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MISURE DI SPOSTAMENTO E DIMENSIONALI
1. POTENZIOMETRI RESISTIVI: consistono di un elemento resistivo con un contatto
mobile, l’elemento resistivo è alimentato con corrente
continua o alternata. Ne esistono diverse tipologie a
seconda dello spostamento che rilevano, distinguiamo
tra traslazionali e rotazionali.
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO: l’elemento resistivo
è alimentato e la tensione di uscita è
idealmente una funzione lineare dello
spostamento in ingresso.
Ai terminali del circuito si legge la
tensione in uscita. Il caso ideale vede
una risposta lineare, dunque la
tensione in uscita e rispecchia
0
fedelmente il movimento in ingresso x .
i
Tuttavia il caso reale mostra la non effettiva linearità
della risposta, infatti interviene l’effetto di carico dovuto all’inserimento dello
strumento di misura stesso tra i capi del circuito. Dunque alla resistenza del
potenziometro R si aggiunge anche la resistenza dello strumento di misura R : nel
p m
caso reale esso era irrilevante (R /R =0), nel caso reale la relazione ingresso/uscita
p m
diventa: da cui si nota subito che per ottenere una
buona linearità occorre scegliere, a R fissata
m
perché dovuta allo strumento esterno, un
potenziometro di resistenza sufficientemente bassa in
relazione a R . Tuttavia un potenziometro a resistenza
m
bassa avrà anche bassa sensibilità (la sensibilità dipende
da tensione massima, corrente, potenza massima,
corsa); si potrebbe ovviare aumentando la tensione di
eccitazione, ma ogni potenziometro ha un proprio
limite di potenza dissipabile. Dunque si deve fare un
compromesso fra sensibilità ed effetti di carico. In alternativa potenziometri con
maggiore sensibilità sono quelli multigiro. La risoluzione è invece influenzata dalla
tipologia dell’elemento resistivo che può essere a singolo filo, a spira, a strato.
I potenziometri a singolo filo permettono di avere una variazione di resistenza
continua, ma la resistenza è limitata dalla lunghezza limitata dell’elemento resistivo,
si potrebbe diminuire il diametro del filo ma si incapperebbe in problemi di usura e
riscaldamento del filo.
I potenziometri a spire sono costituiti da un
avvolgimento di filo per avere una
resistenza elevata in poco spazio; tuttavia
la variazione di resistenza non è continua e
lineare (uscita a gradini) ma procede a
piccoli passi che sono dovuti al saltellare del
cursore da un filo al successivo. Inoltre il cursore non deve
toccare due spire vicine, dunque la risoluzione è limitata. Rispetto ai potenziometri a
singolo filo si ha maggiore resistenza e vita più lunga, anche una risoluzione
maggiore; sono però sensibili alla temperatura e sopportano correnti minori
attraverso il cursore, inoltre la risposta è a gradini e non lineare.
I potenziometri a strato (elementi di
CERMET o plastica conduttiva) sono
costituiti da una superficie liscia a
contatto con il cursore che determina
una risoluzione teoricamente
infinitesima. Tuttavia la risoluzione
non può essere misurata perché la
derivazione delle relazioni in/out sono casuali.
2. LVDT: trasduttori di spostamento a trasformatore differenziale. Costituiti da un tubo
al cui interno viene inserita un’asta non magnetica cui è attaccato un nucleo ferroso.
Attorno al tubo ci sono tre avvolgimenti di filo conduttore: uno detto primario (in cui
entra la corrente di
alimentazione) e gli altri
due detti secondari (da
cui si legge l’uscita). Il
movimento del nucleo
ferroso produce una
mutua induttanza negli
avvolgimenti, per
ognuno l’intensità sarà
differente e dunque l’ampiezza dell’uscita diventa una funzione praticamente lineare
della posizione del nucleo. C’è inoltre una posizione, detta di zero, in cui l’uscita
globale è nulla e si ottiene disponendo gli avvolgimenti secondari in serie e in
opposizione (controserie). Ogni volta che il nucleo ferroso attraversa la posizione di
zero l’uscita viene sfasata di 180 gradi. L’uscita è una sinusoide cui ampiezza è
proporzionale al movimento del nucleo, collegando un voltmetro che legga la
tensione di uscita si può tarare in modo da avere una lettura in unità di movimento.
Tuttavia un tale strumento non è sensibile allo sfasamento del passaggio per la
posizione di zero perdendo dunque l’informazione sulla direzione in cui si muove il
nucleo. Per ovviare a ciò si deve usare un demodulatore (che sfrutta diodi, corrente
in una sola direzione) per poi filtrare mediante filtro passa basso che elimina tutte le
frequenze prodotte dalla modulazione: .
3. STRUMENTI ELETTRO-OTTICI:
La sonda consiste di un fascio di fibre ottiche di trasmissione e di ricezione cui
disposizione è solitamente random. Le fibre di trasmissione vengono esposte ad una
sorgente luminosa e portano la luce fin sulla punta della sonda, dove la luce viene
emessa e riflessa sulla superficie bersaglio. La luce riflessa viene raccolta dalle fibre di
ricezione, convogliata e trasmessa al fotorilevatore che produce un’uscita legata alla
distanza del bersaglio dalla sonda.
Il laser è un diodo cui luce viene raccolta da una lente
focalizzante, che concentra la luce sul corpo target in un
punto. All’impatto con il corpo la luce si distribuisce per
diffusione e torna indietro in tutte le direzioni. Uno di
questi fasci luminosi viene raccolto da una seconda lente
che rimanda il fascio luminoso ad un fotodetector ad
effetto laterale.
L’array consiste in un fascio luminoso che colpisce il bersaglio creando zone di luce e
zone di ombra. La luce viene intercettata da una lente che focalizza la luce sull’array
(è una sorta di fotocamera) che registra le zone di ombra e di luce. La dimensione
dell’ombra
corrisponde alla
demensione del
target.
4. TRASDUTTORI CAPACITIVI: si può sfruttare la traslazione o rotazione per creare una
capacità variabile. La capacità è funzione dell’area delle armature e della distanza tra
di esse (che corrisponde allo spostameto da misurare), dunque è
possibile intervenire su queste variabili singolarmente in base alla
necessità. In particolare, quando il movimento è di ampiezza relativamente elevata,
la distanza viene mantenuta costante e si varia l’area muovendo una faccia parallela
all’altra. Per movimenti più piccoli si mantiene l’area costante e si varia la distanza tra
le armature. Il campo utile è circa uguale al valore nominale del gap tra le armature.
Le variazioni di capacità non sono direttamente utilizzabili, occorre tradurle in segnali
elettrici da inviare ad un oscilloscopio o scheda di acquisizione. Per configurazioni
atte a campi di misura estesi, la capacità è lineare con lo spostamento. Per
configurazioni con fondo scala più limitato la variazione di capacità è legata a una
variazione dello spostamento che sta a denominatore, per ottenere un’uscita lineare
si applica una corrente costante che fornisce una tensione costante che sarà quindi
proporzionale allo spostamento; tuttavia occorre in questo caso un demodulatore
sensibile alla fase e un filtro passa-basso.
5. TRASDUTTORI PIEZOELETTRICI: sfruttano materiali piezoelettrici che hanno la qualità
di generare cariche elettriche quando vengono deformati. La carica prodotta è
direttamente proporzionale alla forza che la produce. La generazione di cariche è
però un processo dinamico, il materiale deve essere deformato continuamente per
generare cariche, il che vuol dire che la risposta in frequenza ha un limite inferiore.
6. TRASDUTTORI A CORRENTI PARASSITE: lo strumento è costituito da un ponte di
Weathstone cui è collegata una sonda
e in uscita un demodulatore e filtro
passa-basso. La sonda contiene due
avvolgimenti, uno attivo che viene
influenzato dalla presenza del target
conduttore, l’altro di compensazione
completa il ponte e compensa gli
effetti di temperatura. Il ponte è
alimentato in corrente alternata.
Dall’avvolgimento attivo le linee di flusso magnetico passano nel bresaglio
conduttore, sulla cui superficie si generano delle correnti parassite (che ruotano in
modo da opporsi al campo magnetico che le ha create), esse ad una certa profondità
diventano trascurabili quindi occore dimensionare appositamente il target perché la
sonda riesca a coprire tutto il target. Quando il target si avvicina al sensore, le
correnti aumentano così che si modifica l’impedenza dell’avvolgimento attivo e si
sbilancia il ponte. La tensione viene demodulata, filtrata e si produce così un’uscita
proporzionale allo spostamento.
7. ENCODERS: sono trasduttori digitali che rilevano traslazioni e rotazioni. Ne esistono
di diversi tipi: tachimetrici, incrementali e assoluti.
Quelli tachimetrici sono costituiti da un disco inciso, una luce colpisce il disco e
quando l’incisione viene attraersata dalla luce questa arriva ad un sensore ottico.
Questi encoders hanno un unico segnale di uscita (poiché
hanno una sola pista di incisioni) che consiste in una
successione di impulsi generato per ogni incremento di
spostamento. Ogni impulso viene registrato da un contatore,
si avranno tanti impulsi quante sono le incisioni. Questo
sensore è utilizzato solo quando la direzione non viene
invertita, infatti se lo spostamento avviene in direzione
opposta l’impulso verrà
comunque generato e contato,
causando errori.
Per risolvere tale problematica, si adoperano encoders incrementali che adottano
più piste di incisioni; il segnale in uscita avrà allora più tracce, di
cui una potrebbe ad esempio dare un impulso ogni giro fatto, le
altre due sono sempre sfasate per poter capire quale varia
prima, così da intuire il verso dello spostamento. Tuttavia il
rumore elettrico
causa errori che
vengono mantenuti fino allo
spegnimento che causa anche perdita
dei dati.
Gli encoders assoluti sfruttano un disco ricoperto da una pellicola nera che viene
incisa per creare alternanza di zone luminose e zone oscurate.
Leggono dunque tracce multiple in parallelo (le n piste vengono
lette da n fotorilevatori differenti) per produrre una
rappresentazione binaria della posizione angolare del rotore. Il
vantaggio è che dato il collegamento univoco tra rotore e
codice binario i dati di posizione sono conservati anche quando
manca
l’alimentazione, tuttavia il
rumore elettrico transitorio
causa solo un errore anche esso
transitorio nella misura.
MISURE DI VELOCITÀ
1. TRASDUTTORI DI PROSSIMITÀ