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Recupero e Conservazione degli Edifici
Corso di
COSTRUZIONE, USO e MANUTENZIONE
del PALASPORT di GENOVA
Prof. Ing. Agostino Catalano
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL MOLISE
Il Palasport di Genova fu
costruito negli anni ’60 dal
lavoro congiunto di Sironi,
Martinoja, Finzi e Pagani.
Vennero utilizzate soluzioni
per l’epoca avanzate tra
cui l’utilizzo di cemento
armato ma con largo
impiego di elementi prefabbricati come travi secondarie, elementi di
copertura e gradinate con l’ardita tensostruttura centrale.
Il diametro dell’opera è di 160 metri e raggiunge al suo centro un’altezza
di 30 metri. Le fondamenta poggiano sulla roccia a 16 metri di profondità e
la struttura si basa su 47 coppie di pilastri cilindrici di diametro 1 metro
posti ad un interasse di 10m l’uno dall’altro. Su questi pilastri sono
adagiate mensole in cemento armato precompresso che reggono da un lato
la tensostruttura centrale mentre dell’altro le travi radiali del solaio
intermedio che contiene a sua volta una galleria a 1 piani spesso utilizzata
per mostre ed esposizioni.
La parte centrale della copertura è in poliestere traslucido e presenta quindi
una corona di lamiere grecate di alluminio con la parte estrema in ondulati.
La facciata dell’edificio è costituita da doghe di alluminio preverniciate
(novità in Italia all’epoca) e i serramenti sono in alluminio anodizzato con
vetri ed elementi traslucidi. La particolarità
dell’edificio è la
realizzazione della
tensostruttura centrale che
ha diametro di 70 metri.
Questa è costituita da 48
funi inferiori e 144
superiori sulle quali sono
direttamente appoggiati i
tegoloni di poliestere della
copertura. Le funi inferiori sono tese dall’esterno dell’anello in calcestruzzo
e il corpo centrale è realizzato in tubi tra loro saldati collegati da piatti che
costituiscono l’anello superiore e inferiore.
Per risolvere il problema della dilatazione termica del “canestro
iperboloide” centrale la struttura è sospesa sopra alle mensole mediante
pendoli in acciaio che consentono una sola libertà in senso radiale. Per
aumentare poi la resistenza al vento e per evitare fenomeni di risonanza si
sono pre-tese le funi in modo che il periodo di vibrazione fosse intorno al
decimo di secondo. Le funi sono state zincate dopo la messa in opera e il
rivestimento esterno è realizzato in piatti a loro volta zincati.
Il contratto di costruzione per il Palazzetto fu stipulato nel ’61 e affidava la
realizzazione ad una ditta milanese che avrebbe dovuto terminare i lavori
nel ’62 anche se così non fu e a seguito di una proroga questi terminarono
nel ’63.
I documenti della gara d’appalto lasciavano poca fantasia agli esecutori ed
erano molto dettagliati soprattutto per quanto riguardava i criteri di cernita
dei materiali, il controllo della qualità, le modalità di confezionamento,
posa in opera, esecuzione ed anche gli espedienti per garantire una
maggiore durabilità alla struttura. Era inoltre prescritto l’impiego di
“cemento 680 nella dosatura di Kg. 350 per ogni mc. Di miscuglio secco.
La resistenza a 28 giorni di maturazione non doveva essere inferiore a
450Kg/cmq per i calcestruzzi confezionati con Kg. 350 di cemento 680 e
di 250 Kg/cmq per quelli confezionati con Kg 350 di cemento 500.”.
Inoltre le armature dovevano essere di “acciaio ad aderenza incrementata
con carico minimo di snervamento di 4400 Kg/cmq e carico di rottura
minimo di 6000Kg/cmq. Altre prescrizioni prevedevano un copriferro di
3,50 cm almeno, la qualità degli inerti e l’acqua di impasto. Il
conglomerato cementizio doveva poi essere confezionato con cemento
pozzolanico e vibrato ed inoltre i cementi armati a vista dovevano essere
realizzati con sistemi tradizionali e cassaforme normali piallate. Per i
cementi armati prefabbricati si prescriveva che venissero impiegati
calcestruzzi di classe 350/680 e acciaio ad aderenza migliorata in casseri
metallici per evitare sbavature di calcestruzzi. Il collaudo fu eseguito dal
Prof. Baldacci dell’università genovese che partì dal contorno superiore del
canestro centrale, dai mensoloni portanti la tensostruttura e dalla trave
secondaria del solaio a 10,65 metri di quota: l’esito fu positivo per buona
qualità dei materiali e soprattutto per alto valore del modulo di elasticità
del calcestruzzo. Il collaudo di tutta la struttura fu affidato all’arch. Sibilla
che però pose un veto al collaudo del collega poiché “il tipo di copertura
richiederebbe un giunto mobile in sostituzione dell’attuale rigido in
corrispondenza dell’innesto dei pluviali. La soluzione si è rivelata nel tempo
non rispondente in quanto il mastice di congiunzione soggetto a
sollecitazioni dovute alla vibrazione della copertura tende a fessurarsi
dando luogo a stillicidio”.
Dalla sua costruzione in poi il lavoro dell’Ente Fiera si concentrerà sulle
frequenti, continue e assidue manutenzioni sull’opera che vedrà una sola