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IV IL PENSIERO DIALOGICO NELAL MODERNITà E NEL NOVECENTO
nel pensiero greco classico domina il punto di vista oggettivista per cui la verità è data nel mondo e
si tratta di come raggiungerla. Via via che prevale impostazione soggettivista, la conoscenza si pre-
senta come problema di certezza: ha a che fare con la soggettività solitaria dell'osservatore.
Il soggetto della conoscenza è una res cogitans sola nel suo rapporto col mondo.
14 hegel
la coscienza si presenta come certezza sensibile, pura e apparentemente concreta esperienza indivi-
duale del questo, dell'ora. L'immediato sarebbe in questa fase l'io.
Il primo emergere isolato della coscienza nella sua relazione al mondo si mostra com la prigionia di
una sorta di illusione, la falsa concretezza del questo che non si può dire. Il momento della cono-
scenza scientifca arriva tardi. La strada per la costituzione dell'uomo riguarda ordine di esperienza
diverso: vita, bisogno, aggressività e rapporti fra gli uomini.
La prima caratteristica dell'autocoscienza è l'appetito o desiderio che contrappone l'io a tutti i diver-
si oggetti del mondo. Rapporto elementare di fronte al mondo che caratterizza l'autocoscienza è il
consumo, la distruzione, l'eliminazione dell'indipendenza della cosa per affermare oggettivamente la
propria esistenza.
L'oggetto è indipendente all'autocoscienza, che no fa altro che riprodurre l'oggetto l'appetito
L'infnitezza del desiderio è l'esperienza fondante dell'autocoscienza. Per capire la condizione uma-
na bisogna partire da un io mancante, carente, alla ricerca di un oggetto con cui realizzarsi e inca-
pace di fermarsi in questa ricerca. L'esperienza della soggettività è quella del bisogno, del desiderio,
della brama, della pulsione verso oggetto che is sottrae infnitamente perché è solo disponibile e non
reagisce. È un io che non è chiuso e completo.
In forza dell'indipendenza dell'oggetto, l'autocoscienza può giungere all'appagamento quando l'og-
getto stesso compia la sua negazione. L'autocoscienza raggiunge il proprio appagamento solo in
un'altra autocoscienza Autocoscienza è tanto io quando oggetto. Io che è noi e noi che è io. Autoco-
scienza non è solo appercezione, ma è anzitutto negatività. È pluralità unifcata accanto all'altro da
sé. In questo senso diventa spirito e cultura. Il riconoscimento signifca sapere di avere incontrato
qualcuno o qualcosa e attribuirgli una qualità e un valore Si supera l'impossibilità di essere oggetto
non si tratta di essere oggetto nel senso conoscitivo sul piano dell'interazione, dello cambio del desi-
derio. L'altro, autocoscienza identica ma fuori di sé, è l'unico oggetto adeguato per se stesso perché
noi lo siamo per lei. Abbiamo interazione. L'altro è che il desiderio di cui stiamo parlando continui
a essere appetito, brama, voglia di appropriazione che ha natura assoluta e distruttiva, che consuma
il proprio oggetto per affermarsi
Opposizione tra schiavo e padrone. L'autocoscienza quando vede altra autocoscienza smarrisce
se stesa perché ritrova se stessa come essenza diversa; ha così superato l'altro perché vede nell'altro
se stessa. Deve togliere questo suo esser altro. La coscienza deve procedere a togliere l'altra essenza
indipendente e divenir certa di se stessa come essenza. Mediante il togliere riottiene se stessa toglien-
do il suo esser altro.
Non è possibile dal punto di vista hegeliano una realizzazione dell'io che non sia passata attraverso
disfda mortale. Essa introduce nella storia e nella dialettica dell'autocoscienza la dissimetria fra l'es-
ser per sé e l'esser per un altro: signore vs servo. Il lavoro è appetito tenuto a freno, è dileguare trat-
tenuto: il lavoro forma. Il rapporto negativo verso l'oggetto diviene forma dell'oggetto stesso, qualco-
sa che permane.
Con hegel l pluralità degli uomini e il regime dei loro rapporti esce alla luce come premessa essen-
ziale per la costruzione dello spirito.
La dialettica va sempre a chiudersi in sintesi che è superamento e toglimento dei suoi elementi.
15 il novecento
15.1 husserl:
fenomenologia è l'operazione con cui il pensiero che si interroga sulla possibilità di una conoscenza
scientifca del mondo rinuncia a porsi il problema della realtà di questo e si confronta con la struttu-
ra dell'apparenza e delle sue proprietà intrinseche. Il fenomenologi si ritrova a partire da questo ge-
sto di riduzione e ignorare sia il mondo come costituito da realtà vere o cose in sé sia il suo stesso io
come insieme di caratteristiche personali e psicologiche scoprendo che a tale livello trascendentale
si ripropongono le problematiche più generali del livello reale.
Questione del corpo: husserl: korper: massa fsica e biologica; leib: nostro essere proprio nel mondo,
legato alla nostra identità.
Questione dell'oggettività del mondo: perché sia possibile la scienza non può esser trattato come
rappresentazione mentale di un soggetto ma intersoggettivamente condiviso. Le strutture dell'io tra-
scendentale che ritroviamo nel lavoro di riduzione devono valere per tutti. Di qui la necessità di
qualche forma di accesso agli altri nella meditazione solitaria che il soggetto di husserl compier.
Questione dell'altro. Guardandosi attorno nel mondo il soggetto riconosce agli altri oggetti simili
a lui che appaiono dotati di corpo proprio e assimila la loro esperienza alla propria. Bisogno attri-
buire loro un modo di essere analogo al mio e il mio stesso principio conoscitivo. Bisogna supporre
che essi condividano il mio steso mondo. Solipsismo: riconoscimento degli altri come simili a me è
condizione della possibilità di conoscere il mondo. Se il riconoscimento fra gli individui è passaggio
di rispecchiamento in cui l'altro è visto come alter ego, quello che manca è il dialogo. Spingendo la
linea cartesiano-kantiana fno alla costruzione dell'intersoggettività, husserl non costruisce un tu
quanto un altro io, condizione non suffciente per instaurarsi di un dialogo vero e proprio.
15.2 heidegger
esserci è caratteristico di sussistere degli umani: dasein non è mai pura coscienza solitaria, ma è un
in-essere che si profla sullo sfondo del mondo che abita. Analisi deve partire dal quotidiano, dal
mondo come ambiente immediato. Chi e esiste non si trova in mezzo a semplici masse fsiche o con-
fgurazioni di stimoli, ma in mezzo a cose che sono percepite come mezzi.
Gli altri non sono frutto di un astrazione, non sono ciò cui deve far ricorso il soggetto per ipotizzare
che le sue percezioni valgano al di là di se stesso, ma essi costituiscono il contesto rispetto a cui l'es-
serci è, da cui non è distinguibile.
L'essere nel mondo è la dimensione comune dell'esistenza nelle modalità del prendersi cura (lavoro)
e avere cura (degli uomini) che fondano l'esserci nella loro virtualità positiva quanto in quella negati-
va.
Il con esserci è il percorso che porta dal prendersi cura all'avere cura: la natura fondamentale del
conesserci emerge quando ognuno sia lasciato a se stesso rispetto agli altri. La nostra condizione de-
fcitaria è la prima e più fondamentale prova della naturalità della dimensione del conesserci. L'es-
serci è un'esistenza situata, localizzata, situata nel mondo. È con-esserci, modalità essenziale che io
scopro nella mancanza e che si specifca come aver cura Nei rapporti umani reali si ha indifferenza:
il si generico, il man, la condizione delle mode, dell'opinione pubblica, di una totalità inautentica
che è caratteristica dell'esistenza attuale L'autenticità riguarda decisione solitaria, che riguarda l'es-
sere per la morte o adesione a un destino storico collettivo.
In heidegger non c'è spazio per il dialogo ma spazio che aspira all'unanimità del popolo o al silenzio
della morte.
16 verso un pensiero del dialogo
Platone: modalità scientifco/politica del dialogo
bibbia: modalità etica
moderni: importanza dimensione plurale dell'umanità; impossibilità del dialogo; rapporti umani
come lotta;
16.1 buber:
ich un du. Rabbino, teologo, traduttore della bibbia. Portò pensiero chassidico dell'ebraismo
orientale. Teoria del dialogo: duplice è il modo di essere dell'uomo: parole base sono coppie di paro-
le, una è io-tu altra è io-esso.
Il volto del mondo dipende dallo sguardo dell'uomo e dalla sua parola. Le parole base pronun-
ciate danno vita a un esistente. Non si possono pronunciare separate dall'essere.
Il gesto fondamentale dell'esistenza umana è la scelta di un modo di comunicazione e insieme di una
qualità di esistenza, quello oggettivante che cerca di estrarre fatti dal mondo e lo conferma nella sua
realtà di massa di cose opache o insensibili, o quello che si impegna a considerare l'altro un interlo-
cutore e si apre discorso con lui, non su di lui.
Io di io-tu appare come persona e acquista coscienza di sé come soggettività; l'individualità ap-
pare in quanto si distingue da altre individualità. Lo scopo della relazione è la sua stessa essenza, il
contatto con il tu. L'autentico dialogo e ogni reale compimento della relazione interumana signifca
accettazione dell'alterità.
Tre specie di dialogo: autentico: in ciascuno dei partecipanti intende l'altro o gli altri nella loro esi-
stenza e particolarità e si rivolge lor con intenzione di far nascere una vivente reciprocità; tecnico:
bisogno di intesa oggettiva; monologo; travestito da dialogo, ma in cui ognuno parla a se stesso. Dia-
logo è realizzazione della possibilità fondamentale della natura umana, quella di costituire asse io-tu
come atteggiamento di vita. Implica responsabilità: uno che mi appella primariamente da un regio-
ne indipendente da me al quale io debbo rendere conto.
Ogni realtà è effetto di cui sono parte senza portelo fare mio. Consiste nel non essere più semplice-
mente uno vicino all'altro ma nell'essere uno presso l'altro di una molteplicità di persone che fa espe-
rienza di reciprocità, di dinamico esser di fronte, tutti convergenti verso un centro.
Conversione: decisione di superare l'atteggiamento naturalmente centrifugo del singolo per costruire
la sfera pubblica.
16.2 Lévinas
critica all'antropologia flosofca tradizionale, costruita con al centro il sapere. È concezione