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FONDAMENTI METODOLOGICI DELLA PSICOPATOLOGIA FORENSE

Competenza clinica: essa deve avere un momento valutativo poiché senza di esso e senza delle condizioni mentali, non avrebbe senso.

Finalità e articolazione del lavoro peritale: si deve seguire un binario, non si deve fare un discorso su tutti i fronti, ma un discorso che abbia la finalità di raggiungere delle conclusioni, con diversi passaggi, rispetto a ciò che ci viene chiesto dal tribunale.

La finalità è quella di rispondere alle domande relative ad un soggetto che ci vengono poste. Nel caso in cui ci venga chiesta una valutazione anche della pericolosità sociale del soggetto e di conseguenza quale possa essere il migliore trattamento, ciò che possiamo fare è dare un’indicazione di tale trattamento, ma non è nostro compito occuparcene (l’estremo è la permanenza obbligata nelle REMS).

Modalità e norme relative all’incarico peritale: si

devono aver ben presenti le norme su cui si deve basare il lavoro peritale, come:
  • il segreto sulle operazioni peritali che si stanno facendo;
  • si devono avere tutte le autorizzazioni del giudice, senza le quali non si può operare (ad esempio avere a disposizione le cartelle cliniche del soggetto e le passate perizie);
  • il pagamento per la perizia fatta deve essere fatto entro un certo periodo di tempo, ossia 100 giorni, passato il quale non si viene pagati;
  • quando ci viene affidata una perizia il giudice ci indica l'inizio delle azioni peritali ed è importante averlo in mente perché lo si deve comunicare a tutte le figure che devono essere presenti nell'azione peritale, in quanto questa ha implicazioni tecniche;
  • la consegna della perizia entro i termini stabiliti è essenziale.

Struttura e contenuto dell'elaborato peritale: c'è una formulazione scritta prestabilita, ovvero c'è un ordine che parte

dall'inquadramento di fatti su cui si scrive sulla documentazione, c'è la parte diagnostica dove si scrivono tutte le cose rilevate che ci hanno portato alla diagnosi e c'è un'ultima parte che comprende la valutazione e la conclusione forense e l'uso dei dati che abbiamo rilevato. Tutto questo dipende dalla premessa, data dall'incarico che ci viene dato. Colloquio clinico ed il contesto peritale. - Accertamenti diagnostici: un grande aspetto relativo a ciò, è un preliminare necessario, anche un'esclusione di diagnosi nel caso, mentre accertamenti diagnostici ulteriori consistono nella fase psicodiagnostica, con la somministrazione di test. La scelta eventuale del test dev'essere ponderata e deve corrispondere a due elementi: - dev'essere adeguato rispetto alla valutazione che si sta facendo e quindi dev'essere idoneo al tipo di situazione, in relazione ai problemi clinici che si vanno ad affrontare; - devono

essere somministrati test che si sanno utilizzare, di cui si è competenti e se così non fosse e si ritiene assolutamente necessario utilizzare quel determinato test, allora ci si avvale della collaborazione di un esperto di tale test.

Simulazione e la dissimulazione del sintomo psichiatrico: questo è un problema che, nei contesti clinici puri, non si pone perché è il soggetto stesso che viene a chiedere aiuto. Si pone, invece, nei contesti forensi, che devono sempre esplorare l'eventualità di simulazione o di dissimulazione dei sintomi psichiatrici, svelandola attraverso i test.

La simulazione o la dissimulazione potrebbero avvenire perché il soggetto cerca di avere dei vantaggi tramite quei meccanismi: il problema reale è più quello della dissimulazione, quindi, nascondere le vere caratteristiche del disturbo e c'è un unico grande ambito dove prevale la simulazione (non è quello relativo all'imputabilità).

ovvero quando ci chiedono di fare le valutazioni sullacompatibilità dello stato detentivo (ci viene chiesto di fare una valutazionedicendo se i soggetti possano o meno stare in carcere).I soggetti possono quindi simulare sintomi o patologie e, in particolare, si puòsimulare un disturbo depressivo maggiore perché è il più facile da accentuare(non la psicosi come spesso si crede: i soggetti dicono di avere visioni eallucinazioni visive). Il fenomeno simulatorio è più un fenomeno di scuola cheuna condizione di simulazione vera e propria, a volte spesso associata anche apseudo-culture (come la mafia, dove il simulare fa parte della cultura).Il disturbo fittizio si differenzia dalla simulazione, in quanto il soggetto palesadei sintomi medici per avere attenzione da parte di terzi (ad esempio medici) eci sono soggetti che palesano questi sintomi inconsapevolmente e nondirettamente, ma in compenso commettono reati (ad esempiofiglicidio, infettano le flebo). Viene seguito un iter concettuale di gravità decrescente: psicosi – gravi disturbi della personalità – tratti della personalità – simulazione, dissimulazione. Valutare la personalità, nel processo penale, è in relazione al rispondere al quesito che ci pone il magistrato, ovvero se sia presente o meno un vizio di mente. Ogni disturbo è stato descritto e valutato: sia per il suo profilo vittimologico sia per il suo profilo criminologico e quest’ultimo, a sua volta, può essere visto analizzato su due versanti: quello del rischio di violenza o quello dell’imputabilità dei relativi soggetti. Quanto più capiamo, leggiamo, comprendiamo i pazienti, tanto più potremo essere loro d’aiuto e a noi stessi nell’affrontare tali situazioni, anche sul versante forense chiaramente (ciò che facciamo, utilizzando le conoscenze acquisite, non vuole assolutamente

essere un lavoro di etichettamento di questi soggetti).

IL COLLOQUIO DIAGNOSTICO

Solitamente i colloqui devono avere una matrice teorica, una tecnica, teoria di riferimento, importante perché una volta imparata una tecnica, agisco automaticamente, ma all'inizio si devono avere ben chiari quali siano le strumentazioni e i meccanismi necessari: si parla di garanzia metodologica che si deve assicurare ad ogni nostro interlocutore, ovvero il fatto che stiamo agendo seguendo un metodo scientifico sancito dalla letteratura. Ad esempio la teoria descrittiva del DSM-5 non dev'essere esclusiva, ma è importante e interessante per esplorare quelli che sono gli eventuali aspetti sintomatologici: chiaramente più la letteratura di riferimento è universalmente conosciuta, più è facile per noi essere compresi dai nostri interlocutori, nel momento in cui esponiamo le nostre conclusioni diagnostiche. Il metodo prevede inoltre che noi attuiamo tutto ciò.

che viene disposto dal giudice e che sono da lui autorizzate: quali autorizzazioni dobbiamo avere per procedere? Sono date dalla possibilità di esaminare gli atti relativi alla situazione di cui ci stiamo occupando, di leggere la documentazione clinica relativa al soggetto in questione (senza queste prime due si ha un limite metodologico) e di attuare una valutazione obiettiva attraverso un colloquio con il soggetto che dobbiamo esaminare.
Il modello descrittivo deve accompagnarsi, per lo psicologo clinico, ad un modello teorico complementare, che può essere psicodinamico, cognitivista, sistemico-relazionale, junghiano, comunque un modello che a quel punto non si limiti a descrivere ma che aiuti anche a fare delle ipotesi sul funzionamento mentale della persona che si ha di fronte.
Il colloquio forense (momento principe delle valutazioni forensi) è da fare sempre vis a vis e richiede quindi un’interazione diretta: andrebbe fatto con un tavolo, un qualcosa che crei una

distanza fisica con il paziente, perché anche questa distanza segnata da qualcosa di fisico aiuta il paziente a capire indirettamente ciò che è il nostro ruolo rispetto a lui.

Il colloquio forense ha come presupposto la chiarezza sul nostro compito, quindi anche a costo di metterci in difficoltà nella relazione, spieghiamo chi siamo e qual è il mandato che abbiamo: confronto aperto tra noi, lui e ciò che si sta facendo e dichiarazioni delle finalità che abbiamo.

Grande differenza con il setting clinico, in cui si accomoda gentilmente il paziente, come nell'ambito forense, ma gli si fa poi la cosiddetta domanda d'apertura, una domanda insatura in cui si invita il paziente a raccontarci di lui.

Un colloquio descrittivo orientato a cogliere i sintomi, i tratti disfunzionali della personalità, nell'idea di poterli descrivere (il descrittivo, nel piano forense, è fondamentale).

Descrivere vuol dire mettere davanti all'interlocutore,

non è un elemento che possiamo permetterci di sprecare. Il clinico forense deve essere in grado di ottenere tutte le informazioni necessarie nel minor tempo possibile, in modo da poter formulare una diagnosi accurata e completa. Durante il colloquio, il clinico forense deve porre domande specifiche e mirate, al fine di raccogliere informazioni dettagliate sul paziente e sulla sua storia clinica. È importante che il paziente si senta ascoltato e compreso, in modo da poter instaurare un rapporto di fiducia reciproca. Una volta ottenute tutte le informazioni necessarie, il clinico forense può procedere con la formulazione della diagnosi. Questo processo richiede una valutazione approfondita dei sintomi e dei segni presenti nel paziente, nonché una valutazione delle possibili cause del disturbo. La diagnosi non deve limitarsi alla semplice descrizione dei sintomi, ma deve anche tener conto dei fattori psicologici, sociali e ambientali che possono influenzare la condizione del paziente. Solo attraverso una diagnosi accurata è possibile pianificare un trattamento adeguato e personalizzato per il paziente. Infine, il clinico forense deve offrire speranza al paziente, fornendo supporto emotivo e incoraggiamento nel percorso di guarigione. Ogni disturbo ha le sue specificità e richiede strategie terapeutiche diverse, che devono essere adattate alle esigenze individuali del paziente. In conclusione, il clinico forense svolge un ruolo fondamentale nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi, offrendo conoscenza, supporto e speranza al paziente.

è precostituito, limitato, nel quale dobbiamo farci stare tutto: abbiamo quindi bisogno di fare chiarezza in un tempo limitato e allora non possiamo permettere che il paziente parli senza capire bene cosa voglia dire (altra differenza con le sedute terapeutiche, nelle quali ci possono essere dei momenti in cui il paziente si esprime senza che il terapeuta capisca del tutto ciò che vuole dire).

I colloqui forensi, nel loro direzionamento, hanno sempre un focus, il quale può avvenire anche nel secondo o nel terzo colloquio, non necessariamente nel primo: ad esempio, per quanto riguarda la capacità genitoriali, il focus è quale rappresentazione mentale, e conseguente rappresentazione a parole, il paziente ha dei bisogni del bambino.

Un altro esempio è in caso di gesto violento, omicidio, non c’è perizia sull’omicidio se non si arriva a parlare del fatto e mentre alcune persone vogliono

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
80 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Intro1994 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica forense e criminologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Freilone Franco.