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MORFOLOGIA
La morfologia si occupa dei meccanismi che regolano la struttura interna delle parole
e l’unità d’analisi fondamentale è il MORFEMA, ovvero ciascun elemento dotato di
significato di cui si compongono le parole. Della morfologia distinguiamo:
1. Morfologia Flessiva: che esplora i processi di modifica interni al lessema e la
variazione delle parole in tutte le sue forme possibili. È caratterizzata dalla
compresenza di uno strato più antico flessivo ereditato dal latino. Nella
transizione latino-italiano, osserviamo una trasmigrazione dalla morfologia
flessiva alla morfosintassi. Un esempio di ciò è la perdita del sistema dei casi,
che consentiva al latino di fondere in un’unica parola genere, numero e ruolo
sintattico. I diversi parametri di variazione di un lessema ne determinano il
Paradigma flessionale, che può contenere due o più caselle; ad esempio, il
paradigma di un nome può contenere singolare/plurale, mentre quello di un
aggettivo maschile-femminile/singolare-plurale;
2. Morfologia nominale: nei nomi inanimati,
(variazione in numero e genere)
l’assegnazione del genere è arbitraria, immotivata, nel senso che non ci sono
ragioni particolari di significato per cui sole sia maschile e luna femminile. Il
genere, dimostrato anche da altre lingue, non è semanticamente motivato.
Osserviamo, rispetto al latino, la perdita del neutro; rispetto alle altre lingue, la
formazione del plurale non avviene con l’aggiunta di un morfema, ma tramite la
modifica del morfema (can-e can-i). Per quanto riguarda i pronomi
personali, il sistema, è caratterizzato da paradigmi complessi, che prevedono
i pronomi tonici
forme distinte in base alla funzione sintattica. Avremo infatti
(morfemi liberi) i pronomi clitici
che sono caratterizzati da un accento proprio;
(morfemi semiliberi), invece, devono appoggiarsi foneticamente alla parola che
li precede o che li segue.
3. Morfologia verbale: nei verbi sono soggetti
(variazione nel tempo, modo, persona)
a flessione il tempo, il modo, la persona ed è codificato il numero attraverso la
distinzione fra le persone singolari e plurali. Il participio presenta una
morfologia sia di tipo verbale che di tipo nominale. La struttura morfologica di
un verbo, ci permette sin da subito di individuare due tipi di morfemi: lessicale
e grammaticale; infatti alla radice lessicale, seguono le vocali tematiche che ci
fanno distinguere le classi di coniugazione, il tempo, il modo e la persona. I
modi in italiano sono 7. Quattro di questi sono finiti: indicativo, congiuntivo,
condizionale, imperativo e caratterizzati da un sistema di flessione personale.
Tre di questi sono infiniti: infinito, gerundio, participio e privi di flessione
personale. Questi modi ci permettono di individuare l’atteggiamento del
parlante nei confronti dell’enunciato. La modalità può anche essere espressa
anche con mezzi lessicali o mimico-gestuali. La morfologia verbale rappresenta
anche le relazioni temporali; abbiamo quindi un tempo fisico, che è misurabile. I
il momento dell’avvenimento (MA),
tempi verbali specificano se si collochi
prima, durante o dopo un certo punto di riferimento. Il primo tempo di
il momento dell’enunciazione (ME)
riferimento è e i tempi descrivibili con un
solo punto di ancoraggio, appunto (ME) sono chiamati deittici (presente,
passato prossimo, passato remoto, futuro semplice). Invece, i tempi
deittico-anaforici richiedono un ancoraggio doppio. Si collegano a ME e MR
(momento di riferimento). L’italiano ha 4 tempi deittico-anaforici: trapassato
prossimo, remoto e futuro anteriore che indicano anteriorità rispetto al tempo
deittico; condizionale passato che indica posteriorità rispetto al tempo deittico
di riferimento.