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L’intervento governativo ha voluto incidere su almeno 2 degli aspetti che investono la disciplina giuridica del richiedente
asilo, che vanno dalla ricezione dello straniero nel territorio dello Stato fino al ricorso in Cassazione per il riconoscimento
della protezione internazionale.
Sulla ricezione od accoglienza, l’interesse del giurista non può non essere attratto dalla disciplina del trattenimento
amministrativo, disciplina particolarmente ambigua. Un penalista pensa, in ambito del trattenimento, all’articolo 13 della
Costituzione.
Il Governo ha pensato di invertire una tendenza consolidata: arrivare ad una progressiva riduzione dei centri di
trattenimento, in linea con la direttiva europea del 2013, che prevede che siano residuali. Questa inversione di tendenza
è un dato significativo di difficile spiegazione rispetto alle direttive europee.
Qual è la necessità di dire che questi centri devono rispettare l’assoluto rispetto della dignità umana? La domanda è:
abbiamo bisogno di una previsione generale ed ampia di questo tipo? Più che di questo, l’Italia non può non sentire con
urgenza di regolamentare la limitazione della libertà personale nei centri di trattenimento. Abbiamo una disciplina
significativa, anche oggetto di riforma, ma non abbiamo una disciplina delle modalità di trattenimento.
I centri dedicati all’identificazione dei migranti: abbiamo uno specifico problema degli hotspot. Il recente intervento
legislativo sembrava consapevole di dover dettare una disciplina normativa per questi centri, che in sede di attuazione
ha trovato una sconvolgente vaghezza. Si rimanda alla legge Puglia, che nulla dice sui regolamenti di questi centri.
All’interno di questi centri non è consentito l’accesso del Garante per le persone detenute; lo ha avuto solo il Garante
Nazionale, ma non i Garanti territoriali.
Abbiamo una sentenza di condanna europea del settembre 2016.
È un momento delicato per l’accoglienza dei migranti, perché all’interno di questi centri si hanno eventi che hanno riflessi
anche sulla protezione internazionale. Il rifiuto di sottoporsi all’identificazione dà origine al rischio di fuga dai centri di
detenzione.
La legge ha un nuovo attore e nuove regole per il riconoscimento della protezione internazionale. L’obiettivo ha trovato
strumenti adeguati. La concentrazione nei tribunali distrettuali e specializzazione delle sezioni aiuta ad arrivare ad una
maggiore uniformità di orientamenti. Le sezioni non sono le sezioni che si occupano in generale di immigrazione, perché
altre competenze restano dei giudici di pace o dei giudici amministrativi.
È sulle regole procedimentali che le novità sono più significative e che hanno raccolto l’interesse di giudici e degli
interpreti.
La direttrice di fondo su cui si è orientato il legislatore è di costruire, per il procedimento di riconoscimento, un
procedimento contraddittorio, scritto e con udienza solo eventuale. È un’eccezione rispetto al codice di procedura civile.
Eccezione ben possibile, ma che confina l’udienza in questa materia ad un’estrema residualità, perché anche i casi che
vengono individuati come meritevoli di udienza, sono solo apparentemente come tali, perché vengono lasciati alla
discrezionalità del giudice.
Nel momento in cui io ho un’udienza meramente eventuale ed un contraddittorio scritto, ho una sostanziale esclusione
del principio di pubblicità. Il legislatore ha fatto una scelta in controtendenza rispetto alla Corte europea dei diritti
dell’uomo e della nostra Corte costituzionale.
• Particolare rilevanza della posta in gioco.
• Carattere meramente tecnico delle procedure. Spesso il problema riguarda per lo più lo stato delle persone, e
quindi di facile accesso al popolo nel cui nome la giustizia è amministrata.
• Il legislatore elimina il giudizio d’appello. L’esclusione del secondo grado di giudizio è un’esclusione delicata,
perché ci può essere un sacrificio del secondo grado di giudizio, ma la Corte costituzionale ha sempre
sostenuto che deve riguardare la procedura nel complesso.
Quello che è stato apprezzato da tutti è stata la necessità di una procura alle liti per l’impugnazione in Cassazione dopo
la conoscenza della sentenza di primo grado. Previsione molto opportuna. Tra qualche anno avremmo più il polso di
quanto è accaduto nell’iter del processo.
Sicurezza e diritti dell’immigrazione. Prof. Clarich.
Da un lato c’è il problema della garanzia dei diritti, ma bisogna anche cercare di porsi sull’altro versante, sia delle
Pubbliche Amministrazioni, sia l’aspetto di come lo Stato si trova a regolare e gestire un fenomeno estremamente
complesso.
Bisogna innanzitutto capire il fenomeno che si vuole regolare: l’immigrazione con finalità di richiesta di asilo politico.
Fenomeno che a volte si confonde con il fenomeno dell’immigrazione economica. Sono due problemi che si intrecciano.
Come si distingue il migrante economico dal migrante richiedente asilo?
Il primo problema che deve porsi il legislatore è individuare i migranti dell’una e dell’altra categoria, in quanto le
procedure sono differenti. Per il migrante economico c’è l’espulsione. I motivi che consentono di entrare nell’altra
categoria si reggono su un’autodichiarazione. Quindi scatta il problema delle garanzie. Ma che succede di questa
persona nella fase di accertamento?
Siamo in presenza di un fenomeno che non dominiamo. È un fenomeno che nella sua dimensione se non entro limitati
limiti dal sistema che vuole regolare il fenomeno. Ciò pone problemi di programmazione. In Italia il ruolo principale è
delle Prefetture, per distribuire la massa di migranti all’interno del territorio.
Si tratta di un sistema che presenta una pluralità di fonti legislative. Si ha una cornice europea, perché è un fenomeno
che interessa tutti gli stati europeo. Vi è poi una legislazione nazionale italiana, vi è poi un livello normativo, anche se
non in senso stretto, per cui tali fenomeni si possono gestire solo stipulando accordi con gli Stati d’origine.
Il meccanismo si regge sulla sussidiarietà verticale (Stato ed enti territoriali) ed orizzontale.
Vi è un forte sostegno economico agli enti locali che aderiscono a questo sistema, e che quindi accolgono un certo
numero di richiedenti asilo. Il fondo nazionale copre l’80% dei costi che gli enti locali devono sopportare. L’adesione al
sistema è su base volontaria da parte dei comuni, per cui ad oggi solo una minoranza di essi ha aderito al sistema.
È sul piano organizzativo, bisogna mettere in campo una macchina molto complessa, sia a livello centrale che a livello
locale.
Il problema è a livello di finanziamento: l’accoglienza non è mai a costo zero. Qui si entra un terreno di scelte
squisitamente politiche, di quanto lo Stato italiano è disposto a mettere in campo in tema di risorse. La Germania, ad
esempio, mette in campo risorse 10 volte superiore a quelle italiane. Si pone anche un problema di allocazione delle
risorse.
Abbiamo anche il problema dell’effettività dei poteri che vengono esercitati. Al termine dei processi in cui si stabilisce che
il migrante non rientra nella categoria degli asilanti, spesso i provvedimenti conseguenti rimangono ineseguiti,
alimentando il fenomeno dell’immigrazione clandestina, che non dovrebbe essere favorito o tollerato oltre certi limiti.
Politiche pubbliche in materia di integrazione, assistenza, diritto al lavoro, alla salute ed all’alloggio. “Aiutare ed esigere”:
il soggetto che noi accogliamo, anche per ragioni politiche, deve essere disposto ad integrarsi. Anche per quanto
riguarda il lavoro. Al di là di quella che può essere la durezza tedesca, ci riporta alla nostra Costituzione, basata su diritti
e doveri. Approccio pratico. Dott.ssa Tamagnone.
Sono stati chiamati a valutare la materia dei magistrati, che devono applicare la normativa. La normativa dice che una
cosa è avere diritto all’asilo. Poi vi è la protezione sussidiaria, quando si rischia, tornando nel proprio paese, la pena di
morte od un danno grave (sostanzialmente equiparato alla pena di morte) o quando la situazione del paese d’origine è
talmente grave che il soggetto, tornando indietro, rischierebbe la vita. Terzo tipo di protezione: esiste solo in Italia, fino a
qualche anno fa era solo un permesso di soggiorno, quando vi sono motivi particolari di carattere umanitario,
sottoponibili ad obblighi costituzionali od internazionali dello Stato.
Quando la protezione umanitaria è passata ai magistrati, essendo il procedimento precedente monocratico, si è assistito
ad una certa fantasia. Alcuni magistrati affermavano che la protezione umanitaria presupponeva una certa vulnerabilità
del soggetto (il soggetto era malato). Il Tribunale di Torino concede la protezione umanitaria aprendo all’integrazione: il
percorso di integrazione verrebbe vanificato se il migrante rientrasse nel paese di origine, perché in quel caso verrebbe
perseguitato.
Il decreto Minniti dice non più giudice monocratico ma collegio, non più primo grado, appello e ricorso più Cassazione,
ma solo più primo grado, collegio, e Cassazione. La sentenza Mussa ha detto che l’udienza non è necessaria. Ora, con
decreto Minniti, non è necessaria se c’è la videoregistrazione, se non c’è la videoregistrazione, il verbale può tener fede
(articolo 14 come modificato).
La riforma Minniti non è così negativa. Ha messo nero su bianco alcuni aspetti molto netti:
• Ha finalmente definito la protezione umanitaria di competenza dei tribunali.
• Ha detto in maniera chiara che il tribunale emetteva un provvedimento di primo grado (ordinanza ex articolo
102 bis). Nel momento in cui si emetteva un provvedimento di 1° grado che rigettava le domande, il soggetto
non era più richiedente asilo e tutto veniva seguito dal giudice di pace. Ora, durante tutto il procedimento il
soggetto rimane formalmente asilante, e quindi tutta la procedura rimane al Tribunale.
• Ha introdotto un’ulteriore possibilità di fare un’endoprocedimento di sospensione. Si può chiedere la
sospensione al Tribunale. Tutti i procedimenti istituiti dopo il 17 agosto, se c’è una pronuncia, è esecutiva.
• Tutti i richiedenti asilo sono in gratuito patrocinio.
Centri di trattenimento: è vero che si può parlare in senso lato di detenzione, ma bisogna distinguere. Quando è un
soggetto è trattenuto in un CPR in attesa di espulsione, qualcosa bisogna aver commesso.
La politica di integrazione nel contesto dei nuovi flussi migratori. Pr