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Per le coperture piane le parti più soggette a manutenzione sono sicuramente gli elementi
di protezione (manto di rivestimento se presente), elemento di tenuta ed eventuale
materiale isolante. Tra i fattori di invecchiamento abbiamo le radiazioni solari
(accelerazione dell’invecchiamento), cicli di deformazione, cicli di gelo/disgelo,
aggressione esterna da parte di agenti atmosferici, vento, neve e ghiaccio. La presenza
di bolle è quasi sempre dovuta alla preesistenza di umidità sotto il manto impermeabile
(quindi bucare le bolle e sigillarle a fiamma).
Come strategie di intervento abbiamo diverse opzioni tra cui la più ricorrente, la scatola
nella scatola, ovvero non viene intaccato in alcun modo l’involucro esterno ma vengono
elaborati i volumi interni; possiamo avere comunque addizione o sottrazione di volumi,
volumi interni coincidenti con il filo interno dell’involucro preesistente o volumi interni più
discostati da questo stesso. Altrimenti vi è la strategia del “camaleonte” in cui si va a
reinterpretare l’involucro esterno anche coprendolo.
Lez. 05 – Degrado:
La patologia edilizia è quella disciplina che studia i fattori fisici, chimici, umani ed
ambientali che contribuiscono a degradare i fabbricati edilizi. Di seguito si riportano
alcune definizioni:
• Errore: azione umana che scatena un difetto (progettuale, costruttivo o gestionale);
• Difetto: inadeguatezza di un elemento (produzione e messa in opera) tale da costituire
alterazioni, degradi, carenze prestazionali e guasti;
• Alterazione: modifica dello stato fisico o chimico di un elemento tecnico (reversibile o
irreversibile);
• Degrado: progressiva alterazione dell’integrità fisica irreversibile con possibile
decadimento prestazionale (deterioramento);
• Guasto: deterioramento che rende inutilizzabile o non rispondente alla sua funzione un
elemento tecnico (es. distacco di piastrelle);
• Danno: conseguenza economica di un guasto o degrado.
Pertanto si può distinguere l’invecchiamento naturale da quello
patologico, a seconda dei tempi previsti: come si può notare dal
grafico abbiamo una prima fase di rodaggio (a), una fase di vita
utile (b) ed una fase di usura (c) in cui vi è l’impennata del tasso
di guasto. Se andiamo ad analizzare gli agenti scatenanti i due
tipi di invecchiamento sono pressoché gli stessi, l’unica
differenza è il modo con cui queste azioni interagiscono con il
sistema inducendolo al degrado:
• Difetti intrinseco: specifico di un elemento, quindi indipendente dall’interazione con altri
elementi costruttivi;
• Difetti di relazione: si attiva in seguito all’interazione con altre componenti, tecnologiche
o ambientali;
• Difetto ad azione indiretta: il difetto si propaga a catena a causa di un altro elemento
che subisce un guasto;
• Difetto ad azione diretta: il guasto è connesso al difetto (es. ponte termico condensa
superficiale);
• Difetto che attiva un guasto al tempo zero: errata progettazione o esecuzione;
• Difetto che attiva un guasto al tempo X: le alterazioni sono progressive fino a provocare
un guasto.
Il processo di diagnostica si compone di alcuni aspetti fondamentali, tra cui tecnici, per
l’individuazione del guasto, di responsabilità per attribuire legalmente le colpe del difetto,
di processo, per definire i meccanismi che hanno prodotto il guasto (risalgo alla causa).
La diagnosi vera e propria avviene in due fasi, il rilievo e le analisi, con indagini
sperimentali mirate, per validare o escludere alcune diagnosi ipotizzate, e
formulazione/validazione di diagnosi. In particolare per quanto concerne il rilievo è
necessario registrare i vari stati di guasto, monitorarli e valutare lo stato di progressione nel
tempo. L’albero degli errori è uno strumento grafico con cui si analizza il guasto: a partire
dal primo livello, infatti, si mette in evidenza il guasto (top event) per poi andare a ritroso
circa le condizioni di superamento che hanno portato al guasto, difetti e cause; un altro
strumento è l’albero diagnostico, poco utilizzato, che consiste in una procedura guidata
dettata da alcuni quesiti specifici (diramazioni concatenate a seconda delle risposte).
I sondaggi possono essere di tipo distruttivo, non distruttivo o ispezioni specifiche, ovvero
prelievo di campioni da sottoporre a prove di laboratorio (accostata al primo albero); per
quanto riguarda il secondo albero, invece, è più uno strumento di formalizzazione di
diagnosi, quindi al termine del rilievo, con cui è possibile dimostrare anche la validità della
diagnosi stessa e programmare una strategia di intervento.
Quando i decadimenti fisici o prestazionali si sviluppano in tempi inattesi l’invecchiamento
è di tipo patologico: le cause possono essere errori di progetto, realizzazione, gestione,
uso, mancata/errata manutenzione o difetti nell’elemento tecnico.
La pioggia produce erosione meccanica, dilavamento delle superfici (accentuato dalle
azioni del vento); l’intensità del degrado dipende dalla geometria e dalla conformazione
della facciata (effetto amplificato dagli agenti inquinanti). Ad esempio, in assenza di
dilavamento, possiamo avere della formazione di residui inquinanti sulle facciate, come
croste nere di natura carbonatica, patine nere e solfatazioni.
La nebbia è molto aggressiva a causa dell’interazione con acqua e agenti inquinanti per
un lungo periodo di tempo (quest’ultime si depositano sulla facciata, aderendo una volta
evaporata l’acqua): particolare attenzione ai materiali calcarei e porosi.
Il vento genera delle azioni meccaniche e delle abrasioni sulle superfici, a causa dei
corpuscoli soldi e polveri trasportate; l’intensità del vento fa evaporare e cristallizzare i sali
all’interno dei materiali (efflorescenze).
Il sole altera a livello cromatico le superfici e induce un effetto di dilatazione termica nei
materiali (deformazioni e microfessurazioni): proteggere gli elementi lignei e sintetici,
come plastiche e polimeri, dalle radiazioni UV.
I gradienti termici e i cicli di gelo/disgelo provocano stress meccanici sulle parti coinvolte.
Inoltre, abbiamo delle azioni antropiche:
è possibile riscontrare delle modifiche all’edificio, come sopraelevazioni, tamponamenti,
aperture le quali se non adeguatamente progettate e controllate possono produrre
importanti stati fessurativi.
Per effetto di variazioni d’uso o utilizzo improprio dei locali è possibile alterare la
configurazione di carico sulla struttura e possiamo avere dei cedimenti.
Eventuali variazioni microclimatiche interne possono generare formazione di
condensazioni e muffe; infine, eventuali incompatibilità fisico-chimiche o meccaniche tra
le componenti aggiunte possono generare fenomeni di degrado, come distacchi, fessure
o efflorescenze.
Alcuni effetti di degrado sono conseguenza di processi biologici: le radici di specie
vegetali possono comportare disgregazioni, dissesti strutturali, diminuzione della tenuta
all’acqua; la deiezione animale (defecazione) comporta una produzione di sostanze
acide; la presenza di muschi, muffe e licheni può generare disgregazioni, aumento della
porosità dei materiali, nonché produzione di sostanze acide corrosive per effetto dei
proprio processi metabolici.
DISGREGAZIONE: polverizzazione della superficie
Per quanto concerne la risalita capillare è fondamentale proteggere gli elementi
strutturali, al fine di evitare la generazione di effetti di efflorescenze di sali presenti nel
terreno (trasportati per mezzo dell’acqua), distacco di intonaco per effetto dell’acqua
all’interno della muratura, macchie e muffe.
Per quanto concerne il CLS oltre alle cause esterne, all’interno delle quali includiamo
agenti atmosferici o comunque naturali, abbiamo delle cause per reazioni chimiche:
all’interno del conglomerato nascono delle microlesioni dovute all’aumento di volume
che comporta perdita di funzione coesiva/aggregante nel cemento; una su tutte la
(presente nell’atmosfera o in soluzione
carbonatazione, ovvero la reazione tra CO
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nell’acqua piovana) e CLS, producendo carbonato di calcio ed acqua: questo
fenomeno tende ad alterare il pH del materiale (fortemente basico), ovvero diminuisce
l’alcalinità responsabile della passivazione dei ferri di armatura, i quali inizieranno a subire
ossidazione in presenza di umidità corrosione. Dato che la ruggine (idrato di ferro)
occupa un volume maggiore si attivano dei processi di espansione di volume e distacco
dei copriferri deterioramento ancor più rapido, riduzione della sezione resistente.
Nel legno, invece, è necessario prestare attenzione ai difetti, tra cui nodi e cipollature, in
quanto favoriscono l’insediamento di insetti e funghi (attenzione ai coleotteri, si nutrono di
cellulosa lasciando fori, e alle termiti, che provocano gravi danni), hanno minor resistenza
rispetto alle altre sezioni, possono subire delle rotture localizzate; l’orientamento delle fibre,
come sappiamo, sono molto importanti per conferire adeguata resistenza, pertanto se la
fibratura risulta deviata possiamo avere fenomeni di scorrimenti e rotture. La presenza di
resina, infine, porta alla riduzione della sezione reagente e quindi minor resistenza.
L’umidità nel legno è uno dei principali problemi di indebolimento della sezione, in quanto
si favorisce la presenza di funghi lignivori (si nutrono di C presente nella cellulosa) che
tendono a ridurre la dimensione del materiale, a fessurare l’elemento e ad alterare il
colore (più chiaro o più scuro) possibile marcescenza, ritiro/rigonfiamenti. Per effetto
della luce solare il legno può subire un processo di invecchiamento (ossidazione
fotochimica) in quanto sensibile ai raggi UV, specie se il materiale è anche esposto alla
pioggia.
Per quanto concerne le indagini è possibile distinguere quelle possibili in opera e quelle
da effettuare in laboratorio: le prime prevedono osservazioni e rilevamenti visivi,
fessurimetro per rilevare l’entità della lesione, indagini agli ultrasuoni, battitura manuale,
termografia; in laboratorio si analizzano i campioni prelevati, si studia il tutto al
microscopio, si effettuano cromatrografie ioniche.
È importante, a volte, rilevare e conoscere le condizioni al contorno, ovvero le
caratteristiche ambientali che potrebbero influenzare il degrado di un edificio: il più
semplice strumento è denominato datalogger, è un minisistema che gestisce ½ sensori; un
sistema computerizzato è sicuramente più efficiente, riesce a gestire una notevole
quantità di dati di più sensori, anche programmando il softwa