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Angolo di attrito e densità relativa del terreno
Mettiamo l'angolo di attrito che stimiamo dalle prove in situ, dove non si tiene troppo conto di questi fenomeni legati alla dipendenza dallo stato tensionale (implicitamente considerata nella stima della densità relativa, l'angolo di attrito è di fatto una funzione della densità relativa). Questo va quasi sempre bene perché i coefficienti di capacità portante crescono moltissimo con l'angolo di attrito del terreno quindi quando andiamo su una sabbia in genere abbiamo capacità portanti elevatissime, che raramente sono un problema per il carico limite. Se vogliamo fare un'analisi più raffinata potremmo considerare che l'angolo di attrito dipende dalla densità relativa ma anche dal livello tensionale applicato sul terreno -> relazione di Bolton. Ci dà l'angolo di attrito del terreno sabbioso = all'angolo di attrito del terreno in condizioni di stato critico, angolo di attrito di picco del terreno.
(l'angolo di attrito è in genere superiore all'angolo di attrito distato critico per effetto della densità, più il terreno è denso più l'angolo di attrito mostra un picco di ammorbidimento) che rispetto all'angolo di attrito ultimo è più grande, di una quantità che cresce con la densità relativa e si riduce con la tensione applicata sul terreno. Si può calcolare quindi con questa relazione il carico limite, dove il termine P'f rappresenta lo stato tensionale medio del terreno agente sotto la fondazione in condizioni di rottura, quindi dovrei fare un'applicazione ciclica di queste 3 relazioni. Posso partire da una stima dell'angolo di attrito fi in funzione della densità relativa che ho ricavato dalle indagini in situ, mi calcolo un valore di qlim poi calcolo con questo il P'f, lo introduco nella relazione di fi e mi calcolo il nuovo angolo di attrito con il quale vado acalcolare nuovamente qlim e pf ecc, iterando questo processo ho un valore di qlim. Ma stiamo parlando di valori di qlim molto alti e magari stiamo applicando dei carichi in fondazione molto più bassi, quindi non ha senso andare a sofisticare la cosa. Dunque in sintesi nelle sabbie ricaviamo l'angolo di attrito dalle indagini in situ. Richiamo alle prove in situ-- > ho fatto prova SPT e posso usare la relazione che mi dava in funzione della tensione verticale efficace e del numero di colpi della prova spt, il valore della densità relativa. Poi vado nel grafico di Schmertman, entro con la densità relativa e con il tipo di terreno e ricavo un valore dell'angolo di attrito del terreno. Oppure se ho fatto delle prove CPT (penetrometriche coniche) entro nel diagramma di Bowles, metto il valore della resistenza del cono in Mpa in funzione della tensione verticale efficace, ricavo la densità relativa vado in Schmertam e dal tipo di terreno, come prima.ricavare i coefficienti di capacità portante Nq e Ngamma, ipotizzo la posizione della falda, e calcolo il qlim. Adesso dobbiamo estendere la relazione a casi diversi da quelli delle ipotesi in cui è stata ricavata. Iniziamo con il rimuovere l'ipotesi di carico verticale centrato. Potrebbe accadere che data una fondazione di lati B ed L (pensiamo ad un plinto rettangolare) succede spesso che il carico non sia centrato (ad esempio nel vincolo alla base del telaio abbiamo di solito una coppia e quindi un'eccentricità della forza). Doppia eccentricità, una lungo B e una lungo L. Come ci comportiamo? Consideriamo una fondazione ridotta cioè facciamo il calcolo come se la fondazione, ai fini del calcolo, avesse delle dimensioni ridotte che si ottengono togliendo a B ed L due volte i valori delle eccentricità. Cosa comporta? Che per questanuovafondazione di calcolo la forza è centrata. Quindi la semplificazione che stiamo introducendo ci dice che seabbiamo un carico eccentrico studiamo la fondazione per la quale il carico è centrato. Se avessimo unatrave di fondazione (L infinitamente lungo) significherebbe andare a considerare una trave di fondazione dibase B-2Eb. Questo è vero in funzione anche delle varie forme della fondazione, diciamo che ci possiamoriferire alla fondazione rettangolare anche se abbiamo fondazioni ad esempio circolari o ellittiche ecc (masono casi molto particolari). Che succede se la fondazione non è nastriforme (non ha L infinita)? Andiamo acorreggere i 3 termini della formula, con un coefficiente correttivo (zeta) e calcoliamo i terminiconsiderando i lati B ed L della fondazione (che se abbiamo eccentricità sono diventati B' e L'). in questitermini correttivi possiamo notare che se L tende a infinito, i termini correttivi tendono ad 1 e torniamoAlla relazione per la fondazione nastriforme. Se L invece è un numero finito, prossimo a B, abbiamo questi termini correttivi che ci danno (Zq e Zc) un incremento cioè significa che il fatto di avere una fondazione di lunghezza finita invece che nastriforme produce un aumento dei termini di resistenza Q e C. Questo perché? Perché entra in campo un effetto tridimensionale (la formula di prima era ricavata in ipotesi di deformazione piana) se L è finito al di fuori della fondazione non c'è più il meccanismo di collasso quindi nasce un'interazione tra il terreno al di sotto della fondazione e il terreno al di fuori dell'area di impronta, quello al di fuori dell'area di impronta in particolare si oppone alla generazione del meccanismo con degli sforzi tangenziali. Il termine zetaGamma compare con il segno meno perché l'aver ridotto la fondazione da un nastro a un rettangolo, ha rimosso anche il carico che agiva
Lateralmente e ai fini della determinazione del peso proprio giocava un ruolo positivo, le tensioni laterali generalmente aumentavano lo stato tensionale del terreno sotto la fondazione quindi averlo rimosso significa aver tolto un po' di tensione normale, che è un effetto benefico sulla resistenza della fondazione e questo è il motivo per cui c'è il segnomeno. Cosa succede poi se abbiamo un carico inclinato e non più verticale (es carichi orizzontali ad esempio alla base dell'incastro, cosa che può avvenire in condizioni statiche ma anche e soprattutto in condizioni di sisma. La risultante delle azioni può generare un angolo delta rispetto alla verticale. Andiamo a correggere i tre termini della formula monomia andando a moltiplicare ciascuno di essi per un coefficiente correttivo indicato con csi. I valori dei coefficienti correttivi vanno valutati attraverso le relazioni che variano per i tipi di terreno. Se il terreno è
carico orizzontale qh ma sulla componente unitaria del carico verticale qlim. Quindi, per il terreno coesivo-attritivo, calcoliamo i tre termini correttivi: csi gamma, csi q e csi c. Il termine csi gamma tiene conto dell'effetto della coesione c' e dell'angolo di attrito fi' del terreno. Il termine csi q tiene conto dell'effetto del carico orizzontale qh. Il termine csi c tiene conto dell'effetto della coesione c' del terreno. Questi termini correttivi vengono moltiplicati per il qlim per ottenere il carico limite qlim corretto.né a L, allora dobbiamo calcolare la proiezione di questa componente orizzontale sulla direzione di B e sulla direzione di L e sommare i due risultati. In generale, il valore di m dipende dall'orientamento della forza rispetto ai lati B e L della fondazione.né a L ma forma un angolo teta (adesempio con la L) calcoliamo la m come mteta come composizione dei 2 precedenti. Se abbiamoun'inclinazione dei piani (del piano di posa e del piano campagna) calcoliamo ancora una volta deicoefficienti correttivi che nel caso specifico si chiamano Beta (per il coefficiente di inclinazione del pc) e Alfa(per quelli del piano di posa della fondazione). Calcoliamo questi coefficienti e li moltiplichiamo ciascunoper il termine di riferimento. Quindi per effetto di questi si riducono i valori del carico limite. In definitivaquindi la formula trinomia per effetto di tutti questi coefficienti correttivi diventa la Formula Trinomia diBrinch Hansen. Quindi noi dobbiamo vedere la nostra fondazione, i lati B ed L, valutare se ci sonoeccentricità ed eventualmente valutare B' e L', applicare tutti i coefficienti correttivi del caso (se il pc epiano di posa sono orizzontali, alfa e beta valgono 1 quindi non vanno messi).
All'inizio abbiamo detto che questa relazione era ricavata per il caso di rottura generale (quello in cui il terreno era sufficientemente incomprimibile da far sì che la rottura si materializzasse con superfici di scorrimento e con il refluimento laterale). Può accadere che il terreno non sia così rigido e poco comprimibile, può succedere che sia comprimibile; in questo caso, che si fa? Si può operare in vari modi. Un modo potrebbe essere quello di andare a valutare i coefficienti correttivi (chiamati con la lettera psi) che tengono conto del fatto che la rottura potrebbe non essere generale, ma potrebbe dar luogo a punzonamento o a rottura locale. Guardiamo il diagramma in cui abbiamo sulle ascisse la densità relativa del terreno (concetto che ci consente di dire se un terreno tende alla configurazione sciolta o alla configurazione densa) e sulle ordinate abbiamo la profondità relativa della fondazione, ovvero il rapporto tra.L'affondamento della fondazione rispetto al piano campagna (D) e la larghezza della fondazione (B). Generalmente, se abbiamo una trave di fondazione B è la larghezza, mentre quando abbiamo un plinto rettangolare, B è in genere il lato corto della fondazione sul quale si materializza la rottura. Quindi D/B è l'affondamento relativo, ovvero la differenza tra l'affondamento della fondazione e la sua larghezza.