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PAPILLOMAVIRIDAE
I papilloma virus erano originariamente classificati insieme ai poliomavirus e al virus vacuolante della
scimmia (SV40) in un’unica famiglia detta Papovaviridae. Questa classificazione era fatta in base alle
similitudini a livello del capside e sul fatto che entrambi i virus hanno genoma a DNA BC circolare. In realtà
i 2 gruppi di virus hanno genomi di differente dimensione, con diversa organizzazione e scarsa similitudine a
livello di sequenza nucleotidica e amminoacidica e quindi sono riconosciuti come 2 famiglie separate:
Papillomaviridae e Polyomaviridae.
I papillomavirus più importanti per la patologia umana sono tutti classificati nel genere Alpha e Beta.
Nel genere Alpha: la specie 7 comprendente il genotipo HPV18 e altri genotipi mucosali ad alto rischio di
trasformazione (“high risk”); la specie 9 con HPV16 e altri genotipi “high risk” mucosali. I genotipi
appartenenti alle specie 7 e 9 sono associati allo sviluppo di lesioni maligne, quali il carcinoma della cervice
uterina. Al contrario alla specie 10 (HPV6,11, ecc.) appartengono i genotipi mucosali a basso rischio di
trasformazione “low risk” responsabili di lesioni mucosali benigne quali condilomi accuminati.
Al genere Beta appartengono genotipi dii HPV associati a lesioni cutanee benigne, ma anche maligne; queste
si manifestano soprattutto nei soggetti immunodepressi o nei pz affetti da epidermodisplasia verruciforme.
Struttura:
- Virione con capside a simmetria icosaedrica
- Non hanno envelope
- Diametro: 45- 55 nm
- DNA BC circolare
- Modalità di trascrizione: su una sola elica (polyoma su entrambe le eliche)
Il genoma è suddiviso in 6 geni E (early) e 2 geni L (late) che codificano per 16-18 mRNA. Il segmento di
DNA compreso tra i geni E ed L contiene le sequenze regolatrici della trascrizione dei vari geni virali,
definito LCR (long control region). Questa regione contrine i siti di legame per le proteine virali E1 e E2,
associato al sito di origine della replicazione. 19
Le proteine codificate dai geni E sono di natura funzionale, mentre le proteine codificate dai geni L sono di
natura strutturale. L1 e L2 sono proteine del capside (L1 sul versante esterno e L2 sul versante interno del
capside). Le proteine precoci E1 e E2 sono coinvolte nella replicazione del DNA virale: E1 contribuisce
anche al mantenimento del genoma in forma episomale; E2 regola la trascrizione e reprime l’attività del
promotore di E6\E7 legandosi ai siti specifici. L’integrazione virale spesso determina una rottura nell’ORF di
E2 permettendo la transattivazione del promotore di E6\E7 ad opera di fattori cellulari.
E4 codifica per una fosfoproteina. E5-E6-E7 codifica per 3 proteine ad attività oncogena. E5 interagisce con
i recettori per fattori di crescita cellulare, attivandoli. E6 dei genotipi oncogeni induce la degradazione
ubiquitina-dipendete dell’oncosoppressore p53 e le proteine E7 legano e inattivano la forma ipofosforilata
dell’oncosoppressore Rb.
Replicazione.
La replicazione di HPV è strettamente dipendente delle fasi di differenziamento degli epiteli stratificati.
La cute se integra è estremamente ostile per la replicazione virale, poiché lo strato corneo è metabolicamente
inattivo.
L’introduzione delle colture organotropiche che permettono di ricostruire l’epitelio squamoso stratificato in
vitro, ha reso possibile il chiarimento delle tappe del ciclo replicativo degli HPV il virus infetta gli epiteli
squamosi pluristratificati raggiungendo, attraverso una soluzione continua causata da un trauma, gli strati
profondi dove penetra nelle cellule staminali del comparto basale.
Nel caso di infezione produttiva, dopo la fase di penetrazione e scapsidazione, il genoma viale si mantiene in
forma episomale a basso n° di copie di DNA.
Nelle cellule basali vengono espressi i geni E6 ed E7 che stimolano la proliferazione delle cellule infettate
aumentando in questo modo il n° di cellule contenenti il genoma virale. A mano a mano che le cellule
infettate migrano negli strati superiori (spinoso e granuloso) vengono espressi altri geni E (1,2,4,5) che
controllano la sintesi del DNA virale. Negli strati superficiali (granuloso e corneo) si osserva la sintesi delle
proteine tardive\ strutturali L1 e L2 ad opera del gene virale E4 e il successivo assemblaggio di virioni
maturi infettivi che vengono rilasciato dallo strato corneo.
Quindi il ciclo replicativo è sincrono a quello di differenziazione delle cellule dello strato basale [cioè a
seconda della profondità, il ciclo qui sotto è fermo ad una certa tappa; nello strato basale è un plasmide non
integrato che esprime geni precoci, mentre nello strato corneo c’è l’espressione dei geni tardivi con
assemblaggio del capside]
L’infezione da HPV non è di tipo litico e il virus permane infettivo per lunghi periodi nell’ambiente esterno.
Nel caso che insorga una compromissione del SI le lesioni a livello mucosale o cutaneo non regrediscono,
l’infezione produttiva persiste per lungo tempo, favorendo una serie di cambiamenti nel ciclo riproduttivo dei
genotipi ad alto rischio (HPV16-18-31) che hanno come risultato finale l’immortalizzazione delle cellule
infettate e la trasformazione neoplastica. L’evento chiave del processo è il passaggio dalla fase episomale del
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genoma virale alla fase di integrazione, che causa un forte aumento dell’espressione delle proteine oncogene
E6-E7 durante l’integrazione viene inattivato il gene repressore E2 che normalmente regola negativamente
l’espressione delle proteine oncogene E6-E7, per cui i geni che codificano queste proteine vengono
attivamente trascritti con ↑ dei livelli delle 2 proteine. Queste proteine hanno la capacità di inattivare proteine
cellulari quali Rb e p53 deputate al controllo della proliferazione cellulare, e la capacità di stimolare l’attività
di fattori trascrizionali (E2F) ed enzimi (telomerasi) che regolano la proliferazione in senso positivo.
Questi eventi determinano un ↑ della proliferazione dell’epitelio cervicale con comparsa di alterazioni
citologiche valutabili con il test di Papanicolau.
Meccanismi patogenetici.
HIV infetta gli epiteli squamosi stratificati cheratinizzati (cute) e non cheratinizzati (bocca, vie aeree
superiori, vagina, cervice e canale anale) dove induce proliferazione cellulare. L’infezione latente
rappresenta la maggior parte delle infezioni. Molte infezioni genitali da HPV sono transienti, soprattutto
nelle donne giovani, e contengono un basso n° di copie virali\cellula. La persistenza dell’infezione è
associata a un alto n° di copie virali, ai genotipi high risk e al rischio di sviluppare displasia grave.
I papillomi sono lesioni epiteliali benigne che si sviluppano dopo settimane o mesi dall’infezione. Si
sviluppano su epiteli squamosi stratificati, quindi coinvolgono la cute (verruche) e le mucose (condilomi) a
livello genitale. Sono caratterizzati da un ispessimento dello strato spinoso (acantosi), dello strato granuloso
(paracheratosi) e dello strato corneo (ipercheratosi). Le cellule dello strato superficiale dell’epidermide
possono presentare tipiche anomalie nucleari con nuclei eccentrici e picnotici circondati da alone chiaro
queste cellule sono dette coilociti e la loro presenza è fortemente indicativa di infezione da HPV. Le
particelle virali vengono liberate con le cellule che desquamano dallo strato corneo.
Oltre alla replicazione attiva, l’infezione può evolvere verso la latenza o la trasformazione maligna. Nella
latenza il ciclo replicativo è incompleto e non vengono prodotte particelle virali. La trasformazione
maligna è il risultato di una complessa serie di eventi indipendenti dalla produzione di particelle virali.
L’integrazione del genoma del virus in quello della cellula ospite è associata a progressione della lesione da
displasia grave a carcinoma in situ e infine a carcinoma invasivo. (Vedi meccanismi di trasformazione
cellulare – deossiribovirus).
Le attività descritte per i genotipo oncogeni mucosali “high risk” come HPV16-18, non sono presenti o
debolmente presenti nei genotipi mucosali a basso rischio. Anche i genotipi cutanei appartenenti al genere β
non presentano la stessa capacità trasformante dei genotipi mucosali high risk e le proteine E6-E7 utilizzano
meccanismi molecolari diversi per alterare la proliferazione cellulare. In generale i genotipi cutanei sono
dotati di più scarso potere oncogeno rispetto ai mucosali.
I genotipi di HPV oncogeni mucosali (genere Alpha) sono implicati nello sviluppo di lesioni maligne
carcinoma della cervice uterina e ano; anche cancro della vagina, vulva, pene, carcinoma orale, tonsillare.
HPV (genere Beta) è stato identificato nei tumori cutanei (spinocellulare e basaliomi) di soggetti trapiantati
e\o immunodepressi.
Il tumore associato ad HPV si sviluppa dopo un lungo periodo di latenza durante il quale il virus induce
papillomi benigni o displasia. Molte infezioni presentano un decorso benigno. Le lesioni in qualunque stadio,
tranne carcinoma invasivo, possono non progredire o regredire.
Il lungo periodo di intervallo tra infezione primaria e sviluppo del tumore implica l’intervento di altri fattori:
il SI, l’esposizione esterna a co-cancerogeni (es. raggi UV-B).
Modalità di trasmissione:
Per le infezioni cutanee, soprattutto nei soggetti tra 10-18 anni, la trasmissione è indiretta, attraverso utensili
oppure bagni pubblici e piscine. Per quanto riguarda i genotipi mucosali (6,11,16,18, ecc.) la via di
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trasmissione è diretta, per via sessuale. Il picco di incidenza è tra 18-25 anni con l’inizio dell’attività sessuale
e il rischio è direttamente proporzionale al n° di partner.
Nel caso di infezioni congenite o neonatali, la modalità di trasmissione è verticale, dalla madre al neonato.
Periodo di incubazione mal definito: tra 6 settime a 2 anni.
Manifestazioni cliniche.
Infezioni anogenitali esterne i condilomi acuminati o verruche anogenitali, si presentano come papule
caratterizzate da leggera ipercheratosi di colore grigiastro e tendono a distribuirsi a livello dell’epitelio
squamoso dei genitali esterni e aree perianali. Nella maggior parte dei casi sono asintomatici, a volte
accompagnati da prurito, bruciore e dolore. Nel 10-20% degli individui immunocompetenti queste lesioni
regrediscono spontaneamente in 3-4 mesi. Negli altri impiegano più tempo.
Infezioni dell’apparato genitale femminile (vagina e cervice) le verruche a livello vaginale si presentano
come condilomi piatti o acuminati, nel caso della cervice come condilomi piani che si presentano come zone
biancastre dai margini irregolari. Una caratteristica citologica è la comparsa di coilociti, cheratinociti
ingranditi con aloni chiari contenenti sostanza ialina attorno a nuc