Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 9
Malattie ortopediche nel neonato Pag. 1 Malattie ortopediche nel neonato Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 9.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Malattie ortopediche nel neonato Pag. 6
1 su 9
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

INTRODUZIONE

La prima valutazione del bambino avviene nella fase immediatamente post-natale. Questa valutazione viene

effettuata dal pediatra-neonatologo che è assolutamente in grado di vagliare correttamente il neonato e la

sua storia ed inviarlo ad una visita ortopedica neonatale in caso fosse necessario un accertamento

diagnostico.

Nella valutazione neonatale si fa sempre riferimento sia all'anamnesi familiare (alla presenza cioè di

patologie ortopediche nei genitori) sia all'anamnesi prossima (cioè al tipo di gravidanza, alle modalità di parto

e ai primi momenti di vita extra-uterina). Esistono infatti delle patologie congenite nel campo ortopedico che 2

necessitano di trattamento immediato e non ci riferiamo ovviamente al piede torto che è tanto evidente nella

sua manifestazione clinica che non può certo sfuggire. Ci riferiamo specialmente alla lussazione evolutiva

dell'anca che, a volte, è indotta da un parto distocico o da una presentazione podalica del bambino.

È indispensabile, quindi, un corretto esame obbiettivo al fine di osservare soprattutto alla nascita e nei primi

mesi di vita:

- La normalità dell’escrisione articolare,

- L’assenza di atteggiamenti deformi,

- La validità muscolare

Per quanto riguarda gli anni successivi invece si va ad osservare:

- Eventuali anomalie del rachide,

- E la correttezza nella deambulazione.

Dopo la valutazione post-natale la prima visita ortopedica va fatta appena il bambino ha assunto stabilmente

la posizione bipede e deambula senza ausili. Questa visita la riteniamo opportuna come accertamento

preventivo.

Inizialmente si valuterà ovviamente che non vi siano deformità scheletriche nella forma del piede,

nell'allineamento degli arti inferiori e superiori e nella corretta postura della colonna vertebrale. Il piede piatto

solitamente non può essere valutato prima dei 3-4 anni. Deve cioè scomparire quel cuscinetto adiposo,

caratteristico della prima infanzia, e che può nascondere l'arco plantare. Nel caso in cui il piattismo

persistesse dopo i quattro anni, e solo in presenza di deambulazione scorretta (a punte extraruotate) e

difficoltà nella corsa, si possono utilizzare piccoli plantari modellanti l'arco, mai oltre gli 8-10 anni di età e poi

mai la vecchia scarpa ortopedica che nel bambino sano e normale non dovrebbe mai essere usata. A tale

proposito vogliamo ribadire che il piede del bambino, nei limiti concessi dal clima e dalle necessità sociali,

deve essere lasciato senza calzatura il più possibile. Non va dimenticato che esso è un importante terminale

propriocettivo e non va privato del suo contatto diretto con il terreno e dello stimolo per quei muscoli,

cosiddetti cavizzanti, che possono anche parzialmente correggere il piattismo.

DISPLASIA EVOLUTIVA CONGENITA DELL’ANCA

La displasia dell’anca, detta anche lussazione congenita dell’anca è l’anomalia scheletrica più frequente alla

nascita per cui la testa del femore ha perduto parzialmente o totalmente i rapporto con il cotile. Interessa

prevalentemente il sesso femminile (con un rapporto di 5 a 1) e ha carattere eredo-familiare multifattoriale tra

cui i fattori di sviluppo acetabolare e fattori per quanto riguarda la lassità articolare; ha un incidenza dell’1 per

1000 e gli esiti di questa condizione rappresenta il 70% delle cause di artrosi secondaria nell’adulto. Può

essere riconosciuta con estrema precocità e, con i dovuti provvedimenti può essere risolta senza alcuna

conseguenza per il bambino, se la displasia dell’anca viene trascurata si possono avere serie conseguenze

sulla deambulazione del bambino.

Se ne distinguono vari morfotipi in base alla gravità:

 La cosiddetta pre-lussazione o displasia semplice in cui la testa del femore si trova nell’acetabolo

ma può, con manipolazione fuoriuscirne in maniera forzata e quindi diventare sub-lussata;

 la sublussazione in quanto la testa del femore è spostata lateralmente ed in alto, ma non ha perso

il rapporto con l’acetabolo e può essere ricondotta in posizione con particolari manovre;

 la lussazione non riducibile nella quale la testa del femore rimane permanentemente al di fuori della

cavità acetabololare. 3

Manifestazioni cliniche

Per esaminare l’anca di un neonato ci si avvale del test di Ortolani. Questo test consiste in una manovra in

grado di ridurre un anca dislocata recentemente (è più probabile che risulti positivo in bambini di 1-2 mesi di

età perché deve passare del tempo in modo che abbia luogo una vera dislocazione). Nel praticare questo

test la coscia è flessa ed abdotta e la testa femorale è sollevata anteriormente nell’acetabolo. Se è possibile

una riduzione la rilocalizzazione si avvertirà come un attrito. Al contrario contratture in abduzione possono

indicare una displasia dell’anca contro laterale.

Nel bambino si possono osservare un numero asimmetrico di pieghe cutanee della coscia e un apparente

accorciamento di un arto, il livello irregolare delle ginocchia quando i piedi del bambino supino vengono

messi entrambi su un piano d’appoggio rigido con le anche e le ginocchia flesse (segno di Galeazzi), che

indicano la presenza di DEA con dislocazione prossimale della testa del femore.

Valutazione radiografica

La stabilità dell’anca, come pure lo sviluppo aceta bolare, vengono valutati accuratamente in neonati tramite

l’ausilio dell’ultrasuonografia dinamica. La valutazione radiografica nei bambini include le radiografia

anteropoteriori e quelle laterali (a rana) di Launstein della pelvi.

Trattamento

La cura della displasia dell’anca varia in funzione della serietà del problema ed al periodo diagnostico:

 Alla nascita: quando un anca instabile viene riconosciuta al momento della nascita, è di solito

sufficiente mantenerla nella posizione di flessione e di abduzione per 1-2 mesi.

 Età 1-6 mesi: a questa età si può sviluppare una vera e propria dislocazione, di conseguenza la cura

è orientata verso la riduzione della testa femorale nell’acetabolo. Il tutore di Pavlik è lo strumento

maggiormente usato in questa fascia d’età.

 Età 6-18 mesi: nei lattanti più grandi una riduzione chirurgica a cielo chiuso è il metodo di cura

maggiormente usato.

 Età 18mesi 8 anni: dopo il 18esimo mese di vita le malformazioni sono tanto gravi che si effettua una

riduzione a cielo aperto seguita da uno osteotomia del cinto pelvico, un’osteotomia femorale o

entrambe per riallineare l’anca. EPIFISIOLISI (SETF)

Per epifisiolisi si intende lo scivolamento dell’epifisi della testa del femore dovuta ad una lesione ossea-

cartilaginea, rappresenta il più frequente disturbo adolescenziale dell’anca le cause non sono ancora ben

conosciute ma i possibili fattori di rischio possono essere l’obesità ed il forte sovrappeso, gli squilibri

ormonali o traumi dovute a possibili attività sportive brusche e di contatto.

Manifestazioni cliniche

La sintomatologia all’ispezione si limita a dolore che il bambino prova all’inguine e all’anca e nei tentativi di

mobilizzazione dell’anca. In uno SETF cronico e duraturo, il paziente lamenta un andatura antalgica, di solito

zoppica, e l’arto affetto è ruotato esternamente. Alla mobilizzazione dell’anca si evidenzierà una perdita di

rotazione interna, e un accentuazione della rotazione esterna. Inoltre quando l’anca è flessa

progressivamente ruoterà esternamente. Per evidenziare il problema è sufficiente una radiografia dell’anca.

Trattamento 4

Gli obiettivi del trattamento sono prevenire un ulteriore scivolameto e ridurre le complicanze. l’unico rimedio

è l’intervento chirurgico (epifisiodesi) in anestesia generale ed il paziente viene dimesso dopo uno o due

giorni ma per il successivo mese dovrà servirsi dell’ausilio delle stampelle per rischio di caricamento sulla

gamba operata e successivamente dopo circa quattro-sei mesi, salvo complicazioni e una corretta

riabilitazione il bambino potrà tornare a fare sport e seguire tutte le attività che svolgeva in precedenza.

IL MORBO DI PERTHES

Il morbo di Perthes, è una malattia tipica dell'infanzia, caratterizzata da un'interruzione del flusso di sangue

diretto alla testa del femore. Tale interruzione fa sì che la testa del femore vada incontro, prima, a un

indebolimento, poi ad una rottura.

Il morbo di Perthes è anche noto come morbo di Calvé-Legg-Perthes in quanto deve il suo nome ai

chirurghi ortopedici Jacques Calvé, Arthur Legg e Georg Perthes, i quali furono i primi, nel 1910, a

descrivere la malattia. L'indebolimento e la rottura della testa del femore sono causati da un'interruzione del

flusso ematico diretto a questa stessa porzione ossea. Infatti, private della normale irrorazione sanguigna,

le ossa vanno lentamente incontro a un processo di morte, noto come osteonecrosi.

Secondo una ricerca anglosassone, nel Regno Unito, il morbo di Perthes colpisce un bambino ogni 1.200.

Sebbene possa insorgere a qualsiasi età dell'infanzia, è più frequente tra i 4 e gli 8 anni.

Gli individui che maggiormente ne soffrono sono i soggetti di sesso maschile: il rapporto maschi/femmine,

infatti, è risultato di circa 4:1.

In genere, le manifestazioni patologiche legate al morbo di Perthes tendono a comparire in modo graduale.

Tra i sintomi e i segni tipici abbiamo:

 Zoppia. È il segno più caratteristico; inizialmente è appena accennata ma, nel giro di poche

settimane, la zoppia diventa un problema evidente.

 Senso di dolore e rigidità in corrispondenza dell'anca colpita e dell'inguine adiacente.

Talvolta, dolore e rigidità si estendono anche all'intera gamba (compresa l'articolazione del

ginocchio).

 Ridotta mobilità articolare dell'anca

 Indebolimento e ipotrofia dei muscoli dell'arto inferiore interessato. La frattura ossea della

testa del femore impone al paziente di stare a riposo assoluto. Con l'immobilità forzata, i

muscoli inutilizzati riducono il loro volume e questo porta ad un ipotrofia di questi ultimi; tutto

ciò emerge dal confronto tra l'arto inferiore malato con quello sano.

 Accorciamento dell'arto inferiore affetto. Le ripetute fratture rendono l'arto inferiore colpito

leggermente più corto di quello sano.

Il morbo di Perthes è solitamente unilaterale (cioè a carico di un'anca soltanto). Tuttavia, in alcune

circostanze piuttosto rare può essere bilaterale ed interessa entrambe le anche.

Complicanze

Talvolta, il processo di saldatura ossea può avvenire in maniera errata. Ci&ogr

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
9 pagine
SSD Scienze mediche MED/38 Pediatria generale e specialistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nurse.d92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pediatria generale e specialistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Lisi Claudio.