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Estratto del documento

L’intelligenza, il temperamento, la creatività del soggetto si intersecano con il sostegno emotivo fornito dalle

relazioni familiari e sociali, con la cultura, gli ideali, i valori della comunità di appartenenza­

L’idea della resilienza collettiva si evince studiando la storia, quella individuale emerge da miti, fiabe, letteratura

che durante i secoli ha come protagonisti eroi ed eroine. Pensiamo a Cenerentola: era orfana di madre, con un padre

pressoché assente, vessata dalla matrigna e dalle sorellastre. Ha il grande vantaggio di avere una figura

significativa di riferimento (la fata madrina) e tanti amici (gli animaletti) ha speranza nella vita e fiducia delle

proprie potenzialità, crede nella possibilità di cambiamento, coglie i segnali che vengono dall’ambiente, sente che

per lei c’è qualcosa che potrebbe essere bello, ha un sogno e con il sostegno di chi le vuol bene progetta e cerca

strategie per raggiungere il sogno, rispetta i limiti (mezzanotte) ma comunque apre una possibilità, lascia (non

perde) la scarpetta. Ci sono tutti gli elementi di un processo di resilienza, in cui nonostante i fattori di rischio, i

fattori protettici riescono a produrre esiti positivi per la costruzione di un percorso di vita felice.

I primi studiosi ad usare il termine resilienza furono alcuni psicologi della Università di Davis in California.

Emme Werner insieme ai suoi collaboratori avviò una ricerca longitudinale di durata trentennale su 698 neonati

delle Hawaii, di questi 201 presentavano una probabilità elevata di sviluppare problemi in quanto accumulavano

diversi fattori di rischio. Alla età di 18 anni i due terzi di questi bambini presentavano difficoltà di apprendimento

e altri disagi. Quello che stupì positivamente i ricercatori è che 72 bambini erano cresciuti adeguatamente, erano

adulti in grado di avviare relazioni stabili, si impegnavano nel lavoro, si prodigavano per gli altri, erano persone

costruttive che coglievano ogni occasione per migliorarsi. Essi presentavano caratteristiche comuni: fare parte di

famiglie poco numerose con figli nati a distanza di tempo l’uno dall’altro, avere ricevuto da persone significative

una accettazione incondizionata, aver saputo dare senso e significato alla vita. Questi 72 ragazzi avevano ricevuto

aiuto dalla rete informale.

Ci sono esistenze “segnate” da eventi traumatici quali può essere la morte di un genitore, spesso accompagnata da

conseguente povertà, quando si era in tenera età. “Segnate” perché sono eventi che non si possono né debbono

cancellare, ma non distrutte. Ma quando ci sono fattori protettivi quali altre figure parentali che ricordano quanti

aspetti positivi aveva la figura scomparsa, e ne fanno comunque un modello, il genitore perduto interiorizzato può

diventare forza, sostegno spirituale e spinta per costruire la propria vita con determinazione, fermezza, allegria,

speranza. Ci sono due tipi di situazioni a rischio che possono compromettere uno sviluppo sano:

Quella che si presenta all’inizio dell’esistenza e caratterizza il contesto della vita

1. Quella che si verifica nel corso dell’infanzia o dell’adolescenza

2.

Le crisi possono essere evolutive e/o accidentali: le prime sono legate in adolescenza ai cambiamenti del corpo, ai

rapporti con la famiglia, all’impegno scolastico, agli innamoramenti, le seconde a eventi in parte imprevedibili quali

delusioni amorose, lutti, malattie, incidenti. Un individuo è sano psicologicamente non perché non ha incontrato

difficoltà nella vita, ma perché le ha incontrate e superate: nessun evento è totalmente positivo o negativo,

negatività e positività gli vengono attribuite da chi lo vive in base alla propria storia.

Tutti gli studi concordano nel considerare la resilienza come una costruzione, un processo che si attua grazie

all’interazione dell’individuo con il suo ambiente di vita. Per ciascuna persona i percorso è diverso, perché sono

diversi i modi, i tempi, i componenti, comunque delle linee comuni possono essere individuate. Ci sono tre filoni di

studio: Pone il focus sull’intreccio di fattori di rischio e fattori protettivi

1. Pone l’accento soprattutto su caratteristiche e competenze personali

2. Evidenzia i percorsi di vita

3.

Ci sono elementi soggettivi che si possono promuovere attraverso attività mirate nella scuola e/o in contesti

educativi ed elementi oggettivi che si possono potenziare accrescendo le competenze educative di insegnanti e

genitori, perché stimolino le risorse dei ragazzi e creino opportunità di crescita.

In presenza di fattori di rischio è notevole l’importanza dei fattori di protezione per lo sviluppo di resilienza negli

individui. Ci si è spesso focalizzati su una eziologia multifattoriale per spiegare l’insorgere di disturbi dello

sviluppo. La stessa prospettiva di multifattorialità è stata utilizzata per comprendere il processo che permette a

bambini anche in situazioni di rischio di evolvere positivamente. E’ stato necessario studiare l’individuo nel

contesto e nella sua storia e soprattutto introdurre il concetto di fattori positivi che agiscono in un processo in cui

sono presenti fattori interni e fattori esterni in interazione. In quest’ottica si è fatta distinzione fra fattori

prossimali e distali, i primi influiscono direttamente sui bambini i secondi non agiscono direttamente ma sono

mediati dai primi.

Gli studi hanno evidenziato che i fattori di rischio non necessariamente provocano disagio quando sono presenti i

fattori di protezione e che un solo fattore di rischio non è sufficiente per un mal adattamento ma sono necessari

più fattori per cui si parla di rischio cumulativo.

Relativamente alla famiglia sono importanti sia variabili strutturali che funzionali: la situazione socioeconomica,

le devianze e le carenze affettive hanno il loro peso nel favorire il disagio. L’assenza del padre rende più difficile

alla madre portare il figlio a seguire norme sociali, soprattutto nell’adolescenza. La rigidità, la coercizione, le

punizioni, numerosi cambiamenti di casa o città, disorganizzazione sono ulteriori elementi che incidono su

comportamenti aggressivi. Una scuola in cui c’è una classe insegnante distaccata, poco disponibile al dialogo,

autoritaria, in cui è presente il fenomeno del bullismo diventa un contesto estremamente negativo. Una comunità

povera, con alta densità di abitanti, elevato tasso di devianza, disoccupazione, mobilità, rilevata spesso in molti

quartieri periferici degradati delle grandi città è fonte di rischio per i più giovani.

Vi sono però i fattori protettivi che agiscono mediante processi che consentono:

La riduzione dell’impatto con la condizione di rischio

1. La riduzione della catena di reazioni negative

2. Lo stabilirsi e il mantenimento di sentimenti di autostima e di efficacia personali

3. L’apertura a nuove opportunità di vita e di incontri

4.

Relativamente all’individuo i fattori di protezione consistono in una buona intelligenza che lo porti a impegnarsi

negli studi, a conseguire buoni risultati, a essere stimato dagli insegnanti e dai compagni; autonomia, senso di

fiducia personale, apertura alla relazioni sociali, capacità di risolvere problemi e prendere decisioni, porsi degli

obbiettivi ed essere in grado di raggiungerli.

In una situazione di disagio un bambino è protetto dalla famiglia quando sperimenta un forte legame affettivo,

unione, quando ha la possibilità di avere relazioni affettive e supportive con parenti, amici, vicinato. La scuola

diventa contesto protettivo quando si respira un clima di collaborazione, solidarietà. Una comunità competente

effettua interventi di promozione del benessere dei giovani con iniziative adeguate favorendo la coesione sociale,

la partecipazione, la solidarietà.

Ci sono modelli relativi alle competenze individuali. L’OMS considera abilità di vita e definisce come skills che è

necessario apprendere per mettersi in relazione con atri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della

vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio emotive può causare l’instaurarsi di comportamenti negativi, a

rischio: tentativi di suicidio, tossicodipendenza, fumo di sigaretta, alcolismo, ecc. Le life skills sono individuate

in pensiero critico, pensiero creativo, decision making, problem solving, autoconsapevolezza, comunicazione

efficace, empatia, capacità di relazioni interpersonali, gestione delle emozioni, gestione dello stress.

La creatività permette di vedere aspetti nuovi della propria esistenza, di cogliere i segnali che vengono

dall’ambiente, di risolvere le tensioni soggettive e gli squilibri per portare a una migliore crescita e

consapevolezza, è anche un modo per colmare le perdite.

Anna Oliverio Ferraris relativamente all’individuo considera importanti due diverse attitudini:

Retroattiva: appartiene a chi vive le persone, l’ambiente come ostili, attribuisce la colpa degli eventi agli

• altri, si sente impotente, non coglie i segnali che vengono dal contesto e non si attrezza a superarli

Proattiva: appartiene a chi considera la realtà con le sue potenzialità e i suoi ostacoli, sa che non tutto

• potrà andare come desidera, ma potrà comunque mettere in atto delle strategie per poter uscire nel miglior

modo possibile da eventi difficili, potrà influenzare il contesto

Alcuni modelli si focalizzano sul percorso di vita di un individuo: un percorso è quello di chi, pur partendo da

condizioni di alto rischio, si sviluppa in maniera sana, un altro è quello di chi in un certo momento della vita

attraversa esperienze traumatiche e poi si riprende, un altro ancora riguarda ragazzi che vivono in una situazione

di forte disagio e che grazie a nuove opportunità e cambiamenti possono avviarsi verso una esistenza positiva.

Le tipologie dei percorsi di vita sono le seguenti:

Ragazzi che sono nati in situazioni di alto rischio e che comunque si sono evoluti in modo positivo

• Ragazzi ad alto rischio che hanno avuto comportamenti devianti e che sono riusciti a cambiare e ad

• avere una vita positiva

Ragazzi che vivono in un contesto deviane e grazie ad un cambiamento di ambiente o a una nuova

• opportunità dimostrano una trasformazione notevole.

Nancy Palmer distingue nel processo di resilienza quattro livelli:

Resilienza caotica: l’individuo vive senza regole, è focalizzato sulla sopravvivenza e sulla sicurezza

1. personale. Vive nel caos, non è in grado di utilizzare le risorse presenti in se stesso e nel suo ambiente, ha

un comportamento distruttivo. Quando un ragazzo viene accolto in una comunità, in una casa­famiglia,

in una famiglia affidataria, viene da una situazione

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
16 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gbanak di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Rossi Cassottana Olga.