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Per i beni a

• basso coinvolgimento la scelta del pdv precede la scelta della marca

• mentre per i beni ad alto coinvolgimento (la ricerca di informazioni è una fase molto

consistente, molto spesso avviene su internet ma anche nei pdv ciò implica che l’IDM deve

essere presente nei canali di informazione del consumatore) c’è prima la scelta della marca

e successivamente la scelta del pdv.

Le relazioni di canale

I distributori in passato ricoprivano solo un ruolo logistico rendendo disponibile il prodotto qui ed

ora. Oggi il commercio moderno assume oltre alla funzione primaria logistica quella di mktg

cercando di migliorare le vendite attraverso il potenziamento del servizio commerciale;

gestiscono gli assortimenti, lo spazio espositivo, pricing, comunicazione, garanzia ed assistenza.

Nel corso del tempo si è passati da una visione funzionale di sell-in basato sull’idea di vendere

prodotti alla distribuzione senza preoccuparsi se poi fossero realmente apprezzati dal consumatore

finale (miopia del management che sottintendeva una conflittualità verticale con la distribuzione)

ad una visione di sell-out settoriale in cui il potere crescente della distribuzione ha “costretto”

l’industria ad investire sul trade per essere presente sullo scaffale. Anche quest’ottica è conflittuale

ma cerca di rabbonire la distribuzione pagandola per i servizi ricevuti (volantini, fuori scaffale ecc.).

Oggi invece la visione predominante è quella sistemica, del mktg integrato, dove gli obiettivi della

distribuzione e dell’industria sono condivisi e vengono raggiunti attraverso relazioni armoniche.

Le relazioni di canale sono cambiate:

1. logistiche

• quando erano governate dall’IDM erano solo volte a ridurre i costi operativi. Oggi

oltre alla funzione di centralizzazione (economie di scala) ci sono la riduzione dei

lead time (AxA, AxB, AxC) l’organizzazione dei riassortimenti ottimizzando

carico e scarico con una perdita di controllo dell’IDM

2. commerciali

• Assortimento: la distribuzione sceglie la propria offerta commerciale valutando

1. il trade-off derivante dal rischio di inserimento rinunciando al fatturato di un

prodotto che sarà escluso (per motivi di spazio).

2. La completezza assortimentale (c’è bisogno della pl, del low price, del

premium, della marca e dei multi-size) conquistando così tutti i profili di

consumatori

• Pricing: la distribuzione decide il prezzo al pubblico posizionando il prodotto (o

deposizionando nel caso in cui l’esigenza della distribuzione sia diversa da quella

dell’industria) influenzando così i fatturati e i volumi di vendita dell’industria.

1. Per l’industria il pricing di BP (investimenti sul trade) è separato dal pricing di

LP (investimenti sul consumer)

2. Per la distribuzione il pricing di BP e LP sono intrecciati in quanto sono rivolti

entrambi al consumatore con finalità di creare traffico e fedeltà.

• Promozione: le attività di store promotion per orientare il consumatore hanno

sempre più rilevanza

1. L’industria vuole contenere le promo di prezzo per sostenere la sua

immagine di marca evitando di essere acquistata per il prezzo (cherry-

picking) ma per la fedeltà alla marca

2. La distribuzione vuole effettuare promo per sostenere l’immagine di

convenienza e di servizio

• Merchandising: layout e display influenzano gli acquisti di impulso la leggibilità

degli assortimenti orientando il percorso nel pdv

3. Negoziali: nel corso del tempo è avvenuto il passaggio da contratto di fornitura a contratto

di collaborazione evitando la discriminazione e quindi la conflittualità verticale arrivando al

concetto di differenziazione per cui le condizioni negoziali sono diverse perché i servizi

offerti/ricevuti sono diversi, raggiungendo così una relazione di partnership.

Cadono così i vecchi orientamenti del mktg passando alla concezione del consumer mktg/ trade

mktg. Qual è la strategia più conveniente? Dipende dal contesto

L’industria e la spirale del declino

1. quando aumenta il potere della distribuzione

2. per continuare ad avere una distrib. ponderata alta sono necessari maggiori investimenti in

trade

3. dato che il denaro destinato al mktg è limitato allora conseguentemente diminuiscono gli

investimenti in consumer mktg

4. minori investimenti in ricerca e sviluppo pubblicità ecc.

5. si riduce la brand loyalty

6. si riduce la quota di mercato

7. si riduce il potere dell’industria.

La spirale del declino va collegata con la testimonianza Mutti  investono sul consumer e quindi

sull’innovazione del prodotto e dell’immagine del brand così da invertire la spirale del declino.

In che modo il contesto ambientale influenza i rapporti di canale?

Settore musicale: il driver abilitante è stata la tecnologia

Anni produzione Distribuzione Consumo

1980 Dominio case Pochi canali Consumatore passivo, dovuto

discografiche dalla poca scelta

2000 Gap ridotto tra artisti e Nuovi canali Consumatore attivo, dovuto

case discografiche dalla maggiore possibilità di

(spotify, YouTube ecc.) scelta

Quali sono le variabili ambientali che hanno avuto maggiore impatto?

Territorio e demografia; economia ed impresa; industria e distribuzione; politica e normativa.

L’analisi del settore

l’analisi di settore attraverso il modello S-C-P fa riferimento alla visione settoriale

A seconda della

Struttura che è influenzata dal:

• grado di concentrazione del settore. Minore è la concentrazione maggiori sono i

concorrenti  bassa redditività;

• dalle barriere all’entrata (tecnologiche, di regolamentazione e le economie di scala);

• grado di differenziazione (se c’è un elevato numero di concorrenti ma ognuno di

questi ha differenziato su una nicchia diversa la redditività è comunque alta per

tutti)

Deriva una

Condotta dell’imprenditore: che riguarda le politiche di prezzo, la comunicazione e

l’orientamento al cliente

e quindi una

Performance: in termini di redditività e quota di mercato.

Col tempo questo metodo di studio del settore perde la sua capacità interpretativa poiché non

coglie le interdipendenze tra gli attori della filiera. Il modello S-C-P viene sostituito con il modello

della concorrenza allargata di Porter che segue la visione sistemica.

Questo modello evidenzia l’interdipendenza tra gli attori della filiera. Oggi tale modello richiede una

nuova rivisitazione dovuta dalla convergenza competitiva.

(I fattori che hanno influito al fenomeno della convergenza competitiva sono quelli ambientali:

territorio e demografia; economia e imprese; politica e normativa scienza e tecnologia;)

La convergenza competitiva è il processo tramite il quale i confini tra settori/mercati si confondono

per effetto di comportamenti di imprese che oltrepassano i confini dei settori originari investendo su

innovazioni e quindi nuove offerte che possono dare vita a nuovi mercati.

La convergenza competitiva si manifesta attraverso i prodotti ibridi.(i prodotti nutraceutici sono

prodotti alimentari che garantiscono la diminuzione del rischio di malattie.)

I driver del cambiamento sono stati:

• la domanda è un driver trainante. I consumatori necessitano (e quindi li

preferiscono) di ridurre la complessità acquistando prodotti multifunzione; inoltre

molte aziende arricchiscono i loro prodotti con contenuti nuovi per aumentare

l’esperienzialità ma ciò ne aumenta la sostituibilità con altri prodotti.

• la tecnologia rappresenta un driver abilitante della convergenza competitiva. La

convergenza competitiva se ottenuta da prodotti che offrono lo stesso beneficio

(sfamarsi con integratori) con tecnologie differenti è detta convergenza per

sostituzione mentre se i prodotti sono ottenuti da più tecnologie (smartphone)

allora si parla della convergenza per complementarietà.

• la concorrenza è causa ed effetto della convergenza competitiva

1. causa perché rende sempre più effimeri i vantaggi competitivi (troppi

operatori sul mercato) e allora si creano prodotti che soddisfino più bisogni

(prodotti ibridi) per rigenerare il vantaggio perso

2. effetto perché una volta creati prodotti ibridi questi ampliano la concorrenza

verso imprese che prima non erano considerate concorrenti (in quanto

produttrici di prodotti che non assolvevano alla soddisfazione dello stesso

bisogno)

La concorrenza in questo modo diventa ibrida.

La concorrenza ibrida è una forma di concorrenza non convenzionale che si può sviluppare

• tra imprese provenienti da altri settori che fanno l’ingresso in nuovi business integrando alle

loro originarie competenze nuove capacità. In questo caso la concorrenza ibrida nasce da

una concorrenza cross-industry

• tra imprese che continuano ad operare in altri settori e che rendono sostitutiva la loro

offerta grazie all’innovazione tecnologica. In questo caso la concorrenza ibrida nasce da

una forma di concorrenza inter-industry.

Bisogna allargare quindi l’orizzonte competitivo considerando le imprese che soddisfano bisogni

analoghi con tecnologie differenti. I propri competitor saranno allora l’insieme di imprese (o

raggruppamento competitivo) caratterizzate dall’esigenza di soddisfare gli stessi bisogni del

consumatore.

La concorrenza diretta è quella dove aziende operano con strategie simili rivolgendosi allo stesso

target

La concorrenza allargata sono le imprese che si rivolgono allo stesso target con strategie

diverse. Concorrenti di Vodafone

Concorrenza diretta Concorrenza allargata

Tim Skype

Tre WhatsApp

Wind Facetime

Che Banca Banco posta (online)

Nel nuovo contesto ambientale si deve analizzare la concorrenza secondo una

prospettiva/modello shopper-based per comprendere quali sono i prodotti canali o pdv sostitutivi

nelle percezioni dei consumatori.

Come si manifesta la convergenza nel Retail?

Introduzione terminologica:

GDO (grande distribuzione organizzata) è un’organizzazione o un gruppo che gestisce una serie di

pdv contrassegnati da una o più insegne commerciali

DO (distribuzione organizzata) soggetti imprenditoriali giuridicamente distinti che collaborano

volontariamente.

Gli INDIPENDENTI operano con le modalità della GDO ma non aderiscono ad alcuna catena

distributiva

GD (grande distribuzione) unica impresa o facente parte di un gruppo societario

I canali di vendita sono esercizi commerciali che si differenziano per dimensione assortimento

pricing casse parcheggi ecc.

La somiglianza tra i vari i formati distributivi si valuta attraverso:

• le variabili strutturali (layout, ar

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lupen4 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Retail and channel management e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Bellini Silvia.