Stadi della parodontite
I: parodontite lieve
II: parodontite moderata
III: parodontite grave
IV: parodontite avanzata
Passiamo alla parte più pratica per la classificazione. Per definire la stadiazione devo parlare, in ordine di importanza, di severità, complessità ed estensione della malattia.
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LA SEVERITÀ è condizionata da:
- perdita di attacco
- riassorbimento osseo
- perdita di elementi dentali
- Stadio I: in questo caso ho 1 o 2 mm di perdita di attacco interprossimale. Meno di 1/3 (15%) della radice ha perdita ossea e nessun dente perso per malattia parodontale
- Stadio II: ho da 2 a 5 mm di perdita di attacco, poi ho fra il 15 e 30% di perdita ossea e nessun elemento dentale perso
- Stadio III: perdita di attacco più di 5 mm, oltre il 33% di perdita ossea. Da 1 a 4 elementi dentali persi
- Stadio IV: perdita di attacco maggiore o uguale a 5 mm, ho circa il 50% o più di perdita ossea
GENERALIZZATA. Viene aggiunto anche un altro parametro che è lo schema o pattern molare-incisivo, presente solo nella classificazione più recente. Molari e incisivi centrali superiori sono i denti più colpiti soprattutto nella parodontite giovanile. Quindi in pazienti giovani. Quindi es: stadio I: non più di 2 mm di perdita di attacco, nessun dente compromesso, sondaggio inferiore a 3 mm e può essere localizzata o generalizzata.
GRADI: sulla base della velocità di progressione e i fattori di rischio
- A, lenta progressione, nessuna perdita di attacco nei 5 anni
- B, moderata, quella che si dà per default. Per facilità si dà sempre questo grado. Perdita di attacco inferiore a 2 mm in 5 anni.
- C, accelerata (perdita di attacco maggiore a 2,5 mm in 5 anni)
Quindi il grado si dà sulla base della perdita di attacco nei 5 anni precedenti.
MODIFICATORI DI GRADO: FUMO, DIABETE Es: se il paziente fuma più di 10
passo: valutare i fattori di rischio sistemici e locali che possono influenzare la gravità dellaparodontite. Questi possono includere il fumo, il diabete, la genetica, l'igiene orale, l'uso di farmaci,la malnutrizione, lo stress, l'età e il sesso.Quarto passo: stabilire un piano di trattamento personalizzato in base alla gravità del caso eai fattori di rischio identificati. Questo può includere la terapia parodontale non chirurgica, lachirurgia parodontale, la terapia antibiotica, la terapia laser, la terapia di mantenimento e laprotesi dentale, se necessario. Il paziente deve essere educato sull'importanza dell'igiene oralee sulle abitudini di vita che possono influenzare la salute parodontale.passo: poi determinano il grado, valutare i fattori di rischio
Quarto passo: identificare il piano di trattamento. Lo stadio 1 e 2 vengono trattati con un trattamento standard (può essere anche chirurgico, ma è più predicibile e non richiede l'intervento di altri colleghi), il livello 3 e 4 invece richiedono dei trattamenti più complessi e multidisciplinari es: protesi, funzionalizzazione, provvissori, rigenerazione delle creste ecc.
Parodonto 6/02/19 I e II parte
Riassunto scorsa lezione: "L'altra volta abbiamo visto la classificazione nuova della malattia parodontale, dei fattori prognostici a livello del sito, del dente e del paziente. Abbiamo insistito sui difetti ossei parodontali, abbiamo detto che negli anni 50' avevamo la classificazione di Goldman, che negli anni 90' c'è stata l'introduzione di una classificazione più recente scritta da Papano e Tonetti, e descriveva tutti i tipi di difetti ossei: sovraossei"
infraossei, inter-radicolari. Abbiamo i difetti sovraossei che sono orizzontali, se vediamo due denti di profilo il margine osseo tra i due denti non prevede mai nessuna componente al di sotto del margine, possiamo anche dire che I difetti sovraossei sono quelli in cui la base della tasca è coronale rispetto alla cresta alveolare; i difetti infraossei si distinguono per la collocazione apicale della base della tasca rispetto alla cresta alveolare residua e si classificano a loro volta in difetti intraossei e crateri. I difetti intraossei sono difetti ossei che coinvolgono solo un elemento dentale, mentre nei crateri il difetto interessa in misura analoga due superfici radicolari adiacenti. I difetti intraossei sono classificati in base alla loro morfologia in base alle pareti ossee residue in difetti ad 1, 2 e 3 pareti. I difetti inter-radicolari sono i difetti di forca, e possono essere di grado 1, 2 o 3.
1° Classe (o grado): perdita di tessuto parodontale in senso orizzontale
Inferiore ad 1/3• della dimensione del dente; la sonda, in genere, non penetra nella biforcazione più di 3mm.
2° Classe (o grado): perdita di tessuto parodontale in senso orizzontale che supera un• terzo della dimensione del dente, ma che non interessa tutta la biforcazione; la sonda penetra per più di 3 mm ma non è passante. È il grado peggiore.
3° Classe (o grado): perdita di tessuto parodontale in senso orizzontale "passante", che interessa cioè tutta la biforcazione.
Questi 3 gradi possono avere una componente verticale, A B o C, a seconda dell’estensione della componente verticale.
Una cosa importante da dire riguardo ai difetti infraossei è che spesso nella clinica vi capiteranno raramente denti che presentano un difetto a 3 pareti pure o a 2 pareti pure, ma spesso abbiamo dei difetti compositi, per cui una componente prevale rispetto all’altra, es. orizzontale>verticale.”"
È importante classificare i difetti ossei perché questi evolvono in maniera differente a seconda della loro anatomia, a seconda della loro struttura. Ci sono difetti intraossei a 2 o a 3 pareti, detti anche difetti angolari, hanno una evoluzione prognostica (cioè influenzano l'andamento della malattia) in modo più aggressivo rispetto ad un difetto sovraosseo, creano nicchie ed è più difficile rimuovere la causa. Quindi, un dente in cui possiamo riconoscere o clinicamente o radiograficamente un difetto infraosseo, ha una prognosi differente rispetto ad un dente che ha la stessa profondità di tasca ma non corrisponde ad un difetto intraosseo. La malattia parodontale nel primo caso può progredire molto più rapidamente, per cui la prognosi è peggiore. È importante quindi saperli diagnosticare. Vediamo l'aspetto terapeutico: Difetti sovraossei dal punto di vista chirurgico vengono approcciati con
lembi• d’accesso, gli open flap debridement, con diversi tipi di tecniche per la preservazione del tessuto sovra-crestale, ad esempio la modificazione della papilla, oppure la semplificazione della papilla, oppure il single flap approach.
Difetto intraosseo (con componente angolare, al di sotto della cresta): questi difetti possono potenzialmente essere approcciati con tecniche rigenerative, che hanno la finalità di ripristinare un nuovo legamento parodontale, nuovo cemento e nuovo osso alveolare proprio; in questo modo si cerca di risolvere la componente angolare e di ottenere un difetto sovraosseo.
Si fa l’esempio: si sonda 3 mm distale al 15, poi si va mesiale al 16 e si sonda 8 mm; ciò lascia presagire che in quel punto esista una componente infraossea di 5 mm. L’r(x) conferma la natura infraossea del difetto.
Sull’aspetto morfologico, il difetto può essere ampio o stretto, a seconda dell’angolo radiografico.
È importante conoscere la morfologia del difetto, oltre a sapere a quante pareti è, perché i difetti stretti hanno una capacità di essere rigenerati (=poter ricreare nuovo legamento, nuovo cemento e osso alveolare proprio) molto superiore rispetto ai difetti ampi, sono più favorevoli.
Qual è la misura per cui un difetto è ampio o stretto? Ci si ricollega all'angolo radiografico di un difetto infraosseo, che è l'angolo formato da due linee, una passante per la superficie radicolare del dente, e l'altra passante per la parete interna del difetto.
Angolo ampio (> 35°): meno facile da rigenerare.
Angolo stretto (tra 0° e 35°): più favorevole.
Difetto "ideale": a 3 pareti e stretto. Perché? Perché, se la finalità è rigenerare il difetto, ho bisogno di fonti cellulari in grado di colonizzare il coagulo che si forma all'interno del difetto, e permetter così la rigenerazione.
Le tecniche rigenerative parodontali nascono negli anni '70, fortemente proposte e guidate dalla scuola svedese, e in particolare da Niemann. Originariamente, la terapia rigenerativa prevedeva l'utilizzo, e lo prevede tutt'oggi, di una membrana. Quella che viene definita GTR: rigenerazione tissutale guidata, "Guided tissue rigeneration". In questa tecnica viene usata una membrana che, una volta aperto il lembo, è capace di isolare il difetto, stabilizzare il coagulo e favorire la formazione di nuovi tessuti capaci di rigenerare il difetto stesso.
rigenerazione dScarica il documento per vederlo tutto.
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