzionale del 1999 è stato così sussunto a livello costituzionale il concetto di
giusto processo.
Il giudice opera solo nell’ambito del probabile e del ragionevole: la giustizia che egli somministra è
una giustizia relativa. Unico parametro per commisurare la giustizia della sua decisione è
rappresentato dal fatto che egli giunge alla decisione solo all’esito di un determinato
procedimento, un giusto processo. Il richiamo alla giustizia sottolinea che non è sufficiente
l’osservanza formale delle regole processuali, ma occorre recuperare l’aspetto etico e logico del
processo, a cominciare dal comportamento leale delle parti.
L’espressione giusto processo sta ad indicare un fascio di diritti, i diritti giudiziari fondamentali,
che attuano il principio di effettività. Il processo per essere giusto deve poter soddisfare tutta una
serie di regole derivate, ossia i principi regolatori del giusto processo. La costituzione pone in
proposito una riserva di legge, demanda alla fonte legislativa la disciplina del processo e dei
relativi principi regolatori. 34
A)RISERVA DI LEGGE RINFORZATA
La costituzione non si limita a rinviare alla fonte legislativa, ma detta anche indicazioni e limiti
specifici, ovvero le garanzie minime alle quali si deve adeguare il legislatore ordinario e
l’interprete.
- il processo equo deve svolgersi nel contraddittorio fra le parti in condizioni di parità davanti ad
un giudice terzo ed imparziale; giusto è soltanto il processo strutturato su quell’accezione forte
di contraddittorio;
- altro principio regolatore del giusto processo è costituito dalla terzietà ed imparzialità del
giudice, che sono attributi propri del potere del giudice, inteso come funzione;
- la costituzione richiede che tutti i provvedimenti del giudice siano motivati; la decisione
giudiziaria può essere considerata giusta soltanto se costituisce il risultato di un ragionamento
argomentativo condotto secondo le regole e criteri di correttezza che, attraverso la
motivazione, ne permettono la controllabilità e ne garantiscano la ragionevolezza;
- il legislatore, nel disciplinare il processo, deve però assicurarne anche la ragionevole durata,
che deve essere contemperata con i principi del garantismo e dell’effettività; eccezionalmente
per particolari esigenze, il legislatore può differire il contraddittorio ad un momento successivo.
B)RISERVA DI LEGGE RELATIVA
La riserva è assoluta, in quanto il legislatore deve disciplinare direttamente la materia riservata,
senza possibilità di demandare tale compito a fonti di rango secondario.
Tuttavia ciò non comporta che, sotto altro aspetto, la materia riservata sia disciplinata anche,
completamente ed esclusivamente, per legge. Il legislatore costretto spesso lasciare spazi di
discrezionalità al giudice. Una rigida predeterminazione di ogni articolazione della procedura in
alcuni casi finirebbe per comprimere garanzie fondamentali. Per bilanciare gli interessi
contrapposti la riserva di legge assume carattere relativo: è sufficiente che il legislatore
predetermini le sole condizioni o componenti essenziali, rimettendo all’altra fonte la
regolamentazione di dettaglio.
Compito degli operatori giudiziari è quello di privilegiare, fra le diverse interpretazioni possibili di
una norma, quella che sia più idonea a dare attuazione al principio del giusto processo. In questa
ottica, la durata ragionevole del processo viene ormai intesa dalla giurisprudenza come canone
ermeneutico che consente un’interpretazione adeguatrice riguardo quelle norme processuali che
prevedono rallentamenti o tempi lunghi, non giustificate da garanzie difensive nei esigenze di altro
genere.
L’ABUSO DEL PROCESSO
L’abuso del processo è un istituto di origine giurisprudenziale.
Nella prima fase, la nozione di abuso del processo assunto il valore di un contenitore formale
entro cui inserire una serie di fattispecie concrete, sconfinanti nel dolo e nella frode, tutte
connotate da un alto grado di disvalore.
Nella fase più recente, l’elaborazione della figura dell’abuso sembra estendersi e spostarsi anche
alla strumentalità di rimedi processuali. Forme di abuso del processo vengono individuate
nell’impiego del processo, o di un singolo atto processuale, per una funzione diversa da quella
per la quale sono stati preordinati.
Nel nostro sistema giuridico vige un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva.
L’abuso del processo, quale esercizio improprio sul piano funzionale e modale del potere
discrezionale, viene oggi considerato un comportamento che compromette l’efficienza del
processo, nonché il canone fondamentale della razionalità delle norme processuali.
L’esercizio anomalo dello strumento processuale non è però sempre valutato negativamente.
Spetta in primo luogo al legislatore stabilire la conseguenza del comportamento abusivo, in forza
della riserva di legge. Nel nostro ordinamento sono previsti rimedi di ordine disciplinare nei
confronti dell’autore dell’abuso, ma la legge contempla anche alcune sanzioni endoprocessuali.
L’abuso della parte o del difensore può poi consistere nella violazione del dovere di lealtà. In tal
caso, la sanzione va cercata nel riparto delle spese di lite ed eventualmente anche nella
responsabilità aggravata.
Siamo in presenza di un quadro legislativo privo di norme generali e frammentato.
L’ATTO PROCESSUALE E SUA TIPOLOGIA
Lo scopo a cui è destinato l’atto processuale è predeterminato dal legislatore (art 156). Non conta
la volontà degli effetti, ma la semplice volontarietà dell’atto. 35
In linea di massima resta estranea all’atto processuale la tematica dei vizi di volontà e degli
elementi accidentali del negozio giuridico. Tuttavia vi sono atti di parte per i quali non sono
rilevanti taluni vizi. Non mancano poi provvedimenti interessati da elementi accidentali.
LIBERTÀ DI FORME
L’art 121, sotto la rubrica “libertà di forme”, consente il compimento degli atti processuali nella
forma più idonea al raggiungimento dello scopo, salvo che la legge non richiede forme
predeterminate. La libertà di forma è regola generale per tutti gli atti processuali.
In realtà è difficile immaginare atti delle parti o dell’ufficio diversi da quelli tipizzati. Le due norme
sembrano costituire norme di chiusura, consentendo la creazione di atti non nominati. La libertà di
forma si esplica quindi più che altro nell’ambito di quelli tipizzati dal legislatore.
REGOLE GENERALI SULLA FORMA DEGLI ATTI
Prima regola è quella dell’uso della lingua italiana, con eccezione di talune regioni a statuto
speciale.
Altre regole attengono agli atti compiuti in udienza, ossia nel luogo e nel tempo del diretto
contatto tra giudice e parti; nonchè alla pubblicità delle udienze di discussione nel processo di
cognizione.
Il giudice è assistito dal cancelliere che, come notaio, redige processo verbale delle attività svolte
e delle rilevazioni fatte in udienza. Le parti e i difensori possono dettare a verbale le loro deduzioni
orali, se a ciò autorizzati dal giudice.
FORMA-CONTENUTO DELL’ATTO PROCESSUALE
La forma, intesa anche come complesso dei requisiti minimi dell’atto, è collegata al contenuto
dell’atto stesso, in funzione dello scopo cui è destinato. Viene usata l’espressione forma
contenuto, per sottolineare come la forma altro non sia che l’estrinsecazione del contenuto, ossia
della sostanza stessa dell’atto di quel tipo.
L’atto processuale è di regola dotato per legge di un nome e deve assumere, in connessione con
la forma che gli è propria, un determinato contenuto.
PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE
L’art 131 stabilisce, in generale, la legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza,
ordinanza o decreto, ed aggiunge che, in mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati
in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo.
Anche a proposito dei provvedimenti del giudice non sembrano rintracciabili forme diverse da
quelle previste.
La libertà di forma potrebbe ricollegarsi all’ampia gamma di variazioni rimessa all’estro del giudice
e all’ampia discrezionalità del legislatore nel