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La cultura del paralume e la cultura del bit elettronico

Secondo il sociologo Ferrarotti esistono due tipi di culture: la cultura del paralume che indica il mondo della narrazione fiabesca e la cultura del bit elettronico e quella dei videogiochi. La fiaba privilegia la comunicazione orale, permette lo "sprofondamento immaginativo" e rimanda ad una modalità culturale analogica. Il linguaggio analogico si fonda sull'attività simbolica del pensiero umano, capace di comunicare idee e fatti: è puramente relazionale.

A questo si contrappone il linguaggio digitale che si caratterizza per la precisione: la digitalizzazione si può considerare la materializzazione della parola, dell'immagine, del suono, prodotti dal computer. Ora siamo nell'era dell'uomo digitale, capace di navigare nelle nuove tecnologie informatiche, poiché tecnicamente attrezzato superando l'uomo analogico (cultura orale) e l'uomo testuale (cultura scritta).

Dunque l'antinomia cultura del paralume...

e cultura del bit rimanda ad innumerevoli altre antinomie come: uomo analogico e uomo digitale; homo sapiens e homo videns; reale e virtuale. E proprio per quanto riguarda quest'ultima antinomia lo studioso P. LEVY, riguardo il virtuale afferma che questo non ha niente a che vedere con il falso, l'illusorio, l'immaginario ma è uno dei possibili modi di essere, da contrapporre non alla realtà ma all'attualità. È davanti a questi nuovi ambiti pedagogici, che non sono certo in concorrenza tra loro, che l'adulto deve accompagnare il bambino secondo quel ruolo di "impalcatura di sostegno" di cui parlava Vigotskij, perché non venga deviata nell'una e nell'altra dimensione. Se nel gioco il bambino sperimenta insieme mondo reale e mondo virtuale, il rischio non è direttamente nel virtuale, ma nel non saper individuare il limite tra virtuale e artificiale, rendendo così il bambino estraneo alla realtà.realtà. Certo è un rischio che a ben guardare si corre anche nella fiaba, ma in questo caso è molto più evidente la presenza dell'adulto-mediatore-lettore. 2 LA FIABA FORME E SIGNIFICATI.

I racconti del focolare

L'iconografia ci tramanda l'immagine di una fiaba raccontata dalla nonna o dalla mamma davanti al focolare. È un'immagine che purtroppo ora si va perdendo, inscatolata ormai in film e telefilm, che certo non danno le emozioni della fiaba raccontata.

Froebel puntualizza l'azione del raccontare e dell'ascoltare come rapporto di partecipazione di due generazioni distinte.

La fiaba dunque deve essere prima di tutto raccontata e non rappresentata da film e telefilm. La voce della mamma o dell'insegnante seduce il bambino e rappresenta per lui una benefica azione rasserenante e stimolante.

Purtroppo però il verbo raccontare si inserisce con difficoltà (spesso non si inserisce affatto) nella vita frenetica.

di oggi dove la fretta travolge e non c'è più tempo per niente. La fiaba però rappresenta comunque oggi uno dei sussidi più importanti per il bambino per consentirgli un graduale sviluppo intellettuale e linguistico. Lo studioso Propp analizzando un centinaio di fiabe ne ha individuato dei punti fissi uguali per tutte. Ha individuato fattori variabili e fattori invariabili, ossia, fattori che cambiano in ogni favola (come i personaggi) e fattori che invece sono sempre presenti in ogni favola (come certe azioni). Propp ha individuato nei suoi studi 31 fattori invariabili che indica con una lettera dell'alfabeto, per es. nella favola di C. Rosso le lettere K E Q J X V rappresentano la sequenza della favola, la riassumono. K: divieto (la mamma vieta a Cappuccetto Rosso di parlare con gli estranei); E: allontanamento (C.R. si allontana dalla sua casa per andare dalla nonna); Q: infrazione: (C.R. infrange il divieto e parla con il lupo); J: tranello (il lupo prepara

Il tranello, lusinga C.R.);X: danno (il lupo mangia C.R.);V: vittoria (il lupo viene ucciso e C.R. liberata).

Gli studi di Propp hanno permesso di riconoscere una certa somiglianza tra le favole in uso oggi, con i racconti popolari del passato. La fiaba ha dunque radici nella storia della letteratura e questo gli riconosce dignità; essa rappresenta una preziosa eredità del passato e un possibile strumento di formazione, anche se oggi molti considerano la fiaba come forma di regressione tesa più a conformare che a formare.

La narrazione

Ancora una differenza la si riconosce in chi racconta, cioè, prima il raccontare era affidato alla nonna o alla mamma, oggi è affidato all'immagine. In entrambi i casi l'intento è di sedurre, rapire il bambino e portarlo nei luoghi rappresentativi della storia, ora come ieri. Cambia solo la modalità per raccontare, adesso al focolare si è sostituita una fitta rete di circuiti televisivi: la

dalla parola, dalla narrazione, che permette al bambino di immaginare, riflettere e creare connessioni con il mondo che lo circonda. Le illustrazioni, se utilizzate con parsimonia e intelligenza, possono arricchire la narrazione e stimolare ulteriormente l'immaginazione del bambino. Tuttavia, è importante evitare un uso eccessivo delle immagini, che potrebbe limitare la libertà di interpretazione e fantasia del bambino. Nella scuola, è fondamentale dare spazio alla parola come strumento educativo principale. Le parole permettono di esprimere pensieri, emozioni e concetti complessi, stimolando la capacità critica e creativa dei bambini. In conclusione, la narrazione e le illustrazioni sono due elementi complementari che possono arricchire l'esperienza di lettura del bambino. Tuttavia, è importante trovare un equilibrio tra parole e immagini, dando alla parola il ruolo centrale nella formazione e nello sviluppo del pensiero dei bambini.

Prima di tutto, dalla parola: l'immagine deve essere secondaria alla parola; è la parola che esplicita e arricchisce l'immagine. Immagine e parola quindi si integrano, si fondono e trasmettono lo stesso messaggio. Tornando alle critiche poste da chi è contrario alle illustrazioni, bisogna ricordare una favola scritta da Goethe che si prestava proprio a innumerevoli interpretazioni. Con tale favola l'autore rivendicava il diritto di chi scrive e di chi legge di poter dare interpretazioni personali. Barthes scrive: "La lettura è il testo che scriviamo in noi quando leggiamo".

Il mito e la fiaba.

Ora, Bruner e Bettelheim ricorrono uno al mito e l'altro alla fiaba come mezzi adatti a promuovere nei bambini la capacità di conferire un significato alla loro vita. I miti secondo Bruner dipendono dalla mano sinistra che va ad integrarsi con la razionalità della destra; e devono rientrare nel programma di insegnamento perché così i

bambinicapiscono in quale modo l'uomo ha cercato di spiegare il mondo. Bettelheim invita a raccontare fiabe per toccare insieme tutti gli aspetti della personalità del bambino, per suscitare curiosità, per rilevare problemi interiori, per favorire comportamenti morali. La fiaba diventa un possibile strumento terapeutico per bambini con difficoltà di apprendimento. Postman scrive che l'uomo non può fare a meno delle narrazioni, della storia, dei miti falsi o veri che siano: "Senza un racconto la vita non ha significato. Senza un significato apprendere non ha scopo. Senza uno scopo le scuole sono case di detenzione e non di attenzione". Lo sviluppo affettivo e cognitivo. Utilizzare il meraviglioso e il fantastico solo per suscitare emozione nel bambino sarebbe come ridurre la vera funzione della fiaba, che è soprattutto formativa. La fiaba ha una funzione psicopedagogica. Attiva processi cognitivi per capire, interpretare, comunicare e perintrecciare le emozioni con le prime capacità di ragionare del bambino, per ricercare il perché e il come delle situazioni, per conferire un significato alle azioni, per dipingere scenari e per disciplinare l'ordine interiore. Naturalmente, per insegnare, la psicologia suggerisce che occorre motivare l'apprendimento, risvegliare l'interesse; allora, se curiosità, stupore, meraviglioso e fantastico rientrano nel mondo dell'infanzia, l'interesse per la fiaba non ha certo bisogno di essere sollecitato. Frobel ha dimostrato il valore formativo del gioco. La fiaba, proprio come il gioco, può essere assunta nella metodologia e nella didattica. È conforme al bambino, risponde alla sua curiosità. Le fiabe, al contrario delle favole, non hanno finalità moralistiche, la cui nozione è ancora lontana dalla consapevolezza e alla maturità dei bambini. Amplificatori delle emozioni. In genere l'amplificazione è.prodotta da macchine, tuttavia anche l'uomo con il solo pensiero può amplificare, esagerare, ingigantire ciò che racconta oltre i limiti della normalità e del credibile. L'uomo non ha bisogno di strumenti di mediazioni meccaniche è lui che grazie alle sue capacità retoriche, manovra ed esagera la narrazione. La fiaba riesce ad amplificare stati d'animo e generare sorprese, a determinare ansie e paure, a creare aspettative di catastrofici eventi, ma anche incantare con una bacchetta magica che tutto risolve. L'arroganza del più forte. Bisogna ammettere che è l'adulto che sceglie la favola da raccontare arrogandosi il diritto di manipolare la richiesta del meraviglioso da parte del bambino; pretendendo anche di conoscere gli stati emotivi ed affettivi che lo stesso bambino non conosce. Per esempio, la morale della fiaba di Cap. Rosso per un adulto è certamente quella di non disobbedire alla mamma, ma questa nonÈ la stessa conclusione del bambino, che ha modi di interpretare diversi dall'adulto. L'invito quindi ad utilizzare la fiaba per fini didattici vale solo se poi non rappresenta una violenza per il pensiero del bambino. Compito dell'insegnante è quello di aiutare il bambino a ripercorrere la fiaba per riconoscere i momenti salienti e riportarli nella sua esperienza di vita attraverso processi di associazione, di valutazione, di interpretazione e di conquista di capacità critica. Il bambino nell'ascolto di una fiaba non coglie gli stessi significati dell'adulto, non utilizza gli stessi codici per spiegare, ma si avvale unicamente delle sue poche esperienze e delle sue fantasie. Il "c'era una volta..." del bambino è magia, incantesimo, sogno e solo da adulto sarà motivo di riflessione e di interpretazione razionale. Il genere giapponese: L'avvento del genere giapponese ha aperto le porte all
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Publisher
A.A. 2012-2013
13 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Sirignano Fabrizio Manuel.