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Y= Y(M /P , G, T)
t t
Si noti che abbiamo aggiunto gli indici temporali, ipotesi ignoriamo le variazioni di tutti i fattori
diversi dai saldi monetari reali e scriviamo l’equazione di domanda aggregata semplicemente
come:
Y = Y (M /P )
t t
In oltre ipotizziamo una relazione lineare tra saldi monetari reali e produzione e riscriviamo la
domanda aggregata come:
Y = (M /P )
ϒ
t t t
• Un aumento dei saldi monetari reali fa diminuire il tasso di interesse (viceversa se i saldi
monetari diminuiscono)
• La riduzione del tasso di interesse porta a un aumento della domanda dei beni, e quindi ad
un aumento della produzione (viceversa se i saldi monetari diminuiscono)
Poniamo g come il tasso di crescita della produzione, π il tasso di crescita del livello dei prezzi
yt t
(tasso di inflazione) e g il tasso di crescita dello stock nominale di moneta l’equazione può essere
mt
scritta come segue:
g = g - π
yt mt t
Se la crescita dello stock nominale di moneta eccede l’inflazione, la crescita dei saldi monetari reali
è positiva e quindi lo è pure la crescita della produzione ma il tasso di interesse i diminuisce, se
invece la crescita dello stock nominale di moneta è inferiore all’inflazione, la crescita dei saldi
monetari reali è negativa e così pure la crescita della produzione però il tasso di interesse i
aumenta.
In altre parole data l’inflazione una politica monetaria espansiva porta a una maggiore crescita
della produzione, una polita monetaria restrittiva porta a una minor crescita della produzione
eventualmente anche negativa.
Se l’inflazione aumenta dato il tasso di crescita della moneta riduce il tasso di crescita
dell’economia.
Gli effetti della crescita della moneta:
• La legge di Okun mette in relazione la variazione del tasso di disoccupazione con la
deviazione della crescita della produzione dal suo tasso normale.
u – u = -β (g - g )
t t-1 yt y
• La curva di Phillips mette in relazione la variazione dell’inflazione con la deviazione del
tasso di disoccupazione dal suo tasso naturale.
π – π = – α(u – u )
t t-1 t t-1
• La domanda aggregata mette in relazione la crescita della produzione con la differenza tra
crescita dello stock nominale di moneta e inflazione.
g = g - π
yt mt t
Il medio periodo
Ipotizziamo che la banca centrale mantenga un tasso di crescita della moneta costante e
chiamiamolo g m
• Nel medio periodo il tasso di disoccupazione deve essere costante: non può aumentare o
diminuire per sempre. Imporre u = u nella legge di Okun significa g = g . Nel medio
t t-1 yt y
periodo la produzione deve crescere al suo tasso normale g y
g = g – π
y m
spostando l’inflazione a sinistra e la crescita della produzione a destra otterremo
un’espressione per l’inflazione
π = g - g
m y
nel medio periodo l’inflazione deve essere uguale alla crescita dello stock nominale di
moneta meno la crescita nominale della produzione. Definiamo crescita aggiustata della
stock nominale di moneta la crescita dello stock nominale di moneta mano la crescita
nominale della produzione.
• Se l’inflazione è costante, l’inflazione di quest’anno è uguale all’inflazione dell’anno scorso
π = π . Imponendo π = π nella curva di Phillips si ottiene u = u . Nel medio periodo il
t t-1 t t-1 t n
tasso di disoccupazione deve essere uguale al suo livello naturale.
L’inflazione è un fenomeno monetario. Fattori come il potere monopolistico delle imprese, i
sindacati dei lavoratori, gli scioperi , gli scioperi, disavanzi fiscali, il prezzo del petrolio e così
via non hanno effetti sull’inflazione nel medio periodo, a meno che non generino a una maggior
crescita dello stock nominale della moneta che non ha alcun effetto sulla produzione e sulla
disoccupazione.
Il breve periodo
Supponiamo che la banca centrale decida di ridurre il tasso di crescita dello stock nominale di
moneta che cosa succede nel breve periodo?
• Nella domanda aggregata, dato il tasso iniziale di inflazione, una minor crescita della
moneta nominale porta a una minor crescita dei saldi monetari reali, e quindi a una
riduzione della crescita della produzione.
• Nella legge di Okun, una crescita della produzione inferiore al suo tasso normale da
aumentare la disoccupazione
• Nella curva di Phillips una disoccupazione superiore al suo tasso naturale fa diminuire
l’inflazione.
Grafico ed es. chiedere a Carlotta/Giulio/Giulia pag 264
Un analisi della disinflazione
Una minor inflazione richiede una minor crescita della moneta nominale. Una minor crescita della
moneta nominale comporta un aumento temporaneo della disoccupazione. Per la banca centrale
la domanda è: avendo deciso di intervenire, a quale ritmo è necessario procedere?
Un primo passo
Una prima risposta è contenuta nella curva di Phillips
π – π = – α(u – u )
t t-1 t t-1
la disinflazione può essere ottenuta solo a costo di una disoccupazione più alta. Definiamo punto
annuale di eccesso di disoccupazione la differenza di un punto % tra il tasso effettivo e il tasso
naturale di disoccupazione per un anno. Definiamo il “sacrifice ratio” come il numero di punti
annuali di eccesso di disoccupazione necessari a ottenere una riduzione del 1% dell’inflazione:
punti annuali di eccesso di disoccupazione 1
sacrifice ratio = =
riduzione dell’inflazione α
1/α = (u – u ) / - (π – π )
t n t t-1
Per iniziare una disinflazione la banca centrale riduce bruscamente la crescita di moneta nel primo
anno. La riduzione della crescita nominale di moneta è maggiore della riduzione dell’inflazione
quindi:
1. I saldi monetari reali diminuiscono rapidamente
2. La domanda e la produzione diminuiscono
3. La disoccupazione aumenta
Negli anni successivi la politica monetaria mantiene il tasso effettivo di disoccupazione al di sopra
del suo tasso naturale
4. La crescita nominale della moneta deve consentire alla domanda e lala produzione di
crescere al loro tasso naturale
5. A causa della elevata disoccupazione l’inflazione diminuisce, anche lo stock nominale di
moneta diminuisce.
Aspettative e credibilità: la critica di Lucas
LA critica di Lucas sottolinea che, nel tentativo di prevedere gli effetti di un forte cambiamento di
politica economica, potrebbe essere assai fuorviante prendere come date le relazioni stimate sulla
base di dati passati. Nel caso della curva di Phillips, prendere l’equazione π – π = – α(u – u )
t t-1 t t-1
come data di equivale ad assumere che chi fissa i salari continui ad aspettarsi che l’inflazione
futura sia uguale a quella passata. Secondo Lucas chi fissa i salari dovrebbe tener conto del
cambiamento di politica economica
Se il cambiamento di polita monetaria è credibile ì, il meccanismo di formazione delle aspettative
può cambiare provocando un minor aumento della disoccupazione rispetto a quanto l’approccio
tradizionale prevedeva. La credibilità riduce i costi in termini di disoccupazione (quindi è meglio
che la banca centrali opti per una riduzione veloce dell’inflazione).
Rigidità nominale e contratti
Una visione diversa è stata sostenuta di Fischer e Taylor. Entrambi enfatizzavano la presenza di
rigidità nominale, cioè che molti prezzi e salari siano fissati in termini nominali per un certo periodo
di tempo.
• Per ridurre l’aumento della disoccupazione causata dalla disinflazione bisogna dare
tempo a chi fissa i salari di prendere in considerazione i cambiamenti di politica
economica.
• È preferibile che la banca centrale scelga una riduzione graduale dell’inflazione
• Anche se l’impegno della banca centrale è pienamente credibile, lo scaglionamento degli
accordi salariali nel tempo impone forti limiti al ritmo della disinflazione qualora si voglia
evitare una disinflazione elevata.
Conclusioni:
• La disinflazione produce nella quasi totalità dei casi una maggior disoccupazione per un
certo periodo di tempo. In altre parole, benché neutrale nel medio periodo, una riduzione
della crescita della moneta provoca un aumento della disoccupazione che poi torna al suo
livello naturale.
• Le disinflazioni più veloci sono associate ad un sacrifice ratio inferiore. Questa
conclusione costituisce evidenza a favore degli effetti delle aspettative e della credibilità
enfatizzati da Lucas e Sargent.
• Il sacrifice ratio è minore nei paesi con accordi salariali più brevi. Questo fornisce una
certa evidenza a favore dell’enfasi di Fischer e Taylor sull’importanza della struttura
temporale dei contratti
Capitolo 11
La crescita (costante aumento della produzione aggregata nel tempo)
Come si misura il tenore di vita
Ci spostiamo dallo studio delle determinati della produzione nel breve e medio periodo dove
domina la fluttuazione alle determinati della produzione nel lungo periodo dove domina la crescita.
La ragione per cui ci preoccupiamo della crescita è da ricondurre al nostro interesse per il tenore di
vita. In altre parole la variabile su cui ci concentreremo e che confrontiamo nel tempo e nello
spazio è il prodotto pro capite invece di quello aggregato. Come possiamo confrontare il prodotto
pro capite tra paesi? Per esempio per confrontare il prodotto pro capite in India con quello nel
Regno Unito, possiamo calcolare il Pli pro capite indiano in rupie, convertirlo in sterline usando il
tasso di cambio e confrontarlo con quello del Regno Unito, tuttavia questo modo non funziona per
due motivi:
1. I tassi di cambio possono variare molto
2. In generale, quanto minore è il livello di prodotto pro capite in un paese, tanto minori
saranno i prezzi alimentari e dei servizi essenziali in quel paese, quindi bisogna tener conto
della capacità d’acquisto
Quindi bisogna confrontare i dati aggiustandoli in parità dei poteri di acquisto.
Tre conclusioni prima di iniziare a studiare la crescita:
1. Ciò che conta per il benessere delle persone è il loro livello di consumo e non il loro reddito
2. Considerando il lato della produzione, potremmo essere interessati alle differenze di
produttività invece alle differenze del tenore di vita tra paesi. In questo caso, la misura
appropriata è il prodotto per addetto – o, ancora meglio, il prodotto per ora lavorativa.
3. Ciò che conta è la felicità degli individui
4. Il Pil pro capite è una buona approssimazione degli indici di sviluppo umano ed altri indici di
benessere.