Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FOTOMOLTIPLICATORE
Una volta che lo scintillatore ha prodotto il lampo di luce, questo deve essere rivelato in modo
tale da misurarne l’energia totale (che si assume essere pari all’energia persa dal fotone
incidente) e la posizione dell’interazione. Il sistema utilizzato a tale fine è stato introdotto da Hal
Anger nel 1958. Sebbene da allora ci siano stati notevoli progressi nell’affinamento del metodo,
il principio di funzionamento è ancora quello da lui proposto, al punto da denominare tale
rivelatore Anger camera. Accoppiati in stretta contiguità con la parte posteriore del cristallo
consistono in fotocatodo e catena di dinodi. Nel fotocatodo il lampo di luce viene convertito per
fotoemissione in elettroni mantenendo la proporzionalità tra energia luminosa e numero di
elettroni strappati al fotocatodo. Nei dinodi, posizionati in serie e mantenuti ad una differenza
di potenziale elevata e costante per mezzo di un alimentatore, viene amplificato il segnale: gli
elettroni che giungono al primo dinodo del PM vengono accelerati dal campo elettrico verso il
secondo dinodo dove collidono producendo l'emissione secondaria di altri elettroni che a loro
volta vengono accelerati verso il terzo dinodo e così via (Moltiplicazione del fascio elettronico). In
tal modo si produce una moltiplicazione a cascata degli elettroni che, all'uscita, vengono trattati
come un impulso di corrente elettrica. Viene rispettata la proporzionalità tra l'intensità
dell'impulso luminoso e l'ampiezza del segnale elettrico.
Spesso tra scintillatore e fotomoltiplicatore è presente una guida di luce, cioè del grasso ottico
che armonizza i due indici di rifrazione tra scintillatore e fotomoltiplicatore per evitare
dispersione di luce.
AMPLIFICATORE
Ha il compito di leggere l’impulso e trasformarlo in tensione: produce un fronte ripido che
contiene alte frequenze ed un segnale lento (fenomeno pile up). Grazie al shaping amplifier si
cambia forma all’impulso.
CIRCUITI DI ELABORAZIONE
-circuito di localizzazione spaziale, che determina dove é avvenuta l'interazione del raggio
gamma nel cristallo: La scintilla di luce viene "vista" da ciascun fotomoltiplicatore con una
intensità inversamente proporzionale alla distanza dello stesso dal punto ove è avvenuta la
scintillazione nel cristallo. Per fotoemissione, la luce viene convertita in elettroni. Questo piccolo
segnale elettrico viene amplificato dal fotomoltiplicatore ed elaborato da appositi circuiti in
grado di localizzare l'origine dell'evento. In pratica, poiché l'ampiezza del segnale in uscita dal
PM è inversamente proporzionale alla distanza tra il centro del fotocatodo e il punto del cristallo
dove è stata prodotta la scintillazione, la distribuzione dell'ampiezza dei segnali in uscita dai vari
PM permette al circuito di localizzazione di fornire le coordinate X e Y dell'impulso.
-analizzatore di ampiezza del segnale (pulse-height analizer), che riconosce l'energia della
radiazione incidente e permette una selezione degli impulsi utili alla formazione dell'immagine:
un circuito d'analisi dell'ampiezza del segnale Z permette di rigettare tutti i segnali che non sono
all'interno di una "finestra" di energia prescelta dall'operatore. E' in tal modo possibile eliminare
parte delle radiazioni di "scatter" (Effetto Compton), che avendo deviato la loro direzione dopo
essere state emesse producono un degrado dell'immagine. La capacità di riconoscere l'energia
del fotone che provoca la scintillazione permette, inoltre, di impiegare contemporaneamente più
radiofarmaci che emettano fotoni di diversa energia.
-convertitori analogico-digitali (ADC) che trasformano da analogici a digitali i segnali provenienti
dai circuiti di elaborazione dell'impulso, permettendone così l'inserimento nella memoria di un
computer;
Processamento dei segnali
I segnali provenienti dai singoli fotomoltiplicatori vengono poi elaborati da un sistema elettronico
e trasferiti a un computer per la loro successiva analisi. Il valore dell’energia depositata dal
raggio γ può essere ottenuto dalla somma dei segnali elettrici provenienti dai singoli
fotomoltiplicatori. D’altra parte, le coordinate x,y del punto di impatto del raggio γ nel cristallo
possono essere determinate dalla distribuzione spaziale dei segnali registrati. La localizzazione
spaziale è infatti ottenuta pesando la posizione dei fotomoltiplicatori coinvolti nell’evento,
ciascuno con l’intensità del segnale da esso prodotto e calcolando la media dei valori ottenuti. In
pratica, si tratta di un calcolo del “baricentro” o “centroide” della distribuzione di luce. Ovvero,
considerato che i fototubi presentano dimensioni di 10-12 cm ed il pixel di 5mm^3, la luce
prodotta con il proprio cono di propagazione potrebbe coinvolgere più pixel. Per capire da quale
direzione la luce provenga si pesa la quantità di luce vista da ciascun fotomoltiplicatore, cioè si
calcola il baricentro della luce. L’analisi del segnale elettrico prodotto dal sistema di rivelazione
consiste nell’effettuare spettroscopia energetica, ovvero nel costruire un istogramma degli
eventi in funzione dell’energia.
Risoluzione energetica
La somma dei segnali provenienti dai fotomoltiplicatori è utilizzata per selezionare solo i fotoni
aventi un’energia il cui valore rientra in uno o più intervalli di energie (finestra energetica). Gli
altri fotoni rivelati vengono scartati e dunque non utilizzati per la formazione dell’immagine. La
selezione degli eventi tramite finestra energetica serve a selezionare solo quei fotoni emessi
dalla sorgente γ di interesse e che non hanno subito interazioni Compton nell’oggetto/paziente,
in quanto questi porterebbero a una degradazione della qualità dell’immagine per le ragioni
illustrate in precedenza. Solitamente la scelta dei valori ottimali della finestra energetica avviene
prima dell’inizio dello studio, in base alle caratteristiche del radioisotopo utilizzato e del sistema
di rivelazione. A tal fine, il parametro caratteristico di una gamma-camera è la risoluzione
energetica. Infatti, il valore fornito dai fotomoltiplicatori dell’intensità del segnale luminoso
dovuto a una interazione con il raggio γ non corrisponde esattamente a quello dell’energia
rilasciata nello scintillatore, ma sussiste un certo grado di fluttuazione del valore stesso. Questa
incertezza sulla misura di energia del γ incidente viene misurata attraverso una grandezza detta
risoluzione energetica. L’origine fisica di tale incertezza deriva dalla fluttuazione del numero di
fotoni luminosi emessi nel fenomeno di scintillazione, dal processo statistico di conversione dei
fotoni in elettroni nel fotocatodo, e dall’ulteriore fluttuazione del segnale prodotto dal
fotomoltiplicatore durante la moltiplicazione degli elettroni. Il valore della risoluzione energetica
viene solitamente espresso come ΔE/E per una data energia, cioè come la fluttuazione del
segnale di energia, misurata come FWHM (Full Width at Half Maximum) del picco nello spettro
energetico, divisa per il valore dell’energia stessa. Nelle tipiche gamma-camere cliniche, basate
su NaI(Tl) e fotomoltiplicatori, la risoluzione energetica vale circa il 10% a 140 keV. La risoluzione
energetica risulta un parametro chiave per la qualità dell’immagine, in quanto un migliore valore
di ΔE/E aumenta la capacità di scartare i raggi γ diffusi in interazioni Compton.Il fatto che, per
esempio a 140 KeV, si formi un picco e non una riga è dovuto al fatto che nessuna
apparecchiatura è perfetta: più largo è il picco, peggiore è il funzionamento del rivelatore (quello
al Germanio sarebbe perfetto ma costa troppo).
Matrici
Nelle moderne gamma-camere le immagini scintigrafiche vengono abitualmente acquisite in
modo digitale, sotto forma cioè di matrici numeriche bidimensionali (quadrate o rettangolari)
formate da un insieme di elementi chiamati pixel (dall'inglese "picture element"). Nella memoria
del computer ad ogni pixel può corrispondere uno o due "byte", cioè un numero binario
rispettivamente di 8 o 16 bit. Nel primo caso il conteggio massimo che può essere registrato in
un pixel è quindi 255 (pari a 2^8-1) nel secondo caso è 65535 (pari a 2^16-1). In ogni pixel
viene registrato il numero di fotoni che il sistema, durante l'acquisizione dei dati, identifica come
provenienti dalla corrispondente piccola porzione dell'oggetto che viene esaminato. E' quindi
evidente che la risoluzione finale dell'immagine dipenderà anche dalle dimensioni della matrice
prescelta. Tanto più grande è la matrice, tanto più piccoli sono i pixel che la compongono (a
parità di dimensioni del campo esplorato) e quindi tanto migliore è la risoluzione dell'immagine
finale (intendendo come risoluzione la minor distanza alla quale due punti vicini possono essere
correttamente identificati come distinti). Matrici tipiche: 64 x 64, 128 x 128, 256 x 256, 512 x
512 con dimensioni del pixel 6.2, 3.1, 1.5, 0.75 mm in campo 40 x40 cm2. Poiché una regola
generale della digitalizzazione delle immagini stabilisce che la matrice ottimale da utilizzare è
quella formata da pixel che abbiano come dimensioni la metà della risoluzione massima
ottenibile dal sistema di acquisizione dell'immagine e considerando che allo stato attuale della
tecnologia le gamma-camere non sono in grado di fornire immagini con una risoluzione spaziale
migliore di 3-4 mm, sarebbe inutilmente dispendioso utilizzare matrici di dimensioni superiori a
512x512 pixel. Per ricreare l'immagine sul monitor il computer assegna al valore numerico
contenuto in ciascun pixel un livello di colore determinato sulla base di una tavola di colori
arbitrariamente scelta dall'operatore. La soluzione più comune, e generalmente più efficace, è di
utilizzare una scala di grigi in cui al più alto numero di conteggi corrisponde il bianco e al più
basso il nero; i conteggi intermedi verrano rappresentati dai vari livelli di grigio.
SCINTIGRAFIA
La Medicina Nucleare, si basa sulla somministrazione al paziente di minime quantità di
sostanze radioattive che hanno un particolare tropismo (=caratteristiche fisico-chimiche del
radiofarmaco che lo rendono affine ad uno specifico tessuto)per determinati organi, apparati o
patologie per finalità sia diagnostiche che terapeutiche.La scintigrafia è un esame
diagnostico ottenuto mediante la somministrazione di un tracciante radioattivo che consente
l'evidenziazione dell'accumulo del tracciante nel tessuto che si intende studiare. E' quin