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LE FORME DELLA LUCE
Sverre Fehn, Padiglione dei paesi nordici alla Biennale di Venezia, 1958
Emerge un grande tetto, con una grande trave, che lega un muro e un pilastro sagomato. La copertura è costituita da una trama di travi sottili (6cm), molto alte (1mt) e molto vicine (50cm), collaboranti, in due versi ortogonali tra loro, che creano una tessitura a griglia. Segue un modulo preciso. Non solleva molto la copertura dal suolo, in modo tale da creare una tensione di incombenza di questa copertura sul suolo, quindi l'altezza è piuttosto compressa, che poi va ad aumentare quando si entra. È possibile in questa copertura praticare delle bucature, essendo tutte le travi collaboranti, per far attraversare il volume da alberi.
Il padiglione ha una forma essenziale, è un rettangolo, delimitato da pochi e primari elementi architettonici, il muro e il tetto, risulta così privo di separazioni tra interno ed esterno. Ha una struttura in calcestruzzo a faccia vista.
Che dà il carattere di omogeneità e compattezza al progetto. La caratteristica essenziale è quella di introdurre gli elementi naturali e la luce. Grazie alle travi alte evicine della copertura replica la luce presente nei paesi nordici poiché impedisce a questa di penetrare in maniera diretta. Il gioco di travi però si allarga alla presenza dell'albero per rispettarnela sua presenza. Il padiglione all'interno presenta uno spazio unitario circoscritto da 4 pareti in particolare due in cemento e due in vetro (apribili) nelle quali è totalmente assente la struttura portante (l'unico pilastro infatti si trova esternamente posto in prossimità di un albero che ne determina la particolare forma rotonda).
Renzo Piano, Fondazione Beyler, Basilea, 1991-1997
La Fondazione Beyeler, nella cittadina di Riehen presso Basilea, è uno dei più importanti musei di arte moderna e contemporanea in Svizzera. Ospitata in un celebre
edificio progettato da Renzo Piano, il museo ospita una collezione, fondata dal gallerista Erns Beyeler (1921-2010). Inaugurata nel 1997, l'espansione progettata da Renzo Piano è un grande edificio a pianta rettangolare segnato da quattro muri disposti longitudinalmente, lunghi 127 metri, realizzati in calcestruzzo armato e rivestiti in porfido rosso, che sostengono un tetto piano semi-trasparente. Il tetto, che Piano definisce "una macchina per l'illuminazione zenitale", include un ingegnoso sistema, composto da una serie di frangisole regolabili in vetro, progettato in modo da controllare l'illuminazione naturale delle sale e filtrare la luce solare diretta. Lavora sulle coperture leggere, ma stratificate, perché è un tetto vetrato che deve essere schermato, per la luce, l'aria. La copertura è lattiginosa, varia la trasparenza nelle ore del giorno, e presenta delle inclinazioni. L'involucro dell'edificio è
Il testo descrive la sede centrale della Caja General de Ahorros a Granada, realizzata da Alberto Campo Baeza. L'edificio è principalmente costituito da grandi finestre che mettono in relazione le opere d'arte e il paesaggio circostante. Questo dialogo è ulteriormente sottolineato dall'aggiunta di un lungo giardino d'inverno che fiancheggia le sale espositive.
Nella pianta si possono notare le campate parallele, che si riflettono anche nelle vasche d'acqua presenti alla fine. Le facciate laterali diventano importanti perché si affacciano sulle vasche d'acqua e contengono vari strati per affrontare i problemi di luce, aria e calore. La struttura è leggera e vetrata longitudinalmente, mentre quella opposta è più chiusa e contiene i servizi e una rampa che scende. Ci sono grandi vetrate nelle testate che si aprono sull'acqua, come se l'edificio volesse continuare.
All'interno, la griglia è formata da setti.
Fonte: Alberto Campo Baeza, Sede centrale della Caja General de Ahorros, Granada, 1992-2001
in cui le pareti hanno uno spessore, è traforato in alto, come effetto a cassettone, ma non sono tutti lacunari, che possono essere aperti o meno a seconda delle condizioni climatiche o della luce odierna. Lavora il quadrato con il principio della L, lo sagoma, in modo che la luce sia orientata. È una scatola di cemento e pietra che intrappola la luce del sole all'interno per servire le funzioni svolte all'interno. Gli elementi principali dell'idea progettuale si sviluppano attorno allo spazio della corte il cui effetto di nucleo centrale è fortemente potenziato dall'impiego della luce che Campo Baeza impiega alla stregua di un vero e proprio elemento costruttivo, rendendola il principale motore del cuore pulsante di tutto l'edificio. È attraverso la luce che lo spazio della corte (sala centrale) prende vita e si configura nel suo ruolo dominante in tutta la struttura. Essa è filtrata da un sistema di lucernari vetrati, che alla fine hannosostituito la grande bucatura prevista nella copertura dal progetto di concorso. La posizione dei lucernari è rivolta a sud, quindi non nella direzione del vuoto della corte, in modo che i raggi si proiettino obliqui, potenziando l'assetto trasversale su cui si assesta tutta la composizione e lasciando volutamente chiuso il quarto sotto modulo di ognuno di questi, in modo che si vengano a creare anche strategiche zone d'ombra. Queste contribuiscono ad accrescere gli effetti della luce proveniente dall'esterno, che, catturata dalle lastre di alabastro che rivestono le pareti interne del blocco a nord, viene amplificata dalla consistenza traslucida del materiale e proiettata verso le superfici vetrate del blocco più grande a sud. Grazie a queste pareti di alabastro la luce filtra, ma non in modo diretto, si viene a creare una condizione di trasparenza. Il contrasto di materiali differenti, il vetro e l'alabastro appunto, entrambi in grado di riflettere e trasmettere.La luce, anche se in maniera differente, è coscientemente voluto per permettere alla luce stessa di divenire parte integrante dell'architettura. Lo stesso motivo giustifica la scelta di lastre in marmo travertino per il pavimento della corte e per il rivestimento della sala conferenze.
Con una spazialità semplice e immediatamente percepibile da chi la percorre, la corte trova nella luce il suo rivestimento più importante e si erge a maestoso centro di tutto l'organismo architettonico; grazie alle sue monumentali colonne e ai materiali preziosi e luminescenti che la decorano rievoca la solennità dei grandi atri dei templi. Gli spazi serventi sono posti agli angoli.
Peter Zumthor, Kunsthaus, Bregenz, 1994-1997
Questo museo d'arte contemporanea è formato da due edifici indipendenti, entrambi molto semplici in volume e in pianta e al contempo concettualmente profondi e estremamente accurati, sia nella scelta dei materiali che nelle soluzioni.
Implementate per ottenere un'ottimale illuminazione naturale. L'edificio principale contiene le sale espositive del museo, una sala lettura, un centro educativo, depositi e locali tecnici ai piani interrati, mentre l'altro edificio ospita gli uffici amministrativi, una caffetteria e un bookshop. Tra i due edifici trova spazio una piazza pensata come collegamento con la città, luogo di ritrovo e cuore pulsante della città.
L'edificio espositivo è una costruzione quasi cubica, composta di sei piani, di cui due seminterrati. Tutti i piani hanno una pianta simile, con tre setti in calcestruzzo armato che formano la struttura portante e separano lo spazio espositivo da quello di circolazione e collegamento. Questo schema strutturale, che libera le facciate da funzioni statiche, ha permesso all'architetto di rivestire interamente l'edificio con pareti traslucide di vetro, in modo da far entrare la luce naturale da ogni lato dell'edificio.
Ai piani superiori la luce naturale trasmessa dal rivestimento semitrasparente viene convogliata nelle sale attraverso un controsoffitto in vetro opalino. Di notte l'effetto si inverte e la luce artificiale viene trasmessa dall'interno verso l'esterno, rendendo il museo un grande oggetto urbano luminoso.
In questo modo, l'edificio, nonostante le notevoli dimensioni ed il pesante corpo interno in calcestruzzo armato, viene smaterializzato e appare quasi incorporeo.
Steven Holl, Museo di arte contemporanea Kiasma, Helsinki, 1998
Chiamato così perché la K "chi" greca è un X, quindi un incrocio ed è su questo che si basa il principio compositivo. C'è una parete piena (nera) che è come se volesse continuare, invece viene mozzata. La luce entra dai due lati. C'è una complessità di rampe e scale. In particolare, in corrispondenza della rampa si crea proprio una galleria, in quanto la rampa si trova fra
due murie la luce piove dall’alto. La copertura è caratterizzata da unghiature, tagliorizzontali e verticali, come se fossero delle scatole spogliate, aperte, deformate, ci sono variemodalità compositive, tutte attuate in funzione della luce, che caratterizza questi spazi. Vediamo insezione una parte caratterizzata principalmente dalla presenza di stanze e l’altra invece dallasospensione di una stanza. Vediamo nella facciata la scocca inclinata e il sistema complesso dellachiusura, con inclinazioni diverse, parti arretrate, elementi pieni e trasparenti, infissi a quote eprofondità diverse. Anche la scocca (copertura) ha una sua trama. Il carattere generale dellestanze, che sono quasi rettangolari con una parete curva, consente uno sfondo silenzioso madrammatico per l'esposizione di arte contemporanea. Queste stanze sono pensate per esseresilenziose, ma non statiche; si differenziano per la loro irregolarità. Il concetto di Kiasma coinvolge
La massa dell'edificio che si intreccia con la geometria della città e del paesaggio che si riflettono nella forma dell'edificio.
Nel Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino, Giuseppe Perugini, Mausoleo delle Fosse Ardeatine, Roma, 1945-1949
Il Mausoleo delle Fosse Ardeatine è un monumento in ricordo delle 385 vittime civili dell'eccidio nazista, avvenuto nel 1944 presso le cave sulla via Ardeatina.
Il monumento viene edificato nel luogo del tragico evento. Il Comune di Roma bandisce un concorso nazionale e vengono selezionati quattro architetti. Il monumento si compone di tre parti in sequenza: le grotte, il percorso e il sacrario. Il percorso collega le grotte, cioè il luogo dove avvenne l'eccidio, al sacrario, che è il luogo della sepoltura.
L'area è circondata da un muro rustico di pietra che forma un piccolo slargo d'ingresso, dove è collocata una cancellata.