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Il comportamento delle catene di elastomero
Quindi l'immagine può essere questa: groviglio di catene disposte in modo disordinato. Le catene sono quindi già molto mobili. Applicando una sollecitazione esterna le catene iniziano a distendersi, il problema che mi si presenta è che non voglio arrivare a rottura. C'è una spinta entropica che guida le catene di elastomero che sono state sollecitate e quindi distese a raggomitolarsi nel momento in cui cesso di fare la deformazione esterna. MA se le catene si sono allontanate troppo le une dalle altre rischio di non tornare alla forma iniziale, quindi rimango con una sollecitazione residua.
C'è quindi una soluzione: LA GOMMA DEVE ESSERE VULCANIZZATA inserisco dei vincoli (legami forti che in alcuni punti legano insieme le singole catene tra di loro) in questo modo evito che le molecole della gomma si allontanino troppo tra di loro. L'elastomero posso definirlo come termoindurente con densità di reticolazione estremamente bassa.
Basta una densità contenuta di direticolazioni per garantirne il funzionamento. Quindi la formula chimica dell'elastomero EPR è un po' più complessa, ovvero: (C=C) - (CH -CH )x-(CH2-CH)yz 2 2. Il doppio legame viene messo in contatto con zolfo, questo reagisce formando un certo numero di punti di contatto tra le catene. Il quantitativo di = va dosato correttamente se no perdiamo la plasticità. I materiali di questo tipo sono non riciclabili. (Studi attuali hanno dimostrato che con metodi costosi non è del tutto vero ciò). Per riuscire a introdurre il discorso sulla cristallinità e per fare considerazioni generali sulla struttura devo distinguere due livelli di conoscenza: la costituzione della catena, successione degli atomi all'interno di questa, ovvero conoscere se il materiale è un omopolimero o un copolimero. Se è un omopolimero conoscere se la catena è perfettamente lineare o ramificata, e se lo è in.che modo. Se sono corte e disposte lungo la catena principale in successione ordinata oppure se abbiamo ramificazioni lunghe disposta in modo casuale. Un'altra cosa che devo sapere sono i gruppi terminali, non per le caratteristiche meccaniche ma per la stabilità del materiale stesso. (in termini di resistenza a temperatura o radiazione). Se parliamo di un copolimero devo sapere se ho una disposizione ordinata o no dei monomeri. La tipologia di copolimeri che possiamo ottenere è:- quella che abbiamo visto nella gomma etilene propilene;
- estremamente rara da ottenere è una successione ordinata, nel caso la si possa ottenere il polimero viene definito ALTERNATO;
- La catena principale può essere costituita interamente da monomeri di tipo A e le ramificazioni sono costituite interamente dal monomero B GRAFFATO;
- Ultima possibilità il copolimero a BLOCCHI: non ha ramificazioni, ha un primo blocco di lunghezza ridotta, costituito da monomeri di A e segue.
Un altro blocco costituito daB ecc…L'altro livello di conoscenza è definito come la configurazione: deve essere presente un elemento di simmetria nella molecola (tipo piano) quindi se abbiamo un doppio legame possiamo avere una isomeria cis-trans nei sostituenti oppure, ed è il caso del polipropilene, possiamo avere un posizionamento differente di un sostituente alla catena principale nello svolgimento della catena stessa: c'è un gruppo CH che causa 3 problemi. Nello svolgersi della catena principale dovrei capire come si dispongono i gruppi; una prima possibilità è che siano disposti a caso (polipropilene atattico) è incapace quindi di sviluppare una struttura cristallina. Altro caso è tutti i gruppi rivolti allo stesso modo (polipropilene isotattico) Oppure i gruppi alternati (polipropilene sindiotattico) Queste ultime due forme entrambe cristallizzano, con differenze di cristallo. Il polipropilene non sarà al 100%
Il testo fornito presenta alcune informazioni sulle caratteristiche dei materiali polimerici. Si fa riferimento alla presenza di errori nella catena del polimero, che possono influenzare il comportamento meccanico del materiale e il quantitativo di materiale cristallino presente. Si sottolinea l'importanza di avere un materiale semicristallino e si menziona il polipropilene come un materiale con una bassa temperatura di transizione vetrosa (T*) che può essere utilizzato come additivo per aumentare la permeabilità all'acqua dei bitumi. Si afferma che per ottenere un polimero cristallizzabile è necessario avere sequenze ordinate, sia sindiotattiche che isotattiche, e si fa riferimento al PVC come un polimero atattico che può essere reso sindiotattico o isotattico, ma che non ha mercato a causa della sua tendenza a decomporsi e generare acido cloridrico a temperature elevate. La stessa cosa vale per il polistirene.
Potrebbe essere ottenuto un polistirene che può cristallizzare ma anche quello non ha un mercato. Vogliamo capire come si realizza un dominio cristallino:- Modello delle micelle a frange: la micella è il dominio dove le catene si allineano le une alle altre, tutta la parte esterna è amorfa. Questo modello portato nel caso estremo della fibra può giustificare un elevata cristallinità. Polietilene 95/96% e un modello di questo non mi descrive il motivo di questa elevata cristallizzazione. Il modello è quindi stato implementato.
- Le catene possono piegarsi e posizionarsi l'una sull'altra: si può pensare che sia un meccanismo che coinvolge più atomi di carbonio i quali possono realizzare una rotazione concertata e ripiegare la catena. Il peso molecolare non è elevato. Quindi questo modello può generare dei difetti in quanto ci sono posti in cui le catene sono scollegate l'una con l'altra.
è tridimensionale. La struttura dove le catene si allineano le une accanto alle altre e l’allineamento si propagherebbe per il volume interno viene detta LAMELLA. Costruzione simultanea di n lamelle. Ulteriore particolare: le lamelle tendono a formare delle strutture ancora più complesse, da un cristallo abbiamo lo sviluppo di un nucleo e poi accrescono più lamelle dallo stesso nucleo. Tutte queste lamelle formano uno SFEROLITA, ovvero ha una morfologia pressoché sferica. Abbiamo allora una morfologia complessiva formata da tanti sferoliti, formati poi da tante lamelle.
Il raffreddamento mi definisce il numero e le dimensioni dei sferuliti. Tra catena e catena di polimero nella lamella la distanza è misurabile in Armstrong; la dimensione della lamella: laterali di micron, invece lo spessore è molto inferiore rispetto alle altre due dimensioni (centinaia di armstrong); il diametro dello sferulita è misurato in centinaia di micron.
Le lamelle sono
legate tra di loro da vincoli forti: abbiamo delle molecole lacciofra due lamelle; la stessa cosa vale per gli sferuliti. Quindi queste strutture hanno dei collegamenti (catene) che le collegano.Problema della lunghezza della catena: importanza del peso molecolare: aumentando il peso molecolare aumenta la resistenza a trazione in modo esponenziale. Se non supero un certo valore del peso molecolare le caratteristiche meccaniche del polimero sono insufficienti. D'altra parte, una volta superato, ho una crescita delle proprietà meccaniche, ma questa crescita è trascurabile. Quindi posso accontentarmi di un materiale con un medio peso molecolare. Lo stesso andamento lo si riscontra per la temperatura di transizione vetrosa, che quindi dipende dalla lunghezza delle catene e non è una grandezza intrinseca del polimero. (in generale comunque troveremo un valore asintotico della ∞ - (T/Tg)).
Tg k Mngdal reattore di sintesi esce un insieme di molecole con
lunghezze differenti. Quindi per esprimere il peso molecolare di questo materiale, immaginando di avere a disposizione una curva di distribuzione dei vari pesi molecolari.
Faccio due somme: NUMERICA: tutti gli elementi dell'insieme n i complesso vengono contati con la stessa importanza, sia che siano lunghe catene sia che siano corte. ∑=M w M
Un'altra media considera le frazioni in peso, sommatoria PONDERALE: ω i i
Il peso molecolare medio ponderale è più alto.
Se riesco a ottenere entrambi i valori posso calcolare l'indice di polidispersità: Q=M /Mw n
È un'idea di quella che dovrebbe essere la distribuzione dei pesi molecolari.
Se non posso avere la distribuzione completa, oppure se non posso avere i due valori, il peso molecolare medio ponderale è quello che meglio mi indica una caratteristica vicino alla realtà in quanto sono le catene più lunghe che contribuiscono maggiormente alle
caratteristiche esterne.Mn o viene effettuata togliendo tutte le molecola a basso peso molecolare, ma se nonseparo gli additivi questi mi modificano la misura, dal momento che la media numericaattribuisce la specie importanza a tutte le molecole del sistema, questi additiviinfluenzano molto di più la media numerica.Generalmente c’è una distribuzione mono-nodale, la coda non c’è è anche vero che èestremamente difficile trovare una distribuzione simmetrica, molto spesso èasimmetrica.
TECNICHE PER LA DETERMINAZIONE- Del peso molecolare medio numerico MnOsmometria: è un metodo assoluto, non c’è bisogno di parametri esterni.Un solvente puro. Il punto critico dello strumento è la membrana: deve lasciar passareil solvente senza che si verifichi un passaggio di polimero, potrebbe accadere conbasso peso molecolare.All’inizio c’è un setto completamente impermeabile che impedisce il contatto fra
Il solvente e il polimero, togliamo il setto separatore, il solvente cerca di diminuire la soluzione, allora abbiamo un innalzamento del livello di liquido. Posso contrastare la pressione. Sapendo la T tutto viene termostatato e mi ricavo il peso molecolare Mn ottenuto da proprietà colligative. - Vediamo una tecnica che ci permette di calcolare il peso molecolare medio ponderale. Viscosità in fuso: non si crea una soluzione del polimero, ma viene fuso (se è amorfo superiamo Tg, se è semicristallino superiamo Tfus), carichiamo il polimero in un viscosimetro rotazionale e ne calcoliamo la viscosità. A questo punto posso applicare una relazione del tipo: η = kh, dove η è la viscosità, k è una costante, il peso molecolare medio elevato a un esponente. Il problema che ho è che devo conoscere il valore della costante. Quindi rispetto all'osmo.