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DISPENSA PAG. 10: ENEIDE, LIBRO VI
Prima di scendere nell’Aldilà, Enea incontra la Sibilla che gli dice che deve staccare
un ramo d’oro da un albero che si trova nel bosco che circonda l’Inferno, e lo deve
portare a Proserpina. Enea riuscirà a staccare il ramo solo se lo vogliono gli dei.
Staccato il primo ramo ne uscì subito un altro..
Da qui Dante riprende la scena del giunco, e riprende anche il verbo avulso
(strappare) che lui rende avelse (v.134).
Tuttavia il ramo d’oro di Virgilio non rappresenta l’umiltà ma è una prova per vedere
nell’Aldilà. Mentre in Dante non è una prova, è un
se gli dei vogliono che lui scenda
rito preparatorio che va fatto. –
DISPENSA PAG. 17: DANTE DE VOLGARI ELOQUENZA
Qui Dante spiega il suo concetto di poesia. Dice che i grandi poeti sono quelli antichi
mentre i moderni sono dei rimatori. Tuttavia anche loro possono diventare poeti.
La poesia è “un’invenzione elaborata secondo retorica e musica”, definizione già
esistente che lui riprende.
Quindi la poesia è composta da 3 elementi: fictio, ovvero finzione dato che
di cose inventate; retorica, cioè l’arte del dire, saper
solitamente la poesia parla
scrivere; e musica, ovvero la metrica, il saper disporre il discorso nei versi usando le
rime.
La fictio è il contenuto, l’argomento formale, mentre la retorica e la musica sono
elementi formali.
Gli scrittori volgari si differenziano dagli antichi perché questi hanno composto
usando la retorica e la musica secondo precise regole e leggi, mentre i poeti moderni
la compongono a caso.
Alla fine, dice che chi vuole fare poetica deve studiare i poeti antichi (usa la metafora
del bere la fonte sull’Elicone, il monte delle Muse), poi la sua scrittura deve essere
elaborata sulla retorica e la metrica.
I tre elementi che rendono un poeta tale sono: l’ingegno, ovvero l’ispirazione da cui
l’assiduità nell’arte, studio assiduo della retorica e musica; la
ha origine la fictio;
dottrina, la conoscenza della dottrina. che pensavo che basti l’ingegno
Poi polemizza con i poeti suoi contemporanei e sono
privi dell’arte dello scrivere prosa e poesia, e sono immuni di conoscenza.
DISPENSA PAG. 27: INFERNO XXVI
Siamo nel cerchi dei fraudolenti (ovvero frode fatta da persone che danno consigli
cattivi per proprio interesse), puniti da una lingua di fuoco che li avvolge (così come
in vita hanno usato la lingua per ferire).
Qui Dante vuole parlare con Ulisse per chiedergli come morì, dato che secondo
alcune versioni lui non era tornato in patria, come invece diceva Omero. È Virgilio a
parlare con lui, dato che p un grande antico come lui. Inoltre, nell’Eneide Virgilio ha
parlato molto di Ulisse. Per parlare con lui, Virgilio usa la captatio benevolentiae.
Ulisse inizia a raccontare da quando lasciò Circe
per conoscere il mondo, dice che l’uomo deve
Ulisse sacrificò gli affetti familiari
seguire la virtù e la conoscenza, che l’uomo raggiunge attraverso l’uso della ragione
che ci distingue dagli animali.
Secondo alcuni critici questo è un è un consiglio fraudolento, perché all’apparenza
utile ma poi li porta alla morte. Ulisse non pensa ai compagni ma solo a soddisfare il
suo desiderio. Dante non condivide queste parole.
Questo passo è richiamato nel I canto del Purgatorio. Anche Dante è un navigatore
con la sua navicella che si prepara ad andare nel Purgatorio. Un altro richiamo è negli
ultimi versi del Purgatorio al I canto, dove dice che nessuno è riuscito ad arrivare alla
spiaggia del Purgatorio ma poi non ha saputo tornare indietro, e costui è Ulisse che
qui dice di essere arrivato in un luogo senza gente. Ma lui è un pagano e non sapeva
di essere arrivato lì, quindi non riesce ad arrivarci, naufragando, differenza di Dante
che poi giunge fino al Paradiso.
L’esperto qui è Ulisse, nel I canto del Purgatorio Dante dice l’esperto e lui stesso si
definisce così. Quindi Dante richiama il canto di Ulisse anche con questa parola.
Inoltre nell’Inferno esperto (v. 98) rima con diserto, così come accade nel Purgatorio
(V. 130-133). com’altrui piacque
Viene ripreso anche (V. 133): nel Purgatorio è Catone mentre
nell’Inferno sono gli dei.
DANTE/ULISSE: Ulisse non è riuscito ad arrivare al Purgatorio perché gli dei non
hanno voluto, mentre Dante si ed è pure tornato indietro a casa.
Dante è un anti Ulisse, anche se mancò per poco di fare la sua stessa fine a causa
della follia. Ulisse ha peccato di superbia, di orgoglio umano, ha pensato che senza
l’aiuto divino poteva arrivare ovunque grazie alla ragione.
Quindi il suo viaggio, reale e metaforico, era destinato al fallimento. Anche il suo
di conoscenza, di scoperta. All’inizio del II canto dell’Inferno,
viaggio era un viaggio
Dante chiede a Virgilio se le sue capacità sono all’altezza di questo alto passo,
Quindi il viaggio nell’Aldilà è un alto passo che solo dei
ovvero il difficile cammino.
privilegiati possono fare. E qui, Ulisse definisce il suo viaggio un alto passo.
Si crea un rapporto tra i loro due viaggi, ma di opposizione perché Dante è cosciente
dei suoi limiti mentre Ulisse no, li sfida e va dove l’uomo da solo non può andare.
La navicella di Dante si contrappone alla superba nave di Ulisse.
Inoltre essendo guidata da Virgilio il suo viaggio è illuminato, guidato dall’alto,
quindi è destinato al successo.
Ulisse è quindi un esempio negativo, così come altri incontrati che servono a Dante
da insegnamento, efficace in quanto vengono da esempi veri, da azioni fatte da
uomini.
Ulisse è un pezzo di Dante, come lui pecca di superbia in quanto uomo di ingegno.
Ma Dante vedendo la fine di Ulisse ne ricava l’insegnamento che oltre un certo limite
non si va.
FOLLIA: nel I canto del Purgatorio, Virgilio dice a Catone che Dante fu quasi vicino
alla morte a causa della sua follia. Anche Ulisse definisce il suo viaggio folle volo,
quindi un viaggio non sapiente. Dice ai compagni di usare al ragione ma lui è il primo
a non farlo. Virgilio, invece, è la ragione consapevole dei suoi limiti e che sa che nel
Purgatorio si entra con l’umiltà. Quindi folle è chi usa troppo la ragione.
Ma anche Dante è stato folle come Ulisse in un certo periodo della sua vita, ovvero
ha peccato di orgoglio intellettuale, ma solo un attimo prima. Per questo Dante non
giudica i condannati perché rivede nei loro errori.
Lo smarrimento nella selva fu dovuto a questa follia. Vuole sapere la fine di Ulisse
perché si rivede in lui.
Il canto di Ulisse fa da sottofondo a tutto il I canto del Purgatorio.
Nel II canto del Purgatorio viene spiegato che per arrivare nel Purgatorio bisogna
usare una nave, come Ulisse, ma questa è una nave guidata da un angelo, ovvero Dio,
e sono ammessi coloro che si sono pentiti.
LIBERTA’: i versi sulla libertà di Catone possono avere un significato diverso da
quello che intende Dante. –
DISPENSA PAG. 33: FOSCOLO ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
Nell’edizione del 1816 sono messi all’inizio questi due versi di Dante come se
fossero un’epigrafe ………………… ovviamente Foscolo li attualizza ed è una
libertà politica: Jacopo è Catone, mentre Napoleone è Cesare. Quindi è una lettura
estranea a quella di Dante. Catone viene citato nuovamente nel testo, in cui si parla di
un episodio della sua vita raccontato da Plutarco, in cui si parla nuovamente del suo
suicidio, che percorre tutto l’Ortis dato che davanti a questo episodio storico a
Foscolo viene in ente Catone, il martire della libertà politica. Successivamente
l’amico di che raccoglie le sue lettere dice che dopo la morte dell’amico,
Jacopo un quadretto (quello posto all’inizio) e mette come iscrizione
Teresa gli dipinse
questa frase di Dante, poi lo mandò alla madre di Jacopo. Teresa scrisse solo il primo
verso e la madre lo continua. Qui c’è una visione politica che in Dante non c’è, si
suicida perché vede i suoi ideali politi distrutti.
II CANTO
Il I e II canto sono introduttivi (così come nell’Inferno) e solo nel III canto si entra
davvero nel Purgatorio. per indicare l’ora.
Il II canto si apre con una complessa perifrasi astronomica
Essa ha la funzione di mostrare la struttura perfettamente ordinata del cosmo, in cui
Dante scorge la mano di Dio.
Inoltre nel Purgatorio ci sono queste perifrasi perché è l’unico regno in cui c’è lo
scorrere del tempo (nell’Inferno non c’è tempo perché è un luogo distaccato dal
mondo e da lì non si uscirà mai, così come nel Paradiso in cui chi si trova lì non
uscirà mai), in quanto ci si soggiorna per un tempo e poi si va avanti, quindi il tempo
è la cosa più importante, e la perdita di tempo indica un ritardo nella purificazione.
Questa perifrasi (lunga 12 versi) indica che sono le 6:30 del mattino.
raggiunto dalla luce del sole quasi di sorpresa (all’alba), Marte
V.13-18: Ecco come
rosseggia attraverso gli spessi vapori giù ad ovest sulla superficie del mare. Allo
stesso modo mi appare una luce venire sul mare così velocemente che nessun volo
equivale al suo movimento.
Prima viene citato Venere nel canto precedente (l’ultima stella prima del sorgere del
sole), ora il sole è già sorto e si vede Marte. Il colore rosso è provocato dai vapori
dell’acqua che creano questa colorazione. Dante precisa ad occidente perché ad
oriente c’è il sole.
Verso 17: ratto è un avverbio, significa rapidamente.
ci sono gli infiniti sostantivati che sono l’uso tipico della lingua antica (ora
Verso 18:
si usano di meno). Sono volare (che significa volo) e muovere (che significa
movimento). Volare è il soggetto della consecutiva.
s’io ancor lo veggia
Verso 16: è un inciso di carattere augurativo rivolto a se stesso,
ovvero dante spera di veder ancora questa scena quando sarà morto. Questo vorrebbe
dire che è destinato al Purgatorio e quindi alla salvezza.
Appena io ebbi un poco distolto l’occhio da lui
V.19-34: per chiedere alla mia guida
che cosa fosse, lo rividi diventato più splendente e grande. Poi d’ogni lato mi apparì
un qualcosa di bianco che non sapevo cosa fosse e di sotto a poco a poco uscì un
altro. La mia guida ancora non parlava finché i primi bianchi che io