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PIL

Efficienza magnetica: è la capacità di nuove tecnologie di

ridurre l’intensità energetica.

I rapporti tecnico-funzionali delle industrie possono essere

divisi in:

Verticali: processi produttivi legati in successione che

- consentono la graduale trasformazione delle materie

prime nel prodotto finito

Laterali: processi produttivi distinti e destinati a

- convergere in un’industria di assemblaggio

Di servizio: ossia l’utilizzo di processi produttivi o di

- servizi organizzarti da altri operatori presenti in una

determinata area.

La fitta rete di industrie può essere suddivisa in base alle

loro attività svolte in:

Industrie estrattive delle materie prime minerarie e

- energetiche considerate anche industrie di base

Industrie manifatturiere in senso stretto che

- trasformano i fattori produttivi in beni di consumo, beni

di consumo durevoli e beni strumentali

Industrie delle costruzioni volte all’edificazione dei

- manufatti

Industrie energetiche dedicate alla trasformazione e

- alla distribuzione delle fonti di energia

L’evoluzione del settore industriale può essere diviso in tre

fasi: La prima rivoluzione industriale iniziata in Inghilterra

- grazie all’invenzione della macchina a vapore da parte

di Watt nel 1783 imprime un rapido sviluppo

all’estrazione del carbone che sostituisce la legna

utilizzata nella metallurgia tradizionale contribuendo alla

diffusione di miniere. Ne beneficia la siderurgia ed il

reparto tessile che, per la scoperta di nuovi telai, finisce

per rafforzare le agglomerazioni industriali già presenti.

Si afferma una nuova organizzazione del lavoro che

sostituisce il modello artigianale preesistente; le nuove

fabbriche richiedono consistenti quantità di

manodopera a bassa qualificazione, si mobilitano flussi

migratori che svuotano le campagne più povere e

cercano opportunità insediative intorno ai centri

industriali dando origine sia al rafforzamento delle città

sia alla nascita delle loro periferie

La seconda rivoluzione industriale che si ebbe alla fine

- del 19° secolo e all’inizio del secolo successivo si ha un

cambiamento delle fonti di rifornimento energetico

favorendo la nascita e la diffusione di nuove industrie

che tendono a localizzarsi in prossimità dei mercati di

consumo e dei porti, snodi fondamentali dei flussi

commerciali delle materie prime e dei prodotti. Con

l’invenzione del motore a scoppio prende l’avvio anche

la produzione automobilistica.

La terza rivoluzione industriale si ebbe negli anni che

- concludono il 20 secolo si caratterizza per un poderoso

impiego di tecnologie che rinnovano tutto il sistema

industriale. Con esse si cambia anche il funzionamento

e la struttura dell’impresa che diventano sempre più

sensibili all’applicazione del know-how nei loro processi

aziendali.

Innovazione: è l’attività scientifica diretta a rinnovare sistemi

e metodi di produzione e progettare strumenti, apparecchi,

macchine, motori, materiali ecc..

Secondo Shumpeter il processo innovativo è il fattore

scatenante della crescita economica e dell’instabilità ciclica

del sistema economico in quanto il trasferimento delle

attività innovative dovrà attraversare quattro fasi:

Prosperità

- Recessione

- Depressione

- Ripresa

-

Le innovazioni possono essere distinte in:

Radicali: fenomeni discontinui che si diffondono nel

- sistema economico con un lungo ciclo

Incrementali: fenomeni continui, diretti al miglioramento

- del prodotto o del processo

Tecnologiche: in grado di incidere trasversalmente

- sull’intera organizzazione economica e sociale.

Per comprendere il ruolo delle innovazioni produttive

possiamo utilizzare lo schema del ciclo di vita dei prodotti

rielaborando l’originale contributo offerto da Raymond

Vernon del 1979 e il conseguente corollario geografico ossia

il processo di diffusione:

Delle quattro fasi che caratterizzano il ciclo di vita del

prodotto (iniziale, di sviluppo, di maturità e obsolescenza)

particolare importanza meritano le prime 3 che si

caratterizzano per la diversa intensità d’uso dei fattori

produttivi. Nello specifico, si può osservare che nella prima

fase richieda elevati input progettuali scientifici e tecnici che

provengono anche da economie esterne all’impresa. In

questa fase di sperimentazione e di continue modifiche e

adattamenti, l’impiego di capitali sarà contenuto poiché

verranno utilizzate strutture esterne all’impresa mediante

contratti a imprese specializzate. La fase di sviluppo

richiede sia grandi capacità manageriali per pianificare e

organizzare la nuova fase produttiva e il conseguente

mercato di vendita sia grandi investimenti per avviare la

produzione. La fase di maturità, ossia la produzione in serie,

si caratterizza per la stabilità della tecnologia e per la

standardizzazione della produzione. Questa fase continua a

richiedere capitali ma puo utilizzare manodopera non

specializzata. Le prime due fasi che vengono promosse

dalle imprese piu dinamiche del segmento produttivo si

sviluppano nei paesi che presentano un piu avanzato

sistema economico ove piu forti sono le interazioni tra le

industrie, strutture di ricerca, istituzioni finanziarie, offerte di

lavoro qualificato e modelli di consumi evoluti. Viceversa,

nella fase di maturità, ossia dell’ampia diffusione del

prodotto che ne anticipa il progressivo declino, la

produzione necessita di abbondante manodopera non

specializzata. Di conseguenza, la strategia aziendale

orienta il decentramento della produzione verso aree e

paesi non ancora industrializzati.

L’impresa innovatrice che intende mantenere il suo

posizionamento nel mercato, dovrà continuamente

accompagnare le fasi che caratterizzano il ciclo di vita del

prodotto con nuovi prodotti: una spirale di innovazione e

produzione che richiede una crescente domanda di beni.

A partire dal 1909 con la teoria economica della

localizzazione elaborata da Weber di avvia una serie di

analisi e interpretazioni sulle logiche della localizzazione

delle industrie in quanto diceva che non solo i flussi di costi

e ricavi erano importanti ma anche l’ubicazione e la

localizzazione dell’industria.

Break Even Point: è, in un diagramma cartesiano, il punto in

cui i costi e i ricavi si eguagliano.

I modelli interpretativi sulla scelta ottimale della

localizzazione industriale che si sviluppano grazie al

contributo del Weber poggiano sulla priorità assegnata ai

seguenti obiettivi:

Minimizzare i costi di trasporto

- Disporre di un ampio bacino di manodopera

- Usufruire di economie esterne

- Incrementare i margini di profitto

-

La minimizzazione dei costi di produzione richiedeva, come

ancora richiede, un’attenta analisi sulle caratteristiche della

produzione e sui fattori necessari e quindi sulla loro

disponibilità e prezzo: si doveva individuare l’incidenza sul

costo totale di ogni singolo fattore e ipotizzare la sua

possibile sostituzione. Si spiega allora per Weber si

concentrava in via prioritaria sul trasporto, elemento

dominante nella prima fase del processo di

industrializzazione, in quanti gli input necessari per la

produzione non seguivano la distribuzione geografica dei

mercati che avrebbero poi assorbito le produzioni industriali.

Pertanto, la scelta del sito industriale doveva consentire la

minimizzazione dei costi di trasporto totale e si dovevano

calcolare i costi di trasporto per ogni trasferimento dei

necessari input e dei relativi output. Era possibile quindi che

a una localizzazione economicamente vantaggiosa sotto il

profilo dell’incidenza del costo di trasporto, potesse essere

sostituita una diversa localizzazione in grado di utilizzare un

maggiore bacino di manodopera.

Tuttavia la presenza di uno o piu impianti industriali

interconnessi poteva costituire un importante fattore di

attrazione per le future localizzazioni in quanto si

configurava come risparmio di agglomerazione (è un

vantaggio economico esterno all’impresa che discende dalle

condizioni favorevoli innescate dal preesistente tessuto

industriale). Infatti, le economie esterne di scala o di

agglomerazione si potevano realizzare grazie all’immediata

disponibilità di infrastrutture quali vie di comunicazioni e

trasporti, acqua ed energia, manodopera e insediamenti.

Nella seconda fase della industrializzazione le economie di

agglomerazione diventano economie di urbanizzazione in

quanto lo sviluppo delle nuove e diverse imprese

manifatturiere privilegia i luoghi di mercato che possono

assorbire la gamma di beni e prodotti. Con lo sviluppo

industriale si assiste a una progressiva perdita di

importanza dei condizionamenti imposti dai costi di

produzione e una constante attenzione alla

massimizzazione delle vendite che orienta verso i potenziali

consumatori privilegiando in modo particolare gli spazi

urbanizzati. Di converso, l’eccessiva concentrazione di

attività e risorse tende a far diminuire le originarie economie

esterne tanto da trasformarle in diseconomie di

agglomerazione e di urbanizzazione. Le imprese industriali

dunque si vedono costrette a invertire la rotta ed in tale

senso si osservano 3 diversi orientamenti:

Decremento produttivo: interessa le imprese di grandi

- dimensioni che decidono la deverticalizzazione del

processo produttivo attraverso la scomposizione dei

suoi segmenti. L’analisi dei costi aziendali che possono

essere sostituiti o soppressi si trasferisce sui cicli di

produzione piu costosi e piu banali che possono essere

gestiti da altre imprese di piccola e media dimensione

anche localizzate in aree geografiche diverse. Queste

aziende forniranno le produzioni necessarie e

segmentate alla grande impresa che dovrà procedere

al successivo assemblaggio

Rilocalizzazione o decentramento territoriale: mosso

- prevalentemente dall’aumento del costo del suolo

urbano e della congestione dei trasporti, spinge le

imprese a abbandonare il precedente sito industriale a

favore di un’ubicazione nelle aree periferiche delle

grandi concentrazioni urbane, la cosiddetta

suburbanizzazione.

Formazione di sistemi industriali periferici: si può

- verificare non soltanto quale conseguenza del processo

di decentramento ma anche come un processo

autonomo di sviluppo determinato dal livello di

interazioni raggiunte dal contesto sociale economico e

territoriale.

Modello just in time: è l’abbandono del processo di

immagazzinamento di ingenti quantità di materiali necessari

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
57 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/02 Geografia economico-politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gio9567 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale o del prof De Vincenzo Domenico.