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MECCANICA DELLA FRENATURA
Nel modello usato trascuriamo i contributi
m G elastici e viscosi delle sospensioni (presenti
G
m m tra massa sospesa e non sospesa).
G G
mg Consideriamo di nuovo il veicolo come un
m m corpo rigido.
G G
a
m
G
+ + =
F F m
x 0
(1)
x x
P A
+ − =
F F mg 0 (2)
Z Z
P A
⋅ + ⋅ − ⋅ =
F l m
x h mg b 0
= +
(3) dove e è l’altezza del baricentro.
l a b h
Z A
Nella fase di frenatura (accelerazione negativa) abbiamo una ripartizione della massa totale m sui
F F
due semiassi anteriore e posteriore. In particolare avremo una maggiore e una minore.
Z Z
A P
Utilizzando la (2) e la (3) ricaviamo anche le forze
F
x verticali in funzione dell’accelerazione:
F x
b h
x A max = ⋅ − ⋅
davanti F mg m x
Z A l l
a h
x
F = ⋅ + ⋅
F mg m
x
dietro Z P
x l l
P max Dove ricordiamo che l’acc è negativa pertanto la forza
σ posteriore diminuisce e quella anteriore aumenta.
La progettazione di un impianto frenante consiste nel realizzare la migliore soluzione costruttiva
che realizzi la negativa che ci siamo preposti.
x
µ µ µ
= =
Per ipotesi supponiamo sempre che , in realtà non è così perché il parametro di attrito
A P
dipende dalle condizioni della ruota e del terreno ma è molto difficile da determinare.
La frenatura ideale è quella in grado di fornirmi le forze longitudinali massime davanti e dietro:
µ
=
F F
x z A
A max µ
=
F F
x z P
P max
Tali forze sono quelle che mi determinano la massima accelerazione possibile da quelle gomme con
quel terreno. Da esse posso ricavare tale accelerazione massima ideale:
µ
=
F F
x z A
A max (4)
µ
=
F F
x z P
P max + −=
F F m
x
+ = −
F F m
x
Utilizzando la (1) => x x max
x x P A
P A max max
( )
µ + = −
µ µ
+ = − F F m
x
F F m x
Utilizzando la (4) => Z Z max
Z Z max A P
P A
µ µ
= − = −
mg m
x x g
Utilizzando la (2) si ottiene: =>
max max
Tale valore rappresenta l’accelerazione massima migliore possibile ottenuta quando le gomme
anteriori e posteriori scambiano tutte il valore di forza longitudinale massima possibile.
Dunque si può dire che l’accelerazione dipende dalle forze longitudinali, che a loro volta dipendono
dalle forze verticali, che a loro
volta variano al variare
F
z A dell’accelerazione.
Dunque per accelerazioni negative
b maggiori il carico sul retrotreno
mg diminuisce, ovviamente avrò un
l dim l
a
F mg
z P l x
Lim sx Lim dx
limite sinistro in cui il carico sul retrotreno è nullo, in tal caso le ruote si bloccano (perdita di
aderenza).
Il discorso è analogo per le accelerazioni positive, ho un limite in cui il carico sull’avantreno è nullo
(impennata).
Se il veicolo è a passo corto, le rette sono entrambe più pendenti e il campo si restringe. Dunque ho
un campo di accelerazioni più ristretto.
Un parametro importante per il dimensionamento dell’impianto di frenatura è il rapporto tra le forze
longitudinali di frenatura sviluppate dall’avantreno e dal retrotreno. Se supponiamo di sviluppare un
impianto ideale con le massime forze possibili davanti e dietro avremo:
x
b h −
b h
−
mg m
x
µ µ
− +
F F gb x
h b h
g
l l µ
= = = = = =
x A Z f ( )
max A a h x
µ µ
+ −
F F ga x
h a h
+ +
mg m
x a h
x Z P
P max l l g
Dunque, calcolati i parametri geometrici del veicolo (b,a,h,l) e il coefficiente d’attrito (ovvero il tipo
di gomma), è possibile ricavare tale rapporto in condizioni ideali (massima decelerazione possibile).
Le rette isoaccelerazione si ricavano
F
x P dalla (1):
( diverso)
= − 2
x 0 .
8 m / s
m = − −
F F m
x
= − 2 max
x 0 . 4 m / s
x x
P A
max 2’ ideale Per realizzare l’accelerazione (ideale)
2 nel punto 1 occorre applicare le forze
F F
µ
= − = − 2
x g 0
.
2 m / s
longitudinali , (massime
x x
P A
max 1 1
F ' possibili).
1’
x P
1 In realtà il sistema di frenatura reale,
F 1 per realizzare la stessa decelerazione,
x P 1 esercita una coppia di forze
F
F ' F F ' F '
x A longitudinali diverse pari , ,
x x
x x P A
A A 1 1
1 1 m questo perché il coefficiente di attrito
µ µ µ
= =
può essere diverso da quello supposto da noi pari a .
A P
>
F ' F
Si ha , ovvero la forza longitudinale sul retrotreno raggiunta dal sistema nel caso reale è
x x
P P
1 1
maggiore rispetto al caso ideale. Questo significa che c’è il rischio che il retrotreno si blocchi. Tale
rischio è tanto più alto quanto maggiore è la decelerazione richiesta, infatti nel caso 2,2’ la
differenza è molto più accentuata. C’è quindi un campo di piccole decelerazioni in cui, anche se le
forze longitudinali reali non coincidono con quelle ideali, questo non comporta grossi problemi;
mentre per decelerazioni maggiori c’è il rischio di superare i limiti di accelerazione consentiti (vedi
grafico sopra).
Per ovviare a questo l’ideale sarebbe progettare un impianto frenante in grado di modificare la sua
caratteristica a seconda delle condizioni di funzionamente, ovvero a seconda della decelerazione
richiesta dal guidatore. Questo purtroppo non è ingegneristicamente realizzabile.
x
eff
ε = max
Definiamo un’efficienza dell’impianto di frentatura: .
x
id max
Tale parametro mi dice, ad esempio, se è pari all’80%, che io magari non raggiungo esattamente la
decelerazione ideale ma di sicuro non scendo al di sotto di una decelerazione pari all’80% di questa.
⋅ < <
0 .
8 x x x
Ovvero l’accelerazione reale che ottengo sta in un campo compreso tra .
id eff id
max max
I triangoli mi indicano l’area in cui deve passare quindi la mia caratteristica per garantire tale
efficienza.
F La caratteristica che si sceglie è
x P µ quella in giallo, ovvero una
f ( )
m 2 spezzata che passa per i triangoli
µ individuati. Se consideriamo il
f ( )
− −
2 2
0
.
64 m / s 0 . 8 m / s 1 triangolo nero, vediamo che la
µ
f ( )
caratteristica sarebbe
1
− 2
0 . 2 m / s quella ideale in grado di fornirmi
− 2
0 .
16 m / s − 2
x 0 .
2 m / s
proprio .
id max
1 Quella reale invece non mi può
id dare l’accelerazione voluta ma mi
1 da un valore che sicuramente è
re F compreso tra
x A .
− < < −
0 .
16 x 0 .
2
m eff
=
F F
x x
A A
re id
1 1
Inoltre si ha . Questo lo si garantisce perché è molto meglio che si blocchi
<
F F
x x
P P
re id
1 1
l’avantreno (il veicolo non ha più controllo in sterzata, cioè vado dritto) piuttosto che si blocchi il
retrotreno (perdo stabilità e il veicolo va in testacoda). Se avessi voluto fare il contrario, ovvero
bloccare il retrotreno, avrei dovuto scegliere la caratteristica verde. Tale scelta però non è preferibile
per ragioni di sicurezza.
COMPONENTISTICA DI UN IMPIANTO DI FRENATURA
Il guidatore preme sul pedale esercitando una pressione di frenatura, tale pressione viene
amplificata da servofreno ed esercitata sull’olio immesso nel circuito frenante che andrà poi,
(mediante elettrovalvole di tipo ON/OFF nei sistemi ABS) a modulare la pressione di spinta sulle
pinze di frenatura. Il circuito oleodinamico è disposto ad X per ragioni di sicurezza, una linea frena
l’anteriore sx e il posteriore dx, l’altra frena l’anteriore dx e il posteriore sx.
Il SERVOFRENO è un dispositivo pneumatico che assiste il guidatore nell’esercizio della pressione
di frenatura.
In condizione di riposo entrambe le camere sono alla pressione assoluta pari a 0 (depressione),
dunque la posizione iniziale è determinata dalle molle. Quando il guidatore preme il pedale viene
immessa dell’aria a pressione ambiente che assiste il guidatore amplificando la forza di frenatura.
Tale effetto di amplificazione termina quando l’attuatore pneumatico è arrivato a fondo corsa (ho
spinto il pedale oltre un certo limite). Vi è poi un altro elemento, chiamato disco di reazione, che
serve ad amplificare ulteriormente la spinta. Il disco di reazione è un disco di materiale
“semiliquido”, ovvero un materiale siliconico, solido, che si comporta come un liquido, in grado
cioè di distribuire equamente sulla sua superficie il valore di pressione (se fosse completamente
rigido avrei solo un trasferimento di forza e nessun effetto di moltiplicazione), in tal modo, per una
ragione legata alla differenza tra le aree, si ha un’amplificazione ulteriore della pressione pari al
rapporto delle aree.
p frenante 2 La caratteristica di in impianto frenante si
presenta nel modo indicato a sinistra. Vi è
un primo tratto fino al punto 1 che è
sempre presente è rappresenta un piccolo
salto di pressione di 5 bar. Il tratto da 1 a
1 2 è la condizione di funzionamento
p ottimale in cui sono presenti sia il
pedale contributo del disco di reazione che il
contributo dell’attuatore pneumatico. Dal punto 2 in poi siamo arrivati a fondo corsa dell’attuatore
pneumatico e l’amplificazione è data solo da disco di reazione.
Le pressioni