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IMPLICANZE PSICOLOGICHE
Ascolto Esistere come individuo
Riscontro Sentire di fare
Partecipazione Esistere come membro
di un gruppo
Figura 3: I Bisogni Relazionali, osservabili comportamentalmente, sono collegabili a esigenze di tipo
intrapsichico. 41
IL DIAGRAMMA DI MCKENNA, APPLICATO ALLA “ECONOMIA
DEI FEEDBACK”
Il diagramma di McKenna è uno strumento per diagnosticare “il sistema (o economia) dei
feedback” in vigore entro un gruppo organizzato. Risente in modo forte della cultura nazionale a cui
appartiene il gruppo diagnosticato.
Il diagramma opera come segue (con riferimento allo strumento grafico):
(diagramma di McKenna)
+
100
DARE FILTRO CHIEDERE DARE A SE'
-
100
E’ possibile descrivere una economia di feedback in termini di categorie:
DARE: sono i feedback “erogati” dal sistema alla persona che vi opera. Possono arrivare dall’alto (i
capi), dal basso (i collaboratori), da lato (i colleghi), dall’esterno (i clienti, i fornitori)
FILTRO: i feedback che si ricevono non vengono sempre accettati come sono: possono essere
elaborati dal ricevente, per esempio possono essere attenuati, amplificati, rifiutati.
Un filtro aperto al massimo significa “ogni feedback è accettato”, un filtro a livello zero “ogni
feedback è rifiutato, ignorato, respinto”.
CHIEDERE: è possibile chiedere feedback, sia positivi che negativi. La
richiesta può essere esplicita o attraverso il mostrare il proprio operato (sia
quando è positivo che quando è critico) 42
Un livello 100 di chiedere corrisponde a “ogni volta che faccio qualcosa (di positivo o negativo) ne
chiedo il feedback”, un livello 0 comporta il non chiedere mai un feedback, nemmeno in casi di
estrema necessità operativa.
DARE A SE’ (auto-feedback)
Le persone possono darsi apprezzamenti e critiche.
E’ in genere un fattore di compensazione della precedente situazione di economia dei feedback.
Ogni categoria del diagramma di McKenna ha una parte relativa al feedback positivo e un’altra per
il feedback negativo.
In teoria è possibile ogni distribuzione (economa dei feedback) sul diagramma di McKenna.
In pratica, vi saranno conformazioni abbastanza equilibrate, ma con alcune connotazioni che
rappresentano la cultura a cui appartiene. il gruppo
Elaborazione del diagramma di McKenna
Una colonna del DARE molto ampia corrisponde ad una economia di feedback ricca (cioè il
sistema reagisce in modo forte a ciò che “fanno” le persone)
Se è sbilanciata verso il positivo o il negativo si ha la tendenza della cultura privilegiare la reazione
verso i comportamenti "“corretti"” o quelli "“disfunzionali"”
Una ampiezza totale del DARE molto bassa è tipico di una economia povera, in cui il clima umano
è scadente.
Una colonna del FILTRO molto ampia presuppone una estrema sensibilità ai feedback, positivi o
negativi se è sbilanciata verso il + o il -.
Questa eccessiva sensibilità può essere un fattore critico. La non reazione ai feedback (filtro molto
stretto) è pure un fattore critico, perché l’insensibilità eccessiva non permette la correzione degli
errori e vanifica i sistemi di riconoscimento (monetario e non monetario)
E’ “sana” una apertura ragionevole, abbastanza bilanciata. Il filtro è in genere una reazione alla
modalità del DARE: una estrema aggressività nei feedback negativi produce un restringersi del
filtro nella parte -.
Il CHIEDERE, quando è elevato, è in genere indicazione di uno stato “giovanile” del gruppo che ha
svolto l’autodiagnosi. In genere, con i il tempo si riduce o annulla il CHIEDERE feedback, per due
ragioni sostanziali: o si è ottenuto quello che si è chiesto o è diventato inutile il chiedere, perché non
si hanno risultati.
L’AUTO FEEDBACK (DARE A SE’) è positivo se esistente nella versione + e – ma non
eccessivo.
Una certa dose di autofeedback indica una buona capacità di autogiudizio e non dipendenza
ossessiva dal feedback del sistema. Un eccesso di autofeedback indica una latitanza relazionale del
sistema e un forte dispendio di energie personali per sopravvivere entro un economia povera. 43
Sindromi culturali dei gruppi
Quando si sviluppano dinamiche patologiche che portano a conflitti critici
Tratto da “Diversity Management” di Castellucci, Martone, Minelli, Rebora e Traquandi, Ed,
IPSOA, 2009 44
Pur con le precauzioni di tipo ermeneutico, valutativo e trasformativo che abbiamo evidenziato,
l’esperienza ci porta ad individuare alcune configurazioni di una cultura organizzativa che possono
essere indesiderabili o foriere di tali problemi pratici da rendere utile una loro trattazione.
Le abbiamo definite come le quattro sindromi culturali . Come ogni sindrome non sono la malattia;
è un corpo complesso e non sempre coerente di segnali che però possono essere preziosi per darci in
tempo ancora utile la possibilità di evitare una loro degenerazione patologica. Questa sarebbe
nociva per l’organizzazione intesa questa volta in senso economico e rende allora necessaria
l’adozione di alcune misure di profilassi o di correzione .
La sindrome di isolamento
Consiste nel ritenere che la propria cultura sia priva del contatto con ogni altra cultura o se lo fosse
non ne sarebbe in nessun modo influenzata e quindi dispensata dal tenerne conto. In altre parole,
una sorta di sindrome di autosufficienza.
Alcune imprese arrivano a pensare che se da un punto di vista funzionale sono integrate in un
sistema interconnesso, da un punto di vista culturale hanno tutte le risorse e le caratteristiche per
poter fare a meno dell’ interazione e dell’apporto di altre culture.
In una azienda di componentistica elettronica una divisione si riteneva in diritto di ignorare ogni
contributo che poteva ricevere e anche dare alle altre divisioni, tranne le informazioni strettamente
dovute dalla meccanica organizzativa.
Pur essendo consapevole di vivere in un sistema di cui era una parte e al cui fatturato doveva
contribuire, peraltro in modo decisivo, riteneva che l’isolamento splendido in cui viveva le avrebbe
permesso di continuare comunque nel proprio successo; questo anche se l’impresa nel suo
complesso fosse arrivata al collasso, rischio peraltro non escludibile.
A fronte dell’osservazione che il destino era comune, l’atteggiamento era di non dipendenza:
“possiamo fare uno spin off, trovare un acquisitore” che non poteva non desiderarli, “diventare
polo di aggregazione di altre entità esterne” e da tutto traspariva una completa indipendenza
psicologica (ma non operativa) dalle altre divisioni.
Nella forma esteroflessa, queste organizzazioni a volte impongono la loro cultura. Nella forma
introflessa diventano impermeabili ad ogni cultura in una forma di arroccamento, comunque sempre
in modo unidirezionale.
Se il lato positivo di questa cultura dell’isolamento è quello di permettersi una grande efficienza e
creatività, per il fatto di non essere continuamente obbligata a confrontarsi con l’esterno e per
questo poter dedicare il massimo delle proprie energie a se stessa, il lato critico è nel ridurre
drasticamente o annullare la sensibilità percettiva verso gli eventi esterni di tipo economico e
sociale, al punto di trovarsi autoesclusa dai processi che ne determineranno la splendida fine.
DEC (Digital Equipment) avrebbe potuto imputare la repentina scomparsa di un brand per lungo
tempo glorioso nel mondo dei computer ad una sorta di sindrome di isolamento, che non fu
sicuramente la sola causa ma un’importante concausa.
Apple Computer di converso sembrò essere capace di restare aperta alle culture organizzative
esterne pur mantenendo strategie proprie e a volte atipiche.
La stessa IBM (Rodgers, 1987) , nonostante la possibile tentazione di questa sindrome di
isolamento se ne vaccinò al punto di cambiare parti della propria cultura prima che il mondo
esterno ne sancisse l’obsolescenza.
La cessione della propria attività nei Personal Computer alla cinese LENOVO non sarebbe stata
possibile in una cultura di isolamento.
La sindrome di onnipotenza
Consiste nel ritenere che ogni azione e risultato sono possibili. Il che non vuol dire che i risultati
saranno raggiunti, mancare l’obiettivo è contemplato in questa sindrome. L’assunto è che con gli
strumenti,acquisibili, e le condizioni, creabili, si può governare il flusso degli eventi nella direzione
che l’impresa decide. E’ solo un problema di mezzi, fra cui le conoscenze. 45
In questa cultura la tensione è verso la ricerca delle risorse (input) e il progetto di processi
adeguati per rendere possibile quello che ci si prefigge. Con le condizioni e le risorse adatte, il
risultato, l’output, è ottenuto. I termini utilizzati sono quelli degli schemi a blocchi della teoria dei
sistemi.
Il processo alla base della sindrome di onnipotenza è quello della reificazione (vedi Baumann). Con
la reificazione si rende dapprima cosa ciò che ha una vita propria , un’indipendenza di decisione
non coercibile, la parziale ingovernabilità tipica dei fenomeni umani verso cui la risposta più
adeguata è forse l’accettazione e il rispetto che è dovuto a ciò che è vitale. Poi si applica l’esercizio
di potenza.
Il potere è sulle cose, non le persone. Infatti quando ne tentiamo il governo le chiamiamo “risorse”;
umane, si, ma sempre risorse alla stregua di quelle naturali.
Anche il concetto di capitale umano e intellettuale nasconde una reificazione che permette di avere
il quadro mentale necessario al loro utilizzo, pur attraverso altre risorse, ad esempio il denaro.
Persino le teorie della motivazione per la maggior parte dei casi presuppongono una reificazione del
comportamento umano in termini di meccanismo da controllare (nel senso anglosassone del
termine, che non si limita a monitorare). La giustificazione dell’onnipotente potrebbe essere: “ma
l’uomo è fatto di ossa e di carne, cioè cose, e anche i pensieri potrebbero un giorno essere ridotti a
complessi meccanismi di neuro ricezione e elaborazione biochimica. Il DNA è pur sempre un’elica
proteica”. E’ vero e innegabile ma non solo, queste cose hanno anche una dimensione che eccede
questa visione deterministico-probabilistica: è il mistero delle reazioni umane quando ci appaiono
incontrollabili.
Una cultura onnipotente è a volte quella di aziende che ricorrono al disegno organizzativo o al
reclutamento delle persone giuste o alla incentivazione economica come strategie di conseguimento
dei loro