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8. GRANDI CAMBIAMENTI NELLA POLITICA FISCALE:
TASSAZIONE vs SPESA
1 Introduzione
A seguito della risposta fiscale alla crisi finanziaria del 2007-2009 negli Stati Uniti si nono verificati i
maggiori incrementi dei disavanzi e l'accumulo del debito in tempo di pace.
Praticamente anche tutti gli altri paesi dell'OCSE dovranno affrontare gli squilibri di bilancio di varie
dimensioni.
Dopo la forte riduzione del disavanzo pubblico degli anni Novanta e dell'inizio del 2000, le finanze
pubbliche nell'area OCSE sono tornate in rosso profondo.
Solo pochi mesi fa la questione politica fondamentale era se i tagli fiscali o gli incrementi di spesa
sono stati la ricetta migliore per il piano di stimolo negli Stati Uniti così come in altri paesi. In generale
queste decisioni sono ormai state prese, e siamo in procinto di osservarne i risultati.
La domanda successiva che i governi di tutto il mondo si troveranno ad affrontare il prossimo anno,
assumendo, come sembra probabile, che una ripresa l'anno prossimo sarà già in corso, è come
fermare la crescita del debito e tornare a finanze pubbliche più "normali".
La prima questione, vale a dire se i tagli fiscali o gli aumenti di spesa sono più espansivi, è critica, e gli
economisti sono fortemente in disaccordo sulla risposta.
È giusto dire che si sa relativamente poco circa gli effetti della politica fiscale sulla crescita ed in
particolare sui cosiddetti moltiplicatori fiscali, vale a dire di quanto un dollaro di tagli fiscali o di
aumento di spesa si traduce in termini di PIL.
Il problema è molto a carico della politica, dal momento che la metà degli economisti e dei decisori
politici crede in tagli alle tasse e l’altra metà crede in aumenti della spesa.
Mentre le differenze sono spesso radicate in diversi punti di vista riguardo al ruolo del governo e alla
disuguaglianza, non tanto avviene riguardo alle dimensioni dei moltiplicatori fiscali, ed entrambe le
parti desiderano "vendere" la loro prescrizione per il miglioramento della crescita, più che occuparsi
del resto delle questioni politiche.
Purtroppo entrambe le parti non possono aver ragione allo stesso tempo! Per quanto riguarda la
riduzione dei debiti pubblici di grandi dimensioni la lezione della storia è ragionevolmente ottimista.
Grandi rapporti debito/PIL sono stati tagliati in modo relativamente rapido da una sostenuta crescita.
Questo è stato il caso del post-seconda guerra mondiale e dei debiti pubblici dei paesi belligeranti, ma
è stato anche il caso degli Stati Uniti negli anni Novanta quando, senza praticamente alcun aumento
di aliquote fiscali o tagli di spesa significativi, un forte deficit fu trasformato in un grande surplus.
Nel Regno Unito, il debito/PIL alla fine della seconda guerra mondiale era oltre il 200%, e che il paese
non abbia subito una crisi finanziaria è dovuto alla sua posizione fiscale storicamente credibile e il
debito fu a poco a poco rapidamente e relativamente ridotto.
Tuttavia, sarebbe probabilmente troppo ottimistico aspettarsi un altro decennio come gli anni
Novanta, davanti a noi; quel tipo di crescita sostenuta certamente farebbe molto comodo per ridurre il
rapporto debito/PIL ma il basso livello di crescita che molto probabilmente sperimenteremo farà molto
meno.
L'inflazione ha anche l'effetto di intaccare il valore reale del debito, ma può essere una medicina
peggiore della malattia. Mentre un periodo di controllata e moderata inflazione avrebbe il potenziale
di ridurre il valore reale di un grande debito, con tale strategia si correrebbe anche il rischio di
un’inflazione incontrollata.
Ci è voluta una forte recessione nei primi anni Ottanta per eliminare la grande inflazione degli anni
settanta, e l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una nuova recessione importante nel medio periodo.
Il periodo post iperinflazione della prima guerra mondiale non è certo all'orizzonte, ma dovremmo
tenerlo in a mente come un caso estremo di debito indotto inflazione galoppante.
Se la crescita da sola non può farlo e inflazionare il valore del debito comporta rischi sostanziali, non ci
resta che l'accumulazione di eccedenze di bilancio e la convivenza col debito per diversi prossimi anni
nell'era post-crisi. Ma poi ritorna la stessa domanda: è meglio aumentare le tasse o tagliare la spesa
per avere maggiori probabilità di ottenere una prospettiva di stabilità fiscale?
Questo è esattamente ciò di cui si occupa questo saggio. Ci concentriamo sui grandi cambiamenti
nella politica fiscale, vale a dire grandi aumenti o riduzioni del deficit di bilancio, e guardiamo a quali
effetti hanno avuto sull’economia e sulla dinamica del debito.
In particolare, per il caso di espansioni di bilancio (aumento del surplus o riduzione del deficit)
guardiamo a quali sono stati i più espansivi per la crescita. Degli aggiustamenti fiscali (riduzioni del
disavanzo) consideriamo il loro effetto su una stabilizzazione/riduzione del debito a medio termine in
rapporto al livello del PIL e il loro costo in termini di una recessione nell'economia.
Ci concentriamo su grandi cambiamenti fiscali perché cerchiamo di isolare i cambiamenti nella politica
fiscale che sono politicamente indotti da fluttuazioni cicliche dei disavanzi, che in ogni caso si cerca di
regolare anticiclicamente.
I nostri risultati suggeriscono che i tagli fiscali sono più espansivi rispetto gli aumenti della spesa nel
caso di uno stimolo fiscale. Per gli aggiustamenti di bilancio vogliamo dimostrare invece che i tagli
alla spesa sono molto più efficaci di un aumento delle imposte per stabilizzare il debito ed evitare
recessioni economiche.
In realtà, scopriamo diversi episodi in cui tagli di spesa implementati per ridurre i deficit sono stati
associati ad espansioni economiche piuttosto che a recessioni. Dobbiamo anche indagare su quali
componenti delle imposte e della spesa influiscono sull'economia maggiormente in questi grandi
episodi e cerchiamo di i scoprire i canali di funzionamento attraverso il consumo privato e/o gli
investimenti.
2 Dati, metodi e definizioni
2.1 Metodi
Il nostro approccio è piuttosto semplice. Identifichiamo episodi di grandi cambiamenti nella politica
fiscale. Ovviamente la decisione sull'opportunità o meno di impegnarsi in questo cambiamento di
politica fiscale è endogena alla stato dell'economia e delle finanze.
Tuttavia si suppone che almeno fino a un certo punto la decisione o meno di agire sul lato della spesa
e delle entrate del governo è dettata da preferenze politiche e di opportunità politica che è, almeno
fino a un certo punto, esogena per l'economia e generata dall’ideologia o dalle preferenze politiche.
Considerando l'elevato grado di incertezza sulle dimensioni dei moltiplicatori fiscali, poniamo la nostra
attenzione solo sugli effetti di diverse composizioni di stimoli fiscali e aggiustamenti. Non potendo
calcolare le dimensioni dei moltiplicatori, confrontiamo solamente gli effetti delle diverse composizioni
di grandi cambiamenti fiscali.
2.2 Dati e fonti
Usiamo un panel dei paesi OCSE per un periodo di tempo massimo 1970-2007.
I paesi inclusi nel campione sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia,
Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Spagna,
Svezia, Svizzera, Regno Unito, e Stati Uniti.
Il nostro approccio identifica episodi di grandi cambiamenti nella politica fiscale e studia il
comportamento delle variabili fiscali e macroeconomiche intorno a quegli episodi per verificare se le
caratteristiche diverse dei pacchetti fiscali sono correlate con i diversi risultati macroeconomici.
Più in particolare, ci concentriamo sia sulla dimensione dei pacchetti fiscali (ad esempio: l'entità della
variazione del disavanzo pubblico), sia sulla loro composizione (ad esempio: la variazione percentuale
delle principali voci di bilancio del governo rispetto alla variazione totale) e cerchiamo di scoprire se
grandi stimoli e aggiustamenti fiscali che si differenziano per dimensioni e composizione sono
associati espansioni o recessioni economiche (come di seguito definiti), e ancora se i governi che
implementano certi tipi di aggiustamenti di bilancio hanno successo/insuccesso nel ridurre il debito.
Usiamo un valore “ciclicamente corretto” delle variabili fiscali per lasciare da parte le variazioni delle
variabili indotte dalle fluttuazioni del ciclo economico.
L’aggiustamento del ciclo economico è basato sul metodo proposto da Blanchard (1993), un semplice
metodo che corregge le diverse componenti del bilancio del governo per i cambiamenti anno per
anno del tasso di disoccupazione.
Più precisamente, il valore ciclicamente corretto per il cambiamento di una variabile fiscale è la
differenza tra la misura della variabile fiscale nel periodo calcolata come se il tasso di
disoccupazione fosse pari a quello in (quindi costante) e il valore attuale della variabile fiscale
nell’anno .
2.3 Definizione degli episodi
Per identificare gli episodi di aggiustamenti e stimoli fiscali ci si concentra sui grandi cambiamenti di
politica fiscale e si utilizza la seguente regola.
Definizione 1 fiscal adjustement and stimuli
–
Un periodo di aggiustamento fiscale (o di stimolo, rispettivamente) è un anno in cui il saldo primario
ciclicamente corretto migliora (rispettivamente, peggiora), di almeno l’1,5% del PIL.
Usiamo il disavanzo primario, piuttosto che il disavanzo totale, per evitare che gli episodi scelti siano il
risultato dell’effetto che le variazioni dei tassi di interesse hanno sulla spesa pubblica totale, e per far
in modo che riflettano invece una politica discrezionale delle autorità fiscali.
La Definizione 1 seleziona 107 periodi di aggiustamenti fiscali (il 15,1% del campione) e 91 periodi di
stimoli fiscali (12,9% del campione). La Tabella A1 in appendice li elenca tutti. Dei 107 episodi di
aggiustamento fiscale, 65 durano solo per un periodo, mentre il resto sono aggiustamenti che durano
più periodi.
Per quanto riguarda gli stimoli fiscali, 52 episodi riguardano un unico periodo, in 12 casi lo stimolo
continua nel secondo anno, e in 5 casi gli stimoli fiscali durano per 3 anni consecutivi.
Siamo interessati a due risultati di politiche fiscali molto stringenti e di politiche fiscali più blande:
se esse provochino l'espansione dell'attività economica nel periodo in cui vengono applicate e in
quello immediatamente successivo, e se siano associate ad una riduzione del rapporto debito/PIL.
Così, un episodio viene definito espansivo (o rispettivamente restrittivo) secondo la definizione 2 e di
successo (o rispettivamente insuccesso) secondo la definizione 3.
Definizione 2 - Expansionary fiscal adjustments and fiscal stimuli
“
Un