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Revocazione ordinaria, è ammessa solo per le sentenze non passate in giudicato e può essere
demandata solo nei casi previsti dal numero 4 e 5 dell’art. 395 cpc;
Revocazione straordinaria, è ammessa solo nei confronti di quelle sentenze passate in giudicato,
ovvero tutte quelle sentenze per le quali non è possibile proporre l’appello e negli altri casi previsti
dai numeri 1,2,3 e 6 dell’art.395 cpc.
Il problema sorge in relazione alle sentenze di primo grado. Abbiamo visto che l’art. 106 c-proc-amm
prevede espressamente che sia le sentenze dei TAR che le sentenze del Consiglio di Stato possono essere
impugnate per revocazione. Ci si chiede se sia possibile impugnare le sentenze dei TAR per le quali non sia
scaduto il termine per proporre l’appello. Cioè dottrina e giurisprudenza si chiedono se non sono passati
ancora i 60 giorni dalla pronuncia della sentenza per proporre l’appello avverso la sentenza del TAR è
possibile proporre ricorso per revocazione? Oppure la parte non può proporre ricorso per revocazione ma
deve necessariamente impugnare la sentenza in appello? Prima della previsione normativa dell’art.106
dovrebbe essere ammessa la possibilità di proporre ricorso per revocazione anche qualora non sia scaduto il
termine per l’appello. Ciò perché l’art.106 dovrebbe essere chiaro in quanto al primo comma stabilisce che
le sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione e a nulla rileva che sia ancora
pendente il termine per proporre l’appello. Parte della dottrina e della giurisprudenza del Consiglio di Stato
ritengono che sia possibile proporre autonomamente ricorso per revocazione a prescindere dalla possibilità di
proporre appello. Secondo parte dei tribunali di merito invece ritengono che non sia possibile proporre
ricorso per revocazione quando questi motivi possono essere impugnati in appello, ciò perché questa parte
della giurisprudenza fa leva sull’ art.395 cpc, il quale prevede la possibilità di ricorrere per revocazione solo
quando le sentenze sono state pronunciate in appello o in unico grado. Tuttavia l’art. 106 non sembra fare
questa differenza e pertanto il Consilglio di Stato e i tribunali affermano che si può proporre ricorso per
revocazione anche se non sono scaduti i termini per proporre l’appello. Altra parte della giurisprudenza
invece afferma la tesi contraria facendo leva sull’art. 395 del cpc e quindi preclude il ricorso per revocazione
quando è possibile impugnare la sentenza in appello.
Altro problema riguarda i termini. Il cpc prevede che la revocazione ordinaria può proporsi entro il termine
di 30 giorni dalla notifica della sentenza o entro un anno dalla pubblicazione della stessa. Diverso invece è la
ipotesi della revocazione straordinaria il cui termine di proposizione è di 30 giorni dalla scoperta
dell’evento. Nel codice del processo amministrativo invece, il ricorso per revocazione straordinaria deve
essere notificato entro 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza; viceversa per la revocazione ordinaria
rimangono fermi i termini previsti dal cpc.
A chi spetta la legittimazione attiva della azione di revocazione? Alle parti processuali costituite o non
costituite in giudizio e non a terzi e quindi alle parti alle quali è stato notificato il ricorso. E il ricorso per
revocazione dovrà essere notificato a tutte le parti a cui è stato notificato il ricorso introduttivo (che ha dato
origine alla sentenza impugnata) del giudizio nonché a tutti i soggetti controinteressati. Così si ammette
anche la possibilità del ricorso per revocazione straordinaria delle sentenze del Consiglio di Stato, non è
invece possibile impugnare per revocazione la sentenza della cassazione che ha stabilito la revocazione.
Secondo la giurisprudenza è possibile impugnare anche le ordinanze emanate in sede cautelare, con la
possibilità da parte del giudice di sospendere l’esecuzione dell’ordinanza. Le ordinanze cautelari sono
decisioni che vengono prese per far risolvere danni o pericoli immanenti e pertanto non è possibile attendere
il giudizio ordinario ma è necessario che il giudice si pronunci subito. Quindi la giurisprudenza ammette la
possibilità di impugnare queste ordinanze per revocazione e anche di sospenderne l’esecutività al fine di
evitare il pregiudizio che possa derivarne dalla pronuncia e per far si che si possa sospendere l’esecuzione
dell’ordinanza è necessario individuare il fumus boni iuris ( l’esistenza del diritto fatto valere) e il periculum
in mora (il grado di pregiudizio che potrebbe appunto derivare dal ritardo nel provvedere).
RICORSO PER CASSAZIONE.
Il ricorso per cassazione contro le pronunce del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione è
previsto dall’art. 48 del testo unico del Consiglio di Stato, dall’art. 111 comma 8 della costituzione e dall’art.
36 della legge TAR che è oggi prevista nel cod. proc. amm. agli articoli 91 e 110. Il termine per la
proposizione del ricorso è di 60 giorni dalla notifica della decisione o 6 mesi dalla pubblicazione della
sentenza che non è stata notificata. Quando è possibile proporre ricorso in cassazione per motivi attinenti alla
giurisdizione? La giurisprudenza in tal senso fa una casistica:
- il primo caso è il difetto assoluto di giurisdizione, cioè quando per es. quella giurisdizione appartiene
proprio ad un altro potere dello Stato, ovvero manca la norma attributiva di quella giurisdizione, per
es. alle autoritis;
- il ricorso è proponibile in caso di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo rispetto al
giudice ordinario. Qui bisogna riprendere il discorso del riparto delle competenze, ovvero ciò che
rientra nella competenza del giudice amministrativo e ciò che rientra nella competenza del giudice
ordinario. In un primo momento si faceva leva per distinguere le competenze del giudice amm.
rispetto a quelle del giudice ordinario adottando come criterio la distinzione tra diritti soggettivi e
interessi legittimi. Ciò che rientrava nella violazione di diritto soggettivo (in quanto aveva una tutela
immediata) si faceva rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario, quando invece vi era una
violazione dell’interesse legittimo quale situazione correlata ad un potere della PA e pertanto si
trattasse di un potere male esercitato, la competenza era del giudice ammimistrtivo. Questa
macroripartizione diritti soggettivi-interessi legittimi ha creato una enorme confusione in quanto in
molte ipotesi non si capiva quando si andava a ledere un diritto soggettivo e un interesse legittimo,
così il legislatore mediante un decreto legislativo del 2000 ha deciso di adottare la cd. ripartizione
per materie (per esempio nella materia degli appalti pubblici e dei lavori pubblici , la procedura dell’
affidamento e i bandi di gara sono di competenza del giudice amm; invece la parte relativa alla
esecuzione dei contratti è affidata al giudice ordinario). Tuttavia la individuazione della giurisdizione
del giudice amministrativo non è così facile perché accanto alla sua normale giurisdizione si affianca
la giurisdizione esclusiva del giudice amm. e quella del giudice ordinario. Succede che nelle ipotesi
di giurisdizione esclusiva il giudice amm. oltre a conoscere di interessi legittimi spesso conosce
anche di diritti soggettivi, si tratta di situazioni ibride dove è difficile individuare la distinzione. Il
legislatore ha però pensato di individuare anche per questo tipo di giurisdizione delle materie (es. la
materia degli accordi previsti dalla legge 241/ 1990). Poi abbiamo la giurisdizione del giudice
ordinario che interessa prevalentemente (nel rapporto tra PA e privato) la attività iure privatorum
della PA e cioè quando la PA agisce secondo le norme di diritto privato e adotta gli strumenti di
diritto privato, es. contratti, negozi, transazioni ecc. per esempio se la PA decide di espropriare un
terreno non attraverso la procedura di esproprio prevista dal TU esproprio ma decide di contrattare
con l’altra parte un contratto di compravendita di quel terreno;
- E in caso di difetto di giurisdizione del TAR o del Consiglio di Stato rispetto ad altri giudici
amministrativi, tipo la Corte dei Conti;
- Ulteriore ipotesi è il difetto di giurisdizione dove il giudice amministrativo abbia esplicato un
sindacato di merito su cui invece aveva solo un sindacato di legittimità;
- Ed in caso di difetto di giurisdizione per irregolare composizione del collegio giudicante;
- Un altro caso individuato dalla giurisprudenza ai fini del ricorso in cassazione è quello della cd.
pregiudiziale amministrativa, cioè il problema in questo caso è l’annullamento del provvedimento
amministrativo e il risarcimento del danno. Inizialmente il giudice amministrativo era competente
per l’annullamento del provvedimento amm. , mentre il giudice ordinario era esclusivamente
competente per il risarcimento del danno. Tuttavia con la sentenza della Cassazione del 1999 n.500
si prevede la possibilità di risarcire anche interessi legittimi, e accade che la domanda di risarcimento
del danno non deve essere più proposta dinanzi al giudice ordinario ma può essere proposta dinanzi
al giudice amministrativo che è chiamato a valutare la legittimità o la illegittimità del provvedimento
presupposto impugnato. Inoltre il risarcimento del danno può essere richiesto sia per equivalente sia
in forma specifica. Ma ci si chiedeva se il destinatario del provvedimento fosse tenuto ad impugnare
prima il provv. amm. e poi in seguito alla sua accertata illegittimità potrà chiedere il risarcimento del
danno? Nasce una diatriba forte tra il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione a sezione unite.
Secondo il Consiglio di Stato bisognava prima impugnare il provv. amm. e poi chiedere il
risarcimento del danno, e la argomentazione era che se un provv. amm. non era impugnato ciò
significava che quel provv. fosse legittimo e pertanto la legittimità di un provv. amm. non può
produrre la lesione dell’eventuale danno derivante da lesione dell’interesse legittimo. Però la
Cassazione sostiene, avverso il Consiglio di Stato, che ben potrebbe essere in astratto legittimo un
provv. amm., ma ciò non necessariamente ci conduce a ritenere che quel provv. amm. fosse
illegittimo e non impugnato e non abbia poi prodotto una lesione in concreto dell’interesse legittimo
e che pertanto sia illegittimo nel concreto. Si che si prescinde dalla necessità di impugnare il provv.
amm. presupposto ai fini della richiesta del risarcimento del danno, che può essere richiesto in
maniera autonoma, e ciò perché la non impugnazione di un provv. amm. non è detto che non
determini la lesione de