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PIL: un indicatore criticato nella sociologia economica e nella politica economica

Il Prodotto Interno Lordo, adottato con il Piano Marshall, è l'indicatore più criticato nella storia della sociologia economica e della politica economica, tanto che il governo francese, che stabilisce commissioni di esperti per definire delle politiche sul futuro, ha unito 3 economisti Stiglitz, Fitoussi e Amartya Sen con l'incarico di trovare dei modi per superare il PIL-centrismo, secondo l'idea che questo indicatore, tutt'ora egemone nell'ambito della produzione di politiche pubbliche, non sia utile per avere una reale fotografia della situazione socio-economica, non aiuta a definire delle politiche pubbliche utili e a rilevare la qualità della vita e il livello di soddisfazione dei cittadini. In effetti, il PIL non riflette l'effettiva distribuzione del reddito (misura solo il volume degli scambi, a differenza dell'indice di Gini), non contabilizza le esternalità negative (a livello ambientale, di marginalità).sociale es. i crimini), valuta solo il valore economico di beni e servizi e, perciò, sottostimando il valore dei servizi pubblici e non includendo servizi e beni che non hanno un prezzo (come il volontariato) ed è suscettibile all'inflazione, dato che l'aumento dei prezzi aumenta il valore degli scambi ma non la loro quantità. Il PIL è utilizzato per disciplinare le politiche di investimento degli Stati Membri dell'UE. Un meccanismo che il PIL determina è quello del Fiscal Compact, misura di politica economica inserita nei dispositivi costituzionali europei, considera il PIL come riferimento per definire i margini di spesa pubblica. Le risorse per la scuola, la sanità, la sicurezza o l'ambiente, sono impegnate in base alle previsioni di andamento del PIL. In sostituzione o come complemento al PIL sono stati adottati altri indicatori come l'Indice di Sviluppo Umano (adottato dall'ONU), il quale calcolal’aspettativa di vita, il tasso di mortalità alla nascita e il livello di scolarizzazione, il Reddito Nazionale Netto Disponibile (frutto della commissione Stiglitz-Fitoussi-Sen, mira a superare il PIL con un indice che tiene conto delle esternalità negative), l’Impronta Ecologica (misura il consumo del suolo da parte di ogni paese, cercando di operazionalizzare visivamente l’impatto ambientale) e il Benessere Equo Sostenibile (messo a punto dall’ISTAT, è un insieme di vari indicatori di tipo diverso che intende riflettere la qualità della vita sul territorio). Si affrontano i temi della salute, dell’ambiente, dell’istruzione, che vengono poi operazionalizzati con differenti tipi di indicatori. Tutti questi indicatori provano a cambiare la misurazione sociale. Ovviamente nessuno di questi indicatori misura la felicità, anche se alcuni confondono soddisfazione e qualità della vita con la felicità. Il paradosso

Di EsterlinGià nel 1950, Esterlin mostrò un paradosso: nei paesi a capitalismo avanzato, l'aumento della ricchezza materiale è correlato alla felicità percepita solo fino a quando non si siano soddisfatti i bisogni primari della piramide di Maslow, dopodiché l'incremento della ricchezza non è percepito come significativo per il raggiungimento della felicità. Al primo livello della Piramide di Maslow ci sono i bisogni primari, collegati ai bisogni fisiologici. Secondo il paradosso di Esterlin la correlazione tra crescita economica e felicità si interrompe dopo il primo scalino. Dopo un certo livello di reddito, la curva si flette e si nota che all'aumentare del reddito non aumenta la felicità e talvolta la curva decade.

Richard Layard: la felicità come misura soggettiva del benessere

Richard Layard è un economista che si occupa del tema della felicità e di come questo concetto possa essere misurato.

Egli ha ricondotto il paradosso di Esterlin a diversi fattori psicologici, ossia che la percezione di una maggiore felicità negli altri porta gli individui a sentirsi in svantaggio, che la felicità è correlata all'accesso ai beni di consumo, che richiedono sempre maggiori sforzi consumistici (il cosiddetto "hedonic treadmill"), che i soggetti tendono ad abituarsi presto a una condizione di miglioramento e che il significato di felicità dipende dal contesto socio-culturale. L'asticella dei beni di consumo viene sempre messa più avanti e al contrario la situazione economica tende a far arretrare molte persone a questo accesso. Amartya Sen: il paradosso dello schiavo Dal canto suo, Amartya Sen parla di paradosso dello schiavo, in base al quale le persone che vivono in contesti estremamente disagiati (contrassegnati da miseria, alta mortalità infantile, scarsa aspettativa di vita) tendono ad avere un livello di felicità.

maggiore in ragione anche solodell’ottenimento di un vantaggio minimo rispetto alla qualità media della vita nel loro contestosociale che chiunque in un paese sviluppato considererebbe inaccettabile. Questo evidenzia che lafelicità è un indicatore che guarda alla dimensione soggettiva, psicologica ed emotiva, e non a unadimensione rilevabile oggettivamente dagli individui, espressa attraverso le opinioni dei singoliinteressati, è oggetto di trasformazioni storiche, spaziali, di classe, di reddito. Happy Planet Indexriporta un indice di felicità maggiore in Colombia che in Canada o in Svezia. Ne deriva che,secondo Sen, per riuscire a costruire un indice di felicità impiegabile per produrre politichepubbliche è necessario fondarsi sui due concetti di funzionamenti e capacità, i qualipermetterebbero di bilanciare le due dimensioni soggettiva e oggettiva della felicità. Ifunzionamenti sono realtà misurabili oggettivamente,

corrispondenti ai bisogni primari della piramide di Maslow (si tratta dell'accesso al cibo, alle cure e tutti quegli elementi che sono necessari per far sì che la condizione umana viva in dignità) e ad aspetti immateriali irrinunciabili (come il rispetto di sé stessi), tutti elementi, comunque, che non dipendono dalla cultura e dalla realtà sociale in cui i soggetti sono calati ma che devono esserci necessariamente per consentire all'uomo di vivere in dignità. Le capacità corrispondono, invece, a una dimensione più soggettiva, cioè la libertà di scegliere in autonomia il proprio percorso di vita, scegliendo fra una pluralità di opportunità. In tutte queste riflessioni manca la dimensione civica-urbana, ossia la definizione di un tipo di felicità che emerge dal vivere urbano, specificamente legata alle condizioni poste dal contesto cittadino. La cultura è civica perché nasce e si sviluppa all'interno delle comunità urbane, dove le persone interagiscono e si influenzano reciprocamente. La dimensione civica-urbana comprende quindi la partecipazione attiva alla vita della comunità, il rispetto delle regole e delle istituzioni, la cura e la valorizzazione del patrimonio comune, la promozione del benessere collettivo. Questa dimensione è fondamentale per garantire una convivenza armoniosa e una qualità della vita elevata all'interno delle città.sviluppa all'interno della cittadinanza e il concetto di cittadinanza è un derivato del concetto di città. I due concetti di "civicness" e di diritto alla città sono utili a definire la felicità civica, il primo è stato elaborato da Robert Putnam e il secondo da Henry Lefebvre. La civicness è il senso del bene pubblico, è la capacità dell'individuo di identificarsi nella comunità e nel suo territorio, assumendo nei loro confronti un atteggiamento protettivo. In Italia, la civicness sarebbe, secondo Putnam, il frutto di differenti eventi storici e la tradizione di autogoverno che ha interessato una parte del nostro paese a partire dal Medioevo. Esistono diversi indicatori della civicness, come la propensione all'associazionismo e al solidarismo, la mancanza o la riduzione di polarizzazione politico-ideologica o la tendenza a risolvere i conflitti attraverso la mediazione, nella diffusione di.atteggiamenti ispirati all'onestà, alla fiducia reciproca, alla tolleranza e all'obbedienza alla legge. Per misurare la civicness si fa riferimento al tasso di partecipazione al voto (% di votanti alle elezioni europee, nazionali, regionali e amministrative; se c'è interesse per il territorio ci si interessa anche della sua amministrazione), alla presenza di associazioni sportive e culturali (numero di volontari, numero di associazioni iscritte agli albi comunali o territoriali, numero di attività condotte in un arco temporale definito), alla diffusione di giornali e riviste nella comunità (il livello di informazione dei cittadini), al tasso di maternità adolescenziale (le ragazze madri, le maternità anticipate sono ritenute un indicatore potenziale di marginalità sociale) e al tasso di partecipazione all'educazione universitaria e post-universitaria. A queste misurazioni oggettive se ne affiancano altre soggettive, in

base alle quali la civicness si esprimerebbe con il pagamento di buon grado delle tasse (o riconoscendo l'importanza), l'obbedienza alla legge, la solidarietà verso i poveri e i migranti, l'apertura alle opinioni diverse dalle proprie e la disponibilità ad acquistare prodotti biologici ed eco-compatibili anche se più cari. La civicness si configura, in definitiva, come un pilastro della felicità civica, che da questo punto di vista si presenta come uno stato di soddisfazione a cui si giunge se si ha la libertà, la condizione, la capacità di incidere sulla vita democratica e sociale locale. In effetti, la dimensione partecipativa, ossia l'idea di ricevere dal contesto in cui si vive gli strumenti e le opportunità per potere incidere e decidere sul futuro della propria comunità (bilancio partecipato, crowdfunding, co-decisione delle opere pubbliche, la consultazione per gli strumenti di pianificazione, la finanza collettiva,

utilizzando i beni comuni come strumento di partecipazione e condivisione. La regolamentazione dei beni comuni è l'elemento più qualificante della civicness come fondamento della felicità civica. Tutte queste pratiche di disponibilità all'apertura degli spazi decisionali sono il modo in cui si può leggere la civicness come un indicatore di felicità civica. Il diritto alla città è il diritto di appropriarsi dello spazio cittadino (come l'occupazione di stabili e terreni pubblici in disuso) e si manifesta soprattutto al di fuori della partecipazione istituzionale, ossia a livello di vita di comunità/quartiere e delle relative associazioni che permettono la partecipazione alla vita sociale urbana. In generale, la felicità civica è sia struttura, dato che è un insieme di condizioni abilitanti poste dal contesto sociale (casa, istruzione, lavoro, salute, igiene cultura, tempo libero), sia azione, dato che si esprime agendo socialmente nella collettività, si esprime utilizzando i beni comuni come strumento di partecipazione e condivisione.nienza di molteplici fattori, come l'educazione, l'esperienza personale e le influenze culturali. La partecipazione attiva nella vita politica e sociale del proprio territorio è fondamentale per contribuire al progresso e al benessere della comunità. Attraverso l'esecuzione delle proprie aspirazioni sociali nel mondo del lavoro, si può contribuire a creare un ambiente di lavoro equo e inclusivo, dove ogni individuo ha la possibilità di realizzare il proprio potenziale. L'associazionismo è un altro modo per partecipare attivamente alla vita sociale, unendosi ad altre persone con interessi comuni per promuovere cause importanti e portare avanti progetti di cambiamento. La comunicazione è un elemento chiave per la partecipazione attiva nella società. Attraverso la condivisione di idee, opinioni e informazioni, si può influenzare l'opinione pubblica e promuovere il dibattito costruttivo su questioni di interesse comune. In generale, la partecipazione attiva nella vita politica e sociale è un modo per esprimere la propria voce e contribuire al progresso della società. Ognuno ha il potere di fare la differenza e influenzare positivamente il proprio territorio.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
52 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher defendente di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politiche per l'innovazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Valle d'Aosta o del prof Marciano Claudio.