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A
E E
b a a
b
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Un modello diverso è quello di Charcot, che sviluppa uno schema che connette i centri
corticali dell'elaborazione sensoriale coinvolti nell'elaborazione orale e scritta di parole. In
pratica prevede un centro ideativo, in cui sono contenuti i concetti, e numerosi centri
diversi (centro grafico/motorio, centro visivo, centro uditivo e altri) nei quali il concetto
viene elaborato in modi diversi. Tuttavia l'esistenza di questi centri non è stata verificata, e
la loro localizzazione è solo sommaria.
Un modello di lettura e scrittura più diffuso è quello di Dejerine; egli si concentra prima su
un paziente che presenta alessia con agrafia (lesione al giro angolare, punto di incontro tra
lobo temporale e parietale al termine della scissura silviana), e in seguito su un paziente con
alessia pura (cecità corticale dell'emisfero sinistro: le informazioni arrivavano, ma non
potevano essere elaborate. In più la lesione colpiva le fibre caudali del corpo calloso,
impedendo alle informazioni visive elaborate nell'emisfero destro di raggiungere l'emisfero
sinistro.).
Il primo caso lo portò a pensare a un centro dell'elaborazione delle informazioni verbali e
ortografiche localizzato proprio a livello del giro angolare, ma il secondo paziente smentì
questa sua ipotesi, mostrando solo un deficit di lettura e non di scrittura. Quindi egli si trovò
di fronte al problema di un sistema molto più complesso.
Il giro angolare è il centro della memoria visiva delle parole, il punto in cui le parole
visualizzate ed elaborate giungono dopo l'elaborazione occipitale; essendo il linguaggio
lateralizzato a sinistra, le informazioni dovranno raggiungere il giro angolare sinistro. Da
qui le informazioni riguardanti la parola devono raggiungere il centro della memoria
uditiva (perché anche Dejerine sostiene che il linguaggio scritto è secondario e dipendente
da quello orale) e poi, attraverso la capsula esterna, il centro motorio articolatorio (se si
vogliono produrre parole) o il centro motorio della scrittura (se si vuole scrivere le
parole). Questo modello poteva spiegare in che modo potessero verificarsi i diversi deficit,
anche in forma dissociata.
In pratica, ogni emisfero ha un'area per l'analisi uditiva (parole udite, aree parietali) e
un'area per l'analisi visiva (parola scritta, aree occipitali). Secondo Dejerine l'emisfero
destro di ogni individuo è “cieco” per quanto riguarda il linguaggio: le informazioni visive,
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una volta analizzate, vengono inviate all'emisfero sinistro, quelle uditive non vengono
utilizzate (specificità dell'emisfero sinistro). Nell'emisfero sinistro troviamo quindi una
memoria uditiva delle parole (centro della memoria uditiva) e una memoria visiva delle
parole (giro marginale). Tra questi due centri, sostiene Dejerine, c'è un continuo scambio di
informazioni. Le ultime aree coinvolte nel processo, sempre e solo nell'emisfero sinistro,
sono il centro motorio dell'articolazione delle parole (parola articolata) e il centro motorio
della scrittura delle parole (parola scritta). Dejerine prevede quindi due sistemi paralleli e
lateralizzati a sinistra, il cui punto di contatto avviene tra centri di memoria di parole viste o
udite. L'alessia pura avviene nel momento in cui non avviene l'analisi visiva a livello
bilaterale o nel momento in cui non avviene la comunicazione tra le aree occipitali e il giro
angolare (la memoria visiva delle parole). L'alessia con agrafia, invece, avverrebbe a causa
di una lesione a livello del giro angolare: non è possibile scrivere perché è deficitaria la
memoria visiva della parola.
Tuttavia il modello di Dejerine presenta dei limiti secondo Marshall e Newcombe: il
modello non è in grado di spiegare alcuni fenomeni che si osservano nei deficit di lettura.
Ad esempio non riesce a spiegare:
• effetti di classe grammaticale, per i quali alcune persone possono leggere nomi,
aggettivi, verbi o alcuni avverbi (parole contenuto) ma non possono leggere
preposizioni, congiunzioni o articoli (funtori), o viceversa;
• effetto di concretezza, alcuni soggetti possono leggere parole riferite a elementi
concreti ma non parole riguardanti elementi astratti e viceversa;
• paralessie semantiche, in cui il soggetto compie errori lessicali mantenendo una
buona coerenza lessicale (invece di leggere “gatto” legge “micio”);
• effetti lessicali, come quelli di frequenza d'uso o età di acquisizione.
Nessuna di questa ipotesi è compatibile con il modello di Dejerine.
Altro limite del modello è il fatto che non tiene conto della regolarità ortografica, in
quanto si potevano osservare dei pazienti in grado di avere buone prestazioni sulle parole
regolari e cattive prestazioni con quelle irregolari, o viceversa. Infine, il modello non
considera il fatto che possiamo leggere delle stringhe non lessicali di lettere: sono stati
infatti osservati casi di dissociazione tra lettura di parole e di non parole, difficilmente
spiegabili con un modello simile.
Nei sistemi alfabetici regolari, come l'italiano, si ha una corrispondenza tra caratteri e
suoni della lingua; noi possiamo quindi leggere e scrivere in modo segmentale, ovvero per
applicazione di regole di conversione tra grafema e fonema. In italiano, infatti, possiamo
leggere e scrivere parole che non abbiamo mai sentito.
Se ci troviamo invece in un caso di trascrizione irregolare, la pronuncia o l'ortografia non
sono ricavabili mediante regole di conversione. Lettura e scrittura, quindi, si basano su
conoscenze lessicali.
Anche le lingue con ortografia regolare come l'italiano, però, hanno comunque un certo
numero di ambiguità di trascrizione:
• in lettura, posizionando l'accento in maniera diversa nelle parole di tre o più sillabe
(gondola e mentolo hanno lo stesso numero di sillabe, ma si pronunciano con accenti
diversi);
• in scrittura, in quanto scriviamo ad esempio “aglio” ma non “oglio”, “cena” e
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“cielo” e altre parole ancora.
Modelli cognitivi della lettura e dislessie acquisite
Tra i modelli cognitivi della lettura troviamo diverse ipotesi; il primo modello prevede una
procedura sub-lessicale che si fonda sulla conoscenza di regole di conversione ortografica-
fonologica. Si osservano tre componenti di questa procedura in sequenza:
• segmentazione grafemica, a livello visivo la parola viene divisa nelle sue
componenti ortografiche;
• traduzione nei corrispondenti fonemi dei diversi segmenti percepiti;
• assemblaggio della serie di fonemi nella forma fonologica corrispondente.
Questa procedura permette di leggere parole ad ortografia regolare e stringhe ortografiche
non lessicali (non parole); tuttavia non permette di spiegare come mai leggiamo parole non
regolari con la loro giusta pronuncia (“dear” e “heart” si pronunciano diversamente, ma
sono scritte sempre con la componente ortografica “ea”).
Quindi è stata ipotizzata una seconda procedura lessicale, basata sull'esistenza di
magazzini che contengono le parole note ad un soggetto. Avremmo quindi un lessico
ortografico di entrata (magazzino subito successivo all'analisi visiva, che mi consente
l'accesso al sistema semantico e cognitivo, il secondo magazzino) e un lessico fonologico
d'uscita (terzo magazzino, che precede l'articolazione delle parole).
Questa seconda procedura ci permette di leggere sia parole regolari che parole irregolari, ma
non ci permette di leggere le non parole (perché non inserite in nessun magazzino). La
lettura è più veloce in questo caso, perché non deve avvenire la conversione tra grafema e
fonema, ma avviene il riconoscimento rapido di parole conosciute.
Integrando i diversi modelli otteniamo quello che viene definito modello di lettura a due
vie; a monte e a valle delle due vie questo modello prevede un'analisi visiva ortografica
(entrata) e un buffer fonologico (uscita).
Serve un modello a due vie perché i soggetti normali leggono sia parole irregolari che non
parole, ma serve anche per spiegare le dislessie acquisite.
Viene detto modello a due vie proprio perché ipotizza due vie parallele coinvolte nella
lettura di parole o non parole:
• la prima via (via sub-lessicale) passa dall'analisi visiva alla conversione
ortografico-fonologica, per poi arrivare al buffer fonologico e all'articolazione della
risposta (primo modello);
• la seconda via (via lessicale), invece, prevede un'analisi visiva seguita da un lessico
ortografico di entrata, che consente l'accesso alle conoscenze concettuali. Queste
conoscenze, una volta attivate, ci permettono di accedere al lessico fonologico
d'uscita, che a sua volta precede il buffer fonologico e l'articolazione della risposta
(secondo modello).
Nelle lingue con ortografia regolare prevale un apprendimento iniziale di regole di
conversione grafema-fonema: in pochi mesi il bambino può leggere parole e non parole
ma senza un accesso diretto al significato di tali parole. In seguito, si ha un progressivo
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passaggio a una procedura più lessicale, più rapida e con accesso diretto al significato.
Nelle lingue con ortografia irregolare, come l'inglese, prevale invece un apprendimento per
via lessicale, che è un procedimento più lento e che riguarda prima di tutto le parole con alta
frequenza d'uso. Con il tempo il bambino poi apprende anche la lettura sub-lessicale (che
riguarda nomi propri, non parole o parole note ma mai lette prima).
Il modello a due vie, come abbiamo detto, è in grado di spiegare le dislessie acquisite;
pazienti che presentavano un deficit nella conversione ortografico-fonologica erano incapaci
di compiere la lettura segmentale, mostrando quella che venne chiamata dislessia
fonologica (non si leggono le non parole, il resto si grazie all'altra via). Pazienti che invece
presentavano deficit relativi a uno dei tre magazzini della seconda via non erano in grado di
compiere la lettura lessicale, manifestando dislessia superficiale (lettura di parole regolari e
non parole, ma non di parole irregolari).
Quindi la dislessia fonologica è un danno della via sub-lessicale, che non consente la lettura
di non parole ma permette la lettura di parole regolari e irregolari. Nella dislessia
superficiale il danno è alla via lessicale, viene risparmiata la lettura di parole regolari e di
non parole ma non la lettura di parole irregolari (che vengono lette come se fossero
regolari). Gli effetti di frequenza d'uso, classe grammaticale o altri effetti simili si
riscontrano solamente nella dislessia fonologica, non in quella superficiale. Un dislessia
superficiale, i