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OGGETTIVA DELLA COLPA.
Dopo aver individuato la regola cautelare in maniera oggettiva e aver mediante quella regola
individuato i contorni di quella condotta tipica, tale giudizio devo completarlo con uno di tipo
soggettivo che tenga in considerazione le condizioni in generale del singolo soggetto, cioè detto
altrimenti devo verificare la riferibilità soggettiva della violazione di quella regola cautelare ad un
determinato soggetto.
Esempio tizio va a funghi e ad un certo punto di trova davanti un contenitore che contiene una
sostanza radioattiva, sul contenitore ci sono tutte le indicazioni necessarie per individuare la
pericolosità di quella sostanza. Tizio porta quel contenitore a casa e le radiazioni contaminano la
famiglia, muore un bambino si apre il procedimento per omicidio colposo.
Prima domanda che dobbiamo farci: tizio ha violato oggettivamente una regola cautelare? Ovvio
perché ha portato a casa un contenitore contenente materiale radioattivo.
La violazione di quella regola è riferibile a tizio? Non abbiamo gli elementi per rispondere perche
nn sappiamo chi è tizio, poniamo che la prima variante dell’esempio tizio sia un uomo comune,
poniamo nella seconda variante dell’esempio che tizio sia un pastore analfabeta.
Ovviamente il primo soggetto e il pastore analfabeta non stanno sullo stesso piano ai fini
dell’imputabilità per colpa.
Doppia funzione della colpa abbiamo detto che necessariamente deve tradursi in una doppia misura
della colpa, perché distinguere il momento oggettivo da quello oggettivo della colpa ha un senso se
e nella misura in cui si riesca a diversificare il parametro di accertamento del momento oggettivo,
dal parametro di accertamento dell’elemento soggettivo.
Molti dicono, ok doppia funzione, effettivamente rende bene come schema di scrittura poi però
dicono, tanto la misura oggettiva della colpa, quanto quella soggettiva va accertata sempre con
riferimento al nostro agente modello, quindi sostanzialmente il parametro rimane sempre quello
dell’homo eiusdem conditionis e professionis.
Altri tentativi invece vanno nel senso di distinguere le due misure(la quale almeno in italia è una
posizione minoritaria).
Secondo questi la misura oggettiva della colpa può validamente essere accertata facendo riferimento
al parametro dell’homo eiusdem conditions et professionis. Quello che per anni ci è stato
tramandato come un parametro alla stregua del quale accertare l’elemento soggettivo è un
parametro oggettivo, anche se relativo perché fa riferimento ad una categoria di soggetti, nel
momento in cui io astraggo rispetto all’agente concreto sto compiendo un giudizio di tipo oggettivo.
Quando poi ci spostiamo sul piano della misura oggettiva, il solo parametro che è in grado di
assicurare che la colpa resti un criterio di imputazione effettivamente personale ex art. 27 cost. è il
parametro dell’agente concreto.
Apriamo una brevissima parentesi, quello dell’agente in concreto nella misura della colpa è un
parametro che da gallo in poi si ripete in maniera costante che l’agente in concreto non possa essere
un parametro validamente utilizzabile nell’accertamento della colpa, perché si dice che l’agente
concreto sarebbe un parametro troppo soggettivo talmente soggettivo da paralizzare in definitiva
l’accertamento della colpa perché se l’agente in concreto in quella determinata circostanza non sia
adeguato alla regola cautelare o alla regola di comportamento significa che non poteva farlo,
significa che quell’evento non era prevedibile ne inevitabile, quindi se non vogliamo rimanere
imbrigliati in questo circolo vizioso necessariamente dobbiamo astrarre dall’agente concreto ed
ecco che fa la sua comparsa l’agente modello.
Per rispondere a queste argomentazioni possiamo ricorrere ad un curioso esempio.
Roberto baggio che nella finale mondiale del 94’ calcia alle stelle il rigore decisivo: se dovessimo
applicare questo criterio dovremmo dire “se roberto baggio in quella partita non ha centrato lo
specchio della porta significa che non doveva fare altrimenti” e allora perché a distanza di tanti anni
ci chiediamo come abbia fatto un giocatore della sua caratura a sbagliare il rigore. Al di là di questo
esempio il ragionamento è però valido: il fatto che il soggetto non si sia adeguato alla regola di
comportamento è un presupposto necessario affinchè noi possiamo parlare di colpa. La colpa
implica necessariamente il passaggio da ciò che è stato(mancata osservanza di un modello di
comportamento) a ciò che doveva o poteva essere, cioè io mi devo necessariamente spostare sul
piano del giudizio ipotetico normativo e allora perché non posso farlo assumendo come punto di
riferimento quello che quel singolo soggetto in quella determinata circostanza poteva fare.
AFFIDAMENTO
La caratteristica fondamentale di una attività medico chirurgica svolta in equipe è quella di trattarsi
di una attività alla quale prendono parte più soggetti, ognuno dei quali è destinatario di proprie
regole cautelari.
È una situazione che non a caso storicamente ha marciato sempre parallela a quella della
circolazione stradale, anche in questo caso seppur in un contesto differente dall’attività chirurgica ci
troviamo di fronte a tale situazione, cioè attività pericolosa alla partecipazione della quale
concorrono più soggetti ognuno dei quali destinatario di proprie regole cautelari.
Ogni qual volta si viene a verificare una situazione di questo tipo, si tratta di verificare se il soggetto
è tenuto solo al rispetto delle regole cautelari di cui è diretto destinatario o se pure ai fini della
responsabilità penale sia tenuto anche a vigilare sul corretto adempimento delle regole cautelari da
parte degli altri soggetti che partecipano a quella attività, che è poi il caso dal quale siamo partiti.
Al medico chirurgo non viene rimproverato di aver sbagliato una manovra nel campo chirurgico per
intendersi, gli viene rimproverato di non essere stato sufficientemente attento e di non aver
controllato che la paziente era stata posizionata male sul lettino operatorio dall’anestesista.
Ai fini del giudizio per colpa in presenza di attività di questo tipo che faccio? Devo verificare solo
che il soggetto si sia tenuto alle regole cautelari sue proprie o sul soggetto c’è anche in qualche
modo un obbligo di vigilare sul corretto adempimento delle regole cautelari dirette ad altri?
Tutto sembrerebbe deporre nel primo senso dell’alternativa, cioè che io sia tenuto al rispetto delle
sole regole cautelari di cui io sia destinatario perché innanzitutto, se pensiamo all’attività medico
chirurgica, la divisione del lavoro ha un senso proprio perché implica una divisione delle
competenze, se a ciascuno dei soggetti verrebbe imposto un capillare obbligo di vigilanza
sull’operato altrui la stessa logica della divisione del lavoro verrebbe meno e si rischierebbe
l’effetto ultimo di paralizzare lo svolgimento stesso dell’attività.
In più occorre rilevare che la responsabilità penale è personale e prima di interrogarci sul
collegamento di tipo soggettivo nella sua accezione minima tale concetto va ricondotto al divieto di
responsabilità per conto altrui.
Alla luce di ciò i principi generali ci porterebbero a ritenere che il soggetto agente debba essere
responsabile solo ed esclusivamente per le regole cautelari di cui è destinatario.
Tale regola, è vero che non può avere una portata assoluta, dovrebbe funzionare come principio
generale che regola una attività di questo tipo. Questa regola generale è quella che viene sintetizzata
dal PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO. Tale principio nello svolgimento di attività che comportano
una divisione delle regole cautelari tra più partecipanti, il soggetto che tiene un comportamento
diligente deve poter fare affidamento sulla circostanza per cui anche gli altri partecipanti
dell’attività rispettino le regole cautelari di cui sono destinatari.
Questa come detto dovrebbe essere la regola generale, ma questa in generale come ogni buona
regola ha le sue eccezioni; si dice che se questo principio di affidamento venisse inteso in senso
assoluto ne potrebbe derivare come conseguenza non auspicabile quella di un sostanziale effetto
deresponsabilizzante, quindi si potrebbe pensare ognuno al rispetto delle proprie regole e zero
preoccupazioni rispetto a quello che succede intorno. Secondo tale impostazione per esempio il
chirurgo potrebbe interessarsi solo ed esclusivamente della sua attività in senso stretto anche se
questo rappresenta il coordinatore dell’equipe, ciò ovviamente a danno del paziente.
Vediamo come evitare situazioni di questo tipo. Storicamente l’affermazione del principio di
affidamento è sempre andata di pari passo con l’affermazione delle eccezioni a tale principio ed in
particolar modo si ripete ormai costantemente che non potrebbe beneficiare del principio di
affidamento:
1) Il soggetto che aveva l’obbligo giuridico di controllare l’operato altrui, cioè intervenire per
correggere eventuali errori.
2) Il soggetto che sulla base di indizi concreti era in grado di riconoscere l’altrui
comportamento negligente(violazione da parte di terzi della violazione di una regola
cautelare).
Il problema è che queste eccezioni nella giurisprudenza, lungi dall’essere le proverbiali eccezioni
che confermano la regola, sono diventate talmente estese come ambito applicativo da far venire
soltanto il dubbio che questo principio di affidamento esista soltanto sulla carta.
Il ragionamento in questione è anche quello che la corte di cassazione nella sentenza che ha risolto
il caso dal quale siamo partiti, è vero che l’attività medica in equipe è regolata come divisione delle
responsabilità dal principio di affidamento, ma è altrettanto vero che il chirurgo come capo equipe
aveva l’obbligo di controllare l’operato altrui e di conseguenza nei suoi confronti sarà paralizzato
l’effetto del principio di affidamento e sarà chiamato a rispondere di lesioni colpose.
Noi dobbiamo capire se e fino a che punto tale ragionamento è valido e se soprattutto i nostri
principi generali consentano di arginare queste tendenze queste tendenza della giurisprudenza, le
quali regrediscono in certi casi non solo verso una responsabilità oggettiva ma, verso addirittura una
responsabilità di sostituzione, se ci pensiamo chiamare qualcuno a rispondere per una regola violata
da altri potrebbe almeno teoricamente far slittare il problema non verso una resp. Oggettiva ma
addirittura verso una responsabilità per fatto altrui.