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TEORIA DEI POLI DI PERROUX
Nel secondo dopoguerra si vuole capire cosa influenza lo sviluppo economico diseguale tra le diverse regioni di uno
stato; Perroux formula una teoria ispirata allo squilibrio dello sviluppo e considera lo spazio come astratto (senza
caratteristiche fisiche) e topologico (inteso come campo di forze centripete e centrifughe, dove soggetti e mezzi di
produzione vengono attratti e respinti in maniera selettiva da e verso i luoghi).
Secondo P lo sviluppo economico è di natura squilibrato poiché privilegia dei poli di crescita con intensità differente;
i poli di crescita sono agglomerati industriali nei quali si localizzano imprese e settori produttivi che si rivelano veri e
propri motori capaci di stimolare la crescita di altre unità produttive. Il polo di crescita si estende al concetto di polo
di sviluppo e le fasi del processo di formazione di questo polo di sviluppo sono:
1. il processo di crescita produttiva è innescato dall’impresa motrice, che esercita un effetto di dominazione
sulle altre imprese, determinando condizioni di squilibrio a favore del territorio in cui è localizzata; dallo
squilibrio deriva l’attrazione di flussi di risorse e popolazione
2. alla crescita seguono processi di polarizzazione sociale e demografica
3. il processo di crescita economica implica la formazione di economie esterne di specializzazione, di
agglomerazione (economie di scala) e di localizzazione
4. la crescita demografica e della domanda di beni favoriscono l’accelerazione del tasso di investimento.
Limiti della teoria:
insufficiente concezione dello spazio geografico
mancata considerazione di diseconomie e dei rischi della crisi dello sviluppo economico-territoriale
concentrato su un solo settore produttivo.
Il modello però ha il merito di concepire lo sviluppo come un processo, anche se non tiene conto di molti aspetti.
ANNI 60
Periodo storicamente definito del “boom economico” con le seguenti caratteristiche:
Aumento del PIL, degli investimenti e delle esportazioni,
Crescita delle nascite e quindi della popolazione,
Riduzione della disoccupazione
Evidente passaggio da campagna a città, da attività contadina a operaia
Quindi pianificare e programmare economicamente lo stato diventa una priorità, infatti si ha la nascita vera e
propria della programmazione con la nota La Malfa. Gli squilibri economici territoriali persistono nonostante il
miracolo economico.
Negli anni 50 l’impresa pubblica si autofinanziava i principali progetti, mentre negli anni 60 essa dipende fortemente
dal bilancio dello stato. Gli anni 60 sono caratterizzati da una programmazione di tipo settoriale.
A fine decennio sorgono diverse insurrezioni civili.
NOTA LA MALFA 1962
Il programma economico del governo viene presentato al parlamento nel 1962 dal ministro La Malfa; egli presenta
una Nota aggiuntiva alla relazione generale sulla situazione economica del paese che si trova nel documento
intitolato “problemi e prospettive dello sviluppo dell’economia italiana”. In questa nota La Malfa enfatizza il fatto
che il miracolo economico non avesse riguardato tutte le arre italiane. Lo sviluppo industriale era limitato al triangolo
MI-To-GE, mentre molte aree del centro-sud ne rimanevano escluse. Veniva criticata la politica economica che non
era riuscita a rimediare alla questione degli squilibri territoriali.
Serviva un rilancio della politica di programmazione economica e ciò porta all’istituzione della commissione
nazionale per la programmazione economica (CNPE), composta da esperti e rappresentanti delle maggiori
organizzazioni di lavoratori e imprenditori ai quali si affida il compito di fare studi e analisi, che guideranno le azioni
di politica economica.
RAPPORTO SARACENO 1963
La commissione (CNPE) presenta nel 1963 il primo rapporto con il quale mostra il sostegno all’azione economica
pubblica che persegue:
alto tasso di sviluppo economico,
impedimento di formazione di rendite,
garanzia di appagamento delle esigenze essenziali,
creazione di un sistema efficiente di sicurezza nazionale,
composizione in modo armonico di unità di produzione
e consumo nei futuri piani urbanistici.
PIANO GIOLITTI 1965-1969
Dopo il rapporto Saraceno, il ministro Giolitti presenta alla CNPE il piano del governo per il quinquennio 1965-1969.
Il Piano quinquennale dell’ufficio di programma del ministero del bilancio viene capeggiato da Aldo Moro; Il piano
Giolitti determina obiettivi e programmi del quinquennio per il territorio nazionale diviso in 3 circoscrizioni:
mezzogiorno, nord e centro ovest-est.
Gli obiettivi sono:
eliminazione delle differenze delle condizioni abitative e assetto urbanistico,
instaurazione sistema di sicurezza sociale,
adeguamento infrastrutture e servizi,
ammodernamento-razionalizzazione-coordinamento del sistema nazionale dei trasporti,
eliminazione divario nord-sud,
parità tra attività agricola e extra-agricola,
sviluppo dell’industria,
eliminazione del controllo privato del mercato
e riduzione dei costi di distribuzione.
CIPE 1967
Nel 1964 il CNPE viene sostituito dall’ufficio del programma che aveva come presidente Ruffolo. Ruffolo doveva
riorganizzare i comitati interministeriali in vista della creazione del CIPE (comitato interministeriale per la
programmazione economica). L’ufficio elaborava un documento sulla programmazione e la pubblica
amministrazione chiamato rapporto ruffolo, il compito del rapporto era quello di riconsiderare criticamente lo
svolgersi dell’azione pubblica in campo economico e sociale.
Nel 1967 viene istituito il CIPE come un unico intermediario tra ministro e consiglio dei ministri (≠ da come Giolitti lo
aveva idealizzato, ossia come organo politico decisorio per l’approvazione dei programmi annuali e pluriennali delle
imprese pubbliche). Ora è un organo collegiale del governo di decisione politica in ambito economico e finanziario
nazionale che alloca risorse finanziarie ai vari progetti, approva investimenti pubblici e finanziamenti comunitari.
PROGETTO PIERACCIONI
Il piano Giolitti non aveva ufficialità quindi viene approvato il progetto Pieraccioni con la legge n 685/1967 che viene
definito “quadro della politica economica, finanziaria e sociale del governo e di tutti gli investimenti pubblici”. Il
governo prende iniziative sul piano legislativo e amministrativo. Il piano propone: parità di remunerazione tra
settore agricolo e extra-agricolo, eliminazione divari territoriali, politica dei redditi (salari moderati in cambio di
stabilità dei prezzi).
PROGRAMMA ECONOMICO ITALIANO 1966-1970
Solo con il programma economico 1966-70 si presenta per la prima volta un quadro completo dell’azione economica,
comprese le risorse finanziarie per: gli impieghi sociali del reddito, lo sviluppo economico del mezzogiorno, politiche
nei settori produttivi. Le finalità sono: il superamento degli squilibri territoriali e sociali che caratterizzavano lo
sviluppo economico italiano, parità di remunerazione tra settore agricolo e extra-agricolo, eliminazione divari
territoriali, politica dei redditi (salari moderati in cambio di stabilità dei prezzi).
Per il turismo si prevedeva: propaganda all’estero, ammodernamento strutture ricettive, nuove aree turistiche per
distribuire nelle varie regioni gli introiti, incoraggiamento dei lavoratori a fare turismo. Tutti questi punti erano
differenziati nelle zone turistiche a seconda del loro livello di sviluppo turistico, per favorire le zone ancora in fase
iniziali o non ancora turistiche.
PROGETTO 80 1969
Raccoglie eredità della programmazione degli anni 60 ed individua gli orientamenti per il nuovo decennio. Viene
presentato dal ministro Pieraccini nel 1969. Il progetto è una guida ad azioni concrete da perseguire nel tempo (no
previsioni) infatti si vogliono superare gli insuccessi e la carenza di progettualità e strumenti per la programmazione.
PRIMA PARTE - Gli obiettivi sono: piena occupazione, divari regionali e le finalità: coordinare le azione della pubblica
amministrazione PA , delle regioni e delle imprese.
SECONDA PARTE - Azioni programmatorie: modernizzare infrastrutture, razionalizzare attività produttive, piani
annuali che rendono il progetto più flessibile.
Il progetto ha:
maggiore interesse all’assetto urbano,
riferimenti all’ecologia
e considerazione dell’economia italiana come di policentrica con uno stato che assume il ruolo di guida e
orientamento dello sviluppo.
Ci sono politiche di breve periodo che riguardano la stabilità monetaria , la bilancia dei pagamenti, continuità dello
sviluppo e proiezioni territoriali degli scenari economici e politiche di lungo termine che riguardano investimenti e
aumento del reddito.
Negli anni 60 il problema del mezzogiorno è caratterizzato da un peso dell’agricoltura più che doppio rispetto al
centro nord, un settore industriale sottosviluppato: rimangono gli squilibri territoriali in termini di reddito e
occupazione, anzi gli squilibri regionali nord-sud tendono ad aggravarsi. Infatti il progetto 80 ha dedicato una
specifica sezione al mezzogiorno in cui erano presenti direttive per l’ammodernamento e il riequilibrio territoriale
della struttura produttiva con una previsione di azioni per il decennio successivo. Si voleva organizzare
territorialmente lo sviluppo, massimizzare le economie con pianificazioni territoriali. Azioni di politica industriale
basate su incentivi, infrastrutture e investimenti delle imprese pubbliche.
Gli strumenti del progetto: contrattazione programmatica che cerca di costruire forme di collegamento per favorire
progetti di iniziative industriali e di programmare la loro realizzazione (problema di raccordo tra imprese private e
pubbliche).
La programmazione industriale e urbanistica del mezzogiorno è affidata all’agenzia della cassa del mezzogiorno.
La sezione territoriale del progetto 80 era suddivisa in 4 parti:
1) Analisi delle risorse territoriali
2) Formulazione di un modello di assetto territoriale
3) Proposta di modello di assetto territoriale programmatico
4) Definizione di alcune linee di politica del territorio per la realizzazione del modello di assetto territoriale
programmatico
Gli squilibri regionali nord-sud tendono ad aggravarsi con una concentrazione della popolazione e della produzione al
nord e con una relazione impari tra città e campagna. Questa politica per il superamento degli squilibri territoriali
conteneva anche un progetto sociale. L’attuazione dello scenario programmatico consisteva in politiche territoriali e
strumenti di pianificazione, intervento e gestione territoriale.
Viene affrontato per la prima volta il tema della qualità del paesaggio con la creazione di aree di interesse turistico
dal valore paesaggistico e un sistema di parchi nazio